Mi rivolgo a te per chiederti un aiuto al fine di realizzare un’Opera, ai cui costi da solo non riesco a far fronte, che ospiterà il centro il “Faro” e che credo sia frutto non di un mio progetto, ma della Divina Provvidenza.
Due sono le circostanze, che mi hanno sollecitato ad assumermi la responsabilità di realizzare questa Opera:
1. Nel 2015, quando sono stato inviato a servire la diocesi di Karaganda, nel territorio della Cattedrale ho trovato le fondamenta di un edificio che, nelle intenzioni del Vescovo di allora doveva servire a un’opera caritativa. Ma, per mancanza di soldi, la costruzione non ha potuto essere effettuata. Ho saputo in seguito che, nel contratto di acquisto del territorio in cui sono state poste le suddette fondamenta, c’era la clausola di realizzare la costruzione entro 3 anni dalla stipulazione del contratto stesso e, qualora non si fosse fatto nulla, le autorità comunali avrebbero avuto il diritto di toglierci la proprietà del terreno. Proprio l’estate scorsa, il Comune ci ha inviato ufficialmente l’ingiunzione di restituire il terreno. Ora, con l’aiuto dei nostri giuristi, siamo in trattative col Comune per trovare una via di uscita. In questi anni ho provato a mettere in piedi alcuni progetti, come un policlinico, una scuola, ma per insufficienza di fondi e a malincuore, vi ho dovuto rinunciare.
2. La seconda e ancora più importante circostanza è legata al tentativo di realizzare un’opera caritativa a favore degli adolescenti, con problemi di handicap fisici e psichici. Dal settembre 2020, e questo è avvenuto dopo aver accompagnato in paradiso Galia, una nostra amica muratrice, ammalatasi di tumore (ritengo che ciò che è nato sia il dono che ci ha lasciato), un gruppo di una dozzina di adulti, tra cui alcune insegnanti di un ginnasio di Karaganda, insieme a un gruppetto di giovani, ha iniziato un’attività con questi adolescenti tre volte la settimana, presso i locali della Caritas diocesana. Hanno chiamato questo centro “Il Faro”. È un’attività meravigliosa e, per chi se ne è assunto l’iniziativa, è un’esperienza di caritativa, di gratuità, ma purtroppo, a causa della pandemia, sono costretti a limitare il numero di questi adolescenti con problemi. Ora sono circa 20 gli adolescenti che lo frequentano, ma molti altri genitori chiedono la possibilità di partecipazione per i loro figli. Questi ragazzi e ragazze, a 16 anni finiscono le attività negli Istituti “speciali” a loro dedicati e poi non hanno più nulla e sono costretti a stare “nascosti” in casa. E questa è una profonda ferita per la loro dignità umana e causa una grande sofferenza ai loro genitori. I genitori di questi adolescenti “speciali”, che sono coinvolti attivamente in questa attività, e che anch’io ogni tanto incontro, sono contentissimi e hanno grandi aspettative, perchè i propri figli possano continuare uno sviluppo umano, fisico e psichico, fino, un domani, ad arrivare a poter svolgere, secondo le possibilità di ciascuno, anche un lavoro utile nella società, remunerato anche in termini economici. Col passare del tempo, mi sono reso conto che sarebbe servita una presenza qualificata, sia in termini di esperienza cristiana, sia in termini professionali, che potesse far diventare questa caritativa un’Opera. Allora, dallo scorso maggio, ho iniziato a prendere contatto con la Superiora generale delle Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, che lavorano e servono nella Piccola Casa della Divina Provvidenza a Torino (e in tanti altri luoghi d’Italia e del mondo, soprattutto in India).
Abbiamo avuto un paio di incontri online con Madre Elda Pezzuto, la Superiora generale, e alcune Suore del suo Consiglio e che operano in India. Ho poi chiesto a Madre Elda di poterci inviare alcune sue Suore a sostenere questa Opera. Questa Opera sarebbe una grande testimonianza della carità di Cristo per l’uomo nella nostra società, in questo Paese a prevalenza musulmano. All’inizio di dicembre mi sono recato al Cottolengo, a Torino, e ho avuto un incontro con Madre Elda e alcune Suore del suo Consiglio e, a metà dicembre, ho ricevuto da lei la risposta ufficiale, che ci manderà 3 Suore a iniziare questa Opera. Ovviamente i nostri amici di Karaganda, che fanno questa attività caritativa, sono ben lieti di poter collaborare con le Suore di detta Congregazione.
