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Martina Pacini

1° maggio: festa patronale nella parrocchia di San Giuseppe lavoratore a Fidenza

Sabato 1° maggio, festa di s. Giuseppe Lavoratore, sarà celebrata alle ore 10.30 una Messa solenne nella parrocchia fidentina che porta il suo nome.

All’interno della celebrazione eucaristica verranno letti alcuni brani tratti dalla lettera apostolica “Patris corde” di Papa Francesco.

Al n. 6 del documento pontificio si legge: “Fin dai tempi della Rerum novarum (1891) di Leone XIII è stato sottolineato il suo rapporto con il lavoro. San Giuseppe era un carpentiere che ha lavorato onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia. Da lui Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane come frutto del proprio lavoro. Il lavoro diventa partecipazione all’opera stessa della salvezza, occasione per affrettare l’avvento del Regno e per sviluppare le proprie potenzialità e qualità, mettendole al servizio della società e della comunione, il lavoro diventa occasione di realizzazione non solo per se stessi, ma soprattutto per quel nucleo originario della società che è la famiglia. Una famiglia dove mancasse il lavoro è maggiormente esposta alle difficoltà, tensioni, fratture. La perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia da Covid-19, deve essere un richiamo a rivedere le nostre priorità. Imploriamo San Giuseppe Lavoratore perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia deve rimanere senza lavoro!”.

(In foto: una celebrazione eucaristica nella parrocchia di San Giuseppe lavoratore)

S. Vitale, Messa con il Vescovo nella festa del santo patrono

Mercoledì 28 aprile alle ore 18 presso la chiesa di San Vitale a Salsomaggiore Terme il Vescovo Ovidio, affiancato dal parroco don Bogdan Wilczewski, presiederà la celebrazione eucaristica in occasione della ricorrenza patronale.

I fedeli sono invitati a partecipare nel rispetto delle normative sanitarie e di distanziamento.

La testimonianza di Isabella Ruffini sullo zio, mons. Mario Corradi

"Lo zio a Santa Croce non mi ha mai parlato delle brutalità inflitte dai militari tedeschi a Contignaco; mentre presso la casa protetta di Zibello, dove era ricoverato nell’ultimo periodo di vita, me ne parlava frequentemente". Sono parole di Isabella Ruffini, pronipote di monsignor Mario Corradi (1911-2009), che durante il periodo del secondo conflitto mondiale era parroco a San Giovanni in Contignaco e visse esperienze molto dure. La missione di pace e di fratellanza del sacerdote lo portò in quegli anni a mettere in salvo numerose vite umane tra cui quelle di tanti ebrei italiani.

Domenica 25 aprile scorso, giorno della Liberazione, sulla lapide di mons. Corradi a Pieveottoville il comitato "Amici del grande Fiume" ha portato un cero in sua memoria come fa sempre in diverse occasioni importanti. Un piccolo gesto sì, ma molto significativo. La figura di mons. Corradi è stata ricordata anche dal sindaco Massimo Spigaroli durante la celebrazione eucaristica a Santa Croce.

I fatti che la nipote Isabella ricorda di quegli anni sono i seguenti:

Mons. Corradi ha rischiato due volte la fucilazione e, in una di esse, raccontò di aver avuto il fucile puntato da un militare tedesco molto giovane, il quale pronunciò alcune parole in latino a cui il sacerdote risposte prontamente. Quindi chiese al militare come mai sapesse il latino ed egli rispose che lo aveva studiato a scuola: in questo modo ebbe salva la vita.

In più occasioni all’alba usciva dalla canonica di Contignaco e, con uno o più parrocchiani, si recava a deporre su un carretto i corpi impiccati ai lampioni frutto di rappresaglie tedesche. Questo veniva fatto onde evitare che gli abitanti del paese vedessero morti i propri parenti o amici.

Un ulteriore episodio atroce che mons. Corradi ricordava spesso è quando alcuni militari tedeschi si recarono presso una cascina i cui figli dei proprietari avevano partecipato ad un attacco partigiano. Il sacerdote vi giunse prima dei soldati perché informato e raccomandò ai due giovani di rimanere nascosti anche nel caso in cui avessero catturato i genitori. I tedeschi portarono nell’aia i genitori e iniziarono a picchiarli: ciò avvenne in presenza di mons. Corradi, e i ragazzi, udite le urla, uscirono allo scoperto per intervenire. A quel punto i militari chiesero ai genitori se avessero figlie femmine e barattarono la vita salva dei figli maschi a scapito della figlia che fu portata via con loro. Il giorno seguente il sacerdote andò a recuperare il corpo senza vita della giovane che trovò smembrato.

