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Martina Pacini

Appuntamenti di Natale

Di seguito gli appuntamenti di Natale in Cattedrale a Fidenza

Giovedì 24 dicembre: alle ore 18 il Vescovo Ovidio presiederà la s. Messa della Vigilia di Natale;

Venerdì 25 dicembre: alle ore 11 il Vescovo Ovidio presiederà il Pontificale;

Sabato 26 dicembre: alle ore 11 il Vescovo Ovidio presiederà la s. Messa;

Giovedì 31 dicembre: alle ore 17 il Vescovo Ovidio presiederà il Te Deum, in ringraziamento per l'anno trascorso;

Mercoledì 6 gennaio: alle ore 18 il Vescovo Ovidio presiederà la celebrazione eucaristica;

Il Pontificale del 1 gennaio avrà invece luogo alle ore 11.15 presso la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo in Fidenza, Santuario della Gran Madre di Dio.

 

Natale del Signore, il messaggio del Vescovo Ovidio

Natale del Signore 2020

L’Emmanuele, il Dio-con-noi: la solitudine vinta dalla comunione

Il Natale del Signore 2020 ci incontra e ci interpella in questo tempo difficile, segnato dalla prova e dalla fatica del vivere per tutti. Eppure, nella prospettiva cristiana è sempre un tempo di grazia perché è il mistero della incarnazione del Signore, che ha preso su di sé tutto l’umano con le sue fragilità e la sua miseria. Ciò è avvenuto perché l’umanità potesse avere speranza di comunione in pienezza con il Signore della vita. Un aspetto particolare che tutti sperimentiamo è costituito dalla “distanza” che caratterizza le relazioni umane. Ma, l'intensità di un rapporto di amore e di fraternità autentica non è mai proporzionale alla frequenza delle relazioni. La vera prossimità, che supera ogni distanza, parla il linguaggio della tenerezza, dell’umiltà; di esse parola e lo sguardo sono espressioni senza ipocrisia. Di fatto, la situazione che stiamo sperimentando costringe ad interrogarci, senza alcuna delega, su cosa è veramente necessario. Perché vivo? Dove vado? Che ne è della vita dopo la morte? Sono interrogativi ineludibili, che l’esperienza attuale rende ancora di più pressanti. Ha affermato con sapienza Papa Francesco: "Peggio di questa crisi c'è solo il dramma di sprecarla chiudendoci in noi stessi". Ciò che rende il Natale un tempo di grazia non é lo scambio di doni inutili, né gli auguri che suonano come stereotipe parole patetiche e ovvie. Il Natale è sempre un oggi particolare perché è il Natale del Signore; la Parola eterna di Dio si fa uno di noi in Gesù di Nazareth. Da questo momento non siamo più soli; l'Emmanuele, il Dio-con-noi è nostro compagno di viaggio in umanità, indicandoci la strada che porta alla pienezza di comunione con il Padre. Dio, nel suo Figlio Gesù è entrato nella nostra solitudine, ha preso su di sé tutte le nostre fatiche e contraddizioni, le nostre paure e i nostri perché, aprendoci ad una speranza più grande, che nessuna tribolazione può soffocare.

L’immagine della notte descrive con sapienza la situazione in cui siamo; misconoscere questa evidenza sarebbe una grave stoltezza. Eppure, anche nella notte, i discepoli del Signore, mediante la luce della sua Parola sono sentinelle vigilanti che annunciano con la vita il loro essere protesi verso il giorno. Gesù in Gv 8,12 ha promesso: «Chi segue me non camminerà nella tenebra, ma avrà la luce della vita». Vigilare nella notte significa credere che, comunque, questo è tempo di grazia perché è tempo di Dio. La notte ci ammonisce che c'è una dimensione dell'eterno che dobbiamo riscoprire. In tal senso, il Natale del Signore è luce che brilla nella nostra tenebra. È quella stessa luce che ha guidato i pastori, che nella notte, come narra l'evangelo di Luca, vegliavano sul gregge e li ha condotti verso la grotta rifugio in cui hanno trovato il neonato Gesù deposto in una mangiatoia. È la stessa luce che ha guidato i Magi sapienti che, al seguito della stella scoperta in Oriente, dopo lunga e faticosa ricerca, hanno trovato la consolazione e la speranza dell’umanità. È quella stessa luce di Pasqua che brilla nella notte del sepolcro e fa trionfare la vita sulla morte. Il profeta Zaccaria ci ricorda che siamo “prigionieri della speranza” (Zc 9,12) e non della paura né dell’angoscia che paralizza. Sì, oggi più che un tempo è necessario alzare lo sguardo dalle nostre miopie verso il cielo, ma non per rimuovere le paure, non per fuggire in modo irresponsabile dalla storia, ma per intravvedere e indicare una speranza più grande della nostra pochezza. La luce dell’evangelo del Natale del Signore illumina la grotta interiore del nostro cuore; ci invita a rialzarci e a ricominciare tenendo ben fisso lo sguardo su Gesù, fondamento di una speranza che non delude.

