Sono ritornati i pellegrini fidentini dopo aver percorso la Francigena del Sud
Dopo aver percorso quasi 250 Km in 12 tappe, siamo ritornati a casa dopo questa entusiasmante esperienza.
Il cammino ci ha permesso di conoscere per intero il territorio pugliese e un tratto di quello campano (quello costiero con un mare bellissimo che si perde nel cielo, interrotto dai profili bianchi dei centri costieri con le svettanti torri delle bellissime cattedrali, segni di spiritualità e presenza di comunità, sicuro ricovero per i pellegrini, approdo certo per i marinai). Oltre alla Cattedrale più nota di Trani, ci sono anche quelle altrettanto belle di Giovinazzo, Molfetta, Bisceglie, Barletta: la pietra bianca le rende visibili e luminose, quasi abbaglianti. L’addentrarsi verso l’interno del Tavoliere oltre alle città di Andria (famosa per i suoi confetti), Cerignola con le fosse granarie, il Santuario dell’Incoronata dedicato alla Madonna Nera ci ha mostrato un territorio segnato da immense distese di vigneti di diverse qualità, come pure di verdure pregiate che, man mano che si sale verso l’altopiano Dauno, lasciano posto a coltivazioni di ulivo diverso dagli alberi- scultura del Salento, ma più bassi e di forma regolare, non ammalati e irrigati, contornati da alberi di meli, fichi e mandorli. Sembrano quasi fare da corona ad un “fiore” bianco di pietra a otto punte, Castel del Monte, un vero gioiello che dalla sommità del monte trasmette forza, potere, ma anche cultura e conoscenza, opera fatta costruire dal grande e illuminato imperatore Federico II che, non solo per difesa, ha disseminato la costa di magnifiche rocche e fortificazioni. Abbiamo attraversato distese immense di grano ormai mietuto, che coprono intere vallate, segnate solamente da “tratturi “, percorsi interminabili tracciati dalle transumanze delle greggi, con mutazioni di colore che passano dal giallo delle stoppie, ai graffi neri dei solchi del grano bruciato per farne concime, all’ocra del terreno che trapassa al grigio segnato da qualche albero, indice della presenza di una piccola masseria isolata e spesso disabitata, in tufo che brilla sotto i raggi del sole che batte forte e inesorabile.
(I pellegrini a Castel del Monte)
Camminando anche sulle tracce dell’antica via Traiana, strada romana il cui selciato ricompariva a tratti, se non divelto dai trattori, abbiamo attraversato il territorio più interno di questa regione incontrando borghi immutati, posti sempre su ripidi scoscesi, le città, i siti archeologici per gran parte non conosciuti o poco come Canosa, chiamata la piccola Roma per i suoi ritrovamenti archeologici e perché sviluppatasi su cinque colli ma soprattutto il Mausoleo di Boemondo (bene UNESCO) unico esempio in occidente di architettura di ispirazione islamica o siriana, che riproduce il santo sepolcro di Gerusalemme.
Abbiamo ammirato l’Abbazia di S. Leonardo in Lama e la chiesa di Santa Maria di Siponto del 1127, bellissima e stupefacente, il bianco delle case di Monte S. Angelo dominato dalla mole dell’imponente Castello Angioino, la grotta dove è apparso S. Michele Arcangelo, termine del Cammino Michaelico, che in una linea ideale unisce Mont Saint Michel in Francia con la Sacra di S. Michele in Piemonte a Monte S. Angelo, e infine un visita orante a S. Pio a San Giovanni Rotondo.
