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Martina Pacini

“Inps per tutti”: una collaborazione Caritas-Inps a servizio dei cittadini in difficoltà

Alla fine del 2019, dietro proposta dell’Inps, nasce il progetto Inps per tutti, che ha un obiettivo preciso e condiviso da tutti coloro che vi aderiscono (Anci, Caritas Italiana e Comunità di Sant’Egidio): favorire l’accesso alle prestazioni sociali erogate dall’Inps in particolare per quella fascia di popolazione maggiormente in difficoltà dal punto di vista economico, sociale e relazionale. Rendere cioè esigibili i diritti di queste persone. E come? Informando, sensibilizzando, orientando e accompagnando le persone che le Caritas, i Comuni, Sant’Egidio e le associazioni che decidono di partecipare al progetto in ogni territorio, incontrano e sostengono con i loro servizi e i loro interventi quotidiani.
Il progetto rappresenta un inedito esperimento di collaborazione tra realtà organizzative molto diverse fra loro, ma accomunate da un obiettivo di senso molto ben definito: dare risposte a persone in difficoltà che senza questo tipo di intervento così orchestrato resterebbero fuori dal sistema di aiuti pubblici. Da quando è partito esso sta creando un terreno di lavoro e confronto nuovo in cui ogni organizzazione mette a disposizione a titolo gratuito le proprie competenze specifiche al servizio di questa causa comune. È come se soggetti prima del tutto scollegati, ma comunque impegnati su attività confinanti e in alcuni casi sovrapposte, lavorassero finalmente gomito a gomito per ottenere i migliori risultati per le persone aiutate.

A oggi, a distanza di tre anni dall’avvio di questa iniziativa, sono circa una dozzina in tutta Italia le Caritas coinvolte nel progetto con protocolli locali sottoscritti con Inps, i Comuni e altre associazioni locali. E in ogni contesto territoriale si sono individuate insieme di volta in volta le modalità più funzionali per far dialogare i comuni, le associazioni e l’Inps.

Il Covid-19 ha insegnato che le persone hanno bisogno più che mai di risposte tempestive, di aiuti diretti e di chiarezza nell’interfacciarsi con le pubbliche amministrazioni. Soprattutto in situazioni di crisi economica e di difficoltà personali rendere agevole l’iter per accedere ai propri diritti dovrebbe guidare l’operato dei soggetti impegnati nel contrasto alla povertà e dovrebbe essere uno sforzo condiviso da tutti gli attori in campo in base alla propria titolarità e competenza. Costruire insieme nuove modalità per farlo rappresenta lo sforzo di creatività che tutti sono chiamati a fare in questo tempo per rendere il paese più equo, coeso e integrato e per fare sentire in esso ogni persona a casa propria.

Ed è proprio questo lo spirito con cui Caritas Italiana e la rete delle Caritas in Italiana hanno aderito al progetto “Inps per tutti”.

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(Foto: Caritas Saluzzo/Pietro Battisti)

 

Perché nasce il progetto “Inps per tutti”?
L’idea del progetto “Inps per tutti” nasce da una constatazione: alcune fasce della popolazione particolarmente ai margini, per esempio le persone senza dimora o chi ha difficoltà economiche e sociali di vario tipo, molto spesso non sa di avere diritto a una serie di aiuti pubblici erogati dallo Stato (Reddito di cittadinanza, pensione di invalidità, assegno sociale, assegno per i nuclei con figli minori, ecc.) o non sa a chi o non ha gli strumenti per fare domanda né sa a chi rivolgersi per farsi aiutare in questo.
Moltissime persone rischiano di essere tagliate fuori da diritti che spettano loro e questo a causa di assenza di orientamento, accompagnamento, mediazione.

