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La testimonianza di Isabella Ruffini sullo zio, mons. Mario Corradi

"Lo zio a Santa Croce non mi ha mai parlato delle brutalità inflitte dai militari tedeschi a Contignaco; mentre presso la casa protetta di Zibello, dove era ricoverato nell’ultimo periodo di vita, me ne parlava frequentemente". Sono parole di Isabella Ruffini, pronipote di monsignor Mario Corradi (1911-2009), che durante il periodo del secondo conflitto mondiale era parroco a San Giovanni in Contignaco e visse esperienze molto dure. La missione di pace e di fratellanza del sacerdote lo portò in quegli anni a mettere in salvo numerose vite umane tra cui quelle di tanti ebrei italiani.

Domenica 25 aprile scorso, giorno della Liberazione, sulla lapide di mons. Corradi a Pieveottoville il comitato "Amici del grande Fiume" ha portato un cero in sua memoria come fa sempre in diverse occasioni importanti. Un piccolo gesto sì, ma molto significativo. La figura di mons. Corradi è stata ricordata anche dal sindaco Massimo Spigaroli durante la celebrazione eucaristica a Santa Croce.

I fatti che la nipote Isabella ricorda di quegli anni sono i seguenti:

Mons. Corradi ha rischiato due volte la fucilazione e, in una di esse, raccontò di aver avuto il fucile puntato da un militare tedesco molto giovane, il quale pronunciò alcune parole in latino a cui il sacerdote risposte prontamente. Quindi chiese al militare come mai sapesse il latino ed egli rispose che lo aveva studiato a scuola: in questo modo ebbe salva la vita.

In più occasioni all’alba usciva dalla canonica di Contignaco e, con uno o più parrocchiani, si recava a deporre su un carretto i corpi impiccati ai lampioni frutto di rappresaglie tedesche. Questo veniva fatto onde evitare che gli abitanti del paese vedessero morti i propri parenti o amici.

Un ulteriore episodio atroce che mons. Corradi ricordava spesso è quando alcuni militari tedeschi si recarono presso una cascina i cui figli dei proprietari avevano partecipato ad un attacco partigiano. Il sacerdote vi giunse prima dei soldati perché informato e raccomandò ai due giovani di rimanere nascosti anche nel caso in cui avessero catturato i genitori. I tedeschi portarono nell’aia i genitori e iniziarono a picchiarli: ciò avvenne in presenza di mons. Corradi, e i ragazzi, udite le urla, uscirono allo scoperto per intervenire. A quel punto i militari chiesero ai genitori se avessero figlie femmine e barattarono la vita salva dei figli maschi a scapito della figlia che fu portata via con loro. Il giorno seguente il sacerdote andò a recuperare il corpo senza vita della giovane che trovò smembrato.

"Dopo il racconto di questo ultimo truce episodio gli dissi che non volevo sentirne altri perché ne ero rimasta profondamente sconvolta: la cosa mi turba ancora oggi se mi soffermo a pensarci".

 


 

 
 
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