"Dopo il racconto di questo ultimo truce episodio gli dissi che non volevo sentirne altri perché ne ero rimasta profondamente sconvolta: la cosa mi turba ancora oggi se mi soffermo a pensarci".

 


 

 
 

La cronaca della battaglia avvenuta a Semoriva il 26 aprile del 1945

Riportiamo di seguito la cronaca della battaglia avvenuta a Semoriva il 26 aprile 1945. Lo scritto è frutto dell'iniziativa del parroco di allora, don Oreste Vismara.

Il testo, in forma ridotta, è stato letto a Semoriva dopo la celebrazione eucaristica delle ore 11 di domenica 25 aprile.

Un ringraziamento particolare a Silvia Testa per averci fornito le foto del manoscritto e il testo che proponiamo di seguito.

"Ai posteri, ai miei Successori nel governo spirituale, lascio questo memoriale affinché possano essere a conoscenza della terribile e asprissima battaglia avvenuta proprio nel Centro della Parrocchia di Semoriva negli ultimi giorni della ferocissima e barbara guerra….". Così inizia il resoconto dell'arciprete don Oreste Vismara, che dopo una breve introduzione sulla guerra e sulla evidente sconfitta dei tedeschi, riporta che in zona passarono, nelle notti del 24, 25 e 26 aprile, colonne di soldati tedeschi che tentavano di raggiungere la Germania. "Per due notti colonne tedesche con carri armati, autoblinde, camion, auto, motociclette, ambulanze, truppe a piedi e a cavallo erano passate da Roncole dirette a Busseto, mentre la terza notte da Castellina puntarono su Semoriva. Per il trambusto dovetti alzarmi, come pure i tre seminaristi che erano ospitati in canonica. Sia loro che io ci spaventammo molto perché era un continuo passare di aeroplani. Mi allontanai dalla canonica temendo che l'aereo ronzante (Pippo) avvistasse l'autocolonna tedesca e gettasse una pioggia di bombe che avrebbero coinvolto la chiesa e la casa. Alle prime luci la coda della terza colonna di fermò proprio presso di noi. Erano circa 300 soldati delle ESSE ESSE che saccheggiarono le case poste sul loro percorso durante la ritirata. Trenta soldati si fermarono nel beneficio parrocchiale, altri nella casa attigua alla canonica dove c’era l’ambulanza con i feriti. Nascosero i mezzi militari sotto i portici, sotto le siepi o con delle fascine: stavano nascosti di giorno, verso sera andavano a razziare, col buio riprendevano la marcia per arrivare al Po.

A mezzogiorno del 26 aprile arrivò da Castione un maggiore americano, armato di mitra, con un manipolo di partigiani, per disarmare i tedeschi e farli prigionieri. Questa fu la scintilla che diede origine alla grande battaglia.

Il maggiore tratto in inganno dai tedeschi che erano nel podere di proprietà Orlandi, vicino alla chiesa, venne dapprima ferito ad una mano, si recò in casa Olivieri per la medicazione e poiché non fuggì lungo il Nasseno (così si chiama il torrente che passa per Semoriva) venne di nuovo ferito presso il palazzo medievale, preso e ucciso. I partigiani che erano con lui fecero prigionieri 8 soldati tedeschi. Alcuni abitanti fuggirono lungo il Nasseno, ma vennero mitragliati dai tedeschi, tenuti in ostaggio, minacciati di morte e successivamente, per vero miracolo, liberati. L’arciprete cercò di allontanarsi dalla canonica, ma dapprima si trovò in mezzo alla battaglia tra tedeschi e partigiani, poi correndo, perché sentiva fischiare le pallottole, riuscì a rifugiarsi, illeso, presso la famiglia Frassoni e Parolari Giovannina, nella casa dove c’è una cappellina della Madonna. Ogni famiglia e noi pure vivevamo nel terrore. Nel sottotetto di questa casa c’era il partigiano Barezzi di Castione, armato, che segnalava ai combattenti quello che vedeva".

