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Martina Pacini

"La croce gloriosa": il messaggio del vescovo Ovidio per la Pasqua

Pasqua 2024

(Messaggio)

 La croce gloriosa

 

Il quarto evangelo narra della morte di Gesù in croce con un linguaggio che ne sottolinea la signoria e l’esaltazione gloriosa. Per Giovanni il crocifisso non è uno sconfitto; con la sua morte Gesù ha vinto il mondo e lo ha fatto con un atto di totale libertà e obbedienza alla volontà unica del Padre. Con la sua morte di croce Gesù rivela ai suoi un amore “sino alla fine” che non conosce condizioni o limitazioni di sorta. Anche dalla croce Gesù manifesta senza equivoci un amore operoso. Sulla croce Gesù è il Signore che effonde lo Spirito, che costituisce l’inizio della sua Chiesa, che raduna attorno a sé i figli di Dio dispersi e li ricompone in quella unità invocata davanti al Padre (cfr. Gv 17,21). Dalla croce, Gesù effonde la vita per l’umanità tutta attraverso un atto libero di dono che è la sua morte.

Giovanni non intende riferirci solo la descrizione della fine miserevole e drammatica di Gesù, ma interpreta in profondità il senso della sua morte alla luce della Scrittura e della testimonianza fatta di gesti, di parole e di silenzi, che hanno caratterizzato la vita del rabbi di Nazareth in mezzo all’umanità. I gesti e le parole di Gesù incontrano quelli del Padre, fino a delineare i tratti di un’obbedienza perfetta alla sua volontà. La fecondità della sua esistenza consegnata nell’atto supremo della morte in croce si manifesta come sorgente di vita per tutti. È qui che la sua autodonazione raggiunge il vertice, compiendo così il progetto del Padre: la salvezza del mondo (cfr. Gv 3,16).

La scena della morte di Gesù sulla croce narrata dal quarto evangelo è racchiusa in una affermazione decisiva: «È compiuto» (Gv 19,30). Questa è l’ora nella quale Gesù compie le Scritture (cfr. Sal 22,16; 69,22), realizza la missione affidatagli dal Padre in un atteggiamento di umile e lucida obbedienza. Il compimento delle Scritture diviene, allo stesso tempo, pienezza rivelativa dell’opera salvifica del Figlio, che contempla anche la creazione di una nuova comunità di donne discepole presenti presso la croce (cfr. Gv 19,23-27). Egli muore manifestando, senza gridare dolorosamente come ricordano i sinottici, il trionfo dell’ora della gloria in cui il mondo è sottoposto al giudizio della verità. Gesù non è succube degli avvenimenti (cfr. Gv 6,61; 13,1.3; 18,4); al contrario, è lui ad imporre il movimento da vero Signore, proprio come colui che sta al centro dell’evento. Morendo, Gesù vince il mondo con un atto di libertà, che è il dono della sua vita. In questo atto della propria morte Gesù avanza una richiesta: «Ho sete». Come aveva domandato alla donna di Samaria (cfr. Gv 4,7: «Dammi da bere»), così ora, egli chiede l’accoglienza di un amore che l’odio non è riuscito a soffocare. Dopo aver preso l’aceto imbevuto in una spugna e accostatogli alla bocca mediante una verga d’issopo, Gesù esclama: «Compiuto», dichiarando così manifestata la gloria dell’Uomo in tutto uguale a Dio, che all’odio risponde con un atto di amore e il dono di sé. Con la morte di Gesù in croce il credente è posto di fronte all’opera creatrice che giunge al suo compimento inaugurando una nuova umanità. A suggello di quest’opera l’evangelista attrae l’attenzione del lettore sul capo reclinato di Gesù e sulla consegna dello Spirito. Si tratta di un ulteriore gesto che conferma tutta la parola e l’esistenza di Gesù di Nazareth; la sua è stata una vita all’insegna dell’obbedienza libera alla volontà del Padre fino alla morte di croce; è vera eloquenza di un amore senza condizioni e senza confini. L’atto stesso della morte di Gesù, sottolineato dal capo reclinato, è in funzione del dono dello Spirito effuso sulla Chiesa nascente. Infatti, la morte di Gesù non è senza scopo; non è il risultato di un progetto umano violento del quale Gesù diventa succube, nulla potendo contro la cattiveria degli uomini; al contrario, egli muore salvando ogni uomo impossibilitato a trovare salvezza da sé. L’umanità di Gesù, dono di una esistenza fino alla morte, è trasformata in sorgente di vita che effonde lo Spirito, mediante il quale a chiunque cerca la verità è dato di giungere alla pienezza della comunione con Dio.