Per ovviare a ciò alla fine del 2019 l’Inps propone a Caritas Italiana, all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e alla Comunità di Sant’Egidio di promuovere un progetto che abbia come obiettivo proprio quello di favorire l’accesso alla prestazioni sociali erogate dall’Inps per le persone che non hanno l’abitudine di rivolgersi ai servizi sociali né tanto meno a Caf e patronati, in quanto non conoscono minimamente il funzionamento del sistema di welfare italiano, e che sono supportati abitualmente dai centri Caritas o Sant’Egidio locali che forniscono loro sostegno materiale, economico, psicologico, abitativo e sociale nella cornice di una relazione fiduciaria basata su conoscenza approfondita, confidenza, legami anche di amicizia di lunga data.

Chi è coinvolto in Inps per tutti? C’è un accordo formale fra le realtà e le organizzazioni impegnate in esso?
Esiste un accordo quadro nazionale che è stato sottoscritto dai soggetti coinvolti nella realizzazione del progetto a livello nazionale: Inps, Caritas Italiana, Anci e Comunità di Sant’Egidio. Questo accordo ha durata annuale ed è stato rinnovato già due volte a partire dal 2019. L’ultimo rinnovo risale alla scorsa estate e stabilisce che pertanto che l’accordo avrà durata fino al giugno 2023. Siccome le Caritas come anche i comuni e le agenzie Inps provinciali sono autonomi e non dipendono dai livelli nazionali, l’accordo quadro di collaborazione nazionale non ha valore sui singoli territori. A livello locale, ove si desideri realizzare il progetto, occorre che venga sottoscritto un protocollo ad hoc fra tutti gli enti disponibili a collaborare, Inps ovviamente che non può mancare, ma anche le associazioni di volontariato e di terzo settore che sono attive in ciascun contesto nel supporto alle persone in povertà e che sono disponibili a dare il proprio contributo operativo su questo progetto.

Con i singoli protocolli ogni contesto locale definisce anche le modalità con cui intende realizzare il progetto: una mail dedicata a cui inoltrare le richieste di chiarimento, una persona di riferimento presso l’agenzia Inps a cui rivolgersi con appuntamenti telefonici e on line o in presenza a cadenza periodica, ecc..
Le Caritas, così come i comuni, non sono presenti in tutti gli accordi locali. In alcuni casi la platea di associazioni coinvolte è molto ampia e diversificata: dipende dalla consistenza della rete locale di supporto alle persone in povertà soggetti che hanno sottoscritto l’accordo.

In che cosa consiste concretamente il progetto?
Il progetto prevede che chi si rivolge alle Caritas, alla Comunità di Sant’Egidio e alle altre organizzazioni di volontariato coinvolte nei protocolli locali possa essere supportato oltre che dal punto di vista materiale, economico, psicologico e relazionale, come avviene di consueto da prassi, anche sotto il profilo dell’accesso alle misure pubbliche di cui ha diritto e/o del supporto nel caso in cui incontri difficoltà nel ricevere misure già richieste e fruite. Già prima della pandemia e successivamente con sempre maggior frequenza, moltissime persone che si rivolgono alle Caritas hanno iniziato a chiedere aiuto rispetto a come orientarsi sulle misure pubbliche esistenti, come e dove far domanda, oppure rivolgono richieste di aiuto perché hanno visto sospendere erogazioni di contributi pubblici e non capiscono che cosa sia successo. In questi casi, le Caritas contattano in prima battuta, se la persona non ha già provveduto a farlo, i Caf e patronati a cui le persone si sono già rivolte, poi provano a chiamare il
contact center dell’Inps e alla fine attivano il canale Inps per tutti a livello locale, attraverso le modalità previste (mail telefonata, appuntamento di persona), in quanto spesso le situazioni incagliate possono essere analizzate nel dettaglio, e quindi risolte, dalle agenzie territoriali Inps di competenza. Il lavoro che fanno le Caritas consiste quindi nella mediazione con l’Inps locale, funzione che non si sovrappone bensì si aggiunge ed è successiva al lavoro tecnico che invece svolgono Caf e patronati.

