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Martina Pacini

La preghiera della Chiesa nascente. Catechesi di Papa Francesco

Riportiamo di seguito il testo integrale della catechesi che Papa Francesco ha tenuto durante l'udienza generale del 25 novembre scorso dal titolo "La preghiera della Chiesa nascente".

"Il testo è oltremodo significativo perché richiama i fondamenti della prassi ecclesiale fin dagli inizi, a partire dal testo di Atti, 2,42. Questi fondamenti (ascolto della Parola di Dio, comunione fraterna, eucaristia e preghiera), a suo tempo, ho richiamato all’inizio della Lettera Pastorale “Ricominciare dall’Evangelo”. Per questo anno 2020-2021, come è noto, l’attenzione si focalizzerà soprattutto sulla centralità della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Questo è un segno di comunione che attesta come la Chiesa fidentina cammini nell’obbedienza al Vangelo e all’autentica tradizione apostolica" ha sottolineato il Vescovo Ovidio.

"Cari fratelli e sorelle,

i primi passi della Chiesa nel mondo sono stati scanditi dalla preghiera. Gli scritti apostolici e la grande narrazione degli Atti degli Apostoli ci restituiscono l’immagine di una Chiesa in cammino, una Chiesa operosa, che però trova nelle riunioni di preghiera la base e l’impulso per l’azione missionaria. L’immagine della primitiva comunità di Gerusalemme è punto di riferimento per ogni altra esperienza cristiana. Scrive Luca nel Libro degli Atti: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (2,42). La comunità persevera nella preghiera.

Troviamo qui quattro caratteristiche essenziali della vita ecclesiale: l’ascolto dell’insegnamento degli apostoli il primo; il secondo, la custodia della comunione reciproca; terzo, la frazione del pane e, quarto, la preghiera. Esse ci ricordano che l’esistenza della Chiesa ha senso se resta saldamente unita a Cristo, cioè nella comunità, nella sua Parola, nell’Eucaristia e nella preghiera. È il modo di unirci, noi, a Cristo. La predicazione e la catechesi testimoniano le parole e i gesti del Maestro; la ricerca costante della comunione fraterna preserva da egoismi e particolarismi; la frazione del pane realizza il sacramento della presenza di Gesù in mezzo a noi: Lui non sarà mai assente, nell’Eucaristia è proprio Lui. Lui vive e cammina con noi. E infine la preghiera, che è lo spazio del dialogo con il Padre, mediante Cristo nello Spirito Santo.

Tutto ciò che nella Chiesa cresce fuori da queste “coordinate”, è privo di fondamenta. Per discernere una situazione dobbiamo chiederci come, in questa situazione, ci sono queste quattro coordinate: la predicazione, la ricerca costante della comunione fraterna – la carità – la frazione del pane – cioè la vita eucaristica – e la preghiera. Qualsiasi situazione dev’essere valutata alla luce di queste quattro coordinate. Quello che non entra in queste coordinate è privo di ecclesialità, non è ecclesiale. È Dio che fa la Chiesa, non il clamore delle opere. La Chiesa non è un mercato; la Chiesa non è un gruppo di imprenditori che vanno avanti con questa impresa nuova. La Chiesa è opera dello Spirito Santo, che Gesù ci ha inviato per radunarci. La Chiesa è proprio il lavoro dello Spirito nella comunità cristiana, nella vita comunitaria, nell’Eucaristia, nella preghiera, sempre. E tutto quello che cresce fuori da queste coordinate è privo di fondamento, è come una casa costruita sulla sabbia (cfr. Mt 7,24-27). È Dio che fa la Chiesa, non il clamore delle opere. È la parola di Gesù che riempie di senso i nostri sforzi. È nell’umiltà che si costruisce il futuro del mondo.

