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Martina Pacini

I servizi tutela minori e i Centri di ascolto

La custodia e la tutela dei più piccoli e delle persone vulnerabili è un percorso lungo e faticoso che richiede il coraggio di essere intrapreso e poi perseguito con costanza e senza scorciatoie. Un primo passo da fare è acquisire consapevolezza di come la tragica realtà degli abusi sui minori sia trasversalmente diffusa coinvolgendo in modo significativo le famiglie o l’ambito parentale in misura di gran lunga superiore ai due terzi dei casi. Come poi dimenticare che il turpe mercato della pedopornografia non solo non accenna a diminuire, ma è in costante crescita?

Quella degli abusi è infatti un’emergenza sociale grave e globale che certamente esige un intervento repressivo importante, ma ancor di più una presa di coscienza personale e collettiva, un vero e proprio cambio di mentalità. Prevenire situazioni di abuso non può ridursi alla semplice reazione di protezione dei minori che subiscono o che potrebbero subire violenza (child protection), ma necessita di uno sforzo complessivo che dalla reazione passi alla pro-azione per garantire ai più piccoli ambienti e relazioni sicure ed efficaci per crescere al meglio (safe guarding).

In tutto questo la Chiesa non è ferma alle postazioni di partenza, ma da sempre in prima linea, occupandosi e prendendosi cura dei più deboli e fragili con grande e indiscussa generosità di persone e istituzioni, perché la cura, la custodia e la protezione dei piccoli sono parte integrante della sua natura. Vero è purtroppo che la piaga degli abusi sui minori e le persone vulnerabili colpisce pure la Chiesa non solo perché costituita di famiglie, ma anche perché in questi crimini sono stati coinvolti alcuni che nella Chiesa hanno ruoli di responsabilità e guida. Dunque, se crimini gravissimi come gli abusi sessuali sui minori vanno perseguiti con la massima severità ovunque essi accadano, ancor più se in ambito ecclesiale, tuttavia la loro punizione, per quanto assolutamente necessaria e doverosa, non può ritenersi sufficiente: non è certo possibile cancellare quanto avvenuto, ma ci si può legittimamente domandare cosa fare perché non capiti di nuovo e non capiti ad altri. In altre parole ci si può chiedere se dall’orrore dell’abuso e magari dagli errori di una gestione indifferente, negligente se non complice possano venirne indicazioni non solo di reazione al delitto, ma di prevenzione e pro-azione. È questo l’indirizzo assunto dalla Chiesa che è in Italia con le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili approvate dall’Assemblea generale dei Vescovi del 20-23 maggio 2019: partendo dall’ascolto delle vittime, prendere coscienza del dramma degli abusi e del loro effetto devastante sulle persone e sulla comunità per quella conversione personale e comunitaria che sollecita, motiva e supporta la costruzione di ambienti sicuri per i più piccoli.

Solo su queste solide basi si possono prevenire comportamenti delittuosi. Se di grande importanza è dunque favorire l’emersione di questi delitti, anche se accaduti in passato, perseguendoli quindi senza tentennamenti, non di minore priorità è far maturare la consapevolezza e corresponsabilità comunitaria vincendo così le logiche della delega e dell’indifferenza.

Si tratta, dunque, di informare e formare la comunità in tutte le sue espressioni, specialmente coloro che operano, a qualsiasi titolo, in rapporto con i minori e le persone vulnerabili, consolidando in questo modo una cultura della cura, della tutela e della protezione dei più piccoli. 

Gianluca Marchetti – Diocesi di Bergamo

Membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori della CEI

 

 

I servizi tutela minori

Sulla strada della formazione come strumento di prevenzione, si è mossa con decisione la Chiesa che è in Italia che ha dato vita a una rete fitta e capillare di Servizi per la tutela dei minori su tutto il territorio nazionale. In seguito all’istituzione, presso la Conferenza Episcopale Italiana, del Servizio nazionale per la tutela dei minori sono stati costituiti infatti i servizi regionali affidati a un vescovo delegato, un coordinatore e un’équipe di esperti. In ogni diocesi è stato nominato almeno un referente locale. Così, in meno di due anni, nonostante i tempi non facili della pandemia, è nato un Servizio per ciascuna delle 16 regioni ecclesiastiche; sono stati nominati 226 referenti diocesani, uno per ogni diocesi. Si tratta di una vera e propria rete nella quale sono coinvolte centinaia di persone, soprattutto laici, uomini e donne, che con competenza, professionalità e passione ecclesiale, coordinano un coraggioso sforzo formativo. Spesso in collaborazione con altri enti, associazioni e realtà del territorio come scuole, università, servizi sociali e sanitari, pubblici e privati, supportano la formazione di migliaia di operatori pastorali negli ambiti dell’identificazione dei fattori di rischio, della progettazione e del monitoraggio delle strategie di prevenzione, delle modalità relazionali. Il tutto ponendo al centro la dignità e l’integrità della persona umana, soprattutto dei più piccoli e vulnerabili.