L’accordo prevede remunerazioni economiche di qualche tipo per gli enti che lo sottoscrivono?
L’accordo quadro di collaborazione nazionale sul progetto “Inps per tutti” non prevede nessuna remunerazione per nessuno dei sottoscrittori coinvolti. È un accordo di collaborazione a titolo gratuito tra l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, la Caritas Italiana e la Comunità di Sant’Egidio. Inoltre, come precisato nell’art. 5 dell’accordo rinnovato nel 2022: “Sono a carico di ciascuna delle Parti gli oneri sostenuti per l’attuazione del presente Accordo quadro”.

Quali sono le situazioni più frequenti gestite dal progetto?
I casi gestiti nel progetto Inps per tutti riguardano soprattutto le situazioni di prestazioni per cui le persone hanno già fatto domanda e su cui i cittadini stanno avendo problemi (pensioni di invalidità che non arrivano, quote di Reddito di cittadinanza revocate, importi inferiori rispetto al passato per alcune prestazioni). richieste di chiarimento su pratiche attive che hanno problemi), quesiti generici su revoche, orientamento alle prestazioni a cui si ha diritto come esito della profilazione realizzata in alcuni
casi con il questionario Inps per tutti.


Quante Caritas sono coinvolte in Inps per tutti?

Oltre ad accordi che coinvolgono singole Caritas diocesane (a oggi si contano circa una dozzina di Caritas, fra cui Milano, Frosinone, Asti, Ugento, Aversa, Avellino, Pozzuoli, Bologna, Cagliari, ecc.) sono
sorti recentemente anche protocolli regionali sottoscritti dalla delegazione regionale, dalla Inps regionali e dai comuni coinvolti, in particolare in Lombardia e in Veneto.

Quante sono le persone sostenute con il progetto Inps per tutti?
Nel 2022 sono state complessivamente intercettate circa mille persone, alcune delle quali hanno ricevuto informazioni per un orientamento iniziale, oppure hanno ricevuto chiarimenti su prestazioni rispetto a cui avevano problemi, o residualmente, sono state supportate nel fare domanda.


Si tratta di un accordo esclusivo fra le parti o lo si può allargare ad altri enti eventualmente interessati?

L’accordo Inps per tutti non è un accordo esclusivo. Il parterre dei soggetti coinvolti a livello nazionale è stato definito alla luce degli obiettivi del progetto: informare dei loro diritti persone in condizione di grave marginalità sociale, raggiungendole nei luoghi in cui esse ricevono abitualmente aiuto, sostegno, conforto, fra cui i comuni con i loro servizi sociali. Sono dunque inclusi tutti i soggetti e luoghi pubblici e privati che a livello territoriale sono impegnati nel contrasto alla povertà. Chiunque fosse intenzionato
a partecipare a livello nazionale può segnalarlo all’Inps nazionale, mentre a livello locale basta contattare l’Inps provinciale per verificare che il progetto sia attivo e chiedere di poter aderire.

 

La Diocesi è grata a don Canepari per il suo servizio

Omelia per le esequie di d. Corrado Canepari

Chiesa di S. Andrea, 28 dicembre 2022

 

1Gv 1,5-2,3

 

Giovanni, l’autore della prima Lettera che porta il suo nome, precisando che cosa significhi, per i discepoli del Signore, camminare nella luce richiama la necessità di rompere con il peccato e orientare la propria vita nell’orizzonte della misericordia. Questa dinamica trasforma i credenti in veri figli di Dio per grazia; più precisamente, li rende conoscitori di Dio e partecipi di una familiarità particolare in Cristo Gesù. L’apostolo si rivolge ad una comunità cristiana turbata dalla presenza di falsi predicatori e di annunci contrari all’evangelo; questi profeti perversi non intendono camminare in umile obbedienza alla verità, ma intendono piuttosto preferire un cristianesimo intellettuale, fatto di sforzi volontaristici umani, con la presunzione di avere un’esperienza più diretta di Dio. Sono credenti ipocriti che rinnegano la verità dell’incarnazione di Dio in Cristo Gesù, la Parola eterna fatta carne; annullano il suo chinarsi sulle debolezze degli umani; misconoscono il farsi pellegrino di Dio con l’uomo, nella libertà e per amore. Il testo della lettera di Giovanni invita anche i credenti nella Chiesa oggi a riflettere con attenzione e sapienza; essi troppo spesso sono tentati di esibire un amore troppo sentimentale, esclusivamente legato alle circostanze del tempo; si tratta di un amore illusorio, lontano dalla verità della sequela del Signore Gesù; rischia di essere un amore dilettantistico, volto più a gratificare se stessi che non a riconoscere in noi l’agire della misericordia di Dio.