A volte, sento una grande tristezza quando vedo qualche comunità che, con buona volontà, sbaglia la strada perché pensa di fare la Chiesa in raduni, come se fosse un partito politico: la maggioranza, la minoranza, cosa pensa questo, quello, l’altro... “Questo è come un Sinodo, una strada sinodale che noi dobbiamo fare”. Io mi domando: dov’è lo Spirito Santo? Dov’è la preghiera? Dov’è l’amore comunitario? Dov’è l’Eucaristia? Senza queste quattro coordinate, la Chiesa diventa una società umana, un partito politico – maggioranza, minoranza – i cambiamenti si fanno come se fosse una ditta, per maggioranza o minoranza... Ma non c’è lo Spirito Santo. E la presenza dello Spirito Santo è proprio garantita da queste quattro coordinate. Per valutare una situazione domandiamoci se ci sono queste quattro coordinate: la vita comunitaria, la preghiera, l’Eucaristia...[la predicazione], come si sviluppa la vita in queste quattro coordinate. Se manca questo, manca lo Spirito, e se manca lo Spirito noi saremo una bella associazione umanitaria, di beneficienza, anche un partito, diciamo così, ecclesiale, ma non c’è la Chiesa. E per questo la Chiesa non può crescere per queste cose: cresce non per proselitismo, come qualsiasi ditta, cresce per attrazione. E chi muove l’attrazione? Lo Spirito Santo. Non dimentichiamo mai queste parole di Benedetto XVI: “La Chiesa non cresce per proselitismo, cresce per attrazione”. Se manca lo Spirito Santo, che è quello che attrae a Gesù, lì non c’è la Chiesa. C’è un bel club di amici con buone intenzioni, ma non c’è la Chiesa, non c’è sinodalità.

Leggendo gli Atti degli Apostoli scopriamo allora come il potente motore dell’evangelizzazione siano le riunioni di preghiera, dove chi partecipa sperimenta dal vivo la presenza di Gesù ed è toccato dallo Spirito. I membri della prima comunità – ma questo vale sempre, anche per noi oggi – percepiscono che la storia dell’incontro con Gesù non si è fermata al momento dell’Ascensione, ma continua nella loro vita. Raccontando ciò che ha detto e fatto il Signore – l’ascolto della Parola – pregando per entrare in comunione con Lui, tutto diventa vivo. La preghiera infonde luce e calore: il dono dello Spirito fa nascere in loro il fervore.

A questo proposito, il catechismo ha un’espressione molto densa. Dice così: «Lo Spirito Santo [...] ricorda Cristo alla sua Chiesa orante, la conduce anche alla Verità tutta intera e suscita nuove formulazioni, le quali esprimeranno l’insondabile Mistero di Cristo, che opera nella vita, nei sacramenti e nella missione della sua Chiesa» (n. 2625). Ecco l’opera dello Spirito nella Chiesa: ricordare Gesù. Gesù stesso lo ha detto: Lui vi insegnerà e vi ricorderà. La missione è ricordare Gesù, ma non come un esercizio mnemonico. I cristiani, camminando sui sentieri della missione, ricordano Gesù mentre lo rendono nuovamente presente; e da Lui, dal suo Spirito, ricevono la “spinta” per andare, per annunciare, per servire. Nella preghiera il cristiano si immerge nel mistero di Dio, che ama ogni uomo, quel Dio che desidera che il Vangelo sia predicato a tutti. Dio è Dio per tutti, e in Gesù ogni muro di separazione è definitivamente crollato: come dice san Paolo, Lui è la nostra pace, cioè «colui che di due ha fatto una cosa sola» (Ef 2,14). Gesù ha fatto l’unità.

Così la vita della Chiesa primitiva è ritmata da un continuo susseguirsi di celebrazioni, convocazioni, tempi di preghiera sia comunitaria sia personale. Ed è lo Spirito che concede forza ai predicatori che si mettono in viaggio, e che per amore di Gesù solcano mari, affrontano pericoli, si sottomettono a umiliazioni.

Dio dona amore, Dio chiede amore. È questa la radice mistica di tutta la vita credente. I primi cristiani in preghiera, ma anche noi che veniamo parecchi secoli dopo, viviamo tutti la medesima esperienza. Lo Spirito anima ogni cosa. E ogni cristiano che non ha paura di dedicare tempo alla preghiera può fare proprie le parole dell’apostolo Paolo: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). La preghiera ti fa conscio di questo. Solo nel silenzio dell’adorazione si sperimenta tutta la verità di queste parole. Dobbiamo riprendere il senso dell’adorazione. Adorare Dio, adorare Gesù, adorare lo Spirito. Il Padre, il Figlio e lo Spirito: adorare. In silenzio. La preghiera dell’adorazione è la preghiera che ci fa riconoscere Dio come inizio e fine di tutta la storia. E questa preghiera è il fuoco vivo dello Spirito che dà forza alla testimonianza e alla missione". (Papa Francesco)

Lectio divina del Vescovo Ovidio nel Tempo di Avvento

4 appuntamenti con il Vescovo Ovidio, in diretta streaming dalla Cattedrale di Fidenza, per tutta la durata del Tempo di Avvento.