I Centri di ascolto

Nella consapevolezza che solo ascoltando le vittime si può prendere coscienza degli effetti devastanti dell’abuso sul diretto interessato e sull’intera comunità, la Chiesa che è in Italia ha deciso di costituire, all’interno dei Servizi tutela minori, una rete di Centri di ascolto. L’obiettivo è quello di offrire un servizio pastorale di primo ascolto e di accoglienza a chi dichiara di aver subito, in ambito ecclesiale, abusi sessuali e/o di potere e di coscienza e a chi intende segnalare tali abusi da parte di chierici, religiosi e religiose, operatori e operatrici pastorali.

Ai 98 Centri di ascolto, nati in 157 diocesi (70% del totale) che operano a livello diocesano o interdiocesano, ci si può rivolgere per informazioni sul tema della tutela in ambito ecclesiale, sulle procedure e le prassi per la segnalazione di abusi, oltre che per avere sostegno nell’individuazione del percorso (medico, spirituale, legale, …). Il Centro di ascolto non è il luogo di un accompagnamento psicoterapeutico o di assistenza legale né uno sportello per la raccolta di denunce che si sostituisce all’autorità giudiziaria: in nessun modo l’autorità ecclesiastica intende subentrare a quella dello Stato alla quale, al contrario, incoraggia che ricorrano le vittime di questi delitti gravissimi. Grazie alla presenza di persone adeguatamente formate, il Centro offre un ascolto accogliente, centrato sulla vittima, capace di abbracciare la sua sofferenza e la sua ricerca di giustizia, senza compromessi, scorciatoie, zone d’ombra.

FOCSIV - Campagna "Abbiamo riso per una cosa seria"

14 – 15 MAGGIO /21 - 22 MAGGIO 2022

LA CAMPAGNA ABBIAMO RISO PER UNA COSA SERIA FOCSIV COMPIE 20 ANNI

 TORNA NELLE PIAZZE, NELLE PARROCCHIE,

NEI MERCATI DI CAMPAGNA AMICA E SULLA PIATTAFORMA GIOOSTO.COM

 

La campagna "Abbiamo riso per una cosa seria" Focsiv compie 20 anni: due decenni a favore di un’agricoltura familiare sostenibile in Italia e nel mondo.

Torna nel fine settimana del 21 e 22 maggio con i pacchi di riso Roma, 100% italiano della FdAI - Filiera Agricola Italiana e rinnova la collaborazione, come nelle scorse edizioni, con Coldiretti e Campagna Amica, Fondazione Missio CEI e Azione Cattolica Italiana. Inoltre, l’iniziativa ha il supporto informativo di Rai per il Sociale attraverso i canali editoriali Rai.

I pacchi di riso di "Abbiamo riso per una cosa seria" tornano, con un packaging rinnovato, in tante piazze, mercati di Campagna Amica, parrocchie e sulla piattaforma www.gioosto.com, l’e-commerce etico dedicato alle aziende che offrono prodotti di qualità. Tornano i circa 3000 volontari FOCSIV e dell’Azione Cattolica Italiana a proporre i pacchi di riso della Campagna ad un’offerta minima di 6,00 Euro.

Un gesto di solidarietà e, soprattutto, di consapevolezza che esprime la volontà di schierarsi a difesa del lavoro dei piccoli contadini, in ogni parte del mondo, un lavoro che contribuisce alla salvaguardia dei territori e delle biodiversità e, al tempo stesso, genera un’economia agro-alimentare sostenibile e sana per tutti, senza scarti e sprechi.

