Solennità di S. Donnino martire di Cristo, patrono della Diocesi di Fidenza
- Scritto da roberto
- Pubblicato in Primo piano
«Non mi vergogno dell’Evangelo» (Rm 1,16)
La celebrazione della solennità di S. Donnino martire di Cristo, testimone dell’Evangelo con la sua stessa vita donata, fa memoria viva alla comunità dei credenti delle ragioni fondamentali che caratterizzano la speranza cristiana e che orientano il suo cammino nella storia. Se volessimo richiamare in sintesi i contenuti di queste motivazioni potremmo fissare la nostra attenzione su ciò che ha costituito il fondamento delle scelte del martire Donnino, in un tempo storico e in situazioni culturali e religiose non certo facili né scontate.
La scelta di vita che il martire di Cristo consegna oggi alla nostra generazio-ne rimanda, anzitutto, alla libertà davanti a Dio e al mondo. Donnino, alla lu-ce della libertà che scaturisce dall’Evangelo non ha piegato le ginocchia a nes-suna potenza mondana; egli non ha asservito la sua esistenza ad una ricerca di opportunità e di convenienze assolutizzate dai propri privilegi imperiali; non si è inchinato davanti ai signori di questo mondo riducendo la sua vita ad una condizione di schiavitù dorata. A causa della sua libertà in Cristo, Donnino non ha mai smesso di porsi in ricerca permanendo nella condizione di chi di-scerne con saggezza qual è il vero tesoro che impreziosisce la vita umana. Donnino non si è vergognato dell’Evangelo, anche quando porta impressi i se-gni della croce e dello scandalo secondo i criteri del mondo; senza equivoci egli ha indicato quello strumento di morte quale sapienza di Dio (cfr. 1Cor 1,30), contenuto e orizzonte sul quale orientare il cammino di una umanità nuova.
In secondo luogo, la vita del martire cristiano ci indica senza ambiguità al-cuna Colui verso il quale deve convergere il nostro sguardo in ogni tempo. «Come se intravvedesse l’invisibile» (Eb 11,27) il martire Donnino si è fatto discepolo fedele del suo Signore unico scorgendo in lui la ragione ultima del suo vivere, del suo servire e del suo morire. Lasciando gli sfarzi effimeri della corte imperiale e rinunciando, nella libertà evangelica, a tutto ciò che potesse costituire per lui una sicurezza mondana e relativa, Donnino ha fatto propria la condizione di pellegrino itinerante e di straniero, fissando lo sguardo su Ge-sù il Signore che lo ha preceduto sulla via della croce e della gloria. In tempi difficili e oscuri di una storia scritta unicamente dalle gesta di condottieri im-periali e da eserciti agguerriti, Donnino martire ha saputo ricominciare dall’Evangelo e fondare la sua speranza sulla Parola che non mente.
Infine, la testimonianza del martire Donnino richiama l’essenzialità del ser-vizio che la Chiesa oggi è chiamata ad offrire ad una umanità smarrita, impau-rita e incapace di risollevarsi da sola. Nel tempo difficile della pandemia sanita-ria, che ha coinvolto ogni popolo di ogni nazione, religione e cultura, non ba-sta lo stillicidio di continue e ossessive sentenze analitiche, che dipingono un quadro sociale di una umanità votata ad una dissoluzione catastrofica senza ri-torno. Il mondo non ha bisogno di opinionisti improvvisati, che emettono sen-tenze senza soluzione; l’umanità necessita di prossimità e di relazioni autenti-che, di condivisione che va oltre l’assistenza dei tempi di emergenza, di fedeltà alla parola data, di responsabilità rispetto agli impegni assunti, di non vergo-gnarsi della propria fragilità, ma di riporre la sua fiducia in Colui che ha solen-nemente dichiarato: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
A quanti nutrivano dubbi e perplessità nei confronti del ministero di Paolo ironizzando sul suo passato, l’apostolo ha ribadito, senza ambiguità alcuna e senza ricercare compromessi di convenienza umana: «Non mi vergogno dell’Evangelo» (Rm 1,16). Con ciò l’apostolo si riferiva al mistero della croce e della risurrezione del Signore Gesù, che aveva operato in lui un cambiamento decisivo. Il martire Donnino, come l’apostolo, racconta con la sua stessa vita di quella libertà che scaturisce dalla Parola che chiama e salva.
Di questo l’umanità attende una narrazione autentica attraverso l’umile te-stimonianza dei credenti, scevra da deliri di onnipotenza e dalla tentazione di una ipocrita efficacia ostentata ad ogni costo.
+ Ovidio Vezzoli vescovo
Fidenza, 9 ottobre 2020