Questo è un modo altro, per Giovanni, di affermare il mistero della risurrezione di Gesù il crocifisso, vera Pasqua dell’umanità. È lui il Signore con i segni della sua passione che emette il giudizio definitivo sul mondo riportato alla verità di Dio mediante il trionfo della sua misericordia. Colui che è stato trafitto ora diventa l’unica direzione verso la quale lo sguardo di tutti si volge, perché lo riconoscano come il Signore unico. Colui che era inaccessibile nella sua eternità ora diventa colui che Innalzato e Trafitto tutti guardano e dal quale tutti invocano misericordia e vita definitiva.

Questa parola promessa getta una luce nuova sulla morte umana del discepolo trasfigurata dalla morte di Gesù; in lui il discepolo partecipa di quella nuova nascita che lo inserisce nel mondo dell’eterna comunione con il Padre. Andando oltre il dramma del Golgota, il discepolo è chiamato a riflettere sul significato di quella morte di croce, ma anche della sua morte, affinché sia rivelazione di un amore che dona. Carlo Maria Martini, in una meditazione sulla passione del Signore annotava: «Dio amore, bontà, misericordia, si rivela proprio nel linguaggio della croce. La vera onnipotenza è quella capace di annullarsi per amore, di accettare la morte per amore (…). Se non arriviamo qui, a questa contemplazione del Signore che si lascia crocifiggere, la nostra conoscenza di Dio rimarrà sempre una conoscenza “per sentito dire”» (C.M. Martini, Non temiamo la storia, Centro Ambrosiano Documentazione-Piemme, Milano-Casale Monferrato 1992, pp. 83-85).

+Ovidio Vezzoli

vescovo

Torna a Fidenza la gavetta del soldato Mario Gorreri

La gavetta del soldato Mario Gorreri è tornata a Fidenza dopo 82 anni. Nel corso di una cerimonia di restituzione avvenuta nel ridotto del Teatro “G. Magnani”, il cimelio è stato consegnato alla famiglia del reduce dell'ARMIR dal sindaco di Fidenza, Andrea Massari, e dal Comandante Militare Esercito Emilia-Romagna, Col. Francesco Randacio.

La storia della gavetta è straordinaria, nella semplicità del sentimento di solidarietà umana che rivela. Nel 1942 Mario Gorreri è un militare di leva fidentino richiamato nel corpo degli autieri. Ha da poco compiuto 30 anni quando viene mandato sul fronte russo. Assieme a centinaia di migliaia di altri italiani si accinge a dare il proprio contributo in una guerra che avrà un esito disastroso per i nostri soldati. Gorreri è un ragazzo doppiamente fortunato, perché scamperà alla morte durante il servizio sul fronte orientale e perché verrà rimpatriato appena prima della terribile offensiva dell'Armata Rossa da cui scaturirà la disastrosa ritirata dei nostri. È proprio nel corso del servizio che Mario fa la conoscenza dei Prokhorov, la famiglia russa che gli darà asilo e aiuto in circostanze critiche per il militare. La riconoscenza per i Prokhorov è tanta che Gorreri lascerà al capofamiglia la propria gavetta d'alluminio. Come accadeva ai soldati di tutto il mondo, la gavetta di Mario era l'oggetto più personale del suo corredo militare. Infatti reca incisi il nome e cognome del proprietario, la sua data di nascita, la città di provenienza. Una sorta di carta d'identità istoriata con ingenui disegni tracciati con la punta di un chiodo. È forse il più genuino ricordo di sé che Gorreri lascia ai russi che hanno generosamente aiutato un nemico. Nel 2020, con un gesto di grande altruismo, i discendenti della famiglia Prokhorov hanno deciso che per la gavetta e per il suo carico di ricordi era giunto il tempo di tornare a casa, a Fidenza.