Saputo della morte del maggiore, autoblinde americane vennero a dare man forte ai partigiani e fu un vero uragano di ferro e fuoco. "Noi - dice il parroco - eravamo nascosti nel posto più recondito della casa e pregavamo la Madonna con il rosario, arma potente di difesa e chiedevamo al Signore -Salvaci che stiamo per perire-”.

Quando questa battaglia sembrò terminata che chiedemmo “Chi avrà vinto?, ma nessuno osò uscire".

Poi il giovane Frassoni ci informò che due tedeschi volevano perquisire la casa per cercare il partigiano.

“Noi visto partigiano, noi bruciare tutta la casa” E il prete commenta “Se mi avessero scoperto mi sarebbe toccata la stessa sorte che toccò purtroppo a tanti altri parroci, specialmente in montagna”. Il capofamiglia Frassoni Artemio negò con franchezza e convinzione che in casa ci fossero dei partigiani e i tedeschi se ne andarono. “Deo gratias e grazie alla Madonna da noi incessantemente invocata”.

Frattanto altri tedeschi in canonica dissero alla zia del parroco: “Pastore essere spia dei partigiani”, “qui esserci partigiani” e puntandole addosso un mitra e la rivoltella in faccia vollero vedere tutta la casa che risultò vuota e così si tolsero i sospetti sull’attività del parroco.

Alle 6.30 del pomeriggio arrivò da Castione un’autocolonna americana, altri arrivarono dalla strada della Tragaiola, per fare una sacca e imprigionare i tedeschi, ma il tenente tedesco non si arrese perché “non voleva ricevere sconfitta”. Però appena gli ufficiali tedeschi si resero conto delle numerose forze nemiche, pur combattendo con tiri di mortaio, cannonate, si diedero alla fuga per la strada che va verso Spigarolo. “Sono bocche di fuoco da ambo le parti che vomitano ferro e fuoco incessantemente” Un aereo americano girava per dare indicazioni ai suoi e si temeva l’arrivo di bombardieri. La battaglia durò fino alle 8 di sera.

Poi silenzio. Bussarono poi ripetutamente alla porta “Sono gli americani, i liberatori che fanno il rastrellamento dei tedeschi sbandati”.

Siamo salvi, il pericolo più grosso è passato, ma è scuro e nessuno osò uscire. Si passa la notte narrando le nostre paure e recitando il rosario per ringraziare la Madonna degli scampati pericoli.

Don Vismara è preoccupato per gli altri parrocchiani, per gli zii in canonica e per le devastazioni. Al mattino presto uscì e vide la casa dei signori Fogliati tutta cannoneggiata, il rustico bruciato con tutto il fieno, fu bruciato pure il rustico dei signori Politi, come pure quello delle sorelle Dotti. Il campanile aveva ricevuto delle cannonate e una granata perforò la cimasa di una cappella del cimitero che a sua volta colpì la semicupola della chiesa, ma S. Genesio salvò la sua chiesa. I parrocchiani sono tutti illesi. La Beatissima Vergine Maria di Lourdes aveva protetto i parrocchiani e mentre tutti erano in chiesa per ringraziare il S S. Sacramento, la Madonna e S. Genesio si sente lo scampanio della torre del Municipio di Busseto, liberata dai nazifascisti.

Nei giorni successivi la radio annunciò la morte di Mussolini, di Hitler, la liberazione di tutta l’Italia Settentrionale, la firma della capitolazione delle forze germaniche.

Il 2 maggio venne fatta la festa votiva di ringraziamento e si rinnovò il voto di aggiustare il campanile.

“Desidero che questo atto rimanga a perenne memoria tra i documenti ufficiali di questo Archivio Parrocchiale di Semoriva sia per mettere a conoscenza la gravità del pericolo che corse la nostra vita, la Chiesa, la canonica e tutte queste case, sia soprattutto perché si sappia come palesemente e maternamente ci hanno protetto Maria SS. e il nostro patrono S. Genesio”.

Ad maiorem Dei gloriam!

In fede di tutto quanto è scritto

                                                        Sac. D. Oreste Vismara

                                                        Arciprete di Semoriva

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(In foto: l'altare della Madonna di Lourdes nella chiesa di Semoriva)

 

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(In foto: la statua di S. Genesio, patrono della comunità)

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