Ovunque la gentilezza e l’ospitalità spontanea della gente ci ha colpito molto, ancora più evidente nei borghi, come a Troia, posta alle pendici dell’Appennino Dauno. Qui l’accoglienza è in modo diffuso: coloro che hanno una casa vuota la mettono a disposizione per l’ospitalità dei pellegrini. Il nostro arrivo era già stato segnalato e atteso, in quanto un contadino al quale avevamo chiesto informazioni aveva avvisato il figlio universitario, volontario della Pro Loco e amante dell’arte, che ci ha guidato alla visita della Cattedrale, gioiello del romanico - pugliese del XI sec. sede vescovile e di ben 5 conclavi, con un rosone che a definire magnifico è limitativo. Il paese stesso di 6800 abitanti per l’ordine e la bellezza del centro storico trasmette un senso di pace e di tranquillità con la gente che ti ferma e chiede da dove veniamo e il perché lo facciamo. Dopo una lunghissima e dura tappa siamo entrati nel territorio chiamato “Capitanata”, dove abbiamo condiviso il nostro tempo libero accompagnati e coccolati da una signora molto disponibile di Celle S. Vito, posto a 875 m. s.l. m., immerso in una foresta di castagni, querce, comune di 160 abitanti, una comunità dove si parla da generazioni il franco- provenzale, visto che il paese è stato fondato da soldati mercenari al soldo degli Angioini, che ebbero come paga per la vittoria contro gli Aragonesi, questa terra. Abbiamo potuto visitare il museo della cultura contadina. Da qui siamo arrivati a Buonalbergo dove nessun nome è stato più appropriato pur essendone privo, in quanto siamo stati accolti con il sistema dell’accoglienza diffusa da una simpatica famiglia che, oltre ad averci preparato la cena con prodotti della loro terra, ha condiviso con noi il momento conviviale come fanno con tutti i pellegrini secondo la loro consuetudine.
Da qui è iniziato lo scollinamento dell’Appennino con salite e discese con pendenze “da paura”, per fortuna contornati da vigneti e da frutteti che ci hanno alimentato, ma anche da piantagioni di tabacco le cui foglie sono esposte su graticci per la giusta essiccatura. Dalla costa all’Appennino sono stati realizzati molti campi eolici che, nonostante pareri contrari, ci hanno convinto che siano un’opportunità non solo per la regione ma per l’intero Paese. Benevento, la città delle streghe, del liquore Strega e del premio letterario che prende il suo nome, la nostra ultima meta, ha stregato anche noi: si profilava all’orizzonte, ci sembrava vicina ma poi era sempre lontana! Quest’ultima tappa, forse perché l’ultima, è stata davvero molto faticosa anche perché questa città è posta in salita. Ma finalmente ecco comparire l’arco di Traiano, bellissimo segno inconfondibile della grandezza di Roma e di questo imperatore. La città stessa è segno di ricchezza, cultura e opulenza con una Cattedrale completamente ricostruita dopo i bombardamenti alleati, con l’arco del Sacramento, il grandioso anfiteatro romano con una capienza di 15.000 posti, il centro storico medioevale, il ponte Leproso del II sec. Il complesso di S. Sofia, con chiesa risalente al VII sec. con annesso monastero, bene FAI e patrimonio dell’UNESCO, presenta una pianta centrale molto originale: al centro sei colonne sono disposte ai vertici di un esagono e collegate da archi che sorreggono la cupola. L'esagono interno è poi circondato da un anello decagonale con otto pilastri e due colonne ai fianchi dell'entrata. Bellissima. Lungo il percorso abbiamo rilevato una positiva novità che ci ha colpito: il posizionamento di edicole in legno che tramite un pannello fotovoltaico permettono di ricaricare il cellulare. Con il saluto a Beneventum si è chiusa un’altra esaltante esperienza, forse la più completa tra quelle realizzate, grazie alla varietà dei paesaggi, della natura, dei monumenti e grazie al nome dell’ultima città uno stimolo per arrivare, se Dio vorrà, il prossimo anno fino a ROMA.
Valentino Allegri, Franco Antonelli, Luciana Bazzini, Renato Bazzini, Luciano Cacciali e Angela Pratizzoli
(I pellegrini davanti alla Cattedrale di Trani)
(I pellegrini a Benevento)