Natale del Signore, il messaggio del Vescovo Ovidio
Natale del Signore 2020
L’Emmanuele, il Dio-con-noi: la solitudine vinta dalla comunione
Il Natale del Signore 2020 ci incontra e ci interpella in questo tempo difficile, segnato dalla prova e dalla fatica del vivere per tutti. Eppure, nella prospettiva cristiana è sempre un tempo di grazia perché è il mistero della incarnazione del Signore, che ha preso su di sé tutto l’umano con le sue fragilità e la sua miseria. Ciò è avvenuto perché l’umanità potesse avere speranza di comunione in pienezza con il Signore della vita. Un aspetto particolare che tutti sperimentiamo è costituito dalla “distanza” che caratterizza le relazioni umane. Ma, l'intensità di un rapporto di amore e di fraternità autentica non è mai proporzionale alla frequenza delle relazioni. La vera prossimità, che supera ogni distanza, parla il linguaggio della tenerezza, dell’umiltà; di esse parola e lo sguardo sono espressioni senza ipocrisia. Di fatto, la situazione che stiamo sperimentando costringe ad interrogarci, senza alcuna delega, su cosa è veramente necessario. Perché vivo? Dove vado? Che ne è della vita dopo la morte? Sono interrogativi ineludibili, che l’esperienza attuale rende ancora di più pressanti. Ha affermato con sapienza Papa Francesco: "Peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla chiudendoci in noi stessi". Ciò che rende il Natale un tempo di grazia non é lo scambio di doni inutili, né gli auguri che suonano come stereotipe parole patetiche e ovvie. Il Natale è sempre un oggi particolare perché è il Natale del Signore; la Parola eterna di Dio si fa uno di noi in Gesù di Nazareth. Da questo momento non siamo più soli; l'Emmanuele, il Dio-con-noi è nostro compagno di viaggio in umanità, indicandoci la strada che porta alla pienezza di comunione con il Padre. Dio, nel suo Figlio Gesù è entrato nella nostra solitudine, ha preso su di sé tutte le nostre fatiche e contraddizioni, le nostre paure e i nostri perché, aprendoci ad una speranza più grande, che nessuna tribolazione può soffocare.
L’immagine della notte descrive con sapienza la situazione in cui siamo; misconoscere questa evidenza sarebbe una grave stoltezza. Eppure, anche nella notte, i discepoli del Signore, mediante la luce della sua Parola sono sentinelle vigilanti che annunciano con la vita il loro essere protesi verso il giorno. Gesù in Gv 8,12 ha promesso: «Chi segue me non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita». Vigilare nella notte significa credere che, comunque, questo è tempo di grazia perché è tempo di Dio. La notte ci ammonisce che c'è una dimensione dell'eterno che dobbiamo riscoprire. In tal senso, il Natale del Signore è luce che brilla nella nostra tenebra. È quella stessa luce che ha guidato i pastori, che nella notte, come narra l'evangelo di Luca, vegliavano sul gregge e li ha condotti verso la grotta rifugio in cui hanno trovato il neonato Gesù deposto in una mangiatoia. È la stessa luce che ha guidato i Magi sapienti che, al seguito della stella scoperta in Oriente, dopo lunga e faticosa ricerca, hanno trovato la consolazione e la speranza dell’umanità. È quella stessa luce di Pasqua che brilla nella notte del sepolcro e fa trionfare la vita sulla morte. Il profeta Zaccaria ci ricorda che siamo “prigionieri della speranza” (Zc 9,12) e non della paura né dell’angoscia che paralizza. Sì, oggi più che un tempo è necessario alzare lo sguardo dalle nostre miopie verso il cielo, ma non per rimuovere le paure, non per fuggire in modo irresponsabile dalla storia, ma per intravvedere e indicare una speranza più grande della nostra pochezza. La luce dell’evangelo del Natale del Signore illumina la grotta interiore del nostro cuore; ci invita a rialzarci e a ricominciare tenendo ben fisso lo sguardo su Gesù, fondamento di una speranza che non delude.
Non è degli auguri fatti di parole vuote ciò di cui abbiamo bisogno, bensì della benedizione del Signore sulle nostre povere vite: mediante la misericordia di Dio, la comunità cristiana possa camminare nella fedeltà agli impegni responsabilmente assunti. La Chiesa, memore dell’evento di grazia che l’ha visitata diventi prossima verso i più deboli, chinandosi sulle sofferenze dell’umanità. Senza disattendere la verità e la giustizia, la compassione e la condivisione, ogni uomo e ogni donna si sentano amati dal Signore e non si stanchino di camminare nella ricerca dell’Unico necessario.
+ Ovidio Vezzoli, vescovo di Fidenza