3. La costruzione dell’edificio, dove si svolgeranno le attività. Ho preso allora contatto con il mio amico architetto, Paolo Trombino, che ha preparato una bozza del progetto edilizio completo. La realizzazione avverrà però in due tappe. All’inizio i locali per le attività indispensabili, sia per gli adolescenti che per i servizi di direzione, amministrazione e accoglienza. In un secondo momento, se Dio vorrà, ci sarà la realizzazione della seconda parte del progetto edilizio. Ora il progetto è stato necessariamente affidato a un architetto locale e a una giurista locale per l’ottenimento dei permessi di costruzione.
4. Un’opera esige innanzitutto la costituzione di un soggetto che se ne faccia carico pienamente, che si prenda la responsabilità di condurre da tutti i punti di vista (educativo, organizzativo, logistico, economico, ecc.) un’attività stabile, che cerchi di rispondere ai problemi concreti incontrati. Per noi cristiani poi un’opera ha il suo pieno valore in questo: rispondendo gratuitamente a un bisogno urgente delle persone incontrate, offrire attraverso le risposte anche tecniche (psicologiche, mediche, ecc.) “la” risposta al bisogno totale dell’uomo, che è Gesù. Esattamente come Lui stesso, che ha voluto rispondere al bisogno di guarigione dei 10 lebbrosi, ma il miracolo vero e totale lo ha ricevuto soltanto l’unico, che avendo preso coscienza di Chi glielo aveva fatto, è tornato a ringraziarlo.
Questo progetto lo realizzerà la diocesi di Karaganda, che sarà proprietaria dell’edificio. Il soggetto che condurrà l’opera (le Suore del Cottolengo) dovrà darsi un volto giuridico e fare un contratto, magari in comodato per un certo numero di anni, degli spazi dell’edificio per un tempo e per un uso determinato con l'obbligo alla scadenza del contratto di restituire quanto ricevuto.
La responsabilità del centro “Il Faro” sarà affidata appunto alla Congregazione di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, anche in una possibile collaborazione con MASP, la cui direttrice è Silvia Galbiati, che potrà offrire la propria lunga esperienza di venti anni di lavoro in questo campo proprio qui in Kazakhstan, ad Almaty. Occorrerà poi confrontarsi con la Congregazione e accogliere la loro proposta e i loro metodi di lavoro a tutti i livelli.
Per tutto quanto ti ho scritto e per la storia e le ragioni di questo Progetto, anche se con molto tremore, oso rivolgermi a te per chiederti un aiuto, non importa quanto. Desidero tanto, caro amica, caro amico, che ti senta totalmente libera\o nel rispondere a questa mia richiesta e che non ti senta in nulla “costretta\o”. Se fosse così, cestina e dimentica questa mia lettera. A me interessa non l’elemosina, ma la carità, come dice san Paolo: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9,7).
Diceva Santa Teresa di Calcutta: “Quello che facciamo è soltanto una goccia nell’oceano, ma se non ci fosse quella goccia, l’oceano sarebbe più piccolo. L’importante non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore”.
+Mons. Adelio Dell'Oro, Vescovo di Karaganda
Per aiutare la Missione di Mons. Adelio Dell'Oro in Kazakhstan è possibile:
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Il mistero dell’Assunta nel Rosario di Andrea Mainardi
(A proposito di un’opera impropriamente attribuita a Giulio Campi)
Tra i dipinti del Museo diocesano di Fidenza non passa inosservata la piccola tela che raffigura l’Assunzione di Maria (51X66), proveniente dalla cinquecentesca chiesa di San Michele, indicata in catalogo come opera di Giulio Campi e databile al 1570; l’attribuzione dovuta a Giovanni Godi (Studi su Giulio Campi, Parma, 1985, p. 57) si basa solo su considerazioni di carattere stilistico.
