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La benedizione del crocifisso nella chiesa di San Pietro apostolo, recentemente restaurato

Venerdì 14 maggio nella chiesa di S. Pietro apostolo a Fidenza è stato benedetto il crocifisso la cui bellezza è stata riportata ora alla luce grazie alla competenza di Francesca Ghizzoni e alla generosità del prof. Gabriele Trivelloni, che ha sostenuto i costi del restauro come gesto in memoria della madre Bianca.

La serata è stata introdotta dal Vicario generale e parroco don Gianemilio Pedroni che ha raccontato ai presenti, grazie a una preziosissima ricerca storica compiuta presso l’archivio parrocchiale dall'archivista Elena Nironi, come il crocifisso fosse oggetto di devozione già nella prima metà del XIX secolo.

Era collocato, come oggi, in una nicchia sopra l’altare nella seconda cappella della navata di destra e nella prima metà dell’Ottocento era venerato nella chiesa parrocchiale e in tutto il Borgo San Donnino. La tradizione vuole che venisse portato in processione o esposto alla venerazione dei fedeli per invocare protezione in occasione di calamità e pestilenze.

Questo ha fatto sì che nel tempo la scultura, in cartapesta policroma con croce lignea, si deteriorasse in più punti, come ha poi illustrato la restauratrice. Il restauro effettuato ha liberato l’opera dalle sovrapposizioni di materiali applicati a seguito di precedenti interventi impropri che si sono rivelati invasivi. Il manufatto originale era infatti completamente celato dalle varie ridipinture e dalla preparazione in gesso e colla animale che ricopriva l’opera.

“Non sapevamo che cosa avremmo trovato di originale, ma avevamo la convinzione che non fosse dignitoso conservare un’opera in quello stato, così stravolta” ha affermato la restauratrice durante l’esposizione circa l’intervento effettuato. “Fortunatamente la struttura si era mantenuta, il supporto era presente ovunque, non vi erano lacune o grandi fratture; tuttavia in molti punti mancava completamente la finitura a gesso e colla e alcune zone limitate erano prive di frammenti di tela e di carta in corrispondenza degli arti inferiori”. Grazie al restauro la scultura è stata riportata alla sua bellezza originaria e mostra una ricercata definizione nei particolari sia sul fronte che nel retro.

Riportiamo qui di seguito il testo della ricerca d'archivio condotta da Elena Nironi e di cui è stata data lettura dal Vicario generale della Diocesi don Gianemilio Pedroni.

"Nel corso di una rapida ricerca, senza la pretesa di essere esaustiva, nell’Archivio parrocchiale di San Pietro Apostolo sono stati individuati alcuni documenti che consentono di illustrare la devozione di cui è stato oggetto il Crocifisso nella prima metà del sec. XIX. L’opera, nelle schede compilate per la Soprintendenza e per la CEI, viene attribuita, sulla base dell’analisi stilistica, a bottega emiliana e a un periodo compreso tra la seconda metà del sec. XVI e la prima metà del sec. XVII. Il Crocifisso compare in due brevi inventari rispettivamente del 1887 e del 1951. Era collocato, allora come oggi, in una nicchia sopra l’altare nella seconda cappella della navata destra, che prende il nome di cappella del Crocifisso. Nell’inventario del 1887 viene così descritta: “Divota e bella immagine di stucco rappresentante Gesù moribondo in croce, con fascia di seta celeste, ed un altra [sic] seta rossa per le solennità”. Nell’inventario del 1951 viene presa in considerazione anche la conservazione del “simulacro del Santo Crocifisso in cartapesta e legno”, definita “poco buona”. Il documento più interessante che ce ne parla è un piccolo registro delle offerte e spese fatte in onore del Santissimo Crocifisso in occasione del “cholera-morbus” del 1849, che raccoglie anche altre memorie ed è databile al sec. XIX, ma presenta aggiunte di varie mani fino al secolo successivo. Da questo documento apprendiamo che nella prima metà dell’Ottocento il Crocifisso, venerato nella nostra chiesa parrocchiale e in tutta Borgo San Donnino, veniva tradizionalmente portato in processione per impetrare grazie e veniva esposto ai fedeli in occasione di epidemie e calamità.

