Dal 12 aprile al via la prenotazione dei vaccini per i cittadini dai 70 ai 74 anni
Dal 12 aprile al via la prenotazione dei vaccini per i cittadini dai 70 ai 74 anni
Dal 12 aprile al via la prenotazione dei vaccini per i cittadini dai 70 ai 74 anni
Nel corso della s. Messa Crismale di Giovedì Santo il Vicario generale della diocesi, don Gianemilio Pedroni, nel saluto che ha rivolto al Vescovo Ovidio, ai confratelli e ai diaconi presenti in Cattedrale ha ricordato come di consueto i sacerdoti defunti e gli anniversari particolari di ordinazione presbiterale.
"Ci sentiamo in comunione davanti a Dio con il vescovo emerito Carlo, con i confratelli sacerdoti ammalati, che non possono essere presenti a questa eucaristia (ricordo in particolare mons. Adriano Dodi e don Mario Agazzi); la comunione è rinnovata con la Chiesa di Karaganda in Kazakhstan mediante il ministero di don Pierluigi Callegari fidei donum in quella terra.
Siamo altresì in comunione con la Chiesa del Togo grazie al ministero nella diocesi fidentina di due sacerdoti, don Armand Ognami e don Damian Gaglo. Non dimentichiamo al contempo il Monastero delle monache benedettine del SS. Sacramento nella diocesi di Novara dove esercita il suo servizio di cappellano don Tarcisio Frontini. La nostra comunione è rinnovata con i diaconi permanenti, le comunità religiose e la Fraternità monastica benedettina olivetana 'Custodi del Divino Amore' presenti a Vidalenzo" ha esordito il Vicario.
"Ricordiamo anche i sacerdoti defunti, in particolare mons. Stefano Bolzoni, ad un anno dalla morte sopraggiunta a Parma il 6 aprile del 2020".
Di seguito l'elenco dei sacerdoti che festeggiano un anniversario particolare di ordinazione presbiterale, ai quali è stato conferito, al termine della celebrazione, un simbolico dono.
Mons. Piergiacono Bolzoni (55 anni di sacerdozio)
Don Luigi Guglielmoni (45 anni di sacerdozio)
Don Pierluigi Callegari (40 anni di sacerdozio)
Don Daniele Benecchi (35 anni di sacerdozio)
Don Romano Marani (30 anni di sacerdozio)
Padre Filippo Aliani o.f.m. Capp. (30 anni di sacerdozio)
Don Tomasz Niemira (25 anni di sacerdozio)
Padre Stefano Maria Cavazzoni o.f.m. Capp. (15 anni di sacerdozio).
“La colletta pro Terra Sancta 2021 sia per tutti l’occasione per non girare lo sguardo, per non passare oltre, per non ignorare le situazioni di bisogno e di difficoltà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che vivono nei Luoghi Santi”. Questo l’invito del Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, in occasione della raccolta tradizionalmente prevista per il Venerdì Santo.
«La Colletta per la Terra Santa – spiega la Congregazione – nasce dalla volontà dei Papi di mantenere forte il legame tra tutti i Cristiani del mondo e i Luoghi Santi. È la fonte principale per il sostentamento della vita che si svolge intorno ai Luoghi Santi e lo strumento che la Chiesa si è data per mettersi a fianco delle comunità ecclesiali del Medio Oriente. Nei tempi più recenti, Papa Paolo VI, attraverso l’Esortazione Apostolica ‘Nobis in Animo’ (25 marzo 1974), diede una spinta decisiva in favore della Terra Santa. La Custodia Francescana attraverso la Colletta può sostenere e portare avanti l’importante missione a cui è chiamata: custodire i Luoghi Santi, le pietre della memoria, e favorire la presenza cristiana, le pietre vive di Terra Santa, attraverso tante attività di solidarietà, come ad esempio il mantenimento delle strutture pastorali, educative, assistenziali, sanitarie e sociali. I territori che beneficiano sotto diverse forme di un sostegno proveniente dalla Colletta sono i seguenti: Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq. Di norma, la Custodia di Terra Santa riceve il 65% della Colletta, mentre il restante 35% va alla Congregazione per le Chiese Orientali, che lo utilizza per la formazione dei candidati al sacerdozio, il sostentamento del clero, l’attività scolastica, la formazione culturale e i sussidi alle diverse circoscrizioni ecclesiastiche in Medio Oriente». Un’occasione per contemplare da vicino il mistero di Gesù morto e Risorto, ma anche un modo per farsi idealmente pellegrini insieme a Gerusalemme.
