Vidalenzo: un anno con la piccola famiglia benedettina 'Custodi del Divino Amore'

La ricorrenza del IV Novembre è stata celebrata domenica 7 a Fidenza con una pluralità di momenti che hanno visto la presenza e il diretto coinvolgimento delle autorità civili e militari, delle associazioni combattentistiche e del volontariato e la partecipazione dei cittadini. Il gonfalone del Comune di Fidenza ha segnato questi momenti con la sua presenza ed ha guidato il percorso del corteo spontaneo che si è creato tra la chiesa di San Pietro Apostolo e il Parco delle Rimembranze, luogo simbolo dell'amor patrio dei fidentini. La giornata si è aperta in piazza Garibaldi dove, nel porticato del Palazzo Municipale, erano allineate le 9 corone di alloro destinate ad essere poste ai monumenti posizionati in altrettanti luoghi della città e della frazione di Castione Marchesi dopo la benedizione impartita da don Felice Castellani.
La deposizione delle corone di alloro da parte di delegazioni delle rispettive associazioni ha riguardato il Monumento ai Caduti di Cefalonia, il Monumento al Partigiano, il Monumento ai Carristi, la Stele ai Caduti e Dispersi in Russia, la Targa ai Caduti in piazza “Alpini d’Italia”, il Monumento all’Arma Aeronautica, il Monumento dedicato al bersagliere S. Ten. L. Salvini e la Lapide ai Caduti di Castione Marchesi.
Presso la stele ai Caduti e Dispersi in Russia ci si è trattenuti nel ricordo di tre figure immolatesi in quella terra (le salme di tre di loro riposano nel Cimitero cittadino, dove hanno trovato sepoltura dopo il loro rientro avvenuto solo negli anni novanta, più di cinquant'anni dopo la loro morte). Questi i loro nomi: Marchignoli Gino (classe 1911), Carini Nello (classe 1910) e Cavazzini Augusto (classe 1912). Al loro ricordo si è aggiunto quello del concittadino Antonio Bonasera (classe 1905), disperso sul fronte del Don l’11 dicembre 1942. Madrina della breve cerimonia è stata Cecilia Mari, nipote di Antonio Bonasera.
Nella semplicità che lo contraddistingue, don Felice Castellani ha celebrato la s. Messa presso la chiesa di San Pietro dedicando l'omelia ai caduti in guerra. Ha ricordato la testimonianza di don Primo Mazzolari, il prete cremonese che visse come cappellano la prima Guerra Mondiale e che si fece carico delle sofferenze dei civili e dei reduci dell'ultimo conflitto.
Nel corso della cerimonia la prof.ssa Mara Dallospedale ha letto una inedita preghiera dedicata al Milite Ignoto.
Al termine della cerimonia, da piazza Gioberti, preceduti dalla corona di alloro e dal Labaro del Comune, i presenti si sono avviati verso il Parco delle Rimembranze per la deposizione della corona al Monumento ai Caduti, preceduta dal Silenzio d’Ordinanza e dall'alzabandiera.
L'esecuzione dell’Inno Nazionale e della Canzone del Piave da parte della Banda “Città di Fidenza” ha accompagnato questi momenti e preceduto gli interventi del sindaco Andrea Massari e il mio in qualità di Presidente dell’A.N.C.R. di Fidenza.
Ambrogio Ponzi
Un grazie per il dono dei sacerdoti in mezzo a noi, questo il significato profondo delle offerte deducibili. I nostri preti infatti sono ogni giorno al nostro fianco ma anche noi possiamo far sentire loro la nostra vicinanza.
Una partecipazione che ci rende “Uniti nel dono”: questo il messaggio al centro della nuova campagna #DONAREVALEQUANTOFARE della Conferenza Episcopale Italiana che intende sensibilizzare i fedeli alla corresponsabilità economica verso la missione dei sacerdoti e si sofferma sul valore della donazione, un gesto concreto nei confronti della propria comunità.
A supporto della nuova campagna anche la pagina www.unitineldono.it/donarevalequantofare collegata al nuovo sito in cui oltre alle informazioni pratiche sulle donazioni, si possono scoprire le esperienze di numerose comunità che, da nord a sud, fanno la differenza per tanti.
L’opera dei sacerdoti è infatti resa possibile anche grazie alle Offerte per i sacerdoti, diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, perché espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani. Dal proprio parroco al più lontano. Ogni fedele è chiamato a parteciparvi. L’Offerta è nata come strumento per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della ‘Chiesa-comunione’ delineata dal Concilio Vaticano II.
Le donazioni vanno ad integrare la quota destinata alla remunerazione del parroco proveniente dalla raccolta dell’obolo in chiesa. Ogni curato infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario.
Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e 3.000 sacerdoti, ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio agli altri e del Vangelo.
L’importo complessivo delle offerte nel 2020 si è attestato sopra gli 8,7 milioni di euro rispetto ai 7,8 milioni del 2019. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.
Cristina, Vincenzo e una parrocchia di Fidenza in prima linea nella lotta contro la droga dalla fine degli anni ‘70 fino ad oggi
nel racconto di un sacerdote, don Mario Fontanelli, anche lui coinvolto nell’iniziativa
Quella che presentiamo nel testo che segue è la storia di don Mario Fontanelli, 74 anni, sacerdote della Diocesi di Fidenza, così come lui ha voluto che fosse raccontata: una semplice testimonianza di vita rischiarata sempre –anche nelle molte prove- dalla luce del Signore. Nessun desiderio di apparire né tanto meno di proporsi come modello esemplare, ma solo la conferma che “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome”: il cantico del Magnificat che riecheggia in noi quando –come Maria- ci mettiamo umilmente in ascolto di Dio e della sua Parola.