Il tema della riflessione sarà "Prigionieri della speranza" (Zc 9,12), testi biblici del Tempo di Avvento anno B.
Il primo incontro avrà luogo giovedì 26 novembre a partire dalle ore 20.30. Verrà preso in esame il testo di Is 63,16-19; 64, 2-7.
Questo il link per seguire la diretta: (https://www.youtube.com/channel/UCXWnmb0TLVspz0PFxl_GeKA/videos).

Prossimi appuntamenti:

- Giovedì 3 dicembre ore 20.30 (Is 40,1-5.9-11)

- Giovedì 10 dicembre ore 20.30 (Is 61,1-2.10-11)

- Giovedì 17 dicembre ore 20.30 (2Sam 7,1-16)

Qualora non riusciste a seguire le dirette sarà possibile, a partire dal giorno successivo, leggere e scaricare i testi integrali delle riflessioni del Vescovo sul sito della diocesi e in questa sede.

Catechesi del Vescovo Ovidio di giovedì 26 novembre (qui).

Catechesi del Vescovo Ovidio di giovedì 3 dicembre (qui).

Catechesi del Vescovo Ovidio di giovedì 10 dicembre (qui).

Catechesi del Vescovo Ovidio di giovedì 17 dicembre (qui).

Messaggio alle comunità cristiane nel tempo della pandemia

Riportiamo di seguito il Messaggio della Cei rivolto alle comunità cristiane in tempo di pandemia. 

«Siate lieti nella speranza,
costanti nella tribolazione,
perseveranti nella preghiera».
(Rm 12,12)

 

Fratelli e sorelle,
vorremmo accostarci a ciascuno di voi e rivolgervi con grande affetto una parola di speranza e di consolazione in questo tempo che rattrista i cuori. Viviamo una fase complessa della storia mondiale, che può anche essere letta come una rottura rispetto al passato, per avere un disegno nuovo, più umano, sul futuro. «Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi» (Papa Francesco, Omelia nella Solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020).
Ai componenti della Comunità cristiana cattolica, alle sorelle e ai fratelli credenti di altre Confessioni cristiane e di tutte le religioni, alle donne e agli uomini tutti di buona volontà, con Paolo ripetiamo: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12).
Inviamo questo messaggio mentre ci troviamo nel pieno della nuova ondata planetaria di contagi da Covid-19, dopo quella della scorsa primavera. L’Italia, insieme a molti altri Paesi, sta affrontando grandi limitazioni nella vita ordinaria della popolazione e sperimentando effetti preoccupanti a livello personale, sociale, economico e finanziario. Le Chiese in Italia stanno dando il loro contributo per il bene dei territori, collaborando con tutte le Istituzioni, nella convinzione che l’emergenza richieda senso di responsabilità e di unità: confortati dal magistero di Papa Francesco, siamo certi che per il bene comune occorra continuare in questa linea di dialogo costante e serio.

1. Non possiamo nascondere di trovarci in un tempo di tribolazione. Dietro i numeri apparentemente anonimi e freddi dei contagi e dei decessi vi sono persone, con i loro volti feriti e gli animi sfigurati, bisognose di un calore umano che non può venire meno. La situazione che si protrae da mesi crea smarrimento, ansia, dubbi e, in alcuni casi, disperazione. Un pensiero speciale, di vicinanza e sostegno, va in particolare a chi si occupa della salute pubblica, al mondo del lavoro e a quello della scuola che attraversano una fase delicata e complessa: da qui passa buona parte delle prospettive presenti e future del Paese. «Diventa attuale la necessità impellente dell’umanesimo, che fa appello ai diversi saperi, anche quello economico, per una visione più integrale e integrante» (Laudato si’, n. 141).
Anche in questo momento la Parola di Dio ci chiama a reagire rimanendo saldi nella fede, fissando lo sguardo su Cristo (cfr. Eb 12,2) per non lasciarci influenzare o, persino, deprimere dagli eventi. Se anche non è possibile muoversi spediti, perché la corrente contraria è troppo impetuosa, impariamo a reagire con la virtù della fortezza: fondati sulla Parola (cfr. Mt 13,21), abbracciati al Signore roccia, scudo e baluardo (cfr. Sal 18,2), testimoni di una fede operosa nella carità (cfr. Gal 5,6), con il pensiero rivolto alle cose del cielo (cfr. Gal 3,2), certi della risurrezione (cfr. 1Ts 4; 1Cor 15). Dinanzi al crollo psicologico ed emotivo di coloro che erano già più fragili, durante questa pandemia, si sono create delle “inequità”, per le quali chiedere perdono a Dio e agli esseri umani. Dobbiamo, singolarmente e insieme, farcene carico perché nessuno si senta isolato!

