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Martina Pacini

Umanità in cammino: il messaggio del Vescovo per il tempo di Avvento

«Alzo gli occhi verso i monti,
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore
che ha fatto il cielo e la terra»

(Sal 121,1-2)

Il Salmo 121 (120) si offre come rilettura attualizzata della dimensione del pellegrinaggio che la tradizione cristiana degli inizi ha evidenziato, quale memoria vivente della condizione di ogni discepolo dell’evangelo. Il fondamento di questa condizione è ritrovato in Abramo, nostro padre nella fede, chiamato ad «uscire» in obbedienza alla Parola che l’ha raggiunto in modo inaspettato, fidandosi solo di colui che lo chiamava ad una promessa più grande (cfr. Gn 12,1-4; Eb 11,8).
Il tempo faticoso che l’umanità sta vivendo a causa della situazione sanitaria che tutti coinvolge, senza distinzione alcuna, ci impone una riflessione da credenti per non cadere in osservazioni scontate e senza efficacia. Papa Francesco, nell’omelia per la solennità di Pentecoste (31 maggio 2020), ammoniva con sapienza spirituale: «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla». Inoltrandoci nel tempo santo dell’Avvento del Signore, sostiamo per qualche istante riflettendo sulla vita come pellegrinaggio; si tratta di un aspetto non marginale che la precarietà e la vulnerabilità del momento ha messo particolarmente in evidenza.
La condizione del pellegrino è legata, anzitutto, alla rinuncia, ad un partire senza ritorno e all’accoglienza del rischio della libertà per l’inizio di una vita nuova, senza disprezzo né cinismo alcuno nei confronti della storia e del mondo. La condizione del pellegrino è legata anche alla vita di precarietà per imparare a desiderare ciò che è essenziale, sta a cuore a Dio e avere in sé il pensiero di Cristo. La precarietà, in tal senso, educa senza ingenuità alla preghiera come atto di affidamento all’Unico fedele alle sue promesse. La peregrinatio del cristiano è luogo di allenamento alla vigilanza su tutto ciò che può diventare tentazione di una dimora fissa, di un luogo di sicurezza ritrovata, di una stabilità che non permette più la dimensione dell’attendere nella fede una patria nei cieli.
La peregrinatio del discepolo costituisce quella condizione per la quale egli può mantenere un distacco profetico, quello spazio disincantato sulla realtà che gli consente una critica serena, senza amarezza né meschinità, nei confronti di tutto ciò che contraddice le esigenze dell’evangelo. Solo così il cristiano può indicare una parola ‘altra’ al mondo, lontana dai luoghi comuni e dalla tentazione di attrarre consensi e accomodamenti fine a se stessi. La peregrinatio propria del discepolo è la condizione per la quale si fuggono la fama, la gloria e la notorietà davanti agli altri. La condizione di pellegrini per la causa di Gesù e dell’Evangelo domanda la sapienza del silenzio e non la ricerca continua di chi possa parlare di noi; ciò evidenzia la necessità di imparare ad uscire da sé ogni giorno.
La Parola di Dio che si è fatta carne assumendo su di sé una condizione di caducità e di debolezza radicali ha raggiunto il vertice nella morte di croce del maledetto sfigurato a tal punto da non avere più alcuna parvenza umana (cfr. Is 52,14). Al cuore della peregrinatio del cristiano ci sta sempre la croce di Gesù il Figlio. Questo è il momento di comunione e di amore più eloquente di Dio verso l’umanità tutta. Questo è quanto il cristianesimo oggi intende ricordare a tutti credenti e no, indicando la conversione quale cammino necessario per un ritorno all’Unico.
Tutto ciò ci ricorda che nel cammino della vita umana e spirituale non vi sono mete definitivamente raggiunte una volta per sempre; tutto domanda di essere vagliato, passato ad una verifica attenta alla luce della Parola se non vogliamo cadere nell’indurimento, nel disprezzo dell’esistenza propria e degli altri, nello sguardo accusatorio verso il mondo in cui viviamo, nella ripetitività di una vita insipida e mediocre che non accoglie più la novità dell’Evangelo come buona notizia per l’oggi di ogni uomo. Permane sempre acuta la descrizione dell’identità del cristiano che ne fa l’autore della lettera Ad Diognetum:

«I cristiani né per regione né per lingua né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. Infatti non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri [...]. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera [...]. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo [...]. I cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo [...]. Vivono come stranieri tra le cose corruttibili attendendo l’incorruttibilità nei cieli» (V, 1-17; VI, 3.8).