Non risultano inopportune né estranee queste affermazioni dell’apostolo se consideriamo senza inutile enfasi la testimonianza di vita del sacerdote d. Corrado. Nel cammino del suo ministero presbiterale, vissuto come servizio alle comunità cristiane per le quali il Signore l’ha chiamato ad essere pastore e guida, d. Corrado ha indicato senza esitare l’unico verso il quale volgere lo sguardo: Gesù il Signore, vero Dio e vero uomo. Senza rincorrere consensi umani immediati, tenendosi lontano da una mondanità seducente e illusoria, permanendo nella fedeltà all’evangelo secondo la genuina tradizione della Chiesa cattolica, seppure con una modalità che poteva apparire ad uno sguardo superficiale, un poco integrista, ma senza allontanarsi dalla comunione ecclesiale, d. Corrado ha invitato a discernere che la strada della conoscenza di Dio è una via umana, quotidiana, storica ed è una via di libera obbedienza a lui e a nessun altro. La conoscenza di Dio non la si ottiene per conquista razionale esulando dalla quotidianità della storia e nemmeno fuori di noi stessi, ma riconoscendo pienamente la nostra umanità. Ma, come verificare se la nostra relazione con Dio non è semplicemente illusoria? Come possiamo conoscere che Lui dimora in noi? Come non essere vittime dei nostri falsi misticismi e riconoscere nella fatica della storia che camminiamo nella sua luce? Chi opera secondo la sapienza della Parola, la osserva e la custodisce riceve come dono l’amore che viene da Dio e solo così giunge ad una conoscenza perfetta di lui. L’amore gratuito che viene dal Signore, solo questo ci dà una conoscenza perfetta di lui.

Come conosciamo, allora, di dimorare e di aderire strettamente a Dio? L’apostolo risponde: se noi camminiamo e viviamo come ha fatto Gesù di Nazareth. Dio non è la proiezione dettata dalla nostra coscienza interiore o dei nostri desideri religiosi più nascosti. Dio è colui che ‘scende’ e si china su di noi (cfr. Is 63,19). Dio è l’amore che discende dall’alto e viene incontro a noi nella Parola, il Figlio unigenito Cristo Gesù e nella persona dell’altro che incontriamo. È mediante lui che siamo introdotti alla vera conoscenza del Padre. Il termine discriminante è Gesù e il come lui ha agito: compiendo solo la volontà del Padre, perdonando i peccati, accogliendo chi è considerato un escluso, annunciando la novità del Regno, dichiarando che nessuno è irrecuperabile, invitando al discepolato ‘dietro a lui’ fino alla morte. Conosciamo veramente Dio solo quando ci poniamo nella sequela di Gesù: questa è la fatica e la missione del discepolo.

Il momento autentico della verifica di questo amore è il nostro rapportarci con i fratelli. Questo è il segno distintivo della comunità dei discepoli del Signore Gesù. Questo fa dei discepoli veri pellegrini ‘nella luce’. La contraddizione più palese sarebbe quella di dichiarare Dio come termine primo e ultimo della nostra attesa e poi contraddirlo radicalmente nella estraneità verso i fratelli. È l’amore che sancisce la verità e l’autenticità della nostra fede (cfr. 1Cor 12,31b-13,13). Non amare, sarebbe un ripiombare nelle tenebre; rinunciare alla comunione con i fratelli e le sorelle nella Chiesa è l’abbandono del cammino di obbedienza ai comandamenti di Dio. Chi si separa dalla comunità di Cristo ricade nella tenebra e accecato non sa più dove va, perché non conoscendo più la luce non sa più dov’è la via e la vita.

