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Martina Pacini

Ricordo di don Aldo Panni

Don Aldo Panni nacque a San Giuliano Piacentino il 24 marzo 1913 e morì a Buerat in Tripolitania (Libia) il 25 dicembre 1942. Frequentò i corsi di studio nel seminario diocesano fidentino e fu ordinato sacerdote a Fidenza il 28 giugno 1936 dal vescovo Monsignor Mario Vianello. Per cinque anni, dal 1936 al 1941, fu vicario coadiutore a Villanova sull’Arda e, nel 1941 si arruolò volontario nell’esercito e, in qualità di cappellano militare, si adoperò per prestare assistenza spirituale ai soldati che sul fronte si battevano per la causa della Patria.

Dopo aver seguito, sul territorio nazionale, i reparti della divisione cui apparteneva nei diversi spostamenti, fu destinato a raggiungere, con essi, la zona di guerra in Africa Settentrionale. Inizialmente fu destinato all’Ospedaletto da campo n.890 a Oms (Tripolitania) e, quindi, al comando supremo delle Forze Armate in Tripoli, per poi passare al 21esimo Corpo d’armata.

Ovunque si meritò la stima e l’affetto di tutti, compresi i superiori, grazie al suo grande ottimismo sacerdotale, alla fede profonda, al carattere franco, leale ed esuberante, animato da apostolico entusiasmo. Caratterizzato da una statura notevole e da una eccezionale costituzione fisica, dimostrò di non temere la lotta infondendo in coloro che gli erano accanto quelle necessarie doti di coraggio e sicurezza, sempre pronto a prodigarsi verso chiunque all’insegna del bene e della solidarietà.

Morì tragicamente, all’età di 29 anni, il giorno di Natale del 1942 durante una sosta del ripiegamento delle truppe italo-tedesche da El Alamein, in Egitto, sotto l’incalzare dell’VIII Armata britannica al comando del generale Alexander. A Buerat, in Tripolitania, mentre in motocicletta rientrava al corpo da una visita compiuta per ragioni di ministero ad un gruppo di giovani militari di Villanova sull’Arda (si trattava, del resto, del giorno di Natale), andò a scontrarsi contro un autocarro militare tedesco che procedeva nello stesso senso e che si arrestò improvvisamente per cause ignote. L’urto fu violentissimo e don Aldo, che aveva il grado di Tenente, spirò poco dopo, tra la costernazione dei suoi soldati, legati a lui da grande affetto. Fu sepolto inizialmente nel vicino cimitero civile di Misurata e, alcuni anni più tardi, la sua salma fece ritorno in Italia. Il 24 aprile 1953 Villanova sull’Arda tributò ai resti del degnissimo sacerdote onoranze funebri che assunsero carattere di commovente plebiscito, alla presenza per altro di numerose autorità civili, ecclesiastiche e rappresentanze dell’Esercito e dei Reduci d’Africa. Il feretro, collocato su un autocarro militare, tra corone d’alloro e di fiori, fu scortato da un drappello d’onore dei carabinieri in alta uniforme. Ad officiare le esequie fu il vicario capitale della Diocesi di Fidenza Monsignor Carlo Azzolini. Don Panni fu quindi sepolto nel cimitero di Santa Croce di Polesine (luogo in cui aveva vissuto e in cui vivevano i familiari) e, da alcuni anni, riposa nella cappella di famiglia a Zibello. A Zibello la sua divisa è tra l’altro conservata tra i cimeli del museo dei reperti bellici, all’interno dell’ex convento dei Padri Domenicani.

Nell’ottantesimo anniversario della morte, don Aldo Panni sarà ricordato domenica 25 dicembre, giorno di Natale, durante la S.Messa delle ore 9 nella chiesa parrocchiale di Santa Croce.     

Paolo Panni

Busseto, le iniziative per il Natale dei ragazzi della parrocchia

I ragazzi della parrocchia di San Bartolomeo in Busseto si sono preparati al Natale con tre gesti importanti, vissuti di seguito nel pomeriggio della domenica precedente il Natale. Insieme ai tamburelli degli Alpini, al Vice sindaco Milva Furlotti e all'assessore Nicolas Passera la prima tappa è stata presso la Casa di Riposo dove, davanti alla presidente Nicoletta Carbognani e agli ospiti, sono stati eseguiti alcuni canti natalizi e letti alcuni testi relativi all' anzianità, al valore della vita e al mistero del Natale. Sono stati poi consegnati tre cesti contenenti "Gesù Bambino" in gesso confezionati in modo tale da poter essere tenuti sul comodino. Anche gli anziani hanno donato un manufatto e un biglietto augurale, segni della loro attiva partecipazione ad un evento che sta diventando una bella tradizione.
Poi in Collegiata, in un contesto di preghiera, il coro parrocchiale ha eseguito alcuni brani: "Cantate Domino" di Valentino Miserachs; "Lauda rinascimentale gaudete"; "La luce è venuta nel mondo" di Joh Purifoy; "Ecco un'aurora". "Mentre il silenzio", con parole di Padre David Maria Turoldo e musica di Beppe Cantarelli. All'organo era presente il maestro Dino Rizzo, mentre ha diretto il maestro Luca Veneziani che ha fatto anche la voce solista in "Oh Holy Night" di Adam. Davvero una stupenda esperienza di meditazione e di orazione, in sintonia con quanto indicato dal Vescovo Ovidio nella sua lettera pastorale 2022-2023 "Chiesa in preghiera".
Poi è toccato agli adolescenti che hanno rappresentato "Guardando la stella", la storia del Natale. Guidati dalla regia di Fiorella Bia, indossando costumi molto belli, i giovani attori hanno recitato molto bene, immedesimandosi nella propria parte. Al termine, un lungo applauso ha accomunato il coro e gli adolescenti.