Attualmente don Mario è parroco della chiesa di s. Maria Annunziata (e di altre due parrocchie), direttore del settimanale diocesano “Il Risveglio”, delegato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso nonché canonico del Capitolo della Cattedrale.
Una data ha segnato una svolta nella vita di don Mario, che da quel momento non è stata più la stessa. Era il 25 giugno 1988: a quell’epoca aveva 42 anni e abitava a Bologna dove faceva il giornalista. Era passata da poco la mezzanotte quando il telefono squilla nel suo appartamento. Dall’altro capo del filo la voce inconfondibile di don Enrico Tincati, parroco e suo direttore spirituale: “Vieni subito, tua sorella sta male!”. Tornato a Fidenza, trova alla stazione il cognato Vincenzo che lo aspetta in lacrime: “Cristina non c’è più”. La sorella di don Mario era morta la sera prima in un incidente stradale: aveva 27 anni. Un dolore grande e una ferita profonda che non si rimargineranno facilmente. Seguono sei mesi di tormenti e di sensi di colpa per un rapporto affettivo coltivato a distanza e incapace di riconoscere il senso profetico di una scelta che più tardi avrebbe segnato anche lui.
Spiega don Mario: “Negli anni ‘70 don Enrico Tincati, parroco di S. Maria Annunziata, aveva coinvolto la parrocchia nella costruzione di un progetto educativo per la prevenzione della droga. In parrocchia si erano svolti molti incontri per approfondire il problema sulla base del ‘Progetto uomo’ di don Mario Picchi e dei corsi di formazione promossi dal Centro Nazionale del Volontariato a Lucca. Quando don Enrico chiese se c’era qualcuno intenzionato ad approfondire l’argomento delle dipendenze, si alzarono le mani di Cristina e del suo fidanzato Vincenzo. Era il segnale che attendeva: un impegno concreto a favore dell’uomo come parte integrante della propria giornata. Non un riempitivo (lo faccio se ho tempo, se ho voglia, se non sono stanco, se non ho altro da fare …), ma essere segno della Chiesa di Cristo che vive dove scorre il fiume della vita: il mondo del lavoro, il mondo dei giovani, il mondo della donna. E sempre in ascolto, soprattutto degli ultimi.
Cristina e il fidanzato Vincenzo vi partecipano attivamente e coinvolgono altre persone, giovani e adulti.
(Cristina e Vincenzo il giorno del loro matrimonio)
Il 7 dicembre 1981 la comunità parrocchiale di s. Maria Annunziata esce allo scoperto e promuove un incontro al teatro Magnani, stipato fino all’inverosimile, sul tema: “Un’esperienza di liberazione dalla droga raccontata da due protagonisti”. Grazie a questa iniziativa (e a quelle che seguiranno) la città, insieme alle sue istituzioni, è chiamata a prendere coscienza del fenomeno-droga e del quadro che lo caratterizza, mettendo via via da parte pregiudizi e luoghi comuni dove il “drogato” viene visto come una sorta di appestato da emarginare perché “irrecuperabile” a livello individuale e ”pericoloso” socialmente. No! Siamo prima di tutto davanti a persone con il loro carico di problemi e di sofferenze, all’interno di quell’area vasta chiamata “disagio giovanile”, che come cristiani abbiamo il compito di riconoscere prima di avviare con loro (e con la famiglia di provenienza) una relazione di aiuto all’interno di un cammino di recupero e di rigenerazione. Non solo per liberarli dalla schiavitù della droga (e di altre dipendenze), ma soprattutto per costruire “l’uomo nuovo” e motivare le sue scelte di vita futura secondo un progetto ben preciso che prevede varie tappe.Manca però un luogo operativo che faccia da punto di riferimento per portare avanti il progetto iniziale e a questo punto è decisivo l’intervento di mons. Mario Zanchin, allora vescovo di Fidenza, nel mettere a disposizione della parrocchia e del volontariato un podere da tempo abbandonato”.
Ma il Vescovo volle che anche la Diocesi si sentisse coinvolta nel progetto, e nel documento finale del XIII Sinodo locale (1987) fece inserire l’art. 152 dove l’iniziativa viene definita “promettente e bisognosa di essere seguita con amore” sollecitando nello stesso tempo “altre case famiglia a rendersi disponibili per accogliere giovani in difficoltà, ma disponibili a farsi aiutare”. La risposta del volontariato in quegli anni fu straordinaria: la speranza cristiana si incarnava in un Vangelo, fatto non di parole astratte ma reso presente e vivo a stretto contatto con la quotidianità. Evangelizzazione e promozione umana, diventavano in concreto una cosa sola.
22 ottobre 1983: nel giorno del loro matrimonio Cristina e Vincenzo vanno a vivere in quella che poi diventerà la comunità terapeutica “Casa di Lodesana”. Anni difficili, e non solo per la mancanza di mezzi economici, ma perchè l’accoglienza non si improvvisa.
Ma nulla è impossibile a Dio, e così anche il futuro don Mario viene coinvolto nell’iniziativa.
Martina Pacini
(Casa di Lodesana, oggi)
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