Maria, vergine dell’Avvento, che ha fatto della sua vita un pellegrinaggio sotto la guida della Parola visitandola e rendendola Madre del Signore, interceda per noi e sostenga la nostra faticosa speranza.

+ Ovidio Vezzoli
vescovo di Fidenza

22 novembre, Giornata per il sostentamento del clero

Sostieni il sacerdote della tua comunità: un segno di fraternità e di stima

È dal 1989 che, entro il 31 dicembre di ogni anno, è possibile fare un’offerta liberale all’Istituto Sostentamento del Clero in favore dei nostri sacerdoti. Si tratta di uno strumento in più che, unito alla firma dell’8xmille, sostiene la vita della Chiesa e in particolare i suoi presbiteri. Solo con un gesto di solidarietà tutti insieme possiamo garantire a ciascun sacerdote il necessario per la sua vita e il suo ministero tra noi. È uno strumento, quello dell’offerta, collegato alla tradizione della Chiesa che vede ogni comunità sostenere il proprio sacerdote, riconoscendo che il suo ministero pastorale – di presidenza dell’Eucaristia e dei sacramenti, di catechesi e di carità – è fondamentale per una o più parrocchie a lui affidate. Spetta, infatti, ai fedeli mantenere il proprio sacerdote. Se la comunità non è in grado di farlo, l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero interviene con le risorse che si ricavano dal patrimonio beneficiale. Se né la comunità né l’Istituto diocesano riescono a garantirgli il necessario per vivere, interviene l’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero, che attinge ai proventi dell’8xmille e delle offerte deducibili. Questo nuovo sistema di condivisione dei beni è frutto di un cammino ecclesiale compiuto dopo il Concilio Vaticano II, che ha sottolineato il volto di una Chiesa ‘popolo di Dio’, ‘fraternità’, al cui servizio sono i ministeri ordinati e in cui tutti sono corresponsabili. In tal modo si è arrivati a realizzare una perequazione economica tra tutti i sacerdoti che ha permesso di destinare più risorse alla carità e alla pastorale nella Chiesa. Elargire un’offerta liberale all’Istituto significa quindi aumentare questa condivisione dei beni a sostegno dei nostri sacerdoti anzitutto, ma anche conseguentemente aumentare la possibilità di dono e di condivisione in parrocchia con i più poveri, le missioni, le attività pastorali. L’offerta liberale è anche un segno concreto di stima nei confronti dei presbiteri, che vivono nelle nostre parrocchie o sono al servizio di più parrocchie; che educano alla fede i nostri bambini, ragazzi e giovani; alla cui porta bussano molte persone povere e in difficoltà; che ci fanno visita nelle nostre case; che ci consolano e ci sostengono nelle sofferenze; che vivono la gioia della festa per la nascita di un figlio o condividono il dolore per la perdita di una persona cara invitandoci alla speranza cristiana. Il sacerdote è un uomo tra noi, fratello e maestro nella fede. Il 22 novembre, domenica che chiude l’Anno liturgico, celebriamo Cristo Re, il Cristo Servo, e ricordiamo questi ‘servitori della gioia’, quali sono i sacerdoti nelle nostre comunità.
Il nostro sostegno concreto sia un segno di considerazione verso un ministero che è servizio al cammino di fede, speranza e carità di ciascuno di noi.

+ Gian Carlo Perego
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
e Vescovo incaricato per il Sovvenire alle necessità della Chiesa della CEER

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In foto: mons. Perego

Nota dei Vescovi dell'Emilia Romagna sulla catechesi ai giovani

"Ci ritroviamo di nuovo a dovere confrontare le nostre attività con questa grave ripresa della pandemia. Dobbiamo essere attenti al bene di tutti, del quale siamo responsabili, e ridurre il più possibile le occasioni di diffusione del contagio. Fino al 3 dicembre 2020 in Emilia Romagna sarà in vigore un’ordinanza secondo la quale i corsi di formazione, di qualunque genere o natura, organizzati da soggetti sia pubblici che privati, possono svolgersi solo con modalità a distanza. Pertanto, fino al 3 dicembre, è possibile svolgere in presenza gli incontri di catechesi per l'iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, ottemperando scrupolosamente tutti i requisiti richiesti, cioè osservando i protocolli già noti ed evitando assolutamente incontri senza il distanziamento necessario. E’ conveniente sospendere gli incontri in presenza di catechesi e formazione dalla secondaria di secondo grado in poi, preferendo in questa fase la modalità on line. Nel caso si continui in presenza è necessario che siano ottemperate rigorosamente tutte le condizioni di sicurezza, tenendo gli incontri in ambienti grandi come ad esempio le chiese, con il rispetto dei requisiti richiesti dal Protocollo d’intesa con la Confessione Cattolica del 7 maggio 2020 e successive integrazioni, come mascherina igienizzazione personale e dei luoghi, distanziamento, posti assegnati". Con questa nota gli Arcivescovi e i Vescovi dell’Emilia Romagna hanno fatto chiarezza circa le disposizioni sugli incontri di catechesi che potranno continuare in presenza ma solo se verranno soddisfatte le misure anticontagio. Alcune parrocchie della diocesi hanno deciso di organizzarsi con incontri su piattaforme online, altre hanno invece optato per la suddivisione settimanale dei ragazzi in piccoli gruppi.

