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Domenica 25 luglio 2021: prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

Domenica 25 luglio si celebra la Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, voluta da Papa Francesco. A loro il Papa, in questo tempo attraversato dalla pandemia, ha rivolto un messaggio dal titolo "Io sono con te tutti i giorni", auspicando che ognuno sia raggiunto da un "angelo" e allo stesso tempo chiedendo a ciascun anziano di svolgere un ruolo decisivo per la costruzione del futuro di tutti.

"La scelta di indire una Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani si colloca in un tempo segnato dalla pandemia e da quanto la generazione dei più anziani ha sofferto in questi mesi, in ogni parte del mondo. Le immagini di anziani morti soli, per i quali non è nemmeno stato possibile celebrare il funerale, sono state una ferita per tutta la Chiesa. Si tratta di una delle croci di questo nostro tempo che, non a caso, è stata ricordata durante la Via Crucis con il Papa il Venerdì Santo di quest’anno: «Dall’ambulanza sono scesi uomini che somigliavano ad astronauti, coperti da tute, guanti, mascherine e visiera, hanno portato via il nonno che da qualche giorno faticava a respirare. È stata l’ultima volta che ho visto il nonno, è morto pochi giorni dopo in ospedale, immagino soffrendo anche per la solitudine. Non ho potuto stargli vicino fisicamente, dirgli addio ed essergli di conforto».

Non poter essere vicini a chi soffre contraddice la vocazione alla misericordia dei cristiani e la Giornata è un’occasione per ribadire che la Chiesa non può rimanere distante da chi porta la croce. Il tema scelto dal Santo Padre “Io sono con te tutti i giorni” lo esprime con chiarezza: durante la pandemia e nel tempo che – ci auguriamo presto – inizierà dopo di essa, ogni comunità ecclesiale desidera stare con gli anziani tutti i giorni.

Già più di un anno fa, nel pieno della prima ondata della pandemia, il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita aveva scritto che: «come singoli e come Chiese locali, possiamo fare molto per gli anziani: pregare per loro, curare la malattia della solitudine, attivare reti di solidarietà e molto altro. Di fronte allo scenario di una generazione colpita in maniera così pesante, abbiamo una responsabilità comune». Si tratta di un compito che – quando la tempesta si sarà placata – dovrà assumere una dimensione ordinaria nella vita delle parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali. La celebrazione annuale di una Giornata dedicata agli anziani è una modalità per inserire nel tessuto abituale della nostra pastorale l’attenzione agli anziani fragili.

Non si può dire che l’attenzione di Papa Francesco agli anziani sia una novità. Analoga sollecitudine e parole piene di sapienza e di calore umano hanno avuto gli ultimi pontefici nei confronti degli anziani. Nel caso di Papa Francesco, la grande vicinanza spirituale agli anziani che accompagna tutto il suo Pontificato va letta alla luce dell’ecclesiologia che lo caratterizza. Al pari di altre categorie di persone che non sempre sono state oggetto di adeguata cura pastorale, gli anziani hanno una missione precisa nel seno del santo Popolo fedele di Dio. Papa Francesco la individua nel fare memoria e nel trasmettere la fede alle nuove generazioni, ma l’aspetto più significativo è che li consideri una porzione rilevante del laicato cattolico. Non sono “utenti” della Chiesa, ma compagne e compagni di strada. Per questo motivo, in occasione della Giornata non è stato pubblicato un testo sulla vecchiaia, ma un messaggio indirizzato agli anziani, in cui il Santo Padre chiede loro di essere corresponsabili del cammino della Chiesa di domani e della costruzione del mondo dopo la pandemia. Si tratta di una novità significativa, che si inserisce nella prospettiva sinodale proposta da Papa Francesco.

Gli anziani, secondo il Papa, fanno parte “della totalità dei battezzati, soggetto del sensus fidei infallibile in credendo”. Da questa considerazione scaturisce la necessità di sviluppare una migliore cura pastorale per una generazione, che forse abbiamo troppo spesso dimenticato, per la tendenza a considerare aprioristicamente tutti gli anziani come persone già evangelizzate.