Rendiamo grazie a Dio per la testimonianza fedele di d. Corrado. Le comunità cristiane che l’hanno avuto come pastore e guida, la diocesi stessa gli sono riconoscenti. Davanti al Signore chiediamo che venga accolto nell’abbraccio della sua misericordia e possa contemplare il volto di Colui che egli ha tanto cercato. La verità della vita eterna nella quale d. Corrado ha creduto e annunciato, sia il fondamento della nostra speranza in questo pellegrinaggio terreno. Agostino, parlando della vita dei discepoli come di un viaggio, che fa’ di loro dei veri e propri viandanti, annota nel suo Commento al Vangelo di Giovanni (40,10):

«Sei venuto al mondo, vi compi il tuo viaggio. Ci sei venuto per uscirne, non per restarvi. Sei un viandante; questa vita è soltanto una locanda. Serviti del denaro, come il viandante nella locanda si serve della tavola, del bicchiere, del piatto, del letto, con l’animo di chi si appresta a partire, non a rimanere. Se vi comporterete così, giungerete a conoscere le promesse del Signore».

 

+ Ovidio Vezzoli

vescovo di Fidenza

Al termine dell’omelia funebre pronunciata dal Vescovo Ovidio la comunità parrocchiale di S. Andrea ha voluto ricordare commossa il ministero del parroco don Corrado, testimone coerente e fedele del Signore che ha servito senza risparmiarsi nel nome della verità di Gesù Cristo. In particolare “ci ha insegnato a non uniformarci alle mode e alle ideologie del momento che ci rendono schiavi e ci allontanano dai sacramenti. Ci ha fatto capire nello stesso tempo che questa battaglia è difficile perchè è più comodo seguire gli stili di vita dominanti, lasciarsi anestetizzare dal telefonino o da quel “tabernacolo infernale” (così chiamava la televisione) invitandoci a spegnerla e ad aprire invece le Sacre Scritture. Ci ha richiamati alla difesa dei valori fondamentali che devono guidare il nostro agire, ovvero quelli della carità e del perdono. Per stimolare le coscienze non ha avuto paura di essere scomodo indicando l’unica luce di verità: Gesù Cristo, Figlio di Dio. Per questo ci ha esortato a cambiare il nostro modo di vivere la fede ed essere cristiani “veri” in tutte le manifestazioni della nostra vita a partire dalla famiglia e dal lavoro, guidati da un autentico spirito missionario. Ci ha guidati sulla via che lui aveva ben chiara, quella che porta alla salvezza e che ci pone al cospetto di Dio perchè la vita continua anche dopo la morte: Cristo risorto è la nostra speranza. Pur nel dolore di questa perdita improvvisa, proclamiamo con il salmista: “Il nostro aiuto è nel nome del Signore, che ha fatto cielo e terra”. E di fronte alla morte di don Corrado con coraggio diciamo: “Anche questo è per il Bene”. Sia lodato Gesù Cristo.

S. Pedretto, il ricordo dei Neocatecumenali

Lo avevamo sentito al telefono il giorno prima del suo malore; gli abbiamo detto che saremmo andati a trovarlo nei giorni a seguire e lui ci ha risposto: “Se non ci vedremo qui, ci vedremo in Cielo”. Don Corrado pur non appartenendo al “Cammino” ha svolto per un certo tempo la funzione di presbitero di una comunità nata a San Pedretto. Tante volte poi ha celebrato con noi l’Eucarestia e le Penitenziali. E’ stato un consigliere prezioso per i giovani. Abbiamo visto la sua grande concreta generosità nell’aiuto ai seminari e alle famiglie in missione del “Cammino”. Gli abbiamo voluto molto bene. Lo ricorderemo sempre nelle nostre preghiere e siamo sicuri che da lassù lui pregherà anche per noi.

