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"Chiesa in preghiera" - la Lettera pastorale 2022-2023 del Vescovo Ovidio

Dal 9 ottobre è possibile trovare una copia della Lettera Pastorale 2022-2023 del Vescovo Ovidio dal titolo "Chiesa in preghiera. Signore, insegnaci a pregare" (Lc 11,1) in tutte le parrocchie della Diocesi, in Cattedrale e durante tutti gli eventi di carattere diocesano.

E' inoltre possibile leggere, scaricare e stampare la Lettera pastorale in PDF qui.

San Donnino, maestro di preghiera, testimone di Cristo

Solennità di S. Donnino martire (9 ottobre 2022)

San Donnino, maestro di preghiera, testimone di Cristo

 

L’apostolo Paolo ammonisce che:

«lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza , perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26-27).

L’umanità oggi esprime tutta la sua fatica del vivere, ma al contempo non rinuncia alla ricerca della verità e del senso dell’esistenza. In questa prospettiva, la nostra è una umanità che non ha smarrito il senso del primato dello spirituale anche se alcune volte lo cerca per vie tortuose, imboccando forme di sincretismo religioso che tutto generalizza o facendosi discepola di personalità più preoccupate di ostentare se stesse che di prendersi cura dell’altro nella libertà. Oggi i discepoli del Signore hanno ancora qualcosa da dire all’umanità anche relativamente alla preghiera; ciò essi intendono proporre senza arroganza di possedere una verità assoluta, ma indicando in Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio, la via, la verità e la vita (cfr. Gv 14,6); è lui il vero modello della preghiera che ci insegna l’arte dello stare davanti a Dio senza fughe mistiche; ci educa a stare nel mondo da discepoli, ma con l’atteggiamento di chi intercede misericordia per tutti. La preghiera cristiana è autentica scuola di spiritualità, ma anche di umanità, di audace speranza e di compassione verso tutti. La prima missione affidata ai credenti è la preghiera incessante alla quale nulla va anteposto. La preghiera esige questo primato nella vita di ogni discepolo. Come si scandisce questo servizio dell’orazione che la comunità offre davanti a Dio per il mondo intero?

Anzitutto, nella fedeltà e nell’assiduità alla preghiera comunitaria ecclesiale che trova i suoi momenti decisivi nelle Lodi del mattino e nel Vespro. I cristiani sono costituiti sentinelle pronte a vegliare nella notte di ogni tempo e in ogni momento per rendere sempre più vivo il memoriale di Cristo e della sua presenza misericordiosa. La preghiera della Chiesa è l’opera di Dio alla quale nulla può essere anteposto; è vera adorazione del Vivente in mezzo a noi al quale cerchiamo, per grazia, di conformare la nostra povera umanità. Non va disatteso che la sola presenza laddove la Chiesa si riunisce è già una lode al Signore unico, che tutto vede e scruta nel segreto di ogni cuore.

La preghiera ecclesiale, in secondo luogo, trova nell’eucaristia la sua espressione fondamentale perché è la Parola fatta carne che si fa dono. All’eucaristia, memoriale della pasqua del Signore, vanno ricondotti tutta la nostra giornata, il nostro lavoro e le nostre relazioni. Parola ed eucaristia costituiscono la vera identità della preghiera, ma anche della Chiesa stessa perché richiede nuova coerenza, quella scaturita dalla consegna della vita del Signore, pane spezzato e sangue versato. Parola ed eucaristia vincono tutte le nostre pigrizie e le nostre debolezze, realizzano la comunione fraterna oltre ogni divisione, conflitto e discordia. 

Non va dimenticato, in terzo luogo, che è propria del discepolo anche la preghiera personale in comunione con tutti. Se intendiamo vivere alla presenza del Signore ogni giorno è necessario pregare nel silenzio, nell’umiltà, come Gesù stesso più volte ha indicato ai suoi (cfr. Lc 6,12; 9,28). L’aridità spirituale potrebbe condurci a ritenere la preghiera inutile, inefficace, abitudinaria; eppure non va dimenticato che è nell’esperienza della lotta che molti cercatori di Dio lo hanno trovato; nella notte della fede, in un silenzio implorante, in un incontro fatto presenza essi lo hanno compreso come Padre provvidente. Non va nemmeno disatteso il fatto che la preghiera personale è necessaria per sostenere quella della Chiesa. Il primato dell’orazione, pertanto, richiama la preghiera incessante (cfr. 1Ts 5,17), in ogni tempo, nella speranza, nel silenzio, nell’ascolto, nell’attesa oltre ogni tentazione di ridurre la vita del discepolo ad un attivismo inconcludente.

Il primato della preghiera, infine, rivela un cammino di ricerca di pace interiore davanti a Dio e al mondo; esso educa pazientemente all’ascolto dell’Unico e dei fratelli e sorelle che con noi condividono lo stesso cammino di crescita nella fede, in un’unica speranza che non delude e nella fedeltà alla Parola. Il primato della preghiera ricorda a ciascuno di noi che l’orazione è parte costitutiva della nostra chiamata e della missione in comunione con la Chiesa. La preghiera fa memoria a ciascuno di noi che solo così si è in tutto orientati al compimento della Parola, alla ricerca del volto del Signore nell’altro e nell’attesa perseverante di Colui che viene sempre. La comunità cristiana degli inizi si connota per l’assiduità alla preghiera davanti a Dio (cfr. At 1,14; 2,42); essa, infatti, rivela la natura di una Chiesa che cammina in una speranza audace, attende e vive nell’obbedienza all’unica volontà di Dio manifestata in Gesù il crocifisso, risorto e atteso come veniente. Laddove poteva presentarsi la tentazione di agire secondo modalità umane o secondo criteri legati all’efficienza del mondo e alla visibilità incondizionata, la comunità degli inizi intravede la necessità di stare davanti a Dio perché sia Lui a manifestare la sua volontà. Vivere il quotidiano alla presenza del Signore non è segno di spiritualismo esasperato; non è indice di inattività, di abbandono alla fatalità o traccia di disinteresse rispetto alle urgenze dell’apostolato, dell’annuncio dell’evangelo, della carità verso il prossimo. Al contrario, la preghiera è segno che rimanda al per primo di Dio, Signore della storia che conosce il cuore di tutti. Una Chiesa in preghiera si sottopone al giudizio del suo Signore perché sia lui ad indicarle la strada, ma anche le modalità con le quali annunciare e testimoniare la sua presenza compassionevole in una umanità che cammina tra l’indifferenza e la ricerca di senso del segno del tempo.

Con questi atteggiamenti la Chiesa che è in Fidenza si dispone a celebrare la solennità del patrono e martire di Cristo, San Donnino. Non è casuale, infatti, che uno dei bassorilievi antelamici che decorano il portale della cattedrale fidentina rappresenti il martire Donnino in atteggiamento orante con lo sguardo rivolto in modo deciso verso colui che è la via, la verità e la vita. Il martire Donnino ci insegni la difficile arte della preghiera e ci educhi a volgere le nostre povere vite al Signore unico della storia e del tempo.