Con la consapevolezza che il 2020 è stato un anno di prova per tutti, il prefetto sottolinea le particolari difficoltà che hanno dovuto affrontare e affrontano ancora ora la Città Santa di Gerusalemme e la piccola comunità cristiana che dimora in Medio Oriente e “che vuole essere luce, sale e lievito del Vangelo”. “Nel 2020 i cristiani di quelle terre hanno sofferto un isolamento che li ha fatti sentire ancora più lontani, tagliati fuori dal contatto vitale con i fratelli provenienti dai vari Paesi del mondo”, ha spiegato. I cristiani hanno patito la perdita del lavoro dovuta all’assenza di pellegrini, che si è sommata in alcuni Paesi al persistere della guerra e delle sanzioni che di fatto hanno aggravato gli effetti della pandemia. “Inoltre - ha continuato - è venuto meno anche parte dell’aiuto economico che la Colletta pro Terra Sancta ogni anno garantiva, a motivo delle difficoltà di poterla svolgere in molti Paesi nel 2020”.
La Colletta Pro Terra Santa è una delle raccolte obbligatorie (insieme all’Obolo di San Pietro del 29 giugno e alla Giornata missionaria mondiale) che viene svolta il Venerdì Santo (o nella data che l’ordinario del luogo ritiene più opportuna) in favore delle opere e delle necessità della Terra Santa. Nell’esortazione apostolica di Paolo VI del 25 marzo 1974, “sulle accresciute necessità della Chiesa in Terra Santa”, vengono precisate le modalità della Colletta. Modalità riprese e ribadite anche dai successivi pontefici. Ecco alcuni passaggi dell’esortazione apostolica che si riferiscono alla Colletta:
“In tutte le chiese e in tutti gli oratori, appartenenti sia al Clero diocesano che religioso, una volta l’anno – il Venerdì Santo o in altro giorno designato dall’ordinario del luogo –, insieme alle particolari preghiere per i nostri fratelli della Chiesa di Terra Santa, si raccolga una colletta, a loro parimente destinata. I fedeli siano avvertiti, con congruo anticipo, che detta colletta sarà devoluta per il mantenimento non solo dei Luoghi Santi, ma prima di tutto delle opere pastorali, assistenziali, educative e sociali che la Chiesa sostiene in Terra Santa a beneficio dei loro fratelli cristiani e delle popolazioni locali.”
“Le offerte siano tempestivamente rimesse dai Parroci e dai Rettori delle chiese e degli oratori al proprio Ordinario, il quale le consegnerà al Commissario di Terra Santa più vicino, la cui attività, tanto benemerita nel passato, Ci sembra tuttora valida e funzionale, o per altro opportuno tramite.”
“La S. Congregazione per le Chiese Orientali provvederà, a norma delle istruzioni da Noi impartite, ad assicurare che la Custodia di Terra Santa e la Gerarchia locale, nel rispetto delle loro competenze, possano continuare le loro Opere, consolidarle e svilupparle maggiormente, in piena armonia tra di loro ed in stretta cooperazione con gli altri Organismi che hanno speciali vincoli con la Terra Santa ed hanno a cuore le sorti di quella Chiesa locale.”
Il 2 aprile, come ogni anno, in tutte le parrocchie avrà luogo la raccolta delle offerte per la Colletta a favore della Terra Santa. In vista dell’evento il Custode, fr. Francesco Patton, ha inviato il messaggio che riportiamo qui di seguito.