Un’ attenta rilettura dei documenti ci permette, tuttavia, di affrontare il problema in modo forse più oggettivo, di certo, storicamente più fondato. Dalle memorie manoscritte del canonico Alfonso Trecasali , pubblicate da Amos Aimi e Aldo Copelli, emerge infatti un dato molto interessante finora sottovalutato, l’esistenza di una pala d’altare dedicata alla Madonna del Rosario e dipinta nel 1606 dal cremonese Andrea Mainardi detto Chiaveghino (1550-1617) su commissione della Confraternita del Santo Rosario di San Michele Arcangelo. Il dipinto, di cui si sono perse le tracce da tempo, risulta consegnato il primo di aprile dell’anno 1606: ‘’una Anchona con il suo ornamento fatta far nella Città di Cremona dalla Compagnia di detto borgo santo Donino, il pittore è stato il Chiaveghino cioè messer Andrea Mainardi di Cremona, costa detta Anchona e suo ornamento per l’altar e ducatoni 113”.
Tre anni dopo, nell’agosto del 1609, sempre dalla stessa fonte si ha notizia della cornice in legno intagliato e dorato realizzata sempre a Cremona da Gabriele e Galeazzo Capra, che provvedono anche alla sistemazione definitiva della cappella : ‘’Nota come del presente mese d’Agosto messer Galeazzo Capra ha finito d’indorare l’Anchona Posta all’Altare della Compagnia del S.mo Rosario nella Chiesa Parochiale di S.Michele di detto borgo sancto Donino, et ha ancora finito di pingere detta Capella et ha avuto da detta Compagnia per sua mercede lire 665 imperiali di nostra moneta, ove che detta Anchona costa a detta Compagnia con la pittura di detta Cappella et altre diverse spese, in tutto, e per tutto lire 1519 e soldi 9 imperiali di nostra moneda videlicet a messer Andrea Chiavichino cremonese che ha dipinto detta Anchona in Cremona lire 401, soldi 10 a messer Gabrielle Capra Cremonese per aver fatto l’ornamento di detta ancona di legno lire 328; soldi 10 imperiali, al soprascripto messer Galeazzo ut sopra lire 655 in ferramenti, legni per far ponti, terra, giesso, Sangala, per coprire detta Anchona, lazza, brochetto, fil di ferro, et Opere di Muradori lire 84, soldi 13 imperiali, per cavalcature et spese cibarie per gli soprascripti messer Andrea et messer Gabrielle quando sono venuti a Borgo predetto a mettere in opera detta Anchona et detto suo ornamento lire 49 e soldi 16 imperiali” (in Storia di Fidenza, Parma, 1985, pp 167-168) .
E’ molto probabile che l’estensore della nota, con l’espressione “Anchona e suo ornamento’’ si riferisse alla raffigurazione dei quindici misteri del Rosario in altrettanti quadretti a coronamento dell’immagine principale: una tipologia iconografica molto diffusa a quel tempo e adottata più volte dallo stesso Chiaveghino, come, ad esempio, nel quadro della Madonna del Rosario nella chiesa di San Biagio di Codogno.
Il soggetto e le ridotte dimensioni della tela, con il margine superiore che rasenta la testa della Vergine seduta sulle nubi, sono elementi che inducono a considerare il piccolo dipinto non come opera autosufficiente bensì come lacerto ritagliato dalla pala dipinta dal Mainardi.
L’esecuzione raffinata, lo stile moderatamente manierato e la vivace cromia non smentiscono l‘ipotesi.
Ad Andrea Mainardi, pittore che la critica colloca tra i protagonisti del tardo manierismo cremonese, rimandano i modi eleganti che ricordano Giulio Campi e ovviamente Bernardino suo maestro, ma è avvertibile anche l’influenza di Giovan Battista Trotti detto Malosso (1555-1619), suo coetaneo, di cui il Chiaveghino fu accreditato collaboratore; illuminante a questo proposito è il confronto tra l’Assunta fidentina e l’analoga teletta malossiana che accompagna l’immagine della Madonna del Rosario di Romanengo, opere vicine non solo sul piano compositivo.
Il pittore cremonese era assai apprezzato a Borgo San Donnino, lo dimostrano chiaramente le due grandi tele della Cattedrale, la Presentazione al Tempio del 1600 e San Francesco in estasi, del 1606, lo stesso anno del dipinto di San Michele; ben note agli studiosi sono anche le altre numerose testimonianze presenti nel nostro territorio, tra cui la bella Annunciazione della vicina chiesa di Santa Maria di Castellina di Soragna e le pregevoli opere presenti nelle chiese di Soragna e di Busseto.
Decisamente interessante, è, infine, il confronto con la coeva Pentecoste dell’oratorio di San Giuseppe di Cortemaggiore: qui ci limitiamo a segnalare la tipica gestualità e l’espressione stupita degli apostoli, la composta figura della Vergine e l’apostolo rivolto a destra verso l’esterno del cenacolo: particolare curioso quest’ultimo che ritorna pari pari nella piccola Assunzione di Fidenza.
