Natale 2024: il messaggio del Vescovo Ovidio
Natale del Signore: abbassamento e condivisione dell’umano
La ricchezza della parola di Dio che la Chiesa consegna ai credenti in questo tempo di grazia, esorta con insistenza ad essere custodi del mistero, di quell’evento di grazia che ha mutato le sorti dell’umanità, ha cambiato il volto della storia e ha consegnato la speranza che non delude in Gesù il Cristo, Parola eterna di Dio, volto compassionevole del Misericordioso.
Anzitutto, il Natale è mistero di abbassamento. È il venire di Dio, nel suo Figlio Gesù Cristo, incontro all’umanità disorientata, incapace di trovare salvezza e speranza da se stessa, prigioniera delle proprie illusioni, impossibilitata a discernere una strada di vita. L’abbassamento di Dio in Gesù di Nazareth non è solo un atto di umiltà, di condiscendenza verso l’umano o di ciò che noi avremmo potuto ritenere conveniente che il Signore facesse a nostro favore. Al contrario, va ribadito che si tratta di un atto di libertà e per amore. Il Natale del Signore è l’evento che narra della libertà e dell’amore di Dio nei confronti dell’umanità. Questa libertà per amore si incontra perfettamente con l’obbedienza e la medesima compassione di Gesù di Nazareth, il Figlio amato, nel quale il Padre riconosce riflessa in pienezza la sua volontà unica. Questo progetto è ben espresso nel Prologo del quarto Evangelo quando si dichiara senza equivoci: «Vedere Dio nessuno ha mai potuto! Un Dio unico generato, colui che è proteso al cuore del Padre, lui seppe narrarne» (Gv 1,18). Conoscere il Dio cristiano non è il risultato di uno sforzo razionale, la conclusione di un sillogismo filosofico, il prodotto di un algoritmo tecnocratico, l’epilogo di una sottigliezza teologica; al contrario è dato agli umani di conoscere il Signore per grazia, ossia mediante il dono che Lui stesso fa mediante Gesù di Nazareth, il suo Figlio beneamato. Il Mistero del Natale del Signore si dispiega propriamente in questo movimento di abbassamento, di dono, di consegna per amore e nella libertà; ciò avviene nella comunione della Trinità santa senza attendersi alcuna riconoscenza umana, senza calcolo di convenienze, procedendo ben oltre il criterio di corrispondenza, ma solo per amore. Un tale progetto salvifico lo poteva concepire ed attuare solo Dio e non un uomo.
In secondo luogo, strettamente unito al cammino di abbassamento, il Natale del Signore racconta della sua condivisione in pienezza dell’umano. È sufficiente considerare quanto testimoniato dagli Evangeli per poter discernere la ricchezza e il significato ultimo di questa condivisione, non ideale, bensì profondamente umana e storica. Gesù di Nazareth, volto del Padre misericordioso e compassionevole, racconta di un Dio che condivide con una povera umanità l’inizio della sua missione di annuncio dell’evangelo, quando condivide con i poveri e gli umili della terra la sua nascita nel nascondimento e nel silenzio adorante di Maria la madre e di Giuseppe; quando nelle acque del Giordano vi discende insieme ad una umanità peccatrice che cerca perdono e riconciliazione: in quel contesto la voce del Padre lo proclama “suo Figlio amato nel quale è riflessa pienamente la sua volontà”. La condivisione dell’umano è espressa da Gesù quando sta a tavola con pubblicani e peccatori; quando racconta le parabole della misericordia; quando si china sulla infermità dei malati; quando scorge l’inutilità rassegnata della vita dei lebbrosi che implorano da lui la guarigione; quando dichiara solennemente il perdono a una donna che i presunti giusti avevano già deciso di lapidare a morte; quando moltiplica il pane per la folla stanca e affaticata che lo segue da giorni ascoltando la sua parola; quando rassicura della sua presenza i discepoli in una notte di tempesta nella quale la barca minaccia di affondare tra i flutti del lago di Tiberiade; quando rinfranca il cuore affaticato e desolato degli apostoli che non hanno saputo vegliare nella preghiera con lui nella notte del Getsemani; quando non ha una parola di condanna per i suoi che sono fuggiti davanti all’inganno dell’arresto, all’orrore della flagellazione, all’ingiuria del processo farsa e della dileggiante condanna a morte mediante la crocifissione; quando dall’alto della croce grida, da un lato, il suo dolore e il silenzio di Dio, racchiudendo in sé tutte le domande di una umanità ferita e disorientata a causa della propria debolezza e del proprio peccato, dall’altro, quando invoca il perdono del Padre per tutti; quando, risorto dai morti, consola le donne discepole, esorta la comunità apostolica ad essere testimone della sua parola e assicura il dono dello Spirito promesso, autentico protagonista della missione ecclesiale; quando, nondimeno, dichiara solennemente la sua presenza senza tempo, fedele accanto ai suoi fino alla fine del mondo. È necessario ribadire che il mistero del Natale non può essere disgiunto dall’evento della Pasqua del Signore. L’abbassamento e la condivisione dell’umano da parte di Dio in Gesù di Nazareth trovano nel mistero della sua morte, risurrezione e attesa della sua venuta finale nella gloria, il vero compimento della promessa.
L’Anno Giubilare ordinario 2025, che Papa Francesco aprirà in modo solenne nella notte del Natale del Signore, diventi esperienza di cammino e di ritorno al Signore, vera condivisione del dono di grazia e di riconciliazione che ci interpella e ci avvolge, accoglienza di una chiamata alla speranza che non delude.
+ Ovidio Vezzoli
vescovo