+ Ovidio Vezzoli

vescovo di Fidenza

Offerte per i sacerdoti: il 18 settembre la Giornata nazionale

Ogni giorno ci offrono il loro tempo, ascoltano le nostre difficoltà e incoraggiano percorsi di ripresa: sono i nostri sacerdoti che si affidano alla generosità dei fedeli per essere liberi di servire tutti. Per richiamare l’attenzione sulla loro missione, torna domenica 18 settembre la Giornata nazionale delle offerte per il sostentamento del clero diocesano, che sarà celebrata nelle parrocchie italiane.


La Giornata – giunta alla XXXIV edizione – permette di dire “grazie” ai sacerdoti, annunciatori del Vangelo in parole ed opere nell’Italia di oggi, promotori di progetti anti-crisi per famiglie, anziani e giovani in cerca di occupazione, punto di riferimento per le comunità parrocchiali. Ma rappresenta anche il tradizionale appuntamento annuale di sensibilizzazione sulle offerte deducibili. “È un’occasione preziosa – sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – per far comprendere ai fedeli quanto conta il loro contributo. Non è solo una domenica di gratitudine nei confronti dei sacerdoti ma un’opportunità per spiegare il valore dell’impegno dei membri della comunità nel provvedere alle loro necessità. Basta anche una piccola somma ma donata in tanti”.

Nonostante siano state istituite nel 1984, a seguito della revisione concordataria, le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale; in molte parrocchie, però, questo non basta a garantire al parroco il necessario per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di uno strumento che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani. “Le offerte – aggiunge Monzio Compagnoni – rappresentano il segno concreto dell’appartenenza ad una stessa comunità di fedeli e costituiscono un mezzo per sostenere tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro. La Chiesa, grazie anche all’impegno dei nostri preti, è sempre al fianco dei più fragili e in prima linea per offrire risposte a chi ha bisogno”.


Destinate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero, le offerte permettono, dunque, di garantire, in modo omogeneo in tutto il territorio italiano, il sostegno all’attività pastorale dei sacerdoti diocesani. Da oltre 30 anni, infatti, questi non ricevono più uno stipendio dallo Stato, ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento.
Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 preti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e circa 3.000, ormai anziani o malati dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo.

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In occasione della Giornata del 18 settembre in ogni parrocchia i fedeli troveranno locandine e materiale informativo per le donazioni. Nel sito www.unitineldono.it è possibile effettuare una donazione ed iscriversi alla newsletter mensile per essere sempre informati sulle numerose storie di sacerdoti e comunità che, da nord a sud, fanno la differenza per tanti.

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«È tempo di cercare il Signore» (Os 10,12)

Pubblichiamo di seguito il messaggio che il Vescovo Ovidio ha scritto per la comunità della Diocesi fidentina in occasione del periodo di riposo estivo.

 

«È tempo di cercare il Signore» (Os 10,12)

 

Alcuni giorni fa la Chiesa, nella liturgia della Parola, proponeva ai credenti l’ascolto di alcune pagine fondamentali tratte dal libro di Osea. Il suo ministero profetico si svolge nel regno del nord (Israele) nel corso dell’VIII secolo a.C. in un tempo difficile segnato da contrasti sociali, economici, politici e, nondimeno, dalla minaccia sempre incombente della potenza militare assira che, con il suo condottiero Tiglat Pileser III (727 a.C.), intende espandere il possedimento dei suoi territori e la sua influenza al di fuori dei suoi confini. Purtroppo, molti benpensanti e stolti in Israele, invece di svolgere il ministero di guide responsabili della comunità sono maggiormente preoccupati di accumulare ricchezze e di trarre profitto, comunque, da una situazione che volge al drammatico per molti, ingrossando in tal modo, sempre di più, le file dei miseri che bramano solo un pezzo di pane per sopravvivere.

È in tale contesto che si erge chiara e senza equivoci la voce profetica di Osea. Anzitutto, il profeta denuncia una situazione di ipocrisia e di ingiustizia che alberga tra le guide della comunità; la popolazione stessa non vuole ammettere il tempo difficile che si sta vivendo. I capi del popolo ricercano false alleanze politiche, ma solo in vista di vedere salvaguardati i propri interessi personali. Quanti dovrebbero tenere alta la speranza e spronare a ricominciare con fiducia si defilano dalle loro responsabilità abbandonando i più poveri e indifesi a una condizione miserevole e desolante.

In secondo luogo, Osea tratteggia i lineamenti di una popolazione affranta, delusa e che cerca consolazione nei culti stranieri, nella magia, nella superstizione abbandonando, in tal modo, il Signore per confidare in divinità che non sono in grado di salvare né di intervenire per il bene, in quanto sono idoli manufatti dalla frustrazione religiosa.

In terzo luogo, il profeta descrive la situazione della comunità di Israele come quella di chi è preso da astenìa, da una debolezza mortale che impedisce qualsiasi possibilità di ripresa e di speranza nel domani. La denuncia di Osea è eloquente: «Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto nessuno sa sollevare lo sguardo» (Os 11,7). Questa è l’immagine più eloquente dello sconforto, della rinuncia a qualsiasi risposta rispetto alla situazione contingente. È la descrizione realistica di uno stato di abbandono della propria dignità umana; è la rassegnazione propria della delega a qualsiasi fatica del pensare. In sostanza, il profeta descrive la condizione di chi rinuncia a sperare e, dunque, a vivere. La comunità di Israele preferisce commiserarsi fissando con insistenza lo sguardo sulle proprie difficoltà, le proprie paure lasciandosi paralizzare dall’angoscia e dalla disfatta dichiarata ormai irreparabile. Si tratta di un popolo che non sa più guardare verso il cielo, verso Dio per invocarlo con umiltà e fiducia, perché la salvezza viene dal Signore e non dalle potenze degli eserciti accecati dalla bramosia del potere.

Attestata questa situazione, caratterizzata da un’aria irrespirabile perché ammorbata di rassegnazione e di morte, Osea non desiste dall’alzare la voce e richiamare a ciò che è essenziale: «È tempo di cercare il Signore finché egli venga e diffonda su di voi la giustizia» (Os 10,12). L’appello del profeta lascia trasparire tutta l’urgenza necessaria per ricominciare; ma questo è possibile, non partendo da alleanze umane effimere e deludenti, ma dal ritornare a cercare il Signore.

«È tempo di cercare il Signore». Questo ammonimento è anche per noi oggi. Si leggono sui volti delle persone che incontriamo i tratti della paura, della fatica, dello smarrimento, della delusione e, spesso, dell’angoscia che paralizza impedendo di ricominciare a sperare. L’occhio e la mente sono come avvolti dall’oscurità dell’angoscia, non si riesce più a vedere il bene che opera ancora e in modo significativo; il pensiero stesso è come anchilosato, incapace di discernere con intelligenza quanto accade, interrogandosi sul significato di tutto ciò e su quale responsabilità richiede senza delegare ad altri ciò che compete a ciascuno di noi.