Grazie ad una ricerca durata nove mesi e condotta dall’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, con la collaborazione del Comune di Fidenza, dell'Associazione Nazionale Alpini  sez. di Parma e dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci - Sezione di Fidenza, nel febbraio del 2021 è stato possibile realizzare un collegamento in diretta tra i Prokhorov e i Gorreri. Le due famiglie si sono conosciute. In quella occasione Eugenio Gavrik, che ha sposato la nipote di Prokhorov, ha consegnato il cimelio all'Addetto Militare presso l’Ambasciata d’Italia a Mosca. Tutta la vicenda è stata riassunta da Annalisa Pretato e Maria Ptukhina dell'Istituto Italiano di Cultura di Mosca in un breve contributo audiovisivo. 

Oggi la gavetta che giunge nelle mani del rappresentante della famiglia Gorreri: Oreste, uno dei sei nipoti di Mario.

“Per la nostra comunità questa giornata è estremamente significativa– ha detto il sindaco Massari -. Fidenza ha compreso che questa storia racconta tanto della nostra terra. Ci dice che la buona pasta di cui è fatta la gente fidentina è riconosciuta anche a migliaia di chilometri da casa, persino in situazioni drammatiche. E poi quella di Mario Gorreri è una storia di solidarietà che non ha confini e non conosce nemici. Una lezione di umanità universale”.

Il Col. Randacio ha detto che “quella di Mario Gorreri e di tanti suoi commilitoni, è una storia che parla di Onore, di Sacrificio, di amor di Patria: sentimenti che, in quegli anni, accomunarono centinaia di migliaia di giovani partiti per un fronte lontano senza altra prospettiva se non quella di adempiere al Giuramento prestato. Al contempo, è anche una storia di amicizia tra persone che, a prescindere dal conflitto che divideva i loro popoli, seppero  aiutarsi in un momento di enorme difficoltà. Ed è forse questo il lascito più importante dell’intera vicenda: la possibilità che, anche nei momenti più bui, l’umanità trionfi sull'odio, la fratellanza sulle divisioni. Il soldato Gorreri e la famiglia Prokhorov ci esortano oggi, dopo più ottanta anni, a non dimenticarlo mai”.

Venerdì Santo: Via Crucis cittadina

Venerdì 29 marzo (Venerdì Santo) avrà luogo la tradizionale Via Crucis cittadina presieduta dal Vescovo Ovidio insieme ai sacerdoti del Vicariato urbano e suburbio.

Inizio alle ore 20.30 dalla parrocchia di San Francesco d'Assisi in Fidenza.

1 aprile: visite guidate al Museo e al Matroneo

Il Museo del Duomo e diocesano di Fidenza sarà chiuso il giorno di Pasqua, ma lunedì 1° aprile effettuerà un’apertura straordinaria per tutti coloro che desiderano trascorrere piacevoli momenti alla scoperta di un importante patrimonio storico-artistico e di fede. Il Museo conserva infatti capolavori come la Maestà mariana di Benedetto Antelami, il Fonte battesimale romanico e splendide oreficerie medievali tra cui il Calice di San Donnino e il prezioso Acquamanile a forma di Colomba. Alessandra Mordacci, direttrice del Museo, condurrà (con inizio alle ore 10,00, 15,30 e 17,00) visite guidate gratuite comprendenti la salita al Matroneo nord della Cattedrale, in cui è visibile la multiproiezione immersiva “Antelami a Fidenza. Rivivere la ‘passio’ di San Donnino”.

Il Museo resterà aperto venerdì 29 marzo, sabato 30 marzo, lunedì 1° aprile dalle ore 9.30 alle ore 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00.

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