Le conversazioni in canonica con Sergio

Anche se non sono assiduo alle celebrazioni che si svolgono presso la parrocchia di S. Andrea, riconoscevo in don Corrado un uomo di profonda fede, di grande spiritualità e di ricerca interiore, oltre che di studio e approfondimento teologico. Le sue serate in solitudine trascorse in canonica scorrevano tra le preghiere e le letture; quando dialogavo con lui, sapendo della mia origine fiorentina, mi citava spesso don Milani e il cardinale Dalla Costa. Riposa in pace, caro don Corrado.

 

Foto di Rino Sivelli

 

 

In ricordo di David Sassoli

L’11 gennaio, nella Chiesa del Gesù a Roma, il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ha presieduto la Santa Messa in ricordo di David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, ad un anno dalla scomparsa. Di seguito il testo dell’omelia. 

Ci ritroviamo in una casa cara a David Maria, indicata da lui, in comunione con le “sue” città Roma, Bruxelles e Firenze. Il ricordo di David non poteva non essere così: unisce, supera frontiere, steccati, pregiudizi accettati o giustificati. Chi cerca l’alto, le cose di Dio e quindi quelle degli uomini, va sempre al di là delle frontiere, non solo nelle cose grandi, ma anche in quelle piccole, a cominciare dalla gentilezza, che è il primo modo per superare l’estraneità, per fare sentire l’interlocutore importante, come è. È passato un anno. La memoria segna il tempo e ci aiuta a misurarlo, a viverlo, perché ci ricorda chi siamo. Per questo il ricordo di Gesù, compagno di strada, pellegrino che apre la via percorrendo le nostre vie perché queste non finiscano sulla terra, ci rende consapevoli del tempo, lo riempie di significato perché lo ama sempre e tutto, ci aiuta a discernere i segni dei tempi. Contare i nostri giorni è sapienza di vita, non per intristirla – la depressione viene proprio quando viviamo dissennati, per cui quando finisce l’eccitazione di cronos sprofondiamo nell’amarezza e nella nostalgia – ma per la nostra gioia, perché il rapido giorno della vita non finisca, il sole che lo illumina tramonti in questa ma sorga sull’altra terra, quella del giorno che non conosce tramonto, luce riflessa dalle stelle, che come i nostri cari ci orientano e ci aiutano a penetrare il buio altrimenti insostenibile e inquietante del cielo.
Il tempo guarisce, risolve i problemi? Non è scontato. Ci abituiamo all’assenza? Spesso il tempo, anzi, la rende profonda perché l’assenza la misuriamo senza preavviso giorno dopo giorno, appare improvvisamente nella vita quotidiana cambiata, in un ricordo che si riaffaccia e che ci fa misurare in maniera atroce il vuoto. Col tempo l’assenza diviene più interiore oltre che fisica, certamente più dura, anche per la definitività alla quale ci abituiamo tutti con fatica e non sappiamo accettare. Il tempo, però, ci può aiutare a contemplare la larghezza del grande quadro della vita di ognuno, straordinario capolavoro di Dio, unico se lo guardiamo con amore. Non vogliamo capirne solo il particolare, come quando siamo a ridosso. Il tempo ci permette di distanziarci un poco dal dipinto e di contemplarne tutto l’insieme e collocarlo a sua volta in una cornice ancora più grande, insieme ai tanti cui la nostra vita è legata. Ecco, allora sì, il tempo ci aiuta ad una comprensione più larga, meno limitata, nella grandezza dell’amore di Dio e di tutta la nostra vita umana. L’amore per il Signore allarga sempre il nostro cuore, ci aiuta ad essere fratelli tutti, ad essere e sentirci a casa dappertutto. E anche a fare sentire a casa. E chi si pensa liberamente come deve essere perché figli e non servi, la vita non smette di capirla, pieno dello spirito di libertà, per cui si pensa relativo al prossimo e non viceversa.