«È tempo di cercare il Signore», ammonisce ancora oggi il profeta risvegliandoci dal torpore, dall’apatia e dall’indifferenza che sono il segno di una grave immaturità umana unita alla stoltezza. Serve a ben poco abbandonarsi a lamentevoli giudizi, che lasciano sempre le cose nella impossibilità di cambiare. Non serve a nulla abbandonarsi al determinismo, alla casualità e aspettare illudendosi che i tempi cambino e che le situazioni si risolvano per conto loro. È necessario, al contrario, che ciascuno riprenda la responsabilità che gli compete come uomo e come donna, come cittadino, come credente, affinché le scelte e, nondimeno, la fatica del pensare di ciascuno concorrano al bene comune, alla edificazione reciproca, alla concordia, al rispetto della dignità di tutti e alla pace.

«È tempo di cercare il Signore» e di imparare a guardare in alto verso di lui, non per fuggire o per rimuovere la complessità della storia contemporanea, ma per imparare a guardare alla nostra vita e all’umanità come la guarda il Signore, nello stile della Lettera enciclica di Papa Francesco «Fratelli tutti», con occhi di compassione e di misericordia, senza disattendere l’opera per la giustizia che scaturisce dall’evangelo.

«È tempo di cercare il Signore». Il tempo dell’estate possa diventare tempo di riposo e di ritrovate relazioni fraterne, tempo di riflessione e di grazia in cui torniamo a cercare il Signore, l’essenziale delle nostre povere vite. «È tempo di cercare il Signore», anche se è lui stesso che si fa trovare sul nostro cammino, rinvigorisce la nostra speranza e ci chiama a ricominciare nel suo nome.

 

+ Ovidio Vezzoli

16 luglio 2017 - 16 luglio 2022: grazie Vescovo Ovidio!

16 luglio 2022: nel quinto anniversario dell’ingresso di mons. Ovidio Vezzoli nella Diocesi di Fidenza la redazione de “Il Risveglio”, nel formulare i migliori auguri per la continuazione del suo mandato, ringrazia innanzitutto il Signore per il grande dono della sua presenza insieme agli innumerevoli doni ricevuti in questo primo tratto del suo percorso ministeriale.

Questi cinque anni sono stati segnati da gravi avvenimenti, come la pandemia e la guerra in Ucraina, che hanno messo a dura prova la Chiesa universale e quindi anche la nostra piccola comunità diocesana. Ma anche in tempi difficili come questo il Vescovo non ha mai fatto mancare il suo messaggio di fiducia e di speranza per evitare al popolo dei fedeli di cedere alla paura e alla rassegnazione. Fin dall’inizio del mandato il suo ministero è stato illuminato dalla nuova luce che il Concilio Vaticano II aveva fatto scaturire più di 50 anni fa. La figura del Vescovo vista cioè come il perno ministeriale della Chiesa, segno e garanzia di unità sia dentro la propria Chiesa particolare che nel rapporto tra le diverse Chiese, anello di congiunzione tra la dimensione locale e quella universale della Chiesa. Non più un semplice “luogotenente” del Papa, ma un vero e proprio pastore che nella pienezza dell’Ordine sacro guida la Chiesa particolare in comunione con la Chiesa universale. Con il triplice munus: insegnare, governare, santificare. Pur senza enfatizzare la novità, si deve riconoscere che il Concilio Vaticano II ha fatto finalmente posto alla Chiesa particolare nella riflessione magisteriale. La strada era stata aperta dalla costituzione “Sacrosanctum concilium” (n. 41) dove si legge: “La principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucarestia, alla medesima preghiera, al medesimo altare presieduto dal vescovo e circondato dal suo presbiterio e dai ministri”. Ma è nella costituzione “Lumen gentium”, e proprio nel capitolo dedicato all’episcopato, che il Concilio Vaticano II ha offerto i testi più significativi circa la teologia della Chiesa particolare. Al n. 23, nel contesto della trattazione sulla collegialità, si parla delle “Chiese particolari, formate a immagine della Chiesa universale nelle quali, e a partire dalle quali, esiste la sola e unica Chiesa cattolica”. Con una sottolineatura importante: una Chiesa particolare è veramente Chiesa solo se il vescovo che la presiede è in comunione con gli altri vescovi e soprattutto con il vescovo di Roma. E con Papa Bergoglio il Vescovo Ovidio ha mostrato di essere in sintonia fin dall’inizio: a partire dall’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” fino alla recente enciclica “Fratelli tutti”.

Degli elementi che hanno caratterizzato il suo episcopato in questi cinque anni abbiamo posto in evidenza il suo apporto determinante nell’avviare il cammino sinodale e le tracce per una interpretazione corretta dell’enciclica “Fratelli tutti” cui ha dedicato un libretto ricco di stimoli e di suggestioni.

Ma è soprattutto alla Parola di Dio che egli ha dedicato le energie migliori: una Parola letta, ascoltata, studiata, meditata e pregata per essere accolta con la vita. L’esortazione a ritornare alle fonti della Parola, vera sorgente di evangelizzazione, è fondata sul testo contenuto nella Lettera agli Ebrei: “La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio. Essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12-13). Grazie alla lectio divina con la quale il Vescovo Ovidio ha educato l’intera Diocesi, la Parola di Dio è stata esaltata in tutti i suoi aspetti fino a diventare parte integrante del cammino di fede per ogni cristiano, consacrato o laico.

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(il Vescovo Ovidio in occasione di una lectio divina nella chiesa di Sant'Antonio a Salsomaggiore Terme)