Ritrovata negli Settanta dal parroco mons. Lino Cassi, la teletta è ricordata sulla cimasa della cornice tardo ottocentesca del coro che inquadra la nicchia che ospitava la statua dell’arcangelo Michele , ma si tratta chiaramente di un adattamento, un rimpiego risalente al restauro e ai rifacimenti apportati da Giovanni Musini nel 1893. I drastici interventi, estesi anche alla facciata e di cui non abbiamo documentazione diretta, comportarono la rimozione dall’abside della antica immagine miracolosa della Madonna delle Grazie : l’affresco (att. a Tommaso da Modena, conservata nel Museo Diocesano), già allora deteriorato , era stato coperto nel 1823 da una tela raffigurante anch’essa l’Assunzione della Vergine forse l’ultima opera del fidentino Angelo Carlo Angelo (1745-1823), della quale ci rimane solo il disegno firmato (A.Leandri, Il pittore Carlo Angelo Ambrogio Dalverme 1748-1825, Fidenza 2007, p.212) . Ai gravi danni subiti dall’edificio sacro per il suo utilizzo come magazzino militare durante l’amministrazione napoleonica si sono sono aggiunti quelli arrecati dagli ultimi avvenimenti bellici col conseguente abbandono della chiesa cinquecentesca ancora oggi sconsacrata: essa ci consegna, come ultima reliquia, un quadretto con l’effige di Maria Assunta, ‘‘ornamento’’ costitutivo dell ‘‘anchona’’ dispersa di Andrea Mainardi.
Guglielmo Ponzi
COMUNICATO STAMPA
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’EMILIA-ROMAGNA
La CEER: pregare per la pace in Ucraina e accogliere i profughi
I Vescovi della Ceer, Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna, come espresso nella riunione a Bologna il 7 marzo scorso, presieduta da S. E. Card. Matteo Zuppi Arcivescovo di Bologna, partecipano «al dolore del popolo ucraino causato da una guerra che sta distruggendo città e paesi, con un numero crescente di morti, di feriti e di profughi».
La Ceer, aderendo all’appello di Papa Francesco a tutti i fedeli per innalzare una corale e continua preghiera per la pace, anche in comunione con le altre Chiese, invita «le Unità Pastorali, le parrocchie, le comunità religiose, le famiglie a gesti concreti di solidarietà nei confronti del popolo ucraino e dei Paesi confinanti verso cui si dirigono i profughi. Invita, inoltre, a favorire ogni azione, coordinata dalle Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna in dialogo con i cappellani delle comunità greco-cattoliche ucraine, a favore dei profughi, il cui numero cresce sempre più, di giorno in giorno: dalla raccolta fondi alla disponibilità di appartamenti o all’accoglienza in strutture e in famiglie, con una particolare attenzione alle donne, alle madri con i loro figli».
I Vescovi della Ceer esortano, quindi, a un’accoglienza «ordinata e puntuale: seguendo le indicazioni delle istituzioni e a un particolare sostegno alle persone, soprattutto donne, e famiglie ucraine – oltre 33.000 – che vivono nella nostra regione, preoccupate e angosciate per i propri cari». E raccomandano le indicazioni prescritte e ricordano in merito che va data comunicazione entro 48 ore alla Questura dei nomi delle persone accolte, poi l’invio dei profughi alle strutture sanitarie dell’ASSL per il tampone e le vaccinazioni, e, subito dopo l’entrata in vigore del permesso di protezione temporanea, l’inizio delle procedure per regolarizzare la presenza e la tutela.
La Ceer, inoltre, informa che le Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna rafforzeranno anche una relazione particolare con il Convento San Francesco a Sighet in Romania, che sta accogliendo numerosi profughi in fuga dall’Ucraina. E a questo scopo, nei prossimi giorni partiranno tre operatori della Caritas di Reggio Emilia per supportare il Convento nel lavoro di accoglienza. I Vescovi dell’Emilia-Romagna rinnovano la preghiera per la pace in Ucraina e l’appello ad accogliere i profughi e sottolineano che «preghiera e accoglienza camminano insieme e rafforzano la comune invocazione di pace che sale dalle chiese e dalle città perché cessi questa nuova, inutile strage».