La narrazione dell’arciprete Giambattista Bellingeri esordisce rievocando che il colera si diffuse a Borgo San Donnino a partire dal primo caso il 23 settembre 1849. Il vescovo di allora, mons. Pier Grisologo Basetti, dispose che in cattedrale si esponesse la statua di San Donnino Martire e che si facesse un triduo per implorare l’intercessione del santo protettore perché difendesse dal morbo la nostra città e la nostra diocesi. Nonostante questo, però, i casi di colera continuarono a diffondersi nella Parrocchia della Cattedrale e, dal 27 di settembre, iniziarono a propagarsi anche in quella di San Pietro Apostolo. Si decise allora di esporre il Santissimo Crocifisso nei giorni 29 e 30 di quel mese e di dare inizio ad un solenne triduo al Redentore. In questo tempo fedeli e benefattori concorsero devoti con preghiere, candele e offerte in denaro, raccolto in un bacile collocato ai piedi della statua, o con altri oggetti.  Nonostante questo il morbo imperversava, diffondendo negli animi un gran timore; molti benefattori ordinavano messe e benedizioni in onore del Santissimo Crocifisso quando, “piacendo al Signore”, la malattia e il contagio iniziarono a diminuire fino a cessare completamente, tanto che l’8 dicembre, durante la funzione per la festa dell’Immacolata Concezione, si cantò un solenne Te Deum in ringraziamento a Dio per aver allontanato la malattia e per aver concesso la guarigione alla maggior parte di quanti si erano ammalati, tanto che i morti erano stati pochissimi. Alla maestosa funzione accorse numeroso il popolo e vennero arse circa settanta torce di benefattori che, insieme ai lumi della chiesa, sommavano a oltre centosettanta, illuminando con splendida brillantezza in onore del Santissimo Crocifisso.

Il racconto ricorda, poi, che il Crocifisso, dopo la processione della seconda metà di luglio del 1828 fatta per chiedere un’abbondante pioggia, subito accordata, non fu più portato fuori dalla chiesa fino al luglio 1853. Quell’anno il raccolto, che già era stato scarsissimo di frumento e fava, era ulteriormente minacciato dalla totale mancanza di pioggia e la melica non poteva essere innaffiata se non dalla poca rugiada notturna, mentre il caldo eccessivo e venti straordinari avevano arsa la campagna già sterile, tanto da costringere a interrompere le arature. In tutte le chiese parrocchiali venivano ripetuti tridui per chiedere al Signore l’acqua bastante ad irrigare le nostre terre e il 20 di luglio dalla cattedrale si era portata in processione la statua di San Donnino, ma inutilmente. Domenica 31 luglio nella nostra chiesa parrocchiale si chiuse il secondo triduo e alle sette pomeridiane si portò in solenne processione il Santissimo Crocifisso, accompagnato da un numero immenso di persone animate da grande devozione. Procedevano per prime le donne, sotto un piccolo stendardo della Beata Vergine della Cintura portato da un confratello, seguivano le sei Confraternite della città, il clero e il collegio dei parroci, cantando le litanie dei santi. Due confratelli per ciascuna Confraternita procedevano con una candela accesa ai lati del Santissimo Crocifisso, portato da altri quattro Confratelli scambiati nel corso della processione; seguivano, formando due file, donne e quindi uomini, tutti con torce per un numero complessivo di circa centocinquanta lumi. Chiudeva la processione il numeroso popolo che era accorso e, grazie anche alla presenza di gendarmi e guardie dell’ordine pubblico, essa si svolse in maniera “quieta, divota, commovente, edificante”. Dopo quattro giorni il Signore volle esaudire le preghiere dei fedeli, il cielo si riempì di nubi e il giorno successivo, finalmente, arrivò un po’ di pioggia bastante a consolare i cuori afflitti per l’imminente sventura. La domenica successiva, dopo aver cantato il Te Deum in ringraziamento, “fu riposto il Santissimo Crocifisso nel suo luogo”.

Si ricorse al Crocifisso, che venne esposto nel mezzo della chiesa, ancora nell’agosto del 1855, quando, all’inizio del mese, il colera si manifestò con nuova virulenza in Parrocchia. Moltissime persone vennero a pregare e, per commissione dei devoti, furono impartite molte benedizioni, fino a quando, il 31 di ottobre, venne cantato il Te Deum in ringraziamento al Signore. In questo giorno la chiesa venne tutta illuminata, sull’altare maggiore vennero moltiplicati i lumi e circa quaranta torce, portate dai fedeli, vennero disposte nel mezzo della chiesa stessa".

3 pima copia

(Il volto di Cristo come si presentava prima dell'intervento)

4 dopo pulitura e dopo stuccatura copia

(Il volto di Cristo dopo l'intervento di pulitura e di stuccaggio)

 

5 durante pulitura copia

(Come si presentava il corpo di Gesù Cristo durante la pulitura)

 

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