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Avvento 2023: "Quanto resta della notte?"

Pubblichiamo il messaggio del vescovo di Fidenza, mons. Ovidio Vezzoli, in occasione del tempo di Avvento 2023.

Il testo biblico di Is 21,11 riflette un’attualità sorprendente, che cerchiamo di delineare in alcuni tratti. La domanda è posta alla sentinella di Israele che vigila sulla sicurezza di quanti abitano entro i suoi confini. L’oggi della parola profetica, in particolare, è riferito alla situazione storica del cammino ecclesiale nello stile sinodale delle nostre comunità. Nondimeno il riferimento va ai vissuti urbani nelle città e nei paesi in questo tempo segnato dalla fragilità, dalla rassegnazione e dalla vulnerabilità che tutti interpella a causa di molteplici conflitti che insanguinano l’umanità. I molteplici richiami di Papa Francesco alla necessità inderogabile di un discernimento evangelico nell’epoca di cambiamenti in cui viviamo, ne sono una eloquente testimonianza. A questa necessità non si possono frapporre deleghe a pensare né deroghe in attesa di tempi più favorevoli per elaborare soluzioni. In realtà, è necessario individuare cammini che impegnano in un processo di conoscenza della realtà, di riflessione e di interpretazione intelligente al fine di giungere a scelte umane e sapienziali.

Di quale notte si tratta? Nella Scrittura la notte è carica di molteplici significati e, molto spesso, è correlata all’esperienza del silenzio. Si pensi alla notte come tempo propizio nel quale Dio parla entrando in comunicazione con le sue creature o intrattenendosi con il profeta o chiamando il suo servo a svolgere una missione. È la notte delle domande di Abramo (cfr. Gen 15,1-7); la notte di Giacobbe al guado di Yabboq nella lotta con l’angelo del Signore (cfr. Gen 32,23-33); la notte di Mosè nel passaggio di Israele dalla schiavitù alla libertà (cfr. Es 12-15); la notte della chiamata del giovane Samuele nel tempio di Silo sotto la guida dell’anziano Eli (cfr. 1Sam 3,1-10); la notte di Gabaon in cui Salomone chiede al Signore il dono di un cuore capace di ascolto (cfr. 1Re 3,4-15); la notte di Elia nella sua desolazione mortale nel deserto prima dell’incontro con Dio all’Horeb (cfr. 1Re 19,1-15); la notte del profeta Zaccaria nella quale intravvede il giorno unico del Signore (cfr. Zc 1,8) nel quale vi sarà solo luce; la notte di Daniele al quale è dato di interpretare il segno del tempo manifestato nelle visioni apocalittiche (cfr. Dn 2,1-31; 7,2-13).

La notte, nella Scrittura, è anche metafora del silenzio di Dio (cfr. Mi 3,5-8) che tace perché è il tempo della tenebra, del ritorno al caos primordiale,  metafora dell’ingiustizia che il profeta deve denunciare smascherando l’ipocrisia dei ricchi latifondisti e degli stolti arroganti. Anche il profeta Amos vede nella notte l’annuncio di un castigo inevitabile per l’idolatria e l’oppressione del povero e del debole (cfr. Am 8,9-10). La notte, soprattutto nei Salmi, rimanda al buio interiore dell’orante che si percepisce abbandonato e tradito da Dio, come nel Sal 88, in cui il tema della tenebra domina il lamento del salmista. Il Nuovo Testamento, nondimeno, documenta il tema della notte nell’esperienza di Gesù e dei discepoli. È la notte in cui Gesù si ritira a pregare; è la notte dell’affanno dei discepoli sulla barca in balìa delle onde sul lago di Gennèsaret (cfr. Mc 6,54-53); è la notte di una pesca fallita sul lago (cfr. Lc 5,1-11); è la notte in cui Gesù annuncia l’abbandono dei discepoli (cfr. Mt 26,30-35); è la notte del colloquio con rabbi Nicodemo (cfr. Gv 3,1-10); è la notte del tradimento di Giuda quando lascia il cenacolo ed esce verso la tenebra (cfr. Gv 13,30); è la notte di chi opera nel buio perché le sue azioni non vengano alla luce (cfr. Gv 1,5; 8,12; 12,46). Il tema della luce-notte-tenebre è caro alla letteratura paolina quando l’apostolo invita i credenti a prendere coscienza che essi non sono più «della notte, né delle tenebre» (cfr. 1Ts 5,5), ma devono camminare come figli della luce (cfr. Rm 13,12).

