"Votare, perché?" - Messaggio del Vescovo Ovidio per le elezioni politiche del 25 settembre 2022
Messaggio per le elezioni politiche del 25 settembre 2022
Votare perché?
I giorni che precedono le elezioni politiche del 25 settembre 2022 sono caratterizzati da una concitata campagna elettorale, spesso impegnata esclusivamente in una diffusione competitiva di discredito di una coalizione o di un partito nei confronti di quelli che sono definiti “avversari”. Da una parte, la comunità internazionale è tutta tesa nel denunciare un clima avvelenato che ravviva il propagarsi di una guerra che coinvolge in modi diversi tutti, rendendo difficile ogni processo per il ristabilimento della pace; dall’altra, la politica italiana offre uno spettacolo miserevole di particolarismi incapaci di visioni più ampie, gretti tatticismi lontani dai reali problemi del paese, schermaglie verbali che offendono la fatica del pensare più nobile e la pazienza di cittadini stupiti davanti ad uno spettacolo così deludente e deplorevole.
Non pochi amici in questo tempo ultimo mi chiedono preoccupati: perché votare? Per chi votare? Ne vale la pena se poi nulla cambia e tutto permane immutato? Perché esprimere un atto di fiducia nei confronti di una classe politica estranea alle fatiche della gente e preoccupata solo di condire discorsi senza possibilità di trovare una concretezza nella vita reale? Non nascondo che questi interrogativi destano inquietudine; ma ancor di più da essi trapela rassegnazione, amarezza, sconcerto e delusione per tanta grettezza e barbarie. A questi amici cerco di rispondere sottolineando che la realtà politica e sociale sta a cuore ai cristiani; essi non assumono atteggiamenti né di fuga né di ostruzione davanti alla complessità della vita. Ne è prova il fatto che, anche nei momenti di difficoltà della comunità civile, i cristiani condividono con essa le medesime prove; per questo non si stancano di implorare e di lavorare per la pace e la concordia. Il compito al quale tutti sono chiamati, credenti e non, è indicato dalla ricerca instancabile e concorde del bene comune per un vero progresso del Paese nella verità, nella libertà e nella giustizia. A tal fine è necessario superare ogni gretto particolarismo. In ciò il discernimento sapiente e la ricerca del bene comune nel governo della società civile sono guidati da una prospettiva più aperta, che conduce ad elaborare progetti politici oltre l’interesse immediato di una pubblicitaria visibilità a tutti i costi.
Non meno decisiva è l’attenzione posta dalla comunità cristiana alle problematiche politiche, culturali e sociali, che interrogano tutti. I cristiani che vivono nel mondo fanno proprie le attese e le speranze di ogni uomo e di ogni donna, condividendo le fatiche, gli aneliti alla giustizia, alla salvaguardia della dignità della persona e del creato, allo stile dell’accoglienza senza pregiudizi, alla ricerca senza sosta della riconciliazione fraterna. I credenti, rifuggendo da ogni idolatria economica, che assolutizza le potenze mondane, lavorano e pregano davanti a Dio perché susciti guide sagge per il popolo e lo guidino al vero progresso in cui è garantita la dignità di tutti e a qualsiasi età della vita. I cristiani non intendono giustificare alcuna latitanza o dispensa dal lavorare accanto a fratelli e sorelle in tutto ciò che riguarda un coinvolgimento diretto nella realtà politica e sociale. Senza pretesa alcuna di indicare un cammino univoco, mortificando ogni prospettiva altra perché non confessionale, i cristiani contribuiscono al progresso umano e spirituale di tutti. Essi compiono ciò in forza dell’evangelo e non per la riconquista di una cristianità perduta da contrapporre come baluardo al secolarismo tecnocrate.
Per il cristiano permane il riferimento al modello Gesù, venuto per servire e non per essere servito (cfr. Mc 10,45; Gv 13,1-20); egli assume su di sé tutta l’umanità nella sua condizione storica facendo proprie le sue attese e le sue speranze, strappandola all’illusione di una salvezza senza l’umano. La Chiesa non delega in modo ipocrita la responsabilità del governo politico, non domanda ai credenti di rimanere neutrali, non predica la fuga mundi, bensì sottolinea l’impegno nell’orizzonte della croce del Servo, che ha assunto l’alienazione più radicale dell’uomo per redimerlo. Nello stesso tempo, l’impegno di collaborazione della Chiesa con l’autorità civile diventa appello critico a considerare ogni struttura e ogni programma politico come una realtà penultima, che da se stessa non salva. La Chiesa quando prega per coloro che governano svolge un’azione politica profetica; essa contribuisce a discernere il senso del giudizio di Dio sul corso delle vicende storiche dell’umanità.
In questa prospettiva, la prossima consultazione elettorale politica (25 settembre) è appello alla responsabilità. Questa esige discernimento sapiente in vista della scelta di persone chiamate a svolgere un compito politico e amministrativo per il bene comune; ciò esige che siano persone caratterizzate da trasparenza di intenzioni, coerenza e maturità umana che è nobile virtù contro ogni forma di vanità, la rinuncia ad una polemica miserevole impegnata ad individuare sempre altrove un colpevole da condannare e al quale delegare la ragione del malessere sociale. Ciò richiede, nondimeno, che quanti si impegnano nell’azione politica e sociale devono essere persone caratterizzate da una spiritualità autentica che si declina in alcune caratteristiche proprie: intelligenza aperta; fatica del pensare e del discernere; immaginazione non frustrante; libertà interiore, creatività senza derive populistiche e senza equivoci demagogici; coerenza e unità interiore senza divisioni rispetto alle promesse annunciate; vigilanza sulla tentazione di onnipotenza che fa del potere da conquistare e della visibilità a tutti i costi l’unico obiettivo della vita politica e non solo. Ogni azione di impegno politico trova la sua radice nell’interiorità, che permette di fare politica in modo giusto, umano e intelligente; una politica orientata alla responsabilità di costruire un “noi”, “con” e “per” gli altri, ossia quella città che è la casa comune in cui dimorare, non nella paura dell’altro, ma nella audace speranza di chi crede che la fraternità è possibile.
+ Ovidio Vezzoli
vescovo di Fidenza
(Foto: AFP/SIR)