Anche nel cammino sinodale iniziato con la santa Messa celebrata in Cattedrale il 17 ottobre scorso, le indicazioni del Vescovo Ovidio si sono rivelate illuminanti per dare un orizzonte preciso a quella consultazione “dal basso” che ha impegnato nell’arco di sei mesi parrocchie, associazioni e movimenti presenti in Diocesi. Coadiuvato dal Vicario per la Pastorale, don Marek Jaszczak, ha fortemente voluto l’incontro con gli uffici pastorali a Caderzone perché la sinodalità, al di là dei buoni propositi, venisse vissuta come occasione preziosa non solo per “camminare insieme” ma per essere Chiesa capace di ascoltare e di ascoltarsi in una dinamica di confronto e di scambio dove tutti i soggetti si sentono coinvolti e partecipi. E a Caderzone Terme ha avuto luogo un secondo momento, verso la metà di giugno, per le necessarie verifiche del cammino compiuto e ulteriori indicazioni per proseguire il percorso nel prossimo autunno. Prima ancora (e precisamente il 21 maggio) era stato convocato il Consiglio Pastorale Diocesano, aperto da una relazione del vicario per la pastorale sulle principali risultanze emerse all’interno degli 87 gruppi sinodali svoltosi in diocesi. Nelle conclusioni il Vescovo, dopo aver ringraziato don Marek e l’equipe diocesana per il lavoro compiuto, ha ricordato che il cammino sinodale sotto la guida dello Spirito Santo ha il compito di far emergere il volto missionario della Chiesa capace di parlare a tutti all’interno di una realtà complessa come quella che stiamo vivendo attualmente. Parafrasando la domanda formulata da Gesù a Cesarea di Filippo, potremmo chiederci: le persone che vivono intorno a noi cosa pensano della Chiesa? Quali sono le aspettative nei suoi riguardi rispetto ai grandi problemi che travagliano il mondo attuale? Una fase si è chiusa ma il difficile viene proprio adesso. L’oggi è il terreno della sfida da raccogliere. E quindi la responsabilità è grande, come già insegnava Gesù ai discepoli: “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo” (Mt 5,13-16).

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(Il Vescovo Ovidio a Caderzone insieme ai direttori degli Uffici diocesani per la Pastorale)

Fin dal momento in cui viene pubblicata (3 ottobre del 2020) l’enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” diventa per il Vescovo Ovidio un punto di riferimento costante sia nei suoi discorsi che negli scritti. Egli ne coglie immediatamente la portata storica, aperta dal documento sulla fratellanza umana (4 febbraio del 2019) siglato ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam della moschea di Al Azhar, Ahmad al Tayyeb.

Dopo la presentazione in Cattedrale da parte del francescano p. Dino Dozzi, si incarica lui stesso di favorire la conoscenza del documento pontificio in Diocesi con una riflessione a tutto campo che coinvolge parrocchie, associazioni, movimenti. Ma non si ferma qui. Con la pubblicazione di un volume dal titolo “Tracce di interpretazione” (23 ottobre 2021) torna a prendere in esame il testo dell’enciclica con quattro approfondimenti: 1) gli antecedenti; 2) il Buon samaritano; 3) le ombre di una umanità affaticata; 4) quale luce può vincere la notte dell’umanità? Con una comunicazione aperta dove il Vescovo Ovidio indica alcune coordinate per reagire nella speranza alle difficoltà del momento attuale, segnato dalla pandemia.

Davanti all’illusione tecnocratica, al delirio di onnipotenza e al cinismo dell’indifferenza occorre la capacità di scrutare un orizzonte nuovo che non sia quello autoreferenziale del proprio ego. Una prima attenzione è non fuggire, ma permanere nella fedeltà e nella concretezza della storia in cui siamo. Ciò significa saper indicare con intelligenza una direzione di senso che mette nella condizione di orientare sul piano economico, politico e sociale. Le due lettere encicliche di Papa Francesco, “Laudato sì” (24 maggio 2015), dedicata al tema della cura della casa comune, e “Fratelli tutti” (3 ottobre 2020) interrogano tutti responsabilmente sui temi legati alla questione ambientale e sui temi sociali, che il nostro tempo individualista aveva cercato di rimuovere. Una seconda attenzione è caratterizzata dal fatto che la fraternità si propone come luogo storico nel quale la speranza trova una casa dove prendere dimora. Papa Francesco lo sottolinea con insistenza: nessuno si salva da solo, tutto è in relazione con tutto. Da sole la tecnica e la scienza non bastano a dare risposta alle domande fondamentali che salgono dal cuore degli umani e interrogano la loro coscienza. Per non cedere alla paura e alla rassegnazione occorre una speranza che è di tutti nella ricerca faticosa di un futuro che non è la volgare ripetizione di ciò che già conosciamo. Vi è la necessità urgente di ricostruire l’umano che è stato smarrito dopo che l’umano è stato barattato con la tecnocrazia ritenendolo semplicemente uno scarto. In tal senso è necessario ricominciare dall’Evangelo, autentico lievito in vista di una trasformazione profonda della vita sociale e fondamento di una speranza che non delude. Due figure si impongono come maestri e testimoni nelle pagine finali: San Francesco d’Assisi (1182 – 1226) ed il beato Charles de Foucauld (1858 – 1916), “il fratello universale”.

Per questo e per molto altro diciamo: grazie, vescovo Ovidio!

Al via la nuova campagna 8xmille della CEI

Non è mai solo una firma. È di più, molto di più.

Questo il claim della nuova campagna di comunicazione 8xmille della Conferenza Episcopale Italiana, che mette in evidenza il significato profondo della firma: un semplice gesto che vale migliaia di opere.


La campagna, on air dall' 8 maggio, racconta come la Chiesa cattolica, grazie alle firme dei contribuenti riesca ad offrire aiuto, conforto e sostegno ai più fragili con il supporto di centinaia di volontari, sacerdoti, religiosi e religiose.

Così un dormitorio, un condominio solidale, un orto sociale diventano molto di più e si traducono luoghi di ascolto e condivisione, in mani tese verso altre mani, in occasioni di riscatto.

Gli spot mettono al centro il valore della firma: un segno che si trasforma in progetti che fanno la differenza per tanti. Dal dormitorio “Galgario” che, nel centro storico di Bergamo, offre ospitalità e conforto ai più fragili, alla “Locanda San Francesco”, un condominio solidale nel cuore di Reggio Emilia per persone in difficoltà abitativa; dalla “Casa d’Accoglienza Madre Teresa di Calcutta”, un approdo sicuro, a Foggia, per donne vittime di violenza a “Casa Wanda” che a Roma dà assistenza e supporto ai malati di Alzheimer e ai loro familiari, passando per la “mensa San Carlo” di Palermo, a pieno regime anche durante la pandemia per aiutare antiche e nuove povertà. Farsi prossimi con l’agricoltura solidale è, invece, la scommessa di “Terra Condivisa”, orto solidale di Faenza, che coltiva speranza e inclusione sociale.
L’8xmille consente anche di valorizzare il patrimonio artistico nazionale con preziose opere di restauro come è accaduto a Grottazzolina dove la Chiesa del SS. Sacramento e Rosario, da tempo inagibile, è stata restituita alla cittadinanza continuando a tramandare arte e fede alle generazioni future.


“L’obiettivo della campagna 2022 – afferma il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – è dare ancora una volta voce alla Chiesa in uscita motivata da valori che sono quelli del Vangelo: amore, conforto, speranza, accoglienza, annuncio, fede. Gli spot ruotano intorno al ‘valore della firma’ e ai progetti realizzati grazie ad essa. Chi firma è protagonista di un cambiamento, offre sostegno a chi è in difficoltà ed è autore di una scelta solidale, frutto di una decisione consapevole, da rinnovare ogni anno. Dietro ogni progetto le risorse economiche sono state messe a frutto da sacerdoti, suore, operatori e dai tantissimi volontari, spesso il vero motore dei progetti realizzati”.
La campagna, ideata per l’agenzia Another Place da Stefano Maria Palombi che firma anche la regia, sarà pianificata su tv, con spot da 30” e 15”, web, radio, stampa e affissione. Le foto sono di Francesco Zizola.