La celebrazione della prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani si colloca al centro dell’anno che il Santo Padre ha dedicato alla famiglia in occasione del quinto anniversario dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. Non si tratta di un caso, ma di una scelta che nasce dalla consapevolezza di come gli anziani – tutti gli anziani, anche quelli che non sono nonni – abbiano bisogno di un ambiente familiare in cui vivere e di come sia necessario che le famiglie prendano coscienza del ruolo che essi dovrebbero avere al loro interno. Nel mondo globalizzato, infatti, il rapporto tra anziani e famiglie non è più scontato, ma è, al contrario, messo costantemente in discussione. Si tratta di un fenomeno che acquista connotazioni differenti a seconda del contesto geografico e culturale, ma che possiede dei tratti costanti che inducono a pensare che la crisi in atto tra anziani e famiglia sia un vero e proprio segno dei tempi con il quale fare i conti. La stessa pastorale familiare, sovente preoccupata solo dei rapporti di coppia o tra genitori e figli, fatica a mettere a tema la relazione tra genitori anziani e figli adulti e quella tra nonni e nipoti.

Nell’enciclica Fratelli Tutti, il Papa ha scritto parole molto chiare in questo senso: “Abbiamo visto quello che è successo agli anziani in alcuni luoghi del mondo a causa del coronavirus. Non dovevano morire così. Ma in realtà qualcosa di simile era già accaduto a motivo delle ondate di calore e in altre circostanze: crudelmente scartati. Non ci rendiamo conto che isolare le persone anziane e abbandonarle a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere” (FT 19). Sono parole importanti, che meritano di essere riprese anche per interrogarsi sul debito che le famiglie – e con esse la pastorale familiare – hanno nei confronti di una generazione che in parte è caduta nell’oblio.

Di fronte ad uno scenario così complesso (la pandemia, la ricerca di un nuovo protagonismo degli anziani e la crisi dei rapporti familiari) la Chiesa, proprio per aiutare le persone a non cedere allo sconforto e all’abbattimento, ha voluto scegliere un modo semplice per dare avvio ad un cammino comune e per alimentare la solidarietà: quella di fare festa. Anziani e giovani insieme: genitori e figli; nonni e nipoti; appartenenti o meno alla stessa famiglia. Consapevole della necessità di una riconciliazione tra le generazioni e delle prove vissute dagli anziani, la Chiesa non addita le mancanze degli uni o degli altri, ma indica la strada della celebrazione di un momento comune di gioia.

Come avvenne nella parabola del figliol prodigo e del padre misericordioso, la festa è il superamento delle divisioni che avevano contrassegnato la vicenda di una famiglia. Quel figlio che aveva considerato il padre, probabilmente in là con gli anni, come morto, tanto da chiedere di disporre della sua eredità, viene da lui accolto e perdonato, si riconcilia così con l’anziano genitore e anche con se stesso, e tutto ciò viene celebrato all’interno di una festa vissuta insieme. Il padre misericordioso non è ignaro dei problemi, dei tradimenti e delle ambiguità, ma sceglie di festeggiare poiché solo la gioia del Vangelo è capace di riempire il cuore e liberare “dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento” (EG 1). Essa è la base sulla quale costruire relazioni rinnovate tra le generazioni e diviene – anche grazie al contributo di saggezza dei più anziani – la roccia sulla quale edificare le nostre società dopo la pandemia.

Per questo desideriamo che la celebrazione della prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani sia vissuta come un momento di festa che coinvolga tutte le generazioni. Non si tratta di una felicità ingenua, ma di una gioia che nasce dalla consapevolezza che il Signore è vicino alla vita degli anziani come a quella dei più giovani: Egli è con noi tutti i giorni.

Che la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani sia davvero per tutti una festa colma della gioia del Vangelo!

P. Alexandre Awi Mello, I. Sch.

Segretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

Card. Kevin Farrell

Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

 

 

Pubblichiamo di seguito il messaggio di Papa Francesco in occasione della prima Giornata mondiale dei nonni e degli anziani.

 

Cari nonni, care nonne!

“Io sono con te tutti i giorni” (cfr Mt 28,20) è la promessa che il Signore ha fatto ai discepoli prima di ascendere al cielo e che oggi ripete anche a te, caro nonno e cara nonna. A te. “Io sono con te tutti i giorni” sono anche le parole che da Vescovo di Roma e da anziano come te vorrei rivolgerti in occasione di questa prima Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani: tutta la Chiesa ti è vicina – diciamo meglio, ci è vicina –: si preoccupa di te, ti vuole bene e non vuole lasciarti solo!

So bene che questo messaggio ti raggiunge in un tempo difficile: la pandemia è stata una tempesta inaspettata e furiosa, una dura prova che si è abbattuta sulla vita di ciascuno, ma che a noi anziani ha riservato un trattamento speciale, un trattamento più duro. Moltissimi di noi si sono ammalati, e tanti se ne sono andati, o hanno visto spegnersi la vita dei propri sposi o dei propri cari, troppi sono stati costretti alla solitudine per un tempo lunghissimo, isolati.

