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Martina Pacini

“Ti sarò vicino. Attualità delle cure palliative”: un convegno promosso dall'ufficio per la pastorale della salute

Giovedì 9 febbraio alle ore 20.30 presso la sala multimediale del Centro interparrocchiale San Michele in Fidenza avrà luogo il convegno dal titolo: “Ti sarò vicino. Attualità delle cure palliative”.

Promossa dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute e dall’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI), sezione “Claudio Carosino”, l’iniziativa verrà introdotta dal Vicario per la pastorale don Marek Jaszczak.

Interverranno successivamente il prof. Giovanni Zaninetta, professore per il corso integrato di cure palliative presso l’Università di Brescia e già direttore dell’hospice-casa di cura “Domus salutis” di Brescia; la dottoressa Anna Tedeschi, direttrice dell’hospice presso l’ospedale di Vaio in Fidenza che parlerà dell’hospice e della sua integrazione con il territorio; il dott. Paolo Ronchini, medico di Medicina generale, il quale parlerà delle cure palliative in ambito domiciliare e delle cure palliative prestate all’interno delle strutture sanitarie.

Moderatore il dott. Luigi Gardini, medico di Medicina generale e presidente dell’AMCI di Fidenza.

Le conclusioni sono affidate a mons. Ovidio Vezzoli, Vescovo di Fidenza.

In partenza la delegazione della CEI che parteciperà all’Assemblea Sinodale Continentale a Praga

In partenza la delegazione della Conferenza Episcopale Italiana che parteciperà all’Assemblea Sinodale Continentale in programma a Praga, nella Repubblica Ceca, dal 5 al 12 febbraio. Ne fanno parte (in presenza) alcuni membri del Comitato nazionale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia: Mons. Antonio Mura, Vescovo di Nuoro e di Lanusei, Mons. Valentino Bulgarelli, suor Nicla Spezzati e Giuseppina De Simone.
Come previsto dall’organizzazione si uniranno ai lavori, attraverso una piattaforma online, altri dieci delegati: Paolo Verderame, Lucia Capuzzi, Gioele Anni, Chiara Griffini, Pierpaolo Triani, membri del Comitato nazionale del Cammino sinodale, e i teologi don Vito Mignozzi, don Francesco Zaccaria, Stefano Tarocchi, Livio Tonello, Fausto Arici.
 
Dal 10 al 12 febbraio, il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, prenderà parte ai lavori riservati ai Presidenti delle Conferenze Episcopali che, come indicato dalla Nota metodologica sulle Assemblee continentali, si ritroveranno “per rileggere collegialmente l’esperienza sinodale vissuta a partire dal loro specifico carisma e ruolo”.
 
In vista dell’appuntamento di Praga, si è tenuto online l’incontro dei referenti diocesani del Cammino sinodale delle Chiese in Italia per condividere alcune riflessioni sul Documento di lavoro per la Tappa Continentale e alcune piste di azione per le Diocesi italiane. “Il nostro percorso – ha spiegato Mons. Erio Castellucci, Presidente del Comitato del Cammino sinodale – sta continuando: l’obiettivo è far sì che il Cammino proceda il più possibile respirando la vita delle Chiese locali. Per questo, l’intento è non disperdere la ricchezza della rete dei referenti diocesani e arrivare all’Assemblea Generale dei Vescovi, in programma a Roma dal 22 al 25 maggio, con una mappa di temi emersi e condivisi nel biennio dell’ascolto, per poi individuare quei nodi pastorali concreti sui quali portare l’attenzione dell’intero popolo di Dio”.
“Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia – ha aggiunto padre Giacomo Costa, Consultore della Segreteria del Sinodo dei Vescovi – si interseca con il processo sinodale della Chiesa universale: quella Continentale è una tappa di dialogo e di restituzione a tutte le Chiese di ciò che si è ascoltato nelle diverse comunità ecclesiali del mondo. Questo aiuterà a scegliere gli argomenti su cui fare discernimento nelle prossime fasi”.
 
I referenti diocesani del Cammino sinodale vivranno un incontro nazionale in presenza a Roma (Hotel Ergife) dall’11 al 12 marzo. Si svolgerà invece dal 24 al 25 febbraio una riunione del Comitato nazionale, in via di definizione in questi giorni in tutte le sue componenti.

L'icona della Sacra Famiglia nelle parrocchie del Vicariato Urbano

A cura dell’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare diretto da don Benjamin Ayena, a partire dal 30 dicembre scorso l’icona della Sacra Famiglia viene ospitata settimanalmente a turno dalle parrocchie del Vicariato urbano.
 
Dopo le parrocchie di S. Maria Annunziata, S. Michele Arcangelo e Santa Margherita, l’icona sarà presente presso la parrocchia di S. Francesco d’Assisi (dal 28 gennaio al 4 febbraio), presso la parrocchia di S. Giuseppe Lavoratore (dal 4 all’11 febbraio), presso la parrocchia di S. Donnino Martire (dal 13 al 20 febbraio), presso la parrocchia di S. Paolo apostolo (dal 20 al 26 febbraio).
Oltre all’immagine, l’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare ha messo a disposizione i libretti contenenti preghiere e canti da recitare in questa occasione.

Giornata Nazionale per la Vita: il Messaggio della CEI

Pubblichiamo il Messaggio che il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato per la 45ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 5 febbraio 2023 sul tema «La morte non è mai una soluzione. “Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte” (Sap 1,14)».

 

Il diffondersi di una “cultura di morte”

In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una “soluzione” drammatica: dare la morte. Certamente a ogni persona e situazione sono dovuti rispetto e pietà, con quello sguardo carico di empatia e misericordia che scaturisce dal Vangelo. Siamo infatti consapevoli che certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura dinanzi all’ignoto… È il mistero del male che tutti sgomenta, credenti e non. Ciò, tuttavia, non elimina la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto.
Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto.
Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”.
Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche.
Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita.
Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta.
Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi.
Così, poco a poco, la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia.

Per una “cultura di vita”

Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature “portatrici di salvezza”. A queste persone e alle tante organizzazioni schierate su diversi fronti a difesa della vita va la nostra riconoscenza e il nostro incoraggiamento.

 Ma poi, dare la morte funziona davvero?

D’altra parte, è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia davvero efficace.
Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? Donne che, in moltissimi casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. È questa la consapevolezza alla base di un disagio culturale e sociale che cresce in molti Paesi e che, al di là di indebite polarizzazioni ideologiche, alimenta un dibattito profondo volto al rinnovamento delle normative e al riconoscimento della preziosità di ogni vita, anche quando ancora celata agli occhi: l’esistenza di ciascuno resta unica e inestimabile in ogni sua fase.
Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?
Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?
Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?”
Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?
Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce? «Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione» (Francesco, Omelia al sacrario di Redipuglia, 13 settembre 2014).

La “cultura di morte”: una questione seria

Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica, poiché mette in discussione il valore della vita e della persona umana. Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà – per i credenti radicata nella fede – che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine. Desta inoltre preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente. Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?

Rinnovare l’impegno

La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte.

Roma, 21 settembre 2022

IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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