David in maniera sorprendente, libera, senza altro interesse che non fossero i suoi ideali, ha lasciato tanti legami, una tela di fili, uniti dal rispetto di tutti, dalla simpatia proprio perché senza vanità e logica di contraccambi, sempre solo con tanta riconoscenza per avere vissuto da uomo vero, appassionato, sempre di incontro e non di scontro. Oggi ci ricorda e ci ammonisce, senza nessuna supponenza ma con tanta travolgente passione, di essere seri, pieni di consapevole amore, di vergognarsi quando la politica è ridotta a interessi miseri che portano inevitabilmente a perdersi. Meno si hanno ideali più crescono i calcoli e le convenienze; meno si guarda in alto più si è trascinati verso il basso e si finisce vittime di questo. Meno guardiamo avanti e facciamo vincere la paura che ci imprigiona nel presente, incapaci di lavorare assieme. La politica era la sua passione. L’amore politico, quello che lo aveva entusiasmato e coinvolto fin da giovane, ma nel quale è rimasto sempre giovane, anche nel suo aspetto fisico, ingenuo perché non cinico, sognatore perché realista, senza farsi corrompere dalla logica del potere, che accarezza il penoso protagonismo che poi porta a giustificare e praticare la corruzione o la penosa esibizione di sé. L’Europa era la sua casa. Perché aveva ereditato la sofferenza provocata dei nazionalismi, il dolore terribile che questi hanno causato. E i nazionalismi, come i totalitarismi, tradiscono l’amore per il proprio Paese e diventano fonte di tragedie. La guerra è sempre una tragedia, una vera follia, certo, come tutte le follie lucide, con tante ragioni, ma non dobbiamo mai smettere, capendo e rimuovendo le cause, di dire che è una follia, colpevole, con responsabilità terribili precise, personali. Credere alla fine delle guerre non è utopia per generosi animi ingenui, ma lotta di persone intelligenti e libere per un mondo migliore. E se non si lotta per un mondo migliore il mondo sarà peggiore.
Il libro delle Confessioni di S. Agostino accompagnò il suo papà partito in guerra a vent’anni per i Balcani e tornato dopo sette anni con due scarpe destre, vestiti logori, dolori che gli sono entrati dentro e ci resteranno. È vero, la nostra vita è un’eredità, che non possiamo conservare, ma vivere, interpretare, sempre in maniera originale, consapevoli del tanto che abbiamo ricevuto, che rappresentiamo e che dobbiamo donare a chi viene dopo. La consegna di tutta quella generazione è che non avvenga mai più la guerra e la violenza. Inoltre abbiamo anche l’eredità consegnataci da Dio, che rinnova lo spirito di adozione perché diventiamo per davvero suoi figli e quindi fratelli tutti. Il messaggio per la Giornata della pace di questo anno è chiarissimo: “nessuno può salvarsi da solo”. L’invito è a fare tesoro di quello che abbiamo compreso dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace. Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Scrive Papa Francesco: “Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari”.
Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Solo insieme se ne esce. A Fossoli, nel luglio 2021, David Maria ridava voce a coloro ai quali la voce è stata spenta dalla violenza fascista. È la voce muta degli uccisi, degli innocenti, il grido “viva la libertà, viva l’Italia” spezzato dalle fucilate a Cibeno dove vennero assassinati importanti dirigenti della Resistenza. David Maria ci aiutava a guardare “gli occhi delle vittime, la fissità degli occhi che guardano, ma non vedono”. Sì, gli occhi dell’umanità privata di umanità. E, aggiungeva: “guardate, gli occhi delle vittime sono sempre gli stessi”. Ci aiutava a ricordare che quello che è accaduto “è il risultato di società consapevoli dei diritti, ma incapaci di farli prevalere contro i pregiudizi e gli odi. Società dal temperamento anche