2. Questo tempo difficile, che porta i segni profondi delle ferite ma anche delle guarigioni, vorremmo che fosse soprattutto un tempo di preghiera. A volte potrà avere i connotati dello sfogo: «Fino a quando, Signore…?» (Sal 13). Altre volte d’invocazione della misericordia: «Pietà di me, Signore, sono sfinito, guariscimi, Signore, tremano le mie ossa» (Sal, 6,3). A volte prenderà la via della richiesta per noi stessi, per i nostri cari, per le persone a noi affidate, per quanti sono più esposti e vulnerabili: «Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio» (Sal 16,1). Altre volte, davanti al mistero della morte che tocca tanti fratelli e tante sorelle e i loro familiari, diventerà una professione di fede: «Tu sei la risurrezione e la vita. Chi crede in te, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in te, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Altre, ancora, ritroverà la confidenza di sempre: «Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della tribolazione» (Ger 16,19).
Le diverse e, talvolta, sofferte condizioni di molte famiglie saranno al centro delle preghiere individuali e comunitarie: questo “tempo sospeso” rischia, infatti, di alimentare fatiche e angosce, specialmente quando si acuiscono le tensioni tra i coniugi, per i problemi relazionali con i figli, per la mancanza di lavoro, per il buio che si prospetta per il futuro. Sappiamo che il bene della società passa anzitutto attraverso la serenità delle famiglie: auspichiamo, perciò, che le autorità civili le sostengano, con grande senso di responsabilità ed efficaci misure di vicinanza, e che le comunità cristiane sappiano riconoscerle come vere Chiese domestiche, esprimendo attenzione, sostegno, rispetto e solidarietà.
Anche le liturgie e gli incontri comunitari sono soggetti a una cura particolare e alla prudenza. Questo, però, non deve scoraggiarci: in questi mesi è apparso chiaro come sia possibile celebrare nelle comunità in condizioni di sicurezza, nella piena osservanza delle norme. Le ristrettezze possono divenire un’opportunità per accrescere e qualificare i momenti di preghiera nella Chiesa domestica; per riscoprire la bellezza e la profondità dei legami di sangue trasfigurati in legami spirituali. Sarà opportuno favorire alcune forme di raccoglimento, preparando anche strumenti che aiutino a pregare in casa.

3. La crisi sanitaria mondiale evidenzia nettamente che il nostro pianeta ospita un’unica grande famiglia, come ci ricorda Papa Francesco nella recente Enciclica Fratelli tutti: «Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme» (n. 32). Occorre, quindi, rifiutare la logica del “si salvi chi può”, perché, come afferma ancora Papa Francesco, «il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia» (n. 36). In tale contesto i cristiani portano anzitutto il contributo della fraternità e dell’amore appresi alla scuola del Maestro di Nazareth, morto e risorto.
Tutto questo sta avvenendo nelle nostre comunità. Se i segni di morte balzano agli occhi e s’impongono attraverso i mezzi d’informazione, i segni di risurrezione sono spesso nascosti, ma reali ancor più di prima. Chi ha occhi per vedere può raccontare, infatti, d’innumerevoli gesti di dedizione e generosità, di solidarietà e amore, da parte di credenti e non credenti: essi sono, comunque, “frutto dello Spirito” (cfr. Gal 5,22). Vi riconosciamo i segni della risurrezione di Cristo, sui quali si fonda la nostra fiducia nel futuro. Al centro della nostra fede c’è la Pasqua, cioè l’esperienza che la sofferenza e la morte non sono l’ultima parola, ma sono trasfigurate dalla risurrezione di Gesù. Ecco perché riteniamo che questo sia un tempo di speranza. Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione, camminando con la vita nuova che ci viene proprio dalla speranza cristiana. Un invito, questo, che rivolgiamo in modo particolare agli operatori della comunicazione: tutti insieme impegniamoci a dare ragione della speranza che è in noi (cfr. 1Pt 3,15-16).

