Firmato il decreto che stabilisce l’abolizione definitiva della censura cinematografica
Nei giorni scorsi il ministro della cultura Dario Franceschini ha firmato un decreto che stabilisce l’abolizione definitiva della censura cinematografica. Fino a poco tempo fa, infatti, il Ministero della Cultura aveva la facoltà di bloccare la proiezione nelle sale di film contrari al buon costume o alla morale. Il decreto di Franceschini ha istituito la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura, che avrà il compito di verificare la corretta classificazione delle opere cinematografiche da parte degli operatori.
L’intervento è stato fatto ai sensi della Legge Cinema che introduce il sistema di classificazione e supera definitivamente la possibilità di censurare le opere cinematografiche: non è più previsto il divieto assoluto di uscita in sala né di uscita condizionata a tagli o modifiche. La Commissione è presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, ed è composta da quarantanove componenti che sono stati scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico e negli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori o nella comunicazione sociale, nonché designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali.
“Abolita la censura cinematografica, è stato definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”, ha commentato il ministro Franceschini.
Di recente la censura è stata utilizzata molto di rado: soltanto due volte dal 1998 a oggi. L’ultima censura aveva riguardato, nel 2012, il film Morituris di Raffaele Picchio, un horror indipendente che immaginava il ritorno, nell’Italia contemporanea, di cinque gladiatori condannati per violenze nella Roma antica. “La Commissione di revisione cinematografica, visionato il film”, si leggeva nelle motivazioni della censura, “esprime, all’unanimità, parere contrario al rilascio di nulla osta per la proiezione in pubblico per motivi di offesa al buon costume, intendendo gli atti di violenza e di perversione sulle donne, motivati dal gusto della sopraffazione e dall’ebbrezza della propria forza rafforzata dal consumo di alcool e droga. Inoltre i “giustizieri” si accaniscono sia sui ragazzi, rei di violenza e sadismo, sia sulle ragazze vittime dei loro carnefici. Infine, negli atti di perversa violenza viene impiegato un topolino come un oggetto sessuale. Pertanto la Commissione ritiene la pellicola un saggio di perversività e sadismo gratuiti”. Era stata pertanto bloccata l’uscita nelle sale del film di Picchio: la pellicola poteva essere proiettata solo nei festival cinematografici.
La penultima censura era stata nel 1998 per il film cult Totò che visse due volte di Ciprì e Maresco: il film fu dichiarato “vietato a tutti” in quanto ritenuto, dalla Commissione di revisione cinematografica, “degradante per la dignità del popolo siciliano, del mondo italiano e dell’umanità”, e colmo di “disprezzo verso il sentimento religioso”, con scene “blasfeme e sacrileghe, intrise di degrado morale”. Prima ancora molti film erano caduti sotto la scure della censura: tra gli altri, Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, Arancia meccanica di Stanley Kubrick, Gola profonda di Gerard Damiano, Il Leone del deserto di Moustapha Akkad, Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato, W la foca di Nando Cicero, Sesso nero di Joe D’Amato.