"Nel corso di tutto il 2020 in terra Santa come nel resto del mondo siamo stati messi a dura prova dalla pandemia che ha paralizzato buona parte delle attività economiche, ha bloccato il movimento delle persone e quindi anche dei pellegrini, ha messo in sofferenza e in stato di indigenza la maggior parte delle famiglie, ha sprofondato molte persone nella solitudine e nell’isolamento. Nonostante o forse proprio a causa di questa situazione, come frati della Custodia di Terra Santa abbiamo cercato di intensificare il nostro impegno per vivere la nostra missione: quella che san Francesco ha voluto intraprendere nel 1217, di essere presenti come lievito di vangelo in un contesto a maggioranza di altra religione; e la missione che la Chiesa ci ha affidato, ufficialmente a partire dal 1342, di custodire i Luoghi Santi della nostra redenzione e la piccola comunità cristiana che qui ancora esiste e resiste, a dispetto delle avverse condizioni della storia e della globalizzazione dell’indifferenza. Non abbiamo chiuso i santuari, ma abbiamo cercato di valorizzarli intensificando in questi luoghi speciali della fede la nostra invocazione a nome dell’intera umanità e la nostra intercessione per l’umanità intera. Abbiamo cercato di rendere accessibili questi luoghi anche in modo virtuale, trasmettendo le varie celebrazioni durante l’anno, per mantenere vivo il legame con i fedeli e i pellegrini. Non abbiamo smesso di prenderci cura delle nostre parrocchie con i loro fedeli, siano essi locali di lingua araba, ebraica o greca, siano essi migranti lavoratori stranieri o rifugiati. Le celebrazioni, pur con molte restrizioni, sono continuate. I sacramenti hanno continuato a nutrire la vita dei nostri fedeli. È continuato l’impegno di catechesi. È continuata la cura degli ammalati, anche di quelli da Covid-19, ed è continuato l’accompagnamento dei moribondi per non abbandonarli a una morte priva di dignità umana e cristiana. È continuato l’impegno caritativo per venire incontro a popolazioni provate non solo dalla pandemia ma anche dai disastri della guerra e dalle leggi ciniche e crudeli dei mercati, dell’assenza di assistenza sociale, del dover ricorrere a mendicare per potersi curare, per soddisfare i bisogni di tutti i giorni o per mandare a scuola i propri figli. Non abbiamo chiuso le scuole e abbiamo continuato a prenderci cura dell’educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani. Tutto questo ovviamente ha un costo e gran parte di questo costo viene attualmente coperto dalla Colletta del Venerdì Santo e dalla generosità dei fedeli di tutto il mondo. Il 2020 anche per noi è stato un anno in cui le uscite necessarie a portare avanti la nostra missione sono rimaste consistenti, mentre le entrate sono state minime, perché proprio la Colletta per la Terra Santa in molte parti del mondo non si è celebrata. Quest’anno, perciò, più ancora che negli anni passati noi frati della Custodia di Terra Santa ci facciamo mendicanti e ci appelliamo alla generosità del vostro cuore. Come ci ricorda papa Francesco nella sua ultima enciclica riflettendo sulla parabola del Buon Samaritano: “Oggi, e sempre di più, ci sono persone ferite. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza” (Fratelli Tutti, 69). E poco dopo la costatazione si fa domanda: “E’ l’ora della verità. Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri?” (Fratelli Tutti, 70). Aiutateci secondo le vostre possibilità, aiutateci secondo la generosità del vostro cuore, aiutateci ad aiutare".
La fraternità, seme di risurrezione
Il messaggio per la Pasqua 2021 del Vescovo Ovidio.
La Bibbia non tace su esperienze di vita caratterizzate da una difficile fraternità segnata da contrasti, intrighi, incomprensioni, sotterfugi, insidie di ogni genere, pregiudizi e distanze. In tal senso basterebbe evocare le tragiche pagine del primo fratricidio consumato da Caino nei confronti del fratello Abele (cfr. Gen 4,1-16), della distanza frapposta tra Isacco e Ismaele (cfr. Gen 21,8-10), della lotta tra Esaù e Giacobbe (cfr. Gen 27,41-45), dell’invidia dei figli di Giacobbe nei confronti del loro fratello Giuseppe (cfr. Gen 37,1-36), dell’oltraggio di Ammon, figlio di Davide, alla sorella Tamar (cfr. 2Sam 13,1-22) e il conseguente assassinio di Ammon da parte del fratello Assalonne (cfr. 2Sam 13,23-37), degli intrighi per la conquista del potere messi in atto dai figli di Davide (cfr. 2Sam 15,1-12). Il Nuovo Testamento non è meno tenue quando registra incomprensione e sdegno nella comunità apostolica a proposito della richiesta avanzata da Giacomo e Giovanni per occupare posti di prestigio accanto a Gesù nel giorno del giudizio (cfr. Mc 10,35-41). Lo stesso si può affermare relativamente ai contrasti tra Pietro e Paolo a proposito di atteggiamenti giudicati non secondo la verità scaturita dall’Evangelo e che Paolo denuncia nella forma dell’ipocrisia nella quale Pietro è caduto come in una trappola (cfr. Gal 2,11-14). Sulla stessa lunghezza d’onda si collocano i molteplici ammonimenti di Paolo, e non solo, circa la necessità di custodire nell’amore e nella carità fraterna le relazioni nella comunità cristiana (cfr. Rm 12,3-21). Non è certamente casuale il fatto che Gesù nell’ultima cena con i suoi discepoli lasci ad essi come testamento l’unico comandamento dell’amore, che si declina nella carità nei confronti del prossimo: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi” (cfr. Gv 15,12-17).
