La prima parola del Risorto: «Pace a voi!». Il messaggio del Vescovo Ovidio per la Pasqua 2022
Pasqua 2022
La prima parola del Risorto: «Pace a voi!»
La prima parola che il Risorto rivolge alla comunità dopo il mistero della sua pasqua di croce e di gloria è: «Pace a voi!».
Che cosa ha significato per la comunità dei discepoli questo annuncio? Al contempo ci chiediamo: cosa significa oggi per noi, discepoli del Signore nella storia del XXI secolo, raccogliere l’eredità di questa parola del Risorto?
Riflettere e pregare con fede sulla consegna del Signore significa riconoscerne la realtà di dono e di responsabilità. Anzitutto, la pace (shalom) annunciata dal Risorto è per noi un dono e non una conquista né il risultato di strategie concordiste frutto di convenienze umane. La pace del Risorto ci rammenta che noi non siamo nella possibilità di assicurarci una pace autentica, ma solo una serie di “distinguo”, di clausole, di condizioni e di ricatti portati all’eccesso mortificando l’identità della pace vera. In quanto dono del Risorto, al contrario, la pace è autentica perché non soggiace a condizioni; essa richiede di essere accolta nella sua più profonda natura che è quella del dono che opera a favore della vita sempre. Infatti, la pace del Signore, in quanto dono, è parola di perdono e di riconciliazione. Quando il Risorto si manifesta in mezzo alla sua comunità, nelle sue parole non c’è traccia di rimprovero per nessuno. Gesù crocifisso e risorto non denuncia la fatica degli apostoli, il loro tradimento, la loro paura, la loro fuga e lo smarrimento che ha preso tutti fino ad abbandonarlo nella sua più radicale solitudine (cfr. Mc 14,50). Gesù è tutto teso a riconciliare, a ricondurre attorno a sé, a far passare tutti dalla disgregazione all’unità. La parola pacificante di Gesù, in quanto dono, mette la comunità nella condizione di riprendersi, di ricominciare e di continuare nel cammino confidando nella sua presenza misericordiosa e provvidente. Gesù l’aveva dichiarato alla vigilia della sua passione; stando a mensa con i suoi aveva solennemente promesso: «Vi lascio la pace; vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi» (Gv 14,27).
Al contempo, la pace in quanto dono del Risorto porta con sé una responsabilità. Il dono ricevuto comporta una responsabilità per chi lo accoglie come tale perché riflette il volto del donatore. Ogni dono, infatti, esige una risposta che passa attraverso l’opera della pace ovvero la riconciliazione, l’incontro, la misericordia e, nondimeno, la speranza che il nuovo è possibile. La responsabilità che il dono della pace porta con sé parla il linguaggio di una audace speranza che procede oltre le parole ovvie e scontate che lasciano la realtà preda di un immobilismo che rende schiavi, ipotecando ogni orizzonte del domani. La pace del Risorto, in quanto responsabilità apre spazi nuovi procedendo oltre i sospetti, i diritti rivendicati disattendendo i doveri, che riteniamo siano da rispettare sempre dagli altri e mai da noi stessi. La morte della speranza è frutto della paura della differenza. Senza il movimento di dialogo e di osmosi tra il presente e la storia che lo precede non vi è speranza possibile, ma solo fuga di responsabilità dal proprio oggi, delegando a un domani illusorio, rispetto alle proprie attese, l’impegno di valutare e di scegliere. Vi è, pertanto, la necessità di un movimento di riconciliazione e di pace con il proprio passato; ciò è possibile percorrendo con umiltà, con la libera scelta di perdonare e con intelligenza un cammino di conoscenza, senza pregiudizi ideologici, e di dialogo permettendo alla storia di raccontarsi attraverso i documenti dalle tipologie più diverse. Papa Francesco, nella Lettera enciclica Fratelli tutti lo sottolinea con intensità:
«Il perdono non implica il dimenticare. Diciamo piuttosto che quando c’è qualcosa che in nessun modo può essere negato, relativizzato o dissimulato, tuttavia, possiamo perdonare. Quando c’è qualcosa che mai dev’essere tollerato, giustificato o scusato, tuttavia, possiamo perdonare. Quando c’è qualcosa che per nessuna ragione dobbiamo permetterci di dimenticare, tuttavia, possiamo perdonare. Il perdono libero e sincero è una grandezza che riflette l’immensità del perdono divino. Se il perdono è gratuito, allora si può perdonare anche a chi stenta a pentirsi ed è incapace di chiedere perdono» (FT 250).
La storia scritta da uomini e donne è la pietra d’inciampo sempre attuale, che impegna nella fatica del pensare, impedisce di imboccare la strettoia di quell’oblìo che giustifica ogni barbarie e permette di compiere un passo in avanti verso l’altro per trovare in lui un accrescimento di essere (cfr. FT 88-89).
Il Signore crocifisso e risorto ci conceda sapienza e discernimento al fine di custodire fedelmente il dono della sua pace, la memoria della testimonianza preziosa di chi è passato attraverso la grande tribolazione e di chi, nella libertà di scegliere e di amare, ha donato la sua vita responsabilmente per il bene dell’umanità di oggi, senza rinunciare ad indicare una speranza audace, non illusoria, che è sempre più grande delle nostre attese.
+ Ovidio Vezzoli
Vescovo di Fidenza