BannerTopDEF2

Martina Pacini

A Fidenza torna "L'anolino solidale"

Il Centro Servizi Volontariato di Parma e Il Comune di Fidenza invitano la cittadinanza a partecipare alla produzione di anolini borghigiani al formaggio solidali il 3, 4 e 5 dicembre presso l’Associazione Fidentina Culturale Ricreativa in via Mazzini 3 a Fidenza (ex-macello). Gli anolini verranno venduti nello stesso weekend in piazza Garibaldi. La produzione sarà organizzata in gruppi suddivisi in turni secondo le normative.

È possibile iscriversi ad uno o più turni: il venerdì e il sabato dalle 8 alle 12, dalle 12 alle 16 e dalle 16 alle 20. La domenica dalle 8,30 alle 12,30. Il ricavato contribuirà a finanziare la campagna “Parma Facciamo Squadra 2021” dedicata quest’anno alla povertà educativa minorile. In particolare, servirà ad accompagnare gli adolescenti in esperienze significative per la loro crescita personale dopo questi due anni difficili di pandemia.

Per informazioni e iscrizioni: 347.8573664 o 329. 8265088. 

Primato dell’Evangelo e cammino sinodale. Il messaggio del Vescovo Ovidio per il tempo di Avvento 2021

Primato dell’Evangelo e cammino sinodale

Messaggio per il tempo di Avvento 2021

 

Domenica 9 ottobre scorso Papa Francesco ha dato avvio al cammino sinodale in preparazione al Sinodo dei Vescovi che si terrà nell’ottobre del 2023. La nostra comunità diocesana, accogliendo questo invito, ha inaugurato questo percorso domenica 17 ottobre in Cattedrale. Lo spirito che anima il processo sinodale ci riconduce a tre parole fondamentali: comunione, partecipazione, missione. Il tutto può essere sintetizzato in quella che papa Francesco indica come responsabilità di ogni discepolo del Signore, ovvero la missione di annuncio dell’Evangelo al mondo con la vita. Ciò non può essere delegato ad esperti del settore, ma interpella ogni cristiano in forza del mistero pasquale nel quale è stato immerso.

Il cammino sinodale, in questa prospettiva missionaria ed evangelizzatrice, riconduce al dinamismo di un processo di uscita dalle proprie presunte certezze per andare verso l’altro senza stereotipi pregiudizi e senza innalzare barriere di separazione. Si tratta di un movimento in uscita che, sulla parola di Gesù, chiama a rialzarsi, a riprendersi e riconoscere che la speranza è possibile, per quanto difficile, ma mai senza l’altro. Non per caso negli Atti degli Apostoli i discepoli del Signore sono chiamati “quelli della strada, della via” (At 9,2), che stanno alla sequela del Maestro unico, “via, verità e vita” (Gv 14,6).

Il cammino sinodale non può che iniziare riportando l’attenzione sul primato dell’Evangelo, che si declina nell’ascolto assiduo e perseverante della Parola di Dio in comunione con la Chiesa (cfr. At 2,42), ma anche di quanto lo Spirito dice oggi alla comunità dei credenti (cfr. Ap 2,7). In questo processo sinodale si intrecciano, pertanto, tre parole decisive.

Anzitutto, la comunione. Contro lo spirito di mondanità e di divisione, che genera a sua volta confusione, paura, disorientamento e rivendicazioni di ogni genere, l’antidoto può essere solo la comunione che si esprime nel camminare insieme volgendo lo sguardo sul Signore unico, al fine di ritrovare la passione per la comunità e per la Chiesa. Ciò non significa annullare le differenze per omologare il tutto; al contrario, la ricerca della comunione fa prevalere la carità e si oppone ad ogni conflitto che lacera e disperde.