Le migliaia di chicchi di riso contenuti nei pacchi della campagna sostengono un unico grande progetto con 34 interventi di agricoltura familiare realizzati da 33 Soci Focsiv in 25 Paesi di 4 Continenti – Africa, America Latina, Asia ed Europa.

Tutti gli interventi sono volti al miglioramento della condizione socioeconomica delle comunità agricole e, in particolare, di quella delle donne, artefici dello sviluppo delle proprie famiglie ad iniziare dai più piccoli; alla sensibilizzazione dei giovani affinché comprendano quali siano le potenzialità di rimanere nelle proprie terre di origine senza abbandonarle per un futuro incerto nei grandi agglomerati urbani; alla formazione dei contadini di tecniche e pratiche di coltivazione ecosostenibili, che valorizzano la qualità e la quantità della loro produzione.

“Abbiamo riso per una cosa seria” è una Campagna di sostegno per gli interventi di agricoltura familiare e, soprattutto, è un movimento di contadini italiani e di tutto il mondo, insieme ai consumatori responsabili, per la difesa della dignità dei lavoratori e per il diritto al cibo sano e di qualità per tutti.

La Campagna promuove una rete di persone consapevoli che insieme sostengono le comunità rurali, oggi ancora più in difficoltà a causa delle conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina e in tante altre parti del mondo, che richiedono politiche che portino alla sicurezza alimentare e salubrità dei cibi, che promuovano il valore dell'agricoltura familiare come risposta alla crisi globale, alle migrazioni e ai cambiamenti climatici.

“Se già la pandemia ci aveva fatto comprendere la precarietà non solo del sistema sanitario mondiale, ma anche di quello agro – alimentare, la crisi odierna, provocata dalla guerra in Ucraina, sta ulteriormente aggravando la situazione alimentare già più che compromessa per milioni di persone. Una tempesta perfetta che porterà, secondo le prime analisi degli esperti internazionali, a 1,7 miliardi le persone che non avranno il diritto ad alimentazione sana. Le migliaia di chicchi di riso dei pacchi della campagna Abbiamo riso per una cosa seria, giunta alla Ventesima edizione, sono a testimoniare che si può ed urgentemente si deve cambiare il paradigma di crescita senza limiti che governa l’economia mondiale. È necessario attuare modelli di produzione basati sull’agroecologia, che tutelino l'ambiente, la biodiversità e l’agricoltura familiare. E che, soprattutto, garantiscano l’accesso a tutti ad un cibo sano e difendano la dignità di chi lavora la terra. - ha sottolineato Ivana Borsotto, presidente FOCSIV - I pacchi di riso che saranno in piazza da metà maggio non solo sostengono interventi di agricoltura familiare, realizzati dai nostri soci in 25 paesi del mondo, ma sono la risposta concreta che da 50 anni, come Federazione di Organismi di cooperazione allo sviluppo, mettiamo in campo per permettere che sia i risicoltori italiani che i contadini di tutto il mondo possano continuare a coltivare le loro terre e a sviluppare una economia sostenibile che salvaguarda i frutti originari dei propri territori e che, al contempo, sia difeso il diritto ad un lavoro e ad una vita dignitosa. Questo è il modo Focsiv di ridere per una cosa seria”.

Molti i volti, anche quest'anno, dei testimonial e degli amici che si sono uniti e condividono gli scopi della campagna “Abbiamo riso per una cosa seria” ad iniziare da Elena Somaré, virtuosa dell'uso del suono primitivo del fischio, che ha musicato lo spot della Campagna. Sono coinvolti nella Campagna anche Chiara Caprettini, foodblogger, Luca Lombroso, meteorologo e divulgatore ambientale, Paolo Sottocorona, meteorologo de LA7, e i Cuochi contadini della rete di Campagna Amica, che sostengono con le ricette e gli showcooking del riso FOCSIV Coldiretti.

13 maggio: memoria, ricordo e riflessione sull'oggi

Venerdì 13 maggio 2022, a settantotto anni di distanza da quei dolorosi eventi, l'Amministrazione comunale, le associazioni d'arma e del volontariato insieme alla cittadinanza hanno ricordato il tragico bombardamento aereo subito dalla città e coloro che ne furono vittime innocenti. La città di Fidenza pagò il suo prezzo subendo attacchi aerei e bombardamenti nel corso dei quali perirono 162 persone, la maggior parte delle quali (113) fu vittima del bombardamento del 13 maggio del 1944.