4. Le comunità, le diocesi, le parrocchie, gli istituti di vita consacrata, le associazioni e i movimenti, i singoli fedeli stanno dando prova di un eccezionale risveglio di creatività. Insieme a molte fatiche pastorali, sono emerse nuove forme di annuncio anche attraverso il mondo digitale, prassi adatte al tempo della crisi e non solo, azioni caritative e assistenziali più rispondenti alle povertà di ogni tipo: materiali, affettive, psicologiche, morali e spirituali. I presbiteri, i diaconi, i catechisti, i religiosi e le religiose, gli operatori pastorali e della carità stanno impegnando le migliori energie nella cura delle persone più fragili ed esposte: gli anziani e gli ammalati, spesso prime vittime della pandemia; le famiglie provate dall’isolamento forzato, da disoccupazione e indigenza; i bambini e i ragazzi disabili e svantaggiati, impossibilitati a partecipare alla vita scolastica e sociale; gli adolescenti, frastornati e confusi da un clima che può rallentare la definizione di un equilibrio psico-affettivo mentre sono ancora alla ricerca della loro identità. Ci sembra di intravedere, nonostante le immani difficoltà che ci troviamo ad affrontare, la dimostrazione che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale.
È questo il migliore cattolicesimo italiano, radicato nella fede biblica e proiettato verso le periferie esistenziali, che certo non mancherà di chinarsi verso chi è nel bisogno, in unione con uomini e donne che vivono la solidarietà e la dedizione agli altri qualunque sia la loro appartenenza religiosa. A ogni cristiano chiediamo un rinnovato impegno a favore della società lì dove è chiamato a operare, attraverso il proprio lavoro e le proprie responsabilità, e di non trascurare piccoli ma significativi gesti di amore, perché dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo. È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato che tutti infatti verremo giudicati, come ci ricorda il Vangelo (cfr. Mt 25, 31-46).

Ecco il senso dell’invito di Paolo: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Questo è il contributo dei cattolici per la nostra società ferita ma desiderosa di rinascere. Per noi conta testimoniare che l’unico tesoro che non è destinato a perire e che va comunicato alle generazioni future è l’amore, che deriva dalla fede nel Risorto.
Noi crediamo che questo amore venga dall’alto e attiri in una fraternità universale ogni donna e ogni uomo di buona volontà.

 IL CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Giornata a sostegno del nostro settimanale diocesano

“Il Risveglio” sta per entrare nel 122° anno di vita: un traguardo importante che ne fa uno dei settimanali diocesani più longevi in campo nazionale.

E’ l’occasione per ringraziare ancora una volta i nostri abbonati e lettori, vecchi e nuovi, senza i quali non potrebbe vivere. Fare un giornale è un’avventura straordinaria che continua ad appassionarci: vedere una pagina bianca che via via prende forma fino ad acquistare la sua compiutezza, costituisce sempre una grande emozione. Ma la passione non basta: occorre competenza sicura e impegno costante per aiutare il lettore ad orientarsi a contatto con una realtà sempre più complessa e difficile. Saper discernere i segni dei tempi a partire da Gesù Cristo, segno del tempo, è per i credenti un’arte difficile ma necessaria: in questo cammino ci ha aiutato il Vescovo Ovidio con la sua Lettera pastorale 2018-20 “Unum est necessarium”.
Per non smarrire la strada, come ci ricorda Papa Francesco nel suo messaggio inviato in occasione della 54° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edificano, e non che distruggono; storie che ci facciano trovare le radici comuni e la forza di andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana che parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo e che riveli l’intreccio dei fili con i quali siamo collegati gli uni agli altri (…). I racconti plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti aiutandoci a capire e a dire chi siamo. Le storie di ogni tempo sono un “telaio” comune: uomini e donne che nella quotidianità inseguono un sogno e combattono il male, sospinti da una forza che li rende coraggiosi: quella dell’amore”. E con amore anche noi cerchiamo di raccontare la realtà radicata nel nostro territorio, quella della città e della diocesi di Fidenza.
Con gioia dunque comunichiamo che il Vescovo Ovidio ha accolto la richiesta avanzata dalla nostra redazione di istituire la Giornata a sostegno del “Risveglio”, indetta per domenica 22 novembre, giorno di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. In questa occasione chiediamo l’aiuto di tutti per promuovere il nostro settimanale, diffonderlo e sostenerlo con il gesto concreto dell’abbonamento.