Il giovane Vincenzo Cristaldi ha chiesto l'ammissione agli Ordini Sacri

Sabato 7 ottobre durante la s. Messa vespertina presso la parrocchia di S. Michele a Fidenza ha avuto luogo il rito di ammissione agli Ordini Sacri per il giovane seminarista Vincenzo Cristaldi, alla presenza del Vescovo Ovidio, del Vicario generale, di tutti i seminaristi che studiano presso il Collegio Alberoni di Piacenza e del Rettore p. Erminio Antonello. “La parrocchia accompagna con gioia il percorso di Vincenzo, soprattutto durante questo importante momento con il quale chiede di poter essere annoverato tra i candidati agli Ordini Sacri” ha sottolineato il parroco di S. Michele don Marek Jascszak. “Dobbiamo rendere grazie al Signore per il dono di persone che rispondono con gioia alla sua chiamata” ha affermato il Vescovo Ovidio durante l’omelia. “E dobbiamo anche rendere grazie di fronte al Signore per coloro che stanno accompagnando e guidando con saggezza il percorso di Vincenzo. L’augurio che ti rivolgo è che tu possa, durante il tuo cammino, tenere sempre lo sguardo rivolto verso Dio, come se intravedessi l’invisibile” ha concluso il presule. Nato nel 1992 in un piccolo paese vicino a Potenza, nel 1998 Vincenzo si trasferisce con la famiglia a Salsomaggiore Terme dove frequenta la scuola fino a 16 anni. Dopo il diploma di qualifica professionale presso l’istituto alberghiero della cittadina termale, dal 2011 al 2013 Vincenzo presta servizio di volontariato presso la Pubblica Assistenza e presso alcune cooperative sociali; esperienze che sono state per lui motivo di grande crescita personale. “Ho sempre avuto rispetto verso coloro che credono, ma fino al 2014 ero indifferente all’aspetto religioso. Poi ho incontrato un ragazzo che mi ha parlato di Dio come mai nessuno prima: un Dio misericordioso, un Padre buono. Dopo questo incontro mi sono avvicinato alla Chiesa iniziando un cammino spirituale. Ho frequentato l’oratorio Don Bosco e la parrocchia di S. Vitale partecipando ad incontri con adolescenti ed adulti, frequentando il centro estivo e diventando poi catechista”. Proprio durante questo cammino in mezzo ai giovani ha bussato la vocazione. “Ho iniziato a provare una sete inestinguibile verso Gesù, che all’inizio provavo a saziare attraverso le mie più grandi passioni, la lettura e lo studio della storia. Leggevo tantissimi libri su Gesù e lo cercavo sfogliando pagine su pagine. Ma non riuscivo mai a saziarmi: sentivo una chiamata più forte, più grande di me”. Tornare tra i banchi di scuola per completare gli studi è stata l’occasione per fare discernimento vocazionale, guidato dall’allora parroco di S. Vitale mons. Pier Giacomo Bolzoni, dal vicario parrocchiale don Francesco Villa e da don Remo Toscani. Nel 2018 Vincenzo ha partecipato al pellegrinaggio diocesano in Terra Santa, esperienza che definisce molto toccante, per poi entrare in seminario a settembre dello stesso anno dove attualmente sta proseguendo gli studi. Nel fine settimana presta servizio pastorale presso la parrocchia di S. Michele, mentre nei due anni precedenti è stato accolto a Monticelli d’Ongina. “L’esperienza del seminario mi ha fatto comprendere l’importanza di creare legami con il prossimo, di camminare e crescere insieme aiutandosi a vicenda. Vivo ogni giornata con il cuore e la mente rivolti a Dio in modo che possa illuminare il mio cammino. So che Lui è con me e questo mi infonde serenità e pace interiore”.

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Nella foto: Vincenzo (a sinistra) insieme al seminarista Davide Grossi

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