Al termine, la merenda offerta a tutti i partecipanti sul sagrato della chiesa. Un bel pomeriggio che ha riunito la comunità civile e religiosa. Infatti in piazza VBusseto,erdi si è tenuto uno spettacolo di una trapezzista e l'immancabile presenza di Babbo Natale con gli Alpini.

"Rifiuto e accoglienza": il messaggio del Vescovo Ovidio per il Santo Natale 2022

La Parola di Dio fin dall’inizio dell’evangelo di Giovanni, in riferimento al mistero del Natale del Signore, si esprime in modo severo e che, al contempo, infastidisce disturbando quell’aureola di luce effimera e ingenua che spesso circonda l’evento della nascita di Gesù di Nazareth: «Il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,10-11). La Parola intraprende un viaggio e attraverso un cammino di condiscendenza giunge al mondo come dono della prossimità di Dio all’umanità stanca e senza speranza; ma la risposta del mondo parla il linguaggio della inospitalità. Il venire a noi della Parola è mosso da un atto di libertà e di amore di Dio, come quello che ha presieduto alla creazione del cosmo. È proprio della libertà di chi ama sottoporsi anche al rischio di non essere riamato e riconosciuto nella sua intenzione più profonda: «Eppure il mondo non lo riconobbe». Il mondo pagano immerso nel proprio culto idolatrico e asservito ai falsi dèi è stato incapace di scorgere i segni della presenza misericordiosa di Dio nella storia. Ma anche Israele, eredità preziosa e particolare del Signore, popolo delle benedizioni e sua proprietà esclusiva (cfr. Dt 7,6), non ha saputo discernere il giorno della sua visita perché paralizzato nella propria infedeltà; Israele non si è preso cura di far posto alla Parola, misconoscendo la compassione e la premurosa fedeltà del suo Dio.

Un piccolo resto, però, fa posto alla Parola dichiarandola ospite gradito e aprendole il proprio cuore. L’infedeltà di Israele e la cecità dei pagani non sono l’ultima risposta all’iniziativa amante di Dio. Un piccolo resto di poveri e di umili, sia che appartengano a Israele o che provengano dalle nazioni, è costituito da Dio stesso un popolo di figli, non per merito o per conquista o per concorso umano, ma per grazia. Questo piccolo resto è chiamato ad iniziare un cammino che lo introduce nel progetto di misericordia e di comunione con il Signore.

La Parola che si fa carne, prendendo su di sé tutta la debolezza e il limite della natura umana, rivela tutta la prossimità di Dio alle sue creature, anche nella loro condizione di peccato. Se questo caratterizza il cuore del Natale, noi con quale atteggiamento l’accogliamo? Quando la Chiesa ci consegna la parola di Dio contenuta nelle Sante Scritture, quale ascolto trova in noi? Le facciamo posto? Sappiamo fare nostro il rischio dell’incontro con la Parola, che non è un libro, ma è Gesù il Signore che chiama alla sua sequela per avere vita in lui? Come Giovanni il Battista, siamo testimoni della speranza che viene nel mondo? Siamo pronti a scomparire perché la potenza della Parola appaia? Siamo segni di risurrezione e di speranza in un mondo spesso abitato dalla notte, dal rifiuto e dalla paura? Allora ci renderemo conto che l’evento della nascita del Signore non si presenta come un racconto patetico, circondato da un ingenuo folklore, ma è appello a camminare nella luce, ad uscire dalle nostre grettezze per stare dietro a Gesù Parola eterna di Dio fatta carne, che ci rivela il Padre quale Dio-con-noi, l’Emmanuele, consegnandosi a noi come dono.

Natale del Signore, ben oltre ogni retorica, è accoglienza della Parola nel volto dell’altro che ci visita, nello straniero che bussa ai nostri confini, in chi consideriamo diverso per cultura, per credo religioso, per condizione sociale. Il mistero del Natale del Signore, quale vera alternativa alla cultura dello scarto, è rifiuto di ogni discriminazione, di ogni pregiudizio che acceca, di tutto ciò che offende la dignità dell’altro/a, di tutto ciò che concorre a tracciare distanze generando sospetti e conflitti, di tutto ciò che paralizza nella paura rendendoci incapaci di una speranza audace. Celebrare e vivere l’evento del Natale del Signore significa non rinunciare a cercare vie di pace, di dialogo e di riconciliazione con la sapienza di chi sa scorgere nel cuore degli umani le tracce del bene e la volontà di una fraternità universale, in quanto figli/e dello stesso Dio. Questa luce di speranza cerca un posto, domanda di essere accolta e chiede di brillare nella tenebra di questa povera umanità, non solo a Natale.