Le novità degli ultimi anni: nuova veste grafica, presenza sui social network e sito web

Nel corso del tempo, specialmente negli ultimi anni, la redazione, grazie anche al sostegno dell’editore, si è impegnata intensamente per rinnovarsi e per fornire contenuti con modalità diverse e con un’attenzione maggiore alle esigenze dei lettori.
Il primo passo è stato quello che ha portato, a partire dal giugno 2019, ad un cambiamento della veste grafica del nostro settimanale: si tratta sicuramente di un’impostazione più moderna, scorrevole e facilmente leggibile. E’ seguita poi nell’ottobre dello stesso anno la riattivazione della nostra pagina sul noto social network “Facebook” dopo qualche anno di abbandono. La risposta che abbiamo ricevuto dal pubblico è stata positiva e sempre in crescita, a dimostrazione di come l’informazione, nel tempo in cui viviamo, viaggi su tantissimi canali differenti dal cartaceo e possa raggiungere nello stesso istante persone di diversa età, formazione e preparazione culturale. E’ ciò che avviene, ad esempio, anche per le notizie che il nostro settimanale condivide, riguardanti la vita della Chiesa fidentina e di tutte le realtà parrocchiali e associative che in essa crescono e maturano: attraverso i social l’informazione da noi promossa raggiunge così un target di lettori che è ben diverso da quello costituito dai nostri fedeli abbonati. Questa analisi ci conferma nella convinzione che, contrariamente a quello che molti potrebbero pensare, l’informazione costante circa la vita della diocesi e le iniziative promosse al suo interno sono capaci di stimolare i lettori e di suscitare il loro interesse.
Alla riattivazione della pagina Facebook è seguita la creazione di un profilo su Instagram, social network al momento molto frequentato dai giovani. E sono proprio loro, futuri attori all’interno della società e della nostra Chiesa, che più ci stanno a cuore e che vorremmo raggiungere per mostrare una Chiesa fidentina inclusiva, in cammino e più attenta ai bisogni di ognuno.
Questo non può che spronarci a fare sempre meglio e ad impegnare tutte le risorse a nostra disposizione per raggiungere questi obiettivi.
L’ultimo grande traguardo in ordine di tempo è stata la creazione del sito web del “Risveglio” (www.ilrisvegliofidenza.it): si tratta di un importante strumento di diffusione della notizia al quale non si può rinunciare in quanto consente un’informazione aggiornata in tempo reale; peculiarità necessaria e sempre più richiesta dal lettore nel periodo storico in cui viviamo e che non sarebbe possibile su supporto cartaceo.
Nel nostro sito, inaugurato lo scorso 7 ottobre in concomitanza con le celebrazioni per il santo patrono Donnino Martire e con l’apertura del nuovo anno pastorale, è possibile leggere in tempo reale le principali notizie provenienti dalle parrocchie cittadine, dai movimenti e dalle associazioni che operano sul nostro territorio; le omelie del Vescovo e i suoi messaggi insieme ai sussidi proposti dagli uffici pastorali.
Con la creazione del sito è inoltre possibile sin da subito sottoscrivere o rinnovare un abbonamento in formato digitale (al costo ridotto di 30€): verranno fornite delle credenziali di accesso attraverso le quali sarà possibile scaricare o visionare le uscite settimanali in versione pdf.
Tante idee sono ancora in cantiere: ad esempio, la creazione di un canale Youtube e di una sezione del sito dedicata agli orari delle s. Messe.
Tutto, come sempre, si può migliorare. E proprio questo ci proponiamo di fare nello sforzo quotidiano di offrire ai lettori un’informazione sempre più al passo con le esigenze della società attuale.

Continuate a sostenerci!

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(in foto: la prima uscita del nostro settimanale diocesano nel 1899)

 

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