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Martina Pacini

Anno Speciale dedicato a San Giuseppe

In occasione dei 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale il Beato papa Pio IX dichiarò san Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica, papa Francesco, con la Lettera apostolica Patris corde, ha indetto uno speciale Anno di san Giuseppe, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021.

La pubblicazione della Lettera apostolica è accompagnata dal decreto della Penitenzieria Apostolica con la relativa concessione del dono di speciali Indulgenze, dove si da rilevanza ai giorni tradizionalmente dedicati alla memoria dello Sposo di Maria, come il 19 marzo e il 1 maggio, e agli ammalati e anziani «nell’attuale contesto dell’emergenza sanitaria».

Alla luce dei temi evidenziati dalla Lettera e dalle indicazioni specifiche riguardo all’Indulgenza plenaria, l’Ufficio Liturgico Nazionale, a nome della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha predisposto un sussidio liturgico-pastorale che, mediante qualche schema di celebrazione, testi e orazioni antichi e recenti dedicati a san Giuseppe, potrà sostenere la preghiera delle comunità ecclesiali.

Nelle diverse Chiese che sono in Italia non mancherà il costante e significativo richiamo alla dimensione della carità, evidenziando la particolare concessione dell’Indulgenza a «coloro i quali, sull’esempio di san Giuseppe, compiranno un’opera di misericordia corporale o spirituale». Altresì, saranno valorizzati i santuari o le chiese parrocchiali intitolate a san Giuseppe, come punti di riferimento per la preghiera comunitaria e personale e per la celebrazione del sacramento della riconciliazione.

Ogni diocesi saprà indicare i tempi e i modi più opportuni per venerare san Giuseppe e invocare la sua protezione sulla Chiesa, sulle famiglie e sull’intero popolo di Dio.

Importante scoperta archeologica nel deserto della Giudea

Importante scoperta archeologica nel deserto della Giudea, dove un team di archeologi del Dipartimento delle Antichità di Israele ha rinvenuto alcuni frammenti di rotoli biblici di duemila anni fa appartenenti al Libro dei profeti minori. L’area non è lontana da Qumran, dove fra il 1947 e il 1956 furono ritrovati i famosi Rotoli del Mar Morto che, datati tra il 150 avanti Cristo e il 70 dopo Cristo, sono la più antica testimonianza di un testo biblico. Nell’area di ricerca, insieme ai frammenti biblici, gli archeologi hanno trovato reperti come un canestro di 10.500 anni, perfettamente conservato, lettere, un pettine in legno, monete e diversi scheletri: tra questi quelli di una trentina di combattenti del condottiero Bar Cochbà risalenti alla seconda rivolta ebraica (132 d.C) contro l’Imperatore Adriano. Dal 2017 il Dipartimento israeliano per le antichità sta monitorando l’area e fino ad oggi ha esaminato circa 500 caverne, nel raggio di ottanta chilometri.

“Il ritrovamento – spiega padre Eugenio Alliata, professore e archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme – rientra in un ampio progetto di lunga scadenza promosso dal Dipartimento israeliano per le antichità che intende in tal modo scandagliare il più possibile queste grotte del deserto per recuperarne i reperti. Da molto tempo è noto che le grotte venivano saccheggiate dai trafugatori di reperti. Organizzando una ricerca sistematica all’interno di queste grotte lo Stato israeliano non solo vuole bloccare il trafugamento, ma vuole soprattutto prevenirlo”.


Da un punto di vista archeologico i frammenti rinvenuti danno indicazioni concrete sul luogo del ritrovamento e anche sulle circostanze del loro nascondimento. Quelli che si conoscevano prima erano frammenti ritrovati clandestinamente e che comparivano all’improvviso sul mercato. Esiste, infatti, un medesimo manoscritto proveniente dalle stesse grotte e contenente testi degli stessi profeti pubblicato agli inizi degli anni ’60.

I frammenti ritrovati sono 11 righe di testo del libro del profeta Zaccaria e un versetto di quello di Naum. Sono parti dell’Antico Testamento.
Sono parti molto care ai cristiani perché i profeti minori sono quelli che sottolineano di più sul concetto di Dio che prepara la salvezza del suo popolo, sulla necessità che il popolo risponda con la volontà e con norme di amore e perdono. Sono testi fortemente messianici che affermano che Dio sta per intervenire e per questo di grandissimo interesse per i cristiani.