Nell’oggi della Chiesa e dell’umanità di quale notte si tratta? Anzitutto, è notte della persona, imprigionata in una solitudine maledetta che la intristisce nel suo egoismo e nel suo disorientamento. È la notte della ricerca del successo effimero fine a se stesso, costi quel che costi. È la notte dell’inseguimento di una efficienza che non intende conoscere né limiti né ostacoli di alcuna natura, calpestando la dignità dell’altro e la propria pur di raggiungere un perverso risultato. In secondo luogo, vi è la notte caratterizzata dalla ricerca della dominante del potere tecnocratico, scientifico ed economico come se fosse la soluzione ultima della complessità presente. Papa Francesco denuncia questa dimensione della notte che tutto riduce all’esclusivo criterio di valutazione scientifica ed economica. Davanti a questa sfida del mondo attuale, che costituisce una svolta storica, la Chiesa non può tacere; essa deve affermare un netto no a un’economia «dell’esclusione e della inequità» che uccide «perché senza compassione dinanzi al grido di dolore degli altri» (Evangelii gaudium 53-54); altresì la Chiesa deve ribadire il suo «no alla nuova idolatria del denaro», che è la negazione del primato della persona umana, riducendola «ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo» (EG 55). Nella stessa linea la comunità dei credenti è chiamata a dichiarare il suo «no a un denaro che governa invece di servire» (EG 57), misconoscendo ogni etica e Dio stesso. Un no va sottolineato anche nei confronti «dell’inequità che genera violenza» (EG 59), disparità sociale, inganno nei confronti di quanti chiedono maggiore sicurezza illudendoli, giustificando l’uso delle armi e della repressione violenta come unico argine per domare e risolvere i conflitti che calpestano la dignità degli umani (EG 60). In terzo luogo, è la notte della ricerca di una mondanità umana e spirituale (EG 93-97), che non conosce l’autenticità dell’amore, ma è espressione del dominio sull’altro, annullando la sua differenza, interpretata come un ostacolo al proprio emergere e dominare. È anche la notte della comunità. In una solitudine che ciascuno regala a se stesso, il senso “dell’essere-con-l’altro” va perduto, è ritenuto un ostacolo al proprio ego. In tal senso si assiste a un emergere sconsiderato di sovranismi, di accentuazioni populistiche e demagogiche, che inoculano la paura e la minaccia dell’altro individuato come la sintesi di tutti i mali e di tutte le responsabilità. Infine, si tratta della notte della fedeltà, della responsabilità circa la parola data e della verità cercata insieme senza stancarsi. Al posto della fedeltà si è sostituito il tutto con la pragmatica delle convenienze in funzione di un interesse semplicemente individuale, non della comunità.

Quanto resta della notte? La domanda permane aperta e chiede di confrontarsi con la sapienza della parola di Dio affinché le scelte intraprese conducano a scorgere nella speranza l’alba di un nuovo giorno.

«Rabbi Pinchas pose ai suoi discepoli una domanda: “Quando finisce la notte e inizia il giorno?”. “È quando c’è abbastanza luce per distinguere un cane da una pecora”, suggerì uno di loro. “È quando possiamo distinguere un gelso da un fico”, argomentò un altro. Rispose Rabbi Pinchas: “È nel momento esatto in cui possiamo riconoscere nel volto di qualsiasi essere umano il nostro fratello. Finché non riusciamo a farlo, è ancora notte”».  

+ Ovidio Vezzoli

vescovo di Fidenza

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