In secondo luogo, la partecipazione. Un noto principio degli antichi (Codice di Giustiniano), documentato e riletto dalla tradizione ecclesiale afferma che “ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere trattato e deliberato (Quod omens tangit ab omnibus tractari et approbari debet)” (Y.M. Congar). La partecipazione ha un solo obiettivo: edificare l’unico corpo di Cristo che è la sua Chiesa. Ciò richiama scelte di responsabilità che comportano fatica, ma senza dubitare della presenza e dell’azione dello Spirito Santo che opera nella comunità dei credenti e che è l’unico protagonista della comunione e della evangelizzazione ecclesiale.

Infine, la missione. È proprio della Chiesa del Signore essere nel mondo senza appartenere ad esso (cfr. Gv 17,14-15), fuggendo da ogni compromesso e da ogni logica mondana che la eguaglia ad ogni altra potenza politica, economica e sociale. La Chiesa abita nella storia degli uomini senza disertare né misconoscere la missione che le è stata affidata dal Risorto: annunciare con la vita la buona notizia di Dio narrata in Gesù di Nazareth il suo Figlio, l’unico nel quale è dato agli uomini di trovare salvezza (cfr. At 4,12; 10,43; 1Tm 4,10). La Chiesa dimora nel mondo senza condannarlo e senza fuggire da esso, ma da discepola credente, senza rinunciare a ciò che essa ha di più caro e di più importante: Gesù Cristo.

Il tempo santo dell’Avvento del Signore, che la Chiesa ci chiama a vivere nella misericordia di Dio, quest’anno è arricchito dal dono del cammino sinodale, che papa Francesco ha consegnato alla comunità dei credenti e a tutti coloro che non rinunciano a cercare la verità, la libertà e il vero bene per tutti. Il tempo dell’Avvento del Signore ci ammonisce sul fatto che non è sufficiente impegnarsi per la realizzazione delle realtà penultime (la pace, la giustizia, la salvaguardia della dignità di ogni persona, la cura del creato, l’attenzione agli ultimi e agli scarti della storia); è necessario che tutto ciò sia ispirato dall’Evangelo. La vera risposta ai tanti interrogativi che ci assillano è possibile trovarla in Cristo. Senza di lui e senza l’Evangelo i poveri restano poveri, gli oppressi sperimentano altre fatiche, la libertà è considerata un’utopia che non trova luogo dove realizzarsi, la pace una affermazione per buonisti e ingenui, la dignità e il diritto permangono come slogans di parole umane senza contenuto.

Solo l’Evangelo, che è Gesù Cristo, ci apre ad una dimensione di speranza e di eternità, nella quale impariamo che solo “camminando s’apre cammino” (Antonio Machado).

+ Ovidio Vezzoli

vescovo di Fidenza 

I sacerdoti in Italia: sale l’età media, quasi uno su dieci è straniero

A metterli tutti insieme nello stesso posto, i sacerdoti diocesani italiani riempirebbero lo Stadio Via del Mare di Lecce. Nel 2020, infatti, il totale dei sacerdoti era pari a 31.793 unità. Erano 38.209 nel 1990: il calo, in trent’anni, è stato del 16,5% con 6.416 sacerdoti in meno, ma solo negli ultimi dieci anni il clero è diminuito dell’11%.

Una flessione che in parte, come evidenziato anche nell’inchiesta sui seminaristi, è stata compensata dall’ingresso in Italia di un sempre maggior numero di sacerdoti stranieri al servizio delle diocesi italiane. Nel dettaglio, un incremento di oltre dieci volte: si è passati da 204 nel 1990 a 2.631 nel 2020. Rispetto alla popolazione generale se nel 2000 solo il 3,4% dei preti era straniero, nel 2010 la percentuale è salita al 6,6% e nel 2020 è arrivata all’8,3%. Tra i soli sacerdoti italiani, dunque, si è registrato un calo del 19,8% (da 36.350 unità nel 2000 a 29.162 nel 2020) mentre i sacerdoti stranieri rappresentano oggi l’8,3% del totale.