Fra le parole in greco ce n’è una in ebraico: il nome di Dio.
Secondo alcuni esperti di questi manoscritti del deserto, il fatto che tra i frammenti ce ne sia uno recante il nome di Dio scritto in ebraico potrebbe indicare che questi testi in greco erano usati da ebrei per i quali non doveva essere così insolito scrivere il nome di Dio nella propria lingua. In questo caso, però, la scritta è in ebraico antico e questa è un’usanza più tipica degli ebrei che dei cristiani. La Bibbia greca, dobbiamo ricordare, ha anche origini ebraiche – la famosa traduzione dei 70 – e questo frammento in ebraico potrebbe essere una recensione di questa Bibbia. Inoltre il contesto del ritrovamento è quello della seconda rivolta ebraica di Shimon Bar Cochbà, ribellatosi nel 132 d.C all’Imperatore Adriano. Questo è molto interessante perché la seconda rivolta ebraica è stata fortemente tradizionalista, più della prima. Usare dunque testi greci da parte di persone coinvolte nella rivolta è molto significativo. Per saperne di più bisognerà adesso attendere la fine degli studi. Lavorare su questi reperti potrà gettare ulteriore luce sui testi biblici, sul loro suo, sulla loro traduzione e trasmissione. Essenziale è stato averli recuperati e tolti a possibili trafugamenti e dispersioni come accaduto in passato.

Davanti a questi frammenti la mente corre ai rotoli di Qumran rinvenuti tra il 1947 e il 1956, anche in questo caso all’interno di grotte.
I manoscritti di Qumran sono stati trovati ‘accidentalmente’ da alcuni pastori dentro alcune giare di terracotta prima che andassero perduti o trafugati. Scavi regolari hanno poi portato alla luce ulteriori reperti, anche se in quantità minori. Tutto lascia pensare che, come per Qumran, altri scavi e ricerche regolari nelle tantissime grotte della zona, potranno donarci altri frammenti.


S. Nazzaro d'Ongina, il 20 marzo l'ingresso del nuovo parroco

S. Nazzaro d'Ongina, il 20 marzo l'ingresso del nuovo parroco don Stefano Bianchi


Con suo atto del 21 febbraio scorso il Vescovo Ovidio ha nominato don Stefano Bianchi parroco della comunità dei SS. Nazzaro e Celso in S. Nazzaro d’Ongina. Il sacerdote, già pastore delle parrocchie di Monticelli d’Ongina, Fogarole e Olza, farà il suo ingresso nella chiesa di S. Nazzaro sabato 20 marzo alle ore 16.30. Presiederà il rito il Vicario Generale della Diocesi, don Gianemilio Pedroni.

I sindaci della provincia di Parma ricordano le vittime del Covid

I sindaci della provincia di Parma ricordano le vittime del Covid
Il 18 marzo 2020 è stata la giornata più drammatica della prima fase della pandemia, con le città ed i paesi deserti, il lockdown nella sua forma più rigida, i silenzi rotti dalle sirene delle ambulanze. E poi i numeri, impressionanti, dei ricoveri nei nostri ospedali, nei reparti e nelle terapie intensive, i numeri esponenzialmente cresciuti dei decessi: e dietro ad ognuno di questi numeri una persona, una donna, un uomo, con le loro famiglie ed i loro affetti.

I sindaci del territorio parmense, coordinati dalla Provincia, hanno scelto proprio questa data per ricordare e giovedì 18 marzo, alle ore 11 saranno tutti contemporaneamente davanti al cimitero del proprio Comune, con fascia tricolore e con Gonfalone, per rendere un doveroso omaggio a chi non c'è più, e che a causa del Covid spesso non ha potuto neanche avere un momento di commiato. Per ricordare e per manifestare la vicinanza di tutte le nostre comunità.

L’iniziativa fa seguito a quella avanzata già l’anno scorso, quando i Consigli Comunali approvarono un documento per chiedere l'istituzione della "Giornata delle vittime del Covid" , proposta dall'ANCI a livello nazionale, e che ora sta seguendo il suo iter legislativo.
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