Non è degli auguri fatti di parole vuote ciò di cui abbiamo bisogno, bensì della benedizione del Signore sulle nostre povere vite: mediante la misericordia di Dio, la comunità cristiana possa camminare nella fedeltà agli impegni responsabilmente assunti. La Chiesa, memore dell’evento di grazia che l’ha visitata diventi prossima verso i più deboli, chinandosi sulle sofferenze dell’umanità. Senza disattendere la verità e la giustizia, la compassione e la condivisione, ogni uomo e ogni donna si sentano amati dal Signore e non si stanchino di camminare nella ricerca dell’Unico necessario.

+ Ovidio Vezzoli, vescovo di Fidenza

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In Cattedrale la luce della pace di Betlemme

“Chi crede nella pace supera ogni ostacolo per incontrare l’altro”.
Nella Chiesa della Natività in Betlemme c’è una lampada a olio che arde perennemente da lungo tempo, probabilmente già pochi secoli dopo la venuta di Cristo. Questa chiesa è stata costruita su quella che si ritiene essere stata la grotta o la stalla in cui nacque Gesù. Nel Natale 1993, in occasione di uno scambio internazionale, uno scout austriaco ha portato la Luce della Pace di Betlemme alle associazioni scout di Trieste che, in omaggio al messaggio di fratellanza, hanno aderito con entusiasmo portando avanti questa esperienza. Così quasi tutte le regioni d’Italia vengono toccate dalla staffetta della luce che parte da Betlemme. Quest’anno il Comitato Italiano ha cercato fino all’ultimo di trovare strade possibili per distribuire in sicurezza la Luce della Pace da Betlemme anche nel 2020, ma il diffondersi della pandemia e l’aggravarsi della situazione sanitaria hanno costretto gli organizzatori a fare un passo indietro. Sicuramente la fiammella è un segno bello e importante, ma se non è possibile averlo cerchiamo e sperimentiamo un modo nuovo di essere uniti. Così insieme al Vescovo Ovidio si è pensato di vivere ugualmente un momento di preghiera per la pace e per la fratellanza in ascolto della Parola e di alcuni brani dell’enciclica di Papa Francesco Omnes Fratres. Sabato 19 dicembre alle ore 19.30 in diretta streaming dalla Cattedrale (al seguente link: https://www.youtube.com/channel/UCXWnmb0TLVspz0PFxl_GeKA/videos) si potrà’ seguire anche da casa la veglia accendendo simbolicamente un lume in famiglia. Come l’anno scorso saranno presenti oltre ai rappresentanti dei movimenti e associazioni della diocesi (Caritas, Azione Cattolica, Fede e Luce, Pax Christi, Foulard Blanc, Neocatecumenali e Agesci), anche alcuni rappresentanti delle Chiese del nostro territorio: la comunità ortodossa che fa capo al patriarcato di Mosca, la Chiesa katzaka, la comunità ortodossa di rito copto che fa capo al patriarcato di Addis Abeba e un gruppo di ecuadoregni. Tutti porteranno la loro testimonianza.