+ Ovidio Vezzoli

vescovo di Fidenza

Confartigianato e Coldiretti Parma hanno consegnato la statuina del presepe al vescovo Ovidio

È una florovivaista la statuina del presepe 2022, simbolo delle aziende che operano nella cura e manutenzione del verde che sarà consegnata in tutte le 226 Diocesi italiane. A Fidenza è stata consegnata martedì 20 dicembre.

Obiettivo dell’iniziativa, promossa da Fondazione Symbola, Confartigianato e Coldiretti nell’ambito del Manifesto di Assisi, è quello di aggiungere ogni anno al presepe figure che parlino del presente, ma anche del futuro. Nel 2020 fu un’infermiera a ricordare il debito che ci lega in tempo di Covid a tutti coloro che operano nella sanità. Lo scorso anno è stato l’imprenditore che, cogliendo le opportunità della digitalizzazione, ha affrontato le difficoltà della pandemia per continuare a garantire servizi e prodotti ai cittadini nonostante le limitazioni e i lockdown.
La statuina per il presepe 2022, realizzata in cartapesta da Claudio Ricci, artigiano di Lecce, vuole raffigurare l’impegno per uno sviluppo economico sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Inserire questa “nuova” figura, una florovivaista simbolo delle imprese impegnate nella cura e manutenzione del nostro patrimonio verde e della biodiversità, è un’idea inedita per parlare di un’agricoltura plurale e differenziata, che produce cibo e insieme, beni immateriali indispensabili per la qualità della vita.

“Il presepe – ha spiegato Enrico Bricca, presidente di Confartigianato Imprese Parma - è la rappresentazione della nascita di Gesù, ma attraverso i suoi personaggi serve anche a raccontare la realtà della vita di tutti i giorni e quindi troviamo, fra gli altri, artigiani, casalinghe, filatrici, agricoltori, pastori e gli animali per rappresentare la multiforme dimensione del Creato che parte proprio dalla terra. Quest’anno portiamo nel presepe un simbolo della sostenibilità espressa dagli artigiani e dalle piccole imprese che racconta tante cose: l’offerta di prodotti e servizi belli, ben fatti, durevoli, a basso impatto ambientale, unici e distintivi. Lo stretto legame con la propria terra alimenta, di conseguenza, un rapporto virtuoso con l’ambiente circostante improntato alla cura e al rispetto del contesto in cui si è collocati. Tutto questo è il ‘valore artigiano’ che crea, trasforma, ripara, rigenera, include, unisce”.
 
“La tradizione del presepe – ha sottolineato il Presidente di Coldiretti Parma Luca Cotti - rinnova ogni anno nella nostra organizzazione il significato di accoglienza e comunione. Anche quest’anno desideriamo dare il nostro apporto per diffondere la straordinaria attualità e forza di questa tradizione, donando una statuina che richiama al rispetto della natura e alla cura dell’ambiente: una florovivaista. E’ una ‘nuova’ figura da aggiungere nel mosaico dei personaggi del presepe per parlare di sostenibilità e di un’agricoltura che non produce solo cibo ma anche servizi e beni fondamentali per la qualità della vita, in primis la custodia del creato e la conservazione del territorio e del paesaggio. Temi di assoluta attualità in particolare in questi tempi, nei quali tutti, imprese e cittadini, devono fare i conti con le emergenze dettate dai cambiamenti climatici in atto. Il florovivaismo – ha concluso Cotti - è un comparto strategico del Made in Italy nel garantire bellezza e sicurezza sul territorio: si tratta dell’espressione di un’agricoltura multifunzionale capace di generare esternalità positive per il bene della comunità e dell’ambiente, nonostante i rincari e le grandi difficoltà economiche”.

"Bontà e bellezza sono sinonimi: tutto ciò che è buono non può che essere bello. Non è un caso infatti che la statuina del presepe di quest'anno rappresenti una florovivaista donna: colei che genera la vita genera sempre il bello e il buono in forma assoluta; fu infatti Maria a generare il bello e il buono per eccellenza che è la Parola di Dio incarnata in Gesù di Nazareth. Papa Francesco nella sua enciclica Laudato sì sottolinea più volte la responsabilità che è stata affidata all'uomo di continuare a custodire il creato che gli è stato affidato. L'umanità ha bisogno di bontà e bellezza e ha bisogno di vedere l'invisibile con uno sguardo altro. Altrimenti si rischia di camminare nella rassegnazione assoluta" ha sottolineato il Vescovo Ovidio.

Al termine dell'incontro la statuina è stata posizionata all'interno del presepe allestito al piano terra del palazzo vescovile.

 

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