Sul web e sui social sono previste campagne “ad hoc” per raccontare una Chiesa in prima linea, sempre al servizio del Paese, che si prende cura degli anziani soli, dei giovani in difficoltà, delle famiglie colpite dalla pandemia e dalla crisi economica a cui è necessario restituire speranza e risorse per ripartire.


Su www.8xmille.it sono disponibili anche i filmati di approfondimento sulle singole opere mentre un’intera sezione è dedicata al rendiconto storico della ripartizione 8xmille a livello nazionale e diocesano. Nell’area “Firmo perché” sono raccolte le testimonianze dei contribuenti sul perché di una scelta consapevole. Non manca la Mappa 8xmille che geolocalizza e documenta con trasparenza quasi 20mila interventi già realizzati.
Sono oltre 8.000 i progetti che, ogni anno, si concretizzano in Italia e nei Paesi più poveri del mondo, secondo tre direttrici fondamentali di spesa: culto e pastorale, sostentamento dei sacerdoti diocesani, carità in Italia e nel Terzo mondo.
La Chiesa chiede ai fedeli ed ai contribuenti italiani di riconfermare con la destinazione dell’8xmille la fiducia e il sostegno alla sua missione per continuare ad assicurare conforto, assistenza e carità grazie ad una firma che si traduce in servizio al prossimo.

Per informazioni e aggiornamenti:

https://www.8xmille.it/
https://www.facebook.com/8xmille.it
https://twitter.com/8xmilleit
https://www.youtube.com/8xmille

https://www.instagram.com/8xmilleit/

Uniti nel dono: la storia di don Mario Fontanelli

Un grazie per il dono dei sacerdoti in mezzo a noi, questo il significato profondo delle offerte deducibili. I nostri preti infatti sono ogni giorno al nostro fianco ma anche noi possiamo far sentire loro la nostra vicinanza.

Una partecipazione che ci rende “Uniti nel dono”: questo il messaggio al centro della nuova campagna #DONAREVALEQUANTOFARE della Conferenza Episcopale Italiana che intende sensibilizzare i fedeli alla corresponsabilità economica verso la missione dei sacerdoti e si sofferma sul valore della donazione, un gesto concreto nei confronti della propria comunità.

A supporto della nuova campagna anche la pagina www.unitineldono.it/donarevalequantofare collegata al nuovo sito in cui oltre alle informazioni pratiche sulle donazioni, si possono scoprire le esperienze di numerose comunità che, da nord a sud, fanno la differenza per tanti.

L’opera dei sacerdoti è infatti resa possibile anche grazie alle Offerte per i sacerdoti, diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, perché espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani. Dal proprio parroco al più lontano.  Ogni fedele è chiamato a parteciparvi. L’Offerta è nata come strumento per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della ‘Chiesa-comunione’ delineata dal Concilio Vaticano II.

Le donazioni vanno ad integrare la quota destinata alla remunerazione del parroco proveniente dalla raccolta dell’obolo in chiesa. Ogni curato infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario.

Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e 3.000 sacerdoti, ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio agli altri e del Vangelo.

L’importo complessivo delle offerte nel 2020 si è attestato sopra gli 8,7 milioni di euro rispetto ai 7,8 milioni del 2019. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.

 

Cristina, Vincenzo e una parrocchia di Fidenza in prima linea nella lotta contro la droga dalla fine degli anni ‘70 fino ad oggi

nel racconto di un sacerdote, don Mario Fontanelli, anche lui coinvolto nell’iniziativa

 

Quella che presentiamo nel testo che segue è la storia di don Mario Fontanelli, 74 anni, sacerdote della Diocesi di Fidenza, così come lui ha voluto che fosse raccontata: una semplice testimonianza di vita rischiarata sempre –anche nelle molte prove- dalla luce del Signore. Nessun desiderio di apparire né tanto meno di proporsi come modello esemplare, ma solo la conferma che “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome”: il cantico del Magnificat che riecheggia in noi quando –come Maria- ci mettiamo umilmente in ascolto di Dio e della sua Parola.

Attualmente don Mario è parroco della chiesa di s. Maria Annunziata (e di altre due parrocchie), direttore del settimanale diocesano “Il Risveglio”, delegato per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso nonché canonico del Capitolo della Cattedrale.

Una data ha segnato una svolta nella vita di don Mario, che da quel momento non è stata più la stessa. Era il 25 giugno 1988: a quell’epoca aveva 42 anni e abitava a Bologna dove faceva il giornalista. Era passata da poco la mezzanotte quando il telefono squilla nel suo appartamento. Dall’altro capo del filo la voce inconfondibile di don Enrico Tincati, parroco e suo direttore spirituale: “Vieni subito, tua sorella sta male!”. Tornato a Fidenza, trova alla stazione il cognato Vincenzo che lo aspetta in lacrime: “Cristina non c’è più”. La sorella di don Mario era morta la sera prima in un incidente stradale: aveva 27 anni. Un dolore grande e una ferita profonda che non si rimargineranno facilmente. Seguono sei mesi di tormenti e di sensi di colpa per un rapporto affettivo coltivato a distanza e incapace di riconoscere il senso profetico di una scelta che più tardi avrebbe segnato anche lui.

Nel 1978 Cristina si era iscritta all’Università di Parma e frequentava il corso di laurea in Lingua e Letteratura russa, ma la tormentava il pensiero che l'altro fratello, Renzo, frequentasse il “giro” della droga. Quando lei e don Mario lo mettevano alle strette lui si scherniva dicendo che erano “solo le canne”, anche se sapeva bene che le sue bugie avevano le gambe corte. Il tempo passava e lui non accennava a cambiare, sicuro com’era che polizia e carabinieri non l’avrebbero mai “beccato”. Anni difficili: il flagello della droga si diffondeva dalle grandi città alle periferie e anche a Fidenza cominciò a mietere le prime vittime. Non si poteva stare a guardare.

Spiega don Mario: “Negli anni ‘70 don Enrico Tincati, parroco di S. Maria Annunziata, aveva coinvolto la parrocchia nella costruzione di un progetto educativo per la prevenzione della droga. In parrocchia si erano svolti molti incontri per approfondire il problema sulla base del ‘Progetto uomo’ di don Mario Picchi e dei corsi di formazione promossi dal Centro Nazionale del Volontariato a Lucca. Quando don Enrico chiese se c’era qualcuno intenzionato ad approfondire l’argomento delle dipendenze, si alzarono le mani di Cristina e del suo fidanzato Vincenzo. Era il segnale che attendeva: un impegno concreto a favore dell’uomo come parte integrante della propria giornata. Non un riempitivo (lo faccio se ho tempo, se ho voglia, se non sono stanco, se non ho altro da fare …), ma essere segno della Chiesa di Cristo che vive dove scorre il fiume della vita: il mondo del lavoro, il mondo dei giovani, il mondo della donna. E sempre in ascolto, soprattutto degli ultimi.