Nel primo pomeriggio, presso la cappella di cimitero cittadino, il parroco di Santa Maria Assunta, don Mario Fontanelli, e i presenti hanno recitato il Santo Rosario per portarsi poi nella cappella-sacrario del Cimitero Urbano per la deposizione della corona di alloro.

Brevissimi gli interventi del presidente dell'associazione Reduci e del vicesindaco Davide Malvisi, che hanno richiamato l'attenzione all'attuale situazione conflittuale nell'est europeo ed alle terribili conseguenze in termini di vite umane.

Alle 18 il secondo importate momento con la S. Messa nel Santuario della Gran Madre di Dio celebrata da don Gianemilio Pedroni, Vicario generale della Diocesi di Fidenza. Al termine della Messa il tradizionale importante momento presso la cappella dedicata alle vittime dei bombardamenti.

Introdotto dal presidente dell'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, sezione di Fidenza, dott. Ambrogio Ponzi, il Presidente Provinciale dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, sezione di Parma Cav. Alfredo Isetti ha concluso con un suo intervento la complessa commemorazione.

Queste le sue parole:

Vi porto il saluto del consiglio provinciale dell'associazione Nazionale Delle Vittime Civili di Guerra. Ringraziamo il sindaco Andrea Massari e tutta l'amministrazione comunale di Fidenza, qui rappresentata dalla presidente del Consiglio comunale Rita Sartori, che dimostrano sempre una sensibilità non comune, l'associazione Nazionale Combattenti E Reduci con il suo presidente dott. Ambrogio Ponzi ed un saluto affettuoso al Comm. Gino Narseti.

Grazie alle associazioni, ai familiari e a tutti coloro che sono sempre stati partecipi in questo perenne ricordo del bombardamento del 13 maggio 1944, che oggi assume un significato ancora più importante.

Come ogni anno siamo qui per non far perdere la storia e la memoria di questa tragedia ed essere vicini a tutte le vittime civili dei conflitti nel mondo e riaffermare con forza il valore della pace, del dialogo e dell'amicizia fra i popoli.

Fidenza è stata una delle città più duramente colpite durante la seconda guerra mondiale e queste tragedie ancora ci appartengono: le ferite non si sono rimarginate ed anche per questo attraverso il ricordo delle nostre vittime civili, vogliamo divulgare con maggiore forza un messaggio dl fratellanza, dl vicinanza alle popolazioni oggi duramente ed ingiustamente colpite, affinché il germoglio della pace si sviluppi con consapevolezza assieme alle giovani generazioni.

 

A.P.

Busseto, presentazione del libro "Io" di Massimo Parizzi

Venerdì 13 Maggio alle ore 21.00, a Busseto nel Salone di Casa Barezzi la sezione ANPI con il patrocinio del Comune di Busseto presenterà il libro di Massimo Parizzi “Io”.

Massimo Parizzi è nato nel 1950 a Milano da padre di Samboseto di Busseto (Parma) e madre di Brindisi; e sia a Samboseto che a Brindisi sono ambientati diversi episodi del suo romanzo “Io” che, segnalato dal premio Calvino, ha avuto numerose recensioni, sull’«Indice», «Il manifesto» e in diversi siti web.

Apprezzato traduttore per diverse case editrici, ha fondato e diretto dal 1999 al 2012 la rivista “Qui–appunti dal presente”, edita dal 2005 anche in inglese. Suoi interventi sono apparsi su “Il manifesto”, “L’indice dei libri del mese”, le riviste “Manocomete”, “Incognita” “Poliscritture” “Il segnale” e i siti web “Nazione Indiana”, “Alfabeta2” e “Moltinpoesia”.

“Io” è un’audace biografia generale di eventi, domande e pensieri, un viaggio circolare che percorre itinerari volti alla continua ricerca dell’identità di ciascuno di noi e al periglioso recupero della memoria. Volendo inserirlo in una mappa concettuale, sia pure artificiosa, il romanzo può essere letto come una miscellanea intrigante di nomi che portano alla definizione sempre più puntuale dell’identità, del “tutti sono io”, un’indicazione variegata di luoghi vicini e lontani nel tempo e nello spazio, che diventano appigli per risuscitare ricordi che non sono lineari e omogenei, ma spesso vissuti nel segno della discontinuità e della sospensione del giudizio.

 

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