Una Chiesa in cammino: la Diocesi rinnova il gemellaggio con Karaganda

Sono trascorsi ormai sette anni dall’annuncio di una missione della Diocesi di Fidenza in Kazakhstan, grazie alla disponibilità manifestata dal sacerdote “fidei donum” don Pierluigi Callegari. Una missione –oggi lo possiamo affermare con certezza- del valore profetico oltre che di grande significato pastorale, in continuità con l’esperienza missionaria compiuta negli anni ’60 in Venezuela da alcuni consacrati e laici provenienti dai nostri territori. Quella sera alla presenza dell'allora Vescovo, mons. Carlo Mazza –era il 25 febbraio 2014- la chiesa eucaristica di s. Pietro Apostolo era gremita di fedeli, desiderosi di ascoltare la testimonianza di don Pierluigi e di sapere qualche notizia in più a proposito del Kazakhstan, una delle 15 ex-repubbliche socialiste sovietiche che, dopo il crollo del comunismo, aveva riconfermato alla guida del Paese il vecchio presidente Nursultan Nazarbayev. Nel suo intervento introduttivo don Edo Canetta, venuto appositamente da Milano, aveva parlato di “fermenti religiosi” di cui si avvertiva la presenza all’interno della popolazione locale, anche se prevalentemente orientati verso il culto ortodosso. Da notare anche una presenza italiana rilevante a livello civile con l’arrivo di Eni e Saipem, che aveva portato nel Paese dirigenti, tecnici e operai alle dipendenze delle due società petrolifere. Nelle parole di don Pierluigi era emerso il forte desiderio di annunciare il Vangelo “nelle periferie del mondo” e di farlo nei luoghi dove la dittatura comunista aveva cercato con tutti i mezzi di chiudere ogni spazio a qualunque manifestazione di sentimento religioso senza tuttavia riuscire a spegnerlo. In quell’occasione si era fatto anche cenno all’esperienza missionaria compiuta qualche tempo prima da don Ubaldo Orlandelli a Novosibirsk in Siberia (poi tornato in Italia è attualmente operante a Vigevano come volontario nel settore socio-sanitario). Nel 2013, con la pubblicazione dell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, Papa Francesco prendeva spunto dalle ultime parole pronunciate da Gesù ai suoi dal chiaro senso missionario (cfr. Mt 28, 19-20) per affermare: “Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide della missione evangelizzatrice della Chiesa: tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale cammino il Signore gli chiede per uscire dalla propria comunità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie bisognose di ricevere la luce del Vangelo”. (E 6 n. 20). Destinato in un primo momento della piccola località di Atyrav, successivamente don Pierluigi è stato chiamato a svolgere il suo prezioso servizio pastorale a Karaganda, al fianco del Vescovo, mons. Adelio Dell’Oro. Proprio lui, in una calorosa testimonianza nella Cattedrale di Fidenza, aveva parlato “dell’insopprimibile desiderio di incontrare Gesù Cristo, presente in ogni uomo e in ogni tempo”. E aveva aggiunto: “In Kazakhstan questo desiderio si può toccare con mano a contatto con persone, giovani e meno giovani, grate alla Chiesa per aver fornito l’incontro che ha trasformato la loro vita”. E nell’estate dell’anno scorso una delegazione diocesana, composta da membri del Centro missionario e i guidati dal vescovo Ovidio, si è recata in Kazakhstan per conoscere più da vicino queste realtà e avere la conferma dei profondi cambiamenti in atto. E proprio il Vescovo Ovidio, in occasione dell’ultima veglia missionaria, ci ricordava che il primo missionario del Vangelo è stato proprio Gesù Cristo: è lui che invia i settantadue discepoli alla missione (cfr. Lc 10,1-11) per annunciare che il Regno dei cieli è vicino. Non in un futuro non lontano, ma “qui” ed “ora”. E sono parole che guidano la missione evangelizzatrice anche oggi, con le sue gioie pur segnate dalla fatica che viviamo nel tempo del coronavirus. Continuiamo dunque a sostenere la presenza della Diocesi in Kazakhstan nella preghiera incessante e nella carità operosa che vive concretamente nei tre progetti già avviati da tempo. Ad essi se ne è aggiunto di recente un altro: la nascita del centro educativo per ragazzi disabili. Un motivo in più perché in tutte le realtà ecclesiali della Diocesi le offerte raccolte domenica 13 dicembre rappresentino un segno concreto del gemellaggio che ci unisce nel medesimo cammino di fede.

I PROGETTI AVVIATI NEL TEMPO

Il Centro educativo per ragazzi disabili di Karaganda, inaugurato il 27 settembre scorso, è nato da un’idea di padre Yuriy, direttore della Caritas di Karaganda, che ha voluto avviare un’esperienza educativa a favore dei ragazzi e adolescenti, mettendo a disposizione una casa nel complesso della Caritas stessa. Da circa un mese sono iniziate le attività sostenute da un gruppo di amici, tra cui alcune insegnanti, di diversa provenienza etnica e religiosa. Lo scopo è quello di offrire la possibilità di una amicizia vera attraverso attività di aiuto allo studio e alle attività espressive (canto, danza, gioco, cucina, composizioni floreali, disegno, grafica, informatica, teatro di marionette, recitazione). L’attività più significativa si svolge ogni sabato mattina e coinvolge ormai diciotto ragazzi e ragazze disabili insieme ad alcuni ragazzi del quartiere, seguiti da adulti e da alcuni giovani universitari con alcuni ragazzi del gruppo dei “Cavalieri”. È un momento tanto desiderato e gioioso che coinvolge anche i genitori. Nonostante le restrizioni date dalla gravità della pandemia, si riesce a gustare il tepore di un luogo veramente accogliente che trova tutti coinvolti con un bisogno incolmabile, una domanda profonda e una gratitudine immensa.
Sostegno all’opera delle suore di Madre Teresa di Calcutta: le suore sono presenti da circa 15 anni nella città di Timertau, a Km 10 da Karaganda, un luogo molto provato: hanno una casa in cui ospitano 30 persone bisognose (sole, ammalate, invalide, povere). Accolgono settimanalmente 50 persone che vivono senza dimora, a cui offrono assistenza e un pasto caldo.
Sostegno allo studio per ragazzi meritevoli e bisognosi: il progetto si propone di favorire la frequentazione della scuola da parte dei ragazzi come prevenzione a situazioni di marginalità, analfabetismo e microcriminalità.
Sostegno alle vocazioni ed ai sacerdoti locali. I nove sacerdoti locali della diocesi di Karaganda non hanno alcun sostegno oltre l’offerta per le Sante Messe e un piccolo contributo della Santa Sede. Il Vescovo mons. Adelio Dell’Oro desidera dare un piccolo sostegno mensile per le necessità personali e per sostenere le vocazioni locali.

 

 

 

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