Cristina e il fidanzato Vincenzo vi partecipano attivamente e coinvolgono altre persone, giovani e adulti.

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(Cristina e Vincenzo il giorno del loro matrimonio)

Il 7 dicembre 1981 la comunità parrocchiale di s. Maria Annunziata esce allo scoperto e promuove un incontro al teatro Magnani, stipato fino all’inverosimile, sul tema: “Un’esperienza di liberazione dalla droga raccontata da due protagonisti”. Grazie a questa iniziativa (e a quelle che seguiranno) la città, insieme alle sue istituzioni, è chiamata a prendere coscienza del fenomeno-droga e del quadro che lo caratterizza, mettendo via via da parte pregiudizi e luoghi comuni dove il “drogato” viene visto come una sorta di appestato da emarginare perché “irrecuperabile” a livello individuale e ”pericoloso” socialmente. No! Siamo prima di tutto davanti a persone con il loro carico di problemi e di sofferenze, all’interno di quell’area vasta chiamata “disagio giovanile”, che come cristiani abbiamo il compito di riconoscere prima di avviare con loro (e con la famiglia di provenienza) una relazione di aiuto all’interno di un cammino di recupero e di rigenerazione. Non solo per liberarli dalla schiavitù della droga (e di altre dipendenze), ma soprattutto per costruire “l’uomo nuovo” e motivare le sue scelte di vita futura secondo un progetto ben preciso che prevede varie tappe.

Manca però un luogo operativo che faccia da punto di riferimento per portare avanti il progetto iniziale e a questo punto è decisivo l’intervento di mons. Mario Zanchin, allora vescovo di Fidenza, nel mettere a disposizione della parrocchia e del volontariato un podere da tempo abbandonato”.

Ma il Vescovo volle che anche la Diocesi si sentisse coinvolta nel progetto, e nel documento finale del XIII Sinodo locale (1987) fece inserire l’art. 152 dove l’iniziativa viene definita “promettente e bisognosa di essere seguita con amore” sollecitando nello stesso tempo “altre case famiglia a rendersi disponibili per accogliere giovani in difficoltà, ma disponibili a farsi aiutare”. La risposta del volontariato in quegli anni fu straordinaria: la speranza cristiana si incarnava in un Vangelo, fatto non di parole astratte ma reso presente e vivo a stretto contatto con la quotidianità. Evangelizzazione e promozione umana, diventavano in concreto una cosa sola. 

22 ottobre 1983: nel giorno del loro matrimonio Cristina e Vincenzo vanno a vivere in quella che poi diventerà la comunità terapeutica “Casa di Lodesana”. Anni difficili, e non solo per la mancanza di mezzi economici, ma perchè l’accoglienza non si improvvisa.

Ma nulla è impossibile a Dio, e così anche il futuro don Mario viene coinvolto nell’iniziativa.

Martina Pacini

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(Casa di Lodesana, oggi)

L'avvio del cammino sinodale in Diocesi

Domenica 10 ottobre Papa Francesco ha dato il via a Roma al cammino sinodale che impegnerà la Chiesa italiana nel quinquennio 2021-2025. Si inizierà con il biennio dedicato all’ascolto (2021-2023), favorendo la consultazione del popolo di Dio nelle varie diocesi e valorizzando il contributo di tutti. Seguirà “una fase sapienziale" nella quale si leggerà in profondità quanto emergerà dalle consultazioni capillari (2023-2024). Infine un momento assembleare nel 2025 dove saranno indicati “alcuni orientamenti” profetici da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio.

Perché un cammino sinodale? Don Marek Jaszczak, vicario episcopale per la Pastorale, citando le conclusioni dell’assemblea CEI svoltasi dal 27 al 29 maggio scorsi, individua due motivi:

  • Il primo e che in questo tempo difficile, segnato dalla pandemia, occorre mettersi in ascolto e fare discernimento della vita personale e comunitaria scorgendo i segni del bene e della rinascita. I vescovi, nell’invito a reagire a comportamenti segnati dalla paura e dalla rassegnazione, indicano alcuni punti cruciali per rilanciare l’azione pastorale: la centralità della Parola di Dio con la proposta della lectio divina e della meditazione personale quale nutrimento per la vita spirituale; la formazione di una coscienza cristiana attenta agli eventi del mondo; il recupero dell’aspetto escatologico della fede nell’aldilà e nella speranza oltre la morte; la catechesi secondo modalità e luoghi che superino il modello scolastico; l’accompagnamento di ragazzi e adolescenti nei passaggi della vita; la necessità di un’alleanza familiare aperta alla scuola e alla comunità; l’urgenza di una nuova stagione di solidarietà e di carità per venire incontro ai nuovi bisogni sia materiale e spirituali; l’impegno civile attraverso i corpi intermedi della società; la pratica di una cittadinanza attiva e di un servizio alla politica in linea con la ripresa auspicata.
  • Il secondo motivo è l’esigenza di un nuovo stile, di una cambiamento del metodo: da un modello pastorale dove le Chiese erano chiamate a recepire gli orientamenti CEI a un modello ecclesiale dove l’agire pastorale si costruisce a partire dal basso e in ascolto nel territorio.

Che cos’è il cammino sinodale?

Partendo dal desiderio di Papa Francesco, la Chiesa italiana “cominciando dal basso” vuole porsi nell’atteggiamento dell’ascolto. Cammino sinodale è dunque una consultazione capillare e uno stile di ascolto e di dialogo corresponsabile.

Quando inizierà il cammino sinodale?

Il 10 ottobre 2021 il Papa ha avviato solennemente il cammino sinodale a Roma.
Il 17 ottobre 2021 il nostro Vescovo, mons. Ovidio Vezzoli, celebrerà la Santa Messa di inzio del cammino sinodale alle ore 18 in Cattedrale. Lo stesso giorno ogni parroco darà inizio al cammino nella propria parrocchia con la Santa Messa domenicale o in una celebrazione ad hoc seguendo le indicazioni già fornite. Se per esigenze pastorali non fosse possibile celebrere l’apertura del cammino sinodale nella data indicata, la si posticipi, ma non oltre il 21 novembre.

Calendario del cammino Sinodale

I FASE : NARRATIVA
2021/2022: ascolto e consultazione del popolo di Dio nelle Diocesi. 2022/2023: discernimento a livello locale.

II FASE : SAPIENZIALE
2023/2024: si riunirà il sinodo dei vescovi per riflettere sul materiale raccolto.