pacifista, ma incapaci di sradicare la pandemia della guerra. Società che si credevano migliori del proprio vicino, esasperando un antagonismo che ha trasformato l’amore per la propria terra in nazionalismo fanatico e criminale”. A Cibeno, a Fossoli è accaduto. Può accadere ancora. Dossetti aggiunge anche che la coscienza storica da sola non basta. La nostra coscienza deve essere “vigile”, capace cioè di “opporsi a ogni inizio di sistema di male, finché ci sia tempo”. Senza una ferma difesa dei valori fondamentali, l’Europa perde identità e funzione provocando effetti catastrofici perché solo “le libertà consentono uguaglianza, giustizia, trasparenza, opportunità, pace. E se è possibile in Europa, è possibile ovunque”. Ecco la nostra funzione di sentinelle del domani dei nostri ragazzi. “Non possiamo bendarci gli occhi, perché l’indifferenza porta alla violenza ed “è già violenza”.
Lo abbiamo ascoltato: Cristo vuole ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Gesù libera e si prende cura. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Preghiera e amore per il prossimo. In ogni suo interlocutore Gesù riconosce un’insostituibile ricchezza, una parte di verità e, quindi, il pieno diritto di essere coinvolto in un progetto comune. Sant’Agostino notava come “la sofferenza di un membro diviene minore se insieme con esso soffrono le altre membra”. Il ricordo di David Maria lo porteremo con noi.
La Rosa Bianca, in suo onore ne abbiamo deposta una sull’altare, appassionò David fin da giovane, coinvolgente. Venne condannata a morte per ghigliottina come i “rifiuti della nazione”, insieme ai suoi amici. Erano le stelle del mattino che ci accendono di speranza perché la notte sta per finire. Scriveva Sophie School: “Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie…”. Quante rovine dobbiamo aspettare noi per deciderci? Mentre venne condotto al patibolo Hans School gridò: “Viva la libertà!”. È la nostra! Sophie Scholl, ventunenne, dichiarò: “Dobbiamo per forza occuparci di politica. Finché la politica è confusa e malvagia, è da vigliacchi tirarsi indietro… Bisogna essere pronti a offrirsi totalmente per una causa giusta”. “Cadono così tanti uomini per questo regime, è ora che qualcuno cada perché è contro”. “Strappate il manto dell’indifferenza che avete avvolto intorno al cuore. Decidetevi prima che sia troppo tardi”. Erano cristiani e per la loro fede si coinvolsero per combattere il paganesimo nazista, contro la violenza, la guerra, per la pace.
Bonhoeffer scrisse una delle sue ultime preghiere-poesie: “Quando il sole mi sarà scomparso vivi tu per me fratello! Lungo disteso sul mio pancale fisso la parete grigia. C’è fuori una mattina estiva che gridando gioia alla campagna non è ancor mia. Fratelli, finché dopo la lunga notte non spunti il nostro giorno, noi resisteremo!”.
Grazie David Maria perché nella lunga notte hai cercato sempre la luce. Come cantava il tuo grande amico: “Bontà e grazie mi saranno compagne quanto dura il mio cammino; io starò nella casa di Dio lungo tutto il migrare dei giorni”. In pace, David Maria, perché il tuo e nostro Signore, nella valle oscura della malattia e della morte, ti è stato sempre vicino e ti ha sostenuto con la grandezza del suo Amore.

 

Aperte le pre-iscrizioni per la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona

La nostra Diocesi ha aperto le pre-iscrizioni per raccogliere i nominativi dei giovani dai 18 ai 35 anni interessati a partecipare alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Lisbona dall’1 al 6 agosto.
Chi fosse interessato può farlo presente ai propri educatori o contattare entro domenica 22 gennaio il numero 335.5366138.
Tutte le informazioni in locandina.
 
Locandina Final 1
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