Il Signore conosce ognuna delle nostre sofferenze di questo tempo. Egli è accanto a quanti vivono l’esperienza dolorosa di essere messi da parte; la nostra solitudine – resa più dura dalla pandemia – non gli è indifferente. Una tradizione narra che anche San Gioacchino, il nonno di Gesù, fu allontanato dalla sua comunità perché non aveva figli; la sua vita – come quella della sua sposa Anna – era considerata inutile. Ma il Signore gli mandò un angelo per consolarlo. Mentre egli, rattristato, rimaneva fuori dalle porte della città, gli apparve un inviato del Signore per dirgli: “Gioacchino, Gioacchino! Il Signore ha esaudito la tua insistente preghiera”. Giotto, in un suo famoso affresco, sembra collocare la scena di notte, una di quelle tante nottate insonni, popolate di ricordi, preoccupazioni e desideri alle quali molti di noi siamo abituati.

Ma anche quando tutto sembra buio, come in questi mesi di pandemia, il Signore continua ad inviare angeli a consolare la nostra solitudine e a ripeterci: “Io sono con te tutti i giorni”. Lo dice a te, lo dice a me, a tutti. È questo il senso di questa Giornata che ho voluto si celebrasse per la prima volta proprio in quest’anno, dopo un lungo isolamento e una ripresa della vita sociale ancora lenta: che ogni nonno, ogni anziano, ogni nonna, ogni anziana – specialmente chi tra di noi è più solo – riceva la visita di un angelo!

Alcune volte essi avranno il volto dei nostri nipoti, altre dei familiari, degli amici di sempre o di quelli che abbiamo conosciuto proprio in questo momento difficile. In questo periodo abbiamo imparato a comprendere quanto siano importanti per ognuno di noi gli abbracci e le visite, e come mi rattrista il fatto che in alcuni luoghi queste non siano ancora possibili!

Il Signore, però, ci invia i suoi messaggeri anche attraverso la Parola di Dio, che Egli mai fa mancare alla nostra vita. Leggiamo ogni giorno una pagina del Vangelo, preghiamo con i Salmi, leggiamo i Profeti! Rimarremo commossi della fedeltà del Signore. La Scrittura ci aiuterà anche a comprendere quello che il Signore chiede alla nostra vita oggi. Egli, infatti, manda gli operai nella sua vigna ad ogni ora del giorno (cfr Mt 20,1-16), in ogni stagione della vita. Io stesso posso testimoniare di aver ricevuto la chiamata a diventare Vescovo di Roma quando avevo raggiunto, per così dire, l’età della pensione e già immaginavo di non poter più fare molto di nuovo. Il Signore sempre è vicino a noi, sempre, con nuovi inviti, con nuove parole, con la sua consolazione, ma sempre è vicino a noi. Voi sapete che il Signore è eterno e non va mai in pensione, mai.

Nel Vangelo di Matteo, Gesù dice agli Apostoli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (28,19-20). Queste parole sono rivolte anche a noi oggi e ci aiutano a comprendere meglio che la nostra vocazione è quella di custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli. Ascoltate bene: qual è la vocazione nostra oggi, alla nostra età? Custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei piccoli. Non dimenticate questo.

Non importa quanti anni hai, se lavori ancora oppure no, se sei rimasto solo o hai una famiglia, se sei diventato nonna o nonno da giovane o più in là con gli anni, se sei ancora autonomo o se hai bisogno di essere assistito, perché non esiste un’età per andare in pensione dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai nipoti. C’è bisogno di mettersi in cammino e, soprattutto, di uscire da sé stessi per intraprendere qualcosa di nuovo.

C’è, dunque, una vocazione rinnovata anche per te in un momento cruciale della storia. Ti chiederai: ma come è possibile? Le mie energie vanno esaurendosi e non credo di poter fare molto. Come posso incominciare a comportarmi in maniera differente quando l’abitudine è divenuta la regola della mia esistenza? Come posso dedicarmi a chi è più povero quando ho già tanti pensieri per la mia famiglia? Come posso allargare il mio sguardo se non mi è nemmeno consentito uscire dalla residenza in cui vivo? La mia solitudine non è un macigno troppo pesante? Quanti di voi si fanno questa domanda: la mia solitudine non è un macigno troppo pesante? Gesù stesso si è sentito rivolgere una domanda di questo tipo da Nicodemo, il quale gli chiese: «Come può nascere un uomo quando è vecchio?» (Gv 3,4). Ciò può avvenire, risponde il Signore, aprendo il proprio cuore all’opera dello Spirito Santo che soffia dove vuole. Lo Spirito Santo, con quella libertà che ha, va dappertutto e fa quello che vuole.

