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Omelia del Vescovo Ovidio nella celebrazione esequiale di don Remo Toscani

«Di me è scritto che io faccia il tuo volere» (Sal 39/40)

 

Omelia nella celebrazione esequiale di d. Remo Toscani, canonico della Cattedrale di Fidenza e parroco di S. Paolo in Fidenza

 Chiesa parrocchiale di S. Paolo (12 gennaio 2022)

 

Supplica, lamento e rendimento di grazie si alternano nella preghiera del Salmo 39/40 che abbiamo pregato, lasciando trasparire la professione di fede dell’orante davanti a Dio. È in questa prospettiva che intendo proporre all’attenzione di tutti alcune tracce della testimonianza e dell’eredità spirituale e umana che d. Remo, parroco di questa comunità cristiana per un tempo considerevole, ci consegna. Tutto ciò va sottolineato al presente; è vero, d. Remo, passato attraverso la morte, sta ora davanti al giudizio di Dio e sotto lo sguardo della sua misericordia, ma la sua presenza è sempre viva perché egli vive in Cristo, crocifisso e risorto dai morti. Pertanto non intendiamo relegare la sua testimonianza al passato, ma accoglierne la attualità viva, l’autentica consegna di atti di amore compiuti nella fedeltà all’Evangelo, alla Chiesa e all’umano, che non ha mai disdegnato di incontrare sul suo cammino di ministero sacerdotale.

Lo sfondo sul quale si staglia la preghiera del salmista è rappresentato da un atteggiamento: l’obbedienza davanti a Dio e l’ascolto della sua Parola con la vita: «Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, di fare la tua volontà» (v. 8b). Questa è la condizione necessaria per leggere la storia personale e universale come guidata dal Signore provvidente su vie di libertà e di vita. La preghiera del salmista non cade nella trappola di un fideismo esasperato e senza prospettiva, ma si rivela atto di abbandono fiduciale proprio di chi ha fatto esperienza della fedeltà di Dio alla parola data e alla benedizione promessa. Il sacerdote di Dio d. Remo, lo sottolineiamo senza retorica, ci consegna, anzitutto, la luminosità di una vita segnata dall’obbedienza alla Parola ascoltata, meditata, pregata, celebrata e, pur nel limite della propria umanità, vissuta nel quotidiano. Il suo «Ecco io vengo per fare la tua volontà, Signore», sta fondato sull’oggi di Dio che è vita eterna e pienezza di comunione con l’Unico.

La vita di d. Remo, in secondo luogo, è racconto della fedeltà di Dio, mai venuta meno, anche nei tempi più difficili da accogliere (vv. 2-4a). Il salmista, nella sua preghiera, delinea con tratti commoventi il venire incontro del Signore alla sua situazione esistenziale: «Si è chinato, ha dato ascolto [...], mi ha tratto [...], ha stabilito [...], ha reso sicuri i miei passi [...], mi ha messo sulla bocca un canto nuovo». Questa esperienza rafforza la speranza dell’orante e conduce a coglierne il fondamento ben oltre la semplice emozione. Questo è avvenuto anche nella vita di d. Remo, soprattutto nel tempo della notte della sofferenza quando è difficile intravvedere una consolazione, perché le parole umane non bastano più.

In terzo luogo, considerando il contesto liturgico della confessione di fede, il salmista esorta l’assemblea a riporre la fiducia nel Signore, sorgente di beatitudine e di speranza non illusoria. Contrapposto alla presunzione della ricerca di una realizzazione di progetti iniqui, sta l’abbandono obbediente di chi spera in lui:

«Beato l’uomo che ha riposto la sua fede nel Signore, colui che non si rivolge ai potenti, ai perduti nella menzogna. Quante meraviglie per noi, Signore mio Dio, quanti progetti per noi: nessuno è come te! Io vorrei annunciarli e proclamarli, sono troppi da raccontare!» (v. 5-6).

D. Remo non ha mai smesso di esortare la sua comunità a tenere ben fissi gli occhi sul Signore unico della storia, a vigilare con attenzione sulle seduzioni proprie dei criteri del mondo, della visibilità a tutti i costi, della notorietà di sé, della bramosìa del denaro e della rincorsa ad occupare posti ritenuti prestigiosi dai potenti di turno. Tutto questo racconta della libertà dei discepoli del Signore; è segno, senza equivoci, della genuinità del suo agire senza interessi altri che non siano la fedeltà all’Evangelo e alla edificazione della Chiesa nell’unità e nella concordia.

In quarto luogo, quali sacrifici Dio gradisce? (vv. 7-11). Davanti al bisogno di esprimere, attraverso l’offerta di olocausti e vittime di espiazione, il proprio ringraziamento al Signore per quanto ha operato, il salmista rimanda alla sapienza della Parola che rivela l’orientamento di vita per chi si lascia aprire l’orecchio (cfr. Is 50,5) come il servo obbediente. L’ascolto della Parola con la vita è il vero sacrificio che Dio gradisce: «Non hai voluto né sacrificio né offerta, mi hai aperto gli orecchi, non hai chiesto né olocausto né espiazione, allora ho detto: “Ecco, io vengo”». Penso a d. Remo nel suo ministero di Rettore del Seminario di Fidenza; sottolineo la sua passione educativa con la quale ha saputo indicare il cammino di vita evangelica a quanti erano disponibili a far posto alla Parola nel loro cuore; richiamo alla memoria di tutti la sua apertura, senza pregiudizio alcuno, al ricco patrimonio della Chiesa d’Africa e all’accoglienza della comunità ortodossa del Patriarcato di Mosca presso la chiesa di S. Faustino; rifletto sulla sua insistenza con la quale esortava i suoi catechisti a cammini di formazione attorno alla Parola di Dio e agli insegnamenti del magistero della Chiesa. Tutto ciò è motivo di benedizione davanti al Signore. L’ascolto della Parola fatta carne nella vita di Gesù (evangelo) e, mediante lui, nel discepolo, esige l’umiltà dell’annuncio affinché chi l’accoglie proclami la fedeltà e la salvezza di Dio (cfr. Mt 5,16).

Infine, per quanti vivono nell’illusione di una sicurezza definitiva (vv. 14-18), frutto dell’opera delle proprie mani, il salmista chiede «tremore e conversione» affinché siano illuminati, si accorgano della loro stoltezza e dall’esperienza del loro disorientamento ritornino a Dio, compassionevole e grande nel perdono. Al riguardo, la parola di d. Remo assumeva anche il tono della critica, ma mai quello della polemica occulta e ostile, che getta il discredito e genera confusione. La sua critica era segno di ricerca e di dialogo, di edificazione e di comunione per discernere più in profondità quanto immediatamente non era evidente, sempre pronto anche a chiedere scusa, qualora vi fosse stata qualche incomprensione; il suo grazie non era mai in ritardo sulla meridiana del tempo di Dio.

Alla comunità dei credenti è affidata la bellezza e la fedeltà del ministero di d. Remo, svolto per la causa dell’evangelo, contro ogni mondanizzazione e ogni riduzione di esso a convenienze prudenziali, che attendono un tornaconto immediato. Il salmista lo ribadisce con forza: «Per me sta scritto sul rotolo del libro di compiere il tuo volere; mio Dio è questo ciò che desidero» (v. 8-9). Il sacerdote d. Remo ha desiderato solo questo: compiere la volontà dell’unico suo Signore.

Il suo nome e il bene da lui compiuto rimangano in perenne benedizione davanti a Dio e nella memoria viva di quanti lo hanno incontrato.

+ Ovidio Vezzoli

vescovo

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