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Il mistero dell’Assunta nel Rosario di Andrea Mainardi

Il mistero dell’Assunta nel Rosario di Andrea Mainardi

(A proposito di un’opera impropriamente attribuita a Giulio Campi)

       

Tra i dipinti del Museo diocesano di Fidenza non passa inosservata la piccola tela che raffigura  l’Assunzione di Maria (51X66), proveniente dalla cinquecentesca chiesa di San Michele, indicata in catalogo come opera di Giulio Campi e databile al 1570; l’attribuzione  dovuta a Giovanni Godi (Studi su Giulio Campi, Parma, 1985, p. 57) si basa solo su  considerazioni di carattere stilistico.

Un’  attenta rilettura dei documenti ci permette, tuttavia, di affrontare il problema in modo forse più  oggettivo, di certo, storicamente più fondato. Dalle memorie manoscritte del canonico  Alfonso  Trecasali , pubblicate da Amos Aimi  e Aldo Copelli, emerge infatti un dato molto interessante  finora sottovalutato, l’esistenza  di una pala d’altare dedicata alla  Madonna del Rosario e dipinta nel 1606 dal cremonese Andrea Mainardi  detto Chiaveghino (1550-1617) su commissione   della Confraternita del Santo Rosario di San Michele  Arcangelo.  Il dipinto, di cui si sono  perse  le tracce da tempo, risulta consegnato il primo di aprile dell’anno 1606: ‘’una Anchona con il suo ornamento fatta far nella Città di Cremona dalla Compagnia di  detto borgo santo Donino, il pittore è stato il Chiaveghino cioè messer Andrea Mainardi di Cremona, costa  detta  Anchona e suo ornamento per l’altar e ducatoni 113”.

Tre anni dopo, nell’agosto del 1609, sempre dalla stessa fonte si ha  notizia della  cornice in legno intagliato e dorato  realizzata sempre a Cremona da  Gabriele e Galeazzo  Capra, che provvedono anche  alla sistemazione definitiva della cappella : ‘’Nota come del presente mese d’Agosto messer Galeazzo Capra ha finito d’indorare l’Anchona Posta all’Altare  della Compagnia del S.mo Rosario nella Chiesa Parochiale di S.Michele di detto borgo sancto Donino, et ha ancora finito di pingere detta Capella et ha avuto da detta Compagnia per sua mercede lire 665 imperiali di nostra moneta, ove che detta Anchona costa a detta Compagnia con la pittura di detta Cappella et altre diverse spese, in tutto, e per tutto lire 1519 e soldi 9 imperiali di nostra moneda videlicet  a messer Andrea Chiavichino cremonese che ha dipinto detta Anchona in Cremona lire 401, soldi 10 a messer Gabrielle Capra Cremonese per aver fatto l’ornamento di detta ancona di legno lire 328; soldi 10 imperiali, al soprascripto messer Galeazzo ut sopra lire 655 in ferramenti, legni per far ponti, terra, giesso, Sangala, per coprire detta Anchona, lazza, brochetto, fil di ferro, et Opere di Muradori  lire 84, soldi 13 imperiali, per cavalcature et spese cibarie per gli soprascripti messer Andrea et messer Gabrielle quando sono venuti a Borgo predetto a mettere in opera detta Anchona et detto suo ornamento lire 49 e soldi 16 imperiali” (in Storia di Fidenza, Parma, 1985, pp 167-168) . 

E’  molto probabile che l’estensore della nota, con l’espressione “Anchona e suo ornamento’’ si riferisse alla raffigurazione dei quindici misteri del Rosario in altrettanti quadretti a coronamento dell’immagine principale: una tipologia iconografica   molto  diffusa a quel tempo e adottata più volte  dallo stesso Chiaveghino, come, ad esempio, nel quadro della  Madonna del Rosario  nella chiesa di San Biagio di Codogno.

Il   soggetto  e le  ridotte  dimensioni della tela, con il margine  superiore che rasenta la testa della Vergine seduta sulle nubi, sono elementi che inducono a considerare il piccolo dipinto non come opera autosufficiente bensì come lacerto ritagliato dalla pala dipinta dal Mainardi.

L’esecuzione raffinata, lo stile moderatamente manierato e la vivace cromia non smentiscono l‘ipotesi.

Ad Andrea  Mainardi, pittore che la critica colloca  tra i protagonisti del tardo manierismo cremonese, rimandano i modi eleganti che ricordano Giulio Campi e ovviamente  Bernardino suo maestro, ma è avvertibile anche l’influenza di Giovan Battista Trotti detto  Malosso (1555-1619), suo coetaneo, di cui il Chiaveghino fu accreditato collaboratore; illuminante a questo proposito è il confronto tra l’Assunta fidentina  e l’analoga teletta malossiana che accompagna l’immagine della Madonna del Rosario di Romanengo, opere vicine non solo sul piano compositivo.

Il pittore cremonese era  assai apprezzato a Borgo San Donnino, lo dimostrano chiaramente le  due grandi tele della Cattedrale, la Presentazione al Tempio del 1600 e  San Francesco in estasi, del 1606, lo stesso anno del dipinto di San Michele; ben note agli studiosi sono  anche le altre  numerose testimonianze presenti nel  nostro territorio,  tra cui la bella Annunciazione  della vicina chiesa di Santa Maria di  Castellina di Soragna  e le pregevoli opere presenti nelle chiese di  Soragna e di  Busseto.

Decisamente interessante, è, infine, il  confronto con   la coeva Pentecoste dell’oratorio di San Giuseppe di Cortemaggiore: qui ci limitiamo a segnalare la tipica gestualità e l’espressione stupita  degli apostoli, la composta figura della Vergine e l’apostolo rivolto  a destra verso l’esterno del cenacolo: particolare curioso quest’ultimo che ritorna pari pari nella piccola Assunzione di Fidenza. 

Ritrovata negli Settanta dal parroco  mons. Lino Cassi, la teletta è ricordata sulla cimasa della cornice tardo ottocentesca del coro che inquadra  la nicchia che ospitava la  statua dell’arcangelo Michele ,  ma si tratta chiaramente di  un adattamento, un rimpiego risalente al restauro e ai rifacimenti  apportati   da  Giovanni Musini nel 1893. I drastici interventi, estesi anche alla facciata e  di cui non abbiamo documentazione diretta, comportarono  la rimozione dall’abside   della antica immagine miracolosa della Madonna delle Grazie   : l’affresco  (att. a Tommaso da Modena, conservata nel Museo Diocesano),  già allora deteriorato , era stato coperto nel 1823 da una  tela raffigurante  anch’essa l’Assunzione della Vergine forse l’ultima opera   del fidentino  Angelo Carlo Angelo (1745-1823), della quale ci  rimane solo  il disegno firmato (A.Leandri, Il pittore Carlo Angelo Ambrogio Dalverme 1748-1825, Fidenza  2007, p.212) . Ai gravi danni subiti dall’edificio sacro per il suo utilizzo come magazzino militare durante l’amministrazione napoleonica si sono sono aggiunti quelli arrecati   dagli ultimi avvenimenti bellici col conseguente abbandono della chiesa  cinquecentesca ancora oggi sconsacrata: essa ci consegna, come ultima reliquia, un quadretto con l’effige di Maria Assunta, ‘‘ornamento’’ costitutivo dell ‘‘anchona’’ dispersa di Andrea Mainardi.

Guglielmo Ponzi

Ultima modifica ilGiovedì, 24 Marzo 2022 12:23