Come ho più volte ripetuto, dalla crisi in cui il mondo versa non usciremo uguali: usciremo migliori o peggiori. E «voglia il Cielo che […] non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare – siamo duri di testa noi! –. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori […]. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca» (Enc. Fratelli tutti, 35). Nessuno si salva da solo. Debitori gli uni degli altri. Fratelli tutti.

In questa prospettiva, vorrei dirti che c’è bisogno di te per costruire, nella fraternità e nell’amicizia sociale, il mondo di domani: quello in cui vivremo – noi con i nostri figli e nipoti – quando la tempesta si sarà placata. Tutti «dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite» (ibid., 77). Tra i diversi pilastri che dovranno sorreggere questa nuova costruzione ce ne sono tre che tu, meglio di altri, puoi aiutare a collocare. Tre pilastri: i sogni, la memoria e la preghiera. La vicinanza del Signore donerà la forza per intraprendere un nuovo cammino anche ai più fragili tra di noi, per le strade del sogno, della memoria e della preghiera.

Il profeta Gioele pronunciò una volta questa promessa: «I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (3,1). Il futuro del mondo è in questa alleanza tra i giovani e gli anziani. Chi, se non i giovani, può prendere i sogni degli anziani e portarli avanti? Ma per questo è necessario continuare a sognare: nei nostri sogni di giustizia, di pace, di solidarietà risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove visioni, e si possa insieme costruire il futuro. È necessario che anche tu testimoni che è possibile uscire rinnovati da un’esperienza di prova. E sono sicuro che non sarà l’unica, perché nella tua vita ne avrai avute tante e sei riuscito a uscirne. Impara anche da quella esperienza a uscirne adesso.

I sogni sono, per questo, intrecciati con la memoria. Penso a quanto è preziosa quella dolorosa della guerra e a quanto da essa le nuove generazioni possono imparare sul valore della pace. E sei tu a trasmettere questo, che hai vissuto il dolore delle guerre. Ricordare è una vera e propria missione di ogni anziano: la memoria, e portare la memoria agli altri. Edith Bruck, che è sopravvissuta al dramma della Shoah, ha detto che «anche illuminare una sola coscienza vale la fatica e il dolore di tenere vivo il ricordo di quello che è stato – e continua –. Per me la memoria è vivere». Penso anche ai miei nonni e a quanti di voi hanno dovuto emigrare e sanno quanto è faticoso lasciare la propria casa, come fanno ancora oggi in tanti alla ricerca di un futuro. Alcuni di loro, forse, li abbiamo accanto e si prendono cura di noi. Questa memoria può aiutare a costruire un mondo più umano, più accogliente. Ma senza la memoria non si può costruire; senza delle fondamenta tu mai costruirai una casa. Mai. E le fondamenta della vita sono la memoria.

Infine la preghiera. Come ha detto una volta il mio predecessore, Papa Benedetto, santo anziano che continua a pregare e a lavorare per la Chiesa, disse così: «La preghiera degli anziani può proteggere il mondo, aiutandolo forse in modo più incisivo che l’affannarsi di tanti». Questo lo ha detto quasi alla fine del suo pontificato, nel 2012. È bello. La tua preghiera è una risorsa preziosissima: è un polmone di cui la Chiesa e il mondo non possono privarsi (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 262). Soprattutto in questo tempo così difficile per l’umanità, mentre stiamo attraversando, tutti sulla stessa barca, il mare tempestoso della pandemia, la tua intercessione per il mondo e per la Chiesa non è vana, ma indica a tutti la serena fiducia di un approdo.

Cara nonna, caro nonno, nel concludere questo mio messaggio, vorrei indicare anche a te l’esempio del Beato – e prossimamente santo – Charles de Foucauld. Egli visse come eremita in Algeria e in quel contesto periferico testimoniò «la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello» (Enc. Fratelli tutti, 287). La sua vicenda mostra come sia possibile, pur nella solitudine del proprio deserto, intercedere per i poveri di tutto il mondo e diventare davvero un fratello e una sorella universale.

Chiedo al Signore che, anche grazie al suo esempio, ciascuno di noi allarghi il suo cuore e lo renda sensibile alle sofferenze degli ultimi e capace di intercedere per loro. Che ciascuno di noi impari a ripetere a tutti, e in particolare ai più giovani, quelle parole di consolazione che oggi abbiamo sentito rivolte a noi: “Io sono con te tutti i giorni”. Avanti e coraggio! Che il Signore vi benedica.

Francesco

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