III FASE : PROFETICA
Questa fase culminerà nel Giubileo del 2025 con una proposta per tutta la Chiesa frutto del lavoro portato avanti negli anni precedenti.

Chi sarà coinvolto?

Ci è chiesto di costituire gruppi sinodali su tutto il territorio. Sarà opportuno partire da realtà già esistenti: consigli pastorali, gruppi di famiglie, gruppi di giovani e adolescenti. Il lavoro però, dovrà anche coinvolgere realtà al di fuori delle strutture parrocchiali: si svolgerà anche nei quartieri, nei condomini, nelle case, nei centri d’ascolto e ovunque sia possibile incontrare e ascoltare la gente. Questo metodo richiede che sia scelto un moderatore (non necessariamente un sacerdote) e un segretario per ogni gruppo. Alla fine di ogni incontro sarà redatta una pagina di resoconto.

Quali saranno gli argomenti e temi su cui ci si confronterà?

Gli interrogativi fondamentali proposti saranno:

Una Chiesa sinodale annunciando il Vangelo cammina insieme: Come questo camminare insieme si realizza oggi nella nostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro camminare insieme?”.

Questo interrogativo fondamentale si esplicita attraverso 10 nuclei tematici da approfondire liberamente. Eccoli di seguito:

1) Compagni di viaggio

Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco. Nella nostra comunità parrocchiale o comunità pastorale chi sono coloro che “camminano insieme”? Quando diciamo “la nostra parrocchia”, “la nostra comunità” chi ne fa parte? Chi ci chiede di camminare insieme? Con chi siamo disposti a farlo? Ci è stato chiesto in questi anni di ‘uscire’, verso chi abbiamo compiuto passi significativi al riguardo? Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale? Quali persone o gruppi sono lasciati ai margini, espressamente o di fatto?

2) Ascoltare

L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi. Verso chi la nostra comunità è “in debito di ascolto”? Come vengono ascoltati i laici, in particolare giovani e donne? Come integriamo il contributo di consacrate e consacrati? Che spazio ha la voce delle minoranze, degli scartati e degli esclusi? Come riusciamo ad ascoltare le persone che hanno una storia di migrazione? Come riusciamo ad ascoltare chi si sente ai margini perché vive situazioni familiari difficili? Come riusciamo ad ascoltare chi ha un credo religioso diverso dal nostro? Riusciamo a identificare pregiudizi e stereotipi che ostacolano il nostro ascolto? Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui viviamo? Come vengono ascoltati quanti sono impegnati a diverso livello nel mondo della cultura, dell’educazione, dell’economia, della politica, quanti lavorano per la costruzione di un mondo più giusto? Quanto riusciamo a farci provocare dalle istanze che emergono da tale contesto? Che cosa ha da dire al nostro modo di essere Chiesa? Quanto le nostre comunità sanno stare tra la gente, sostenere ed accogliere la storia dei luoghi dove il Signore ci chiama ad annunciare il Vangelo?

3) Prendere la parola

Tutti sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità. Come promuoviamo all’interno della comunità e dei suoi organismi uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi? E nei confronti della società di cui facciamo parte? Come funziona il consiglio pastorale parrocchiale? Come sappiamo essere fermento di consapevolezza e di speranza nei nostri paesi e nelle nostre città? Quanto e come riusciamo a dire quello che ci sta a cuore in ordine alle questioni della vita del territorio che condividiamo con tutti? Quanto e come le nostre comunità riescono ad essere aperte sul mondo? Come funziona il rapporto con il sistema dei media (non solo quelli cattolici)? Chi parla a nome della comunità cristiana e come viene scelto?

4) Celebrare

“Camminare insieme” è possibile solo se si fonda sull’ascolto comunitario della Parola e sulla celebrazione dell’Eucaristia. In che modo la preghiera e la celebrazione, liturgia, ispirano e orientano effettivamente il nostro camminare insieme come comunità e il nostro camminare insieme con tutti? Come la preghiera e la liturgia ispirano le decisioni più importanti nella vita della comunità, gli atteggiamenti e le iniziative di più ampia condivisione? Come promuoviamo uno stile di ascolto della Parola di Dio nella vita quotidiana delle persone? Come sappiamo illuminare gli eventi e le situazioni della storia e della vita comune nel riferimento alla Parola? Come promuoviamo la partecipazione attiva di tutti i fedeli alla liturgia? Quanto riusciamo a rendere le nostre liturgie limpida celebrazione dell’azione trasformatrice della grazia? Quanto sappiamo accogliere in esse la vita del mondo? Ci preoccupiamo di annunciare la Parola in maniera nitida? Quale spazio viene dato all’esercizio dei ministeri del lettorato e dell’accolitato? Sappiamo far sentire chiunque atteso e pienamente accolto? Che cosa ci ha insegnato il tempo della pandemia sulla vita liturgica della nostra comunità?

5) Corresponsabili nella missione

La sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare. Poiché siamo tutti discepoli missionari, in che modo ogni battezzato è convocato per essere protagonista della missione? Quale riteniamo sia la missione specifica della Chiesa? Come vengono valorizzate e come si potrebbero valorizzare le aggregazioni laicali (associazioni e movimenti) nell’ annuncio del Vangelo e per un dialogo più aperto con il territorio e con le persone che in esso vivono? La catechesi è esercitata in una logica di corresponsabilità? Come la vita di carità, le iniziative di solidarietà, sono vissute quale elemento costitutivo della missione della Chiesa? Come la comunità parrocchiale si prende a cuore la formazione iniziale dei presbiteri? Come la comunità sostiene i propri fedeli impegnati in un servizio nella società (nell’impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento, nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e nella cura della casa comune, ecc.)? Come li aiuta a vivere questi impegni in una logica di missione? Quanto è in grado di ascoltarne l’apporto? Come avviene il discernimento sulle scelte relative alla missione e chi vi partecipa? Come nella costruzione del Regno di Dio possono contribuire anche quanti non si riconoscono come credenti e come riteniamo di poter tessere reti di collaborazione e di scambio? Come è assunto il progetto pastorale diocesano e come è vissuto il rapporto con gli uffici pastorali diocesani? Come sono state integrate e adattate le diverse tradizioni in materia di stile sinodale che costituiscono il patrimonio di molte Chiese, in particolare quelle Orientali, in vista di una efficace testimonianza cristiana? Come funziona la collaborazione nei territori dove sono presenti Chiese sui iuris diverse?

6) Dialogare nella Chiesa e nella società

ll dialogo è un cammino di perseveranza, che comprende anche silenzi e sofferenze, ma capace di raccogliere l’esperienza delle persone e dei popoli. Quali sono i luoghi e le modalità di dialogo all’interno della nostra parrocchia? Come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti, le difficoltà? Come promuoviamo la collaborazione con parrocchie vicine, con gli uffici diocesani, tra le comunità religiose presenti sul territorio, con il livello diocesano delle associazioni e movimenti laicali, ecc.? Come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura, la società civile, i poveri...? Sappiamo della presenza sul territorio di comunità di differente tradizione religiosa? E quanto ce ne occupiamo? Quali relazioni possiamo costruire? Quali esperienze di dialogo e di impegno condiviso portiamo avanti con credenti di altre religioni e con chi non crede?