“I dati non devono allarmare, ma vanno seriamente presi in considerazione perché intercettano la domanda sulla fecondità vocazionale delle nostre Chiese italiane, gli orizzonti della pastorale giovanile e scolastica, ridondano sulla vita e il ministero dei presbiteri e delle comunità di vita consacrata”, ha commentato don Michele Gianola, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della vocazioni della Cei. “Evidenziano l’inquietudine espressa da Papa Francesco nel discorso di apertura della 71ª Assemblea generale della Cei, il 21 maggio 2018, quando si è detto ‘preoccupato per l’emorragia delle vocazioni‘. In questo senso soluzioni di ripiego hanno già mostrato la loro fragilità in vista di una risposta adeguata: ragionare con prospettive di medio o, addirittura, corto respiro, può sterilizzare la generatività della comunità. Occorre ricordare che le vocazioni vengono generate dalla Chiesa madre; a volte, viene dimenticata o trascurata questa capacità generativa. Una Chiesa che non genera i suoi pastori, che non è feconda delle vocazioni laicali, matrimoniali e di vita consacrata, è una Chiesa in affanno. Tornare a respirare non significa necessariamente crescere di numero ma intuire, discernere sinodalmente e percorrere con coraggio vie di rinnovamento ecclesiale nel fresco solco del Concilio Vaticano II”.

Dai dati forniti dall’Istituto centrale di sostentamento del clero si apprende che l’età media del clero è pari a 60,6 anni (+3,2% dal 2000).

L’età media dei sacerdoti italiani è di 61,8 anni ed è aumentata del 4,1% nell’arco degli ultimi 20 anni, mentre quella dei sacerdoti stranieri è pari a 46,7 anni. In calo sono, in particolare, i preti fino ai 30 anni di età, passati dai 1.708 nel 2000 ai 599 nel 2020 (-60%), a fronte di un calo demografico pari al 20% tra la corrispondente popolazione generale. Le diocesi che hanno la maggior presenza di sacerdoti non italiani sono concentrate tutte nelle regioni del centro Italia: nelle 23 diocesi del Lazio, su 2.804 sacerdoti 626 sono stranieri (22,3%). Seguono le 11 diocesi dell’Abruzzo (con il 16%), le 18 diocesi della Toscana (con il 16%) e le 8 diocesi dell’Umbria (con il 15%). In fondo alla lista si trovano le 10 diocesi della Lombardia con 82 sacerdoti stranieri (1,8%) e le 19 diocesi della Puglia con solo 65 preti stranieri (il 3,3%).

Nel 2020 in Italia su 25.595 parrocchie i parroci erano 15.133, ovvero poco più della metà, con una media di 1,7 parrocchie per ogni parroco e di un parroco ogni 4.160 abitanti.

Le regioni con la minor percentuale di parroci sono la Lombardia, il Lazio e la Puglia; quelle con la maggior presenza sono l’Abruzzo-Molise, l’Umbria e la Calabria.

Quanto ai sacerdoti “in uscita”, il valore assoluto non è paragonabile con quello “in entrata". Se in Italia oggi prestano servizio 2.631 sacerdoti stranieri, quelli italiani fidei donum che operano all’estero sono 348, ossia l’1,1% del totale. Nel corso degli ultimi vent’anni il numero si è dimezzato (erano 630 nel 2000). Nel 2020, infine, sono morti 958 preti con un incremento di quasi un terzo, rispetto ai 742 morti del 2019. In particolare, se andiamo a vedere la mortalità della prima ondata, notiamo che nel periodo marzo/aprile 2020 sono morti 248 sacerdoti, ovvero quasi il doppio (+92%) di quelli scomparsi nell’analogo arco temporale del 2019 (129). Ancora peggio nel momento culminante della seconda ondata: i 240 morti tra novembre e dicembre del 2020 sono più del doppio (+101%) di quelli dell’anno precedente (119).

Riccardo Benotti

Sottoscrivi questo feed RSS