La fraternità, dunque, è difficile; eppure è a partire da essa che si può verificare la vera obbedienza alla parola dell’Evangelo. Papa Francesco, il 3 ottobre 2020, ha consegnato la sua Lettera enciclica “Fratelli tutti”, richiamando la necessità della fratellanza universale quale vero antidoto alla violenza e alla barbarie delle parole, e non solo, che inquinano le relazioni umane. La fraternità è autentico segno di risurrezione; è l’alternativa non illusoria al veleno e all’ipocrisia dell’inimicizia, del sospetto, della menzogna e di qualsiasi forma di morte.
Tutto ciò conduce a riconoscere la necessità del dialogo. Esso solo può dinamicamente mettere in atto un cammino di cambiamento e, dunque, di conversione alla vera fraternità. Dal dialogo, in realtà, noi non usciamo nello stesso modo con cui abbiamo accettato di entrare. Il dialogo porta ad una conoscenza inaspettata dell’altro; ci introduce alla scoperta di se stessi e dell’altro come dono reciproco in una dinamica di gratuità. Il dialogo porta alla conversione di sé e introduce in un cammino di comunione nella quale la fraternità è possibile. E questo avviene senza la paura di dover rinunciare a ciò che costituisce il fondamento della nostra fede, della speranza che è in noi come dono e dell’amore che ci sospinge ad un incontro di comunione e di condivisione. In un contesto, come quello contemporaneo, per i credenti la tentazione di un irrigidimento dell’identità confessionale nei confronti di altre confessioni di fede, viste come una minaccia alla propria integrità, è sempre in agguato. È necessario, invece, per i credenti accogliere l’altro come riflesso del mistero della incarnazione di Dio, che si è fatto uomo in Gesù, per incontrare tutti.
Davanti alla Pasqua di risurrezione del Signore, che tutti interpella nella sua novità mai esaurita, da dove ricominciare per riprendere lo stile di una fraternità autentica? Guardando al Crocifisso Risorto, che consegna ai suoi il dono della pace senza colpevolizzare né rivangare torti subiti e tradimenti, come è possibile ristabilire relazioni fraterne incrinate da rivendicazioni oggettivamente fragili e senza fondamento? Anzitutto, è necessario disarmare se stessi lasciando aperta la via della misericordia, del perdono e della compassione. Tutti siamo debitori davanti a Dio e all’altro; tutti abbiamo bisogno di misericordia per guardare in modo nuovo all’altro, oltre schemi e griglie che hanno reso opaco e torbido l’occhio del nostro cuore, incapace di vedere e discernere. Solo lasciando spazio alla pace donata da Gesù il Risorto è possibile ricominciare a vivere e a sperare.
In secondo luogo, è necessario non assopire mai in noi l’interrogativo essenziale: a che punto sono del mio cammino nella sequela del Signore? Per apprendere di nuovo l’arte della relazione fraterna è decisivo uscire dalle proprie miopi chiusure e staticità, che ci fanno contemplare noi stessi nella dimensione di una illusoria perfezione, cadendo nel giudizio sprezzante nei confronti dell’altro.
In forza del mistero della risurrezione del Signore, la Chiesa è chiamata ad essere testimone credibile tra gli uomini, serva della comunione, sale della terra e luce del mondo (cfr. Mt 5,13-16), narrazione vivente della speranza che non delude (cfr. Rm 5,5), icona di un Dio che si è fatto pellegrino e straniero lui stesso nel Figlio amato (cfr. Gv 1,11; Lc 24,13-35) perché ogni uomo sia riconosciuto figlio dell’unico Padre e fratello/sorella universale in umanità.
+ Ovidio Vezzoli
vescovo di Fidenza
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