7) Con le Chiese e comunità separate

ll dialogo tra cristiani di diversa confessione, uniti da un solo battesimo, ha un posto particolare nel cammino sinodale. Conosciamo le comunità cristiane presenti sul territorio? Quali rapporti intratteniamo con i fratelli separati? Quali ambiti riguardano? Quali frutti abbiamo tratto da questo “camminare insieme”? Quali le difficoltà?

8) Autorità e partecipazione

Una Chiesa sinodale è una Chiesa partecipativa e corresponsabile. Come si identificano in parrocchia gli obiettivi da perseguire, la strada per raggiungerli e i passi da compiere in ordine alla catechesi e alla formazione, alla vita liturgica, alla carità? Quale ruolo viene dato al Consiglio pastorale parrocchiale? Quale attenzione è data alla valutazione di quanto svolto? Come viene esercitata l’autorità all’interno della parrocchia? Quali sono le pratiche di lavoro in équipe e di corresponsabilità? Come si promuovono i ministeri laicali e l’assunzione di responsabilità da parte dei fedeli? Che cosa ci ha insegnato il tempo della pandemia al riguardo della collaborazione e corresponsabilità nella progettazione della vita pastorale? Come funzionano gli organismi di sinodalità a livello della Chiesa particolare? Sono una esperienza feconda?

9) Discernere e decidere

In uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un consenso che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito. Con quali procedure e con quali metodi discerniamo insieme e prendiamo decisioni all’interno della parrocchia? Come promoviamo la partecipazione alle decisioni in seno a comunità gerarchicamente strutturate? Quale metodo di lavoro hanno i nostri organismi di partecipazione? Come possiamo migliorare queste modalità sia in ordine alla gestione dell’incontro, sia in ordine al confronto e alla presa di decisione? Quale attenzione è data alla trasparenza dei processi decisionali e alle decisioni prese sia a livello parrocchiale, sia a livello diocesano?

10) Formarsi alla sinodalità

La spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare principio educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie e delle comunità. Come formiamo le persone, in particolare i presbiteri e le altre figure che rivestono ruoli di responsabilità all’interno della comunità cristiana, per renderle più capaci di “camminare insieme”, ascoltarsi a vicenda e dialogare? Che formazione offriamo al discernimento e all’esercizio dell’autorità? Quali strumenti ci aiutano a leggere le dinamiche della cultura in cui siamo immersi e il loro impatto sul nostro stile di Chiesa? Come la parrocchia valorizza l’esperienza e l’apporto delle aggregazioni laicali? Quale uso degli strumenti messi a disposizione dagli Uffici pastorali diocesani e nazionali?

"Eucaristia: missione della Chiesa". Questo il titolo della Lettera Pastorale 2021-2022

E' già stata presentata al clero diocesano, e nei prossimi mesi sarà presentata anche a tutte le parrocchie e alle realtà del territorio, la Lettera Pastorale 2021-2022 del Vescovo Ovidio, dal titolo "Eucaristia: missione della Chiesa".

Anche quest'anno le copie cartacee della Lettera sono gratuite (fino ad esaurimento) e i fedeli possono averne una copia telefonando in Segreteria Vescovile (al numero 0524.512600) o rivolgendosi al proprio parroco.

Qui di seguito il link al quale è possibile visionare, scaricare e stampare la Lettera Pastorale in formato pdf.

"Ricominciare dall'Evangelo" - Lettera pastorale 2020-21 del Vescovo Ovidio

E' possibile leggere e scaricare qui la lettera pastorale 2020-2021 del Vescovo Ovidio dal titolo "Ricominciare dall'Evangelo". E' possibile rivolgersi al proprio parroco per avere una copia cartacea della lettera.

"Un progetto nitido e sapiente: rinnovare e rilanciare la vita e la missione della Chiesa di Fidenza sul modello della Chiesa degli Apostoli. Questo l’intento dichiarato da mons. Vezzoli nel consegnare alla Diocesi la sua Lettera pastorale 2020-21 dal titolo: “Ricominciare dall’Evangelo” in evidente continuità con quanto veniva indicato nella precedente Lettera pastorale 2018-20 “Unum est necessarium”. L’unica vera necessità – vi si diceva – è accogliere con accorto discernimento il segno per eccellenza, il Signore Gesù, compimento di ogni attesa. Si tratta ora di precisare meglio il fondamento e delineare le strutture portanti dell’edificio che si intende costruire o “ritrovare” per un’autentica “riforma della Chiesa”.

Come la Chiesa stessa ha appreso da Papa Giovanni XXIII e ha sperimentato nello spirito genuino del Concilio Vaticano II, si tratta di risalire alle origini, alle “fonti”, affinché “aggiornarsi” non significhi deviare sbagliando la strada.

“Ricominciare” dunque dall’Evangelo, dalla Persona umana e divina di Gesù Cristo, Parola di Dio fatta carne, morto e risorto, vivente nella Chiesa, operante nei sacramenti che danno salvezza e fanno crescere la comunità nuova dei figli di Dio, perennemente in missione nel mondo per annunciare e testimoniare una fraternità vera, per la civiltà dell’Amore. Punto di riferimento indicato dal Vescovo è il testo tratto dagli Atti degli Apostoli (2,42) con la rappresentazione delle quattro colonne fondamentali, sostegno della Chiesa di Gerusalemme, di quella di oggi e di sempre. Rivisitando questo edificio a quattro colonne incominciamo – quest’anno – dalla prima colonna: la Parola. L’anno prossimo sarà la volta della seconda: l’Eucarestia. L’anno seguente sosteremo sulla Preghiera, terza colonna. E infine sulla Fraternità ecclesiale, la quarta colonna. Tutto questo con l’aiuto di Dio.

Dal punto di vista redazionale, la Lettera pastorale presenta cinque capitoli: l’essenza della vita ecclesiale; la Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa; la missione evangelizzatrice del discepolo; la missione: compito costitutivo della Chiesa; la Chiesa, comunità di chiamati per la missione. Al termine di ogni capitolo vengono offerti suggerimenti utili per il discernimento, il confronto, la preghiera. Il cap. VI è costituito da indicazioni pastorali per un cammino di comunione. A conclusione della Lettera il Vescovo riporta una parola illuminante di Dietrich Bonhoeffer sul significato e sulla necessità del silenzio, atto a favorire il clima spirituale dell’ascolto. Anche il sacerdote e poeta Clemente Rebora in un celebre verso racconterà così l’evento decisivo della sua conversione: “E la Parola zittì chiacchiere mie”. (don Tarcisio Frontini)

 

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