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"Nel crogiuolo della speranza": il messaggio del Vescovo per la Pasqua

Nel crogiuolo della speranza

 

«Di questa notte è stato scritto:

la notte splenderà come il giorno

e sarà fonte di luce per la mia delizia»

(Exultet)

Nella celebrazione della Veglia Pasquale, vertice del mistero della Pasqua del Signore, la Chiesa annuncia solennemente con l’Exultet la vittoria di Gesù Cristo sulla notte di ogni male, luce che splende nella tenebra dell’umanità. Riascoltare questo antico inno della Chiesa (VI secolo) significa essere ricondotti alle radici della fede cristiana al fine di rianimare il cammino dei credenti orientati dal mistero della morte e risurrezione del Signore, speranza viva che non delude (cfr. Rm 5,5).

Al cuore del canto del Preconio pasquale troviamo l’affermazione che riassume in modo illuminante il contenuto e il messaggio della Pasqua cristiana: «Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno e sarà fonte di luce per la mia delizia». Tentiamo di precisarne il significato mettendo in evidenza gli aspetti più decisivi che interpellano il nostro cammino di fede in questo tempo della storia in cui viviamo; infatti, non possiamo dimenticare che la Pasqua del Signore non è un fragile e nostalgico ricordo del passato, ma è l’evento fondamentale che interroga ancora oggi il senso del nostro cammino di vita, le nostre scelte, le nostre relazioni e il nostro sguardo sull’umanità con la quale condividiamo attese e speranze.

Ci chiediamo: dove sta scritto che “la notte splenderà come il giorno”? L’affermazione, così assoluta in sé stessa, appartiene al Salmo 139,12: «Nemmeno la tenebra per te è oscura, la notte è luminosa come il giorno, la tenebra per te è come la luce». L’orante del Salmo innalza davanti a Dio una confessione di fede in cui riconosce la sua stessa esistenza come un prodigio che lui stesso ha plasmato nel grembo di una madre e al quale ha affidato una responsabilità: cantare con la vita le misericordie del Signore e la sua compassione verso tutti. In questa preghiera il salmista dichiara che, per quanto le tenebre avvolgenti il mondo possano essere fitte, la presenza provvidente del Creatore penetra ogni notte rendendola luminosa nel suo splendore. Davanti a Dio, le tenebre da lui create, non sono in contrapposizione con la luce, anch’essa da lui formata; al contrario, notte e giorno, tenebre e luce costituiscono il primo atto della creazione di Dio e sono da lui dichiarate “buone e belle”, autentico ornamento di senso dell’universo (cfr. Gen 1,3-5). Pertanto, anche nella notte Dio è presente, perché davanti a lui non vi è oscurità o realtà che possa nascondere la sua gloriosa misericordia. La notte non è il luogo in cui Dio è assente; per lui e in lui essa è splendente come il giorno. Detto in altri termini: il Signore può trasformare la notte della prova in sorgente di benedizione; egli, infatti, è sempre oltre ogni notte e ogni luce. Riascoltando alcuni tratti della parola di Dio rivelata nella Sacra Scrittura possiamo intravvedere la profonda verità di questa affermazione. Nel libro dell’Esodo si sottolinea a più riprese che nella notte della schiavitù più profonda della storia di Israele, il Signore interviene come luce di liberazione conducendo il suo popolo, attraverso il deserto, alla terra della benedizione. Alla testa della sua comunità che procede nella notte, il Signore risplende davanti ad essa come colonna di fuoco che rischiara il cammino e come colonna di nube per l’orientamento durante il giorno (cfr. Es 13,21; Nm 14,14; Sap 18,3). Allo stesso modo il profeta Isaia annuncia un nuovo esodo per gli esiliati a Babilonia e riprende la medesima immagine indicando il tempo della speranza e della letizia: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1). Il libro dell’Apocalisse, dal canto suo, concludendo il messaggio di speranza e di promessa che il Risorto invia alla comunità che vive la notte della prova, annuncia: «Non ci sarà mai più la notte perché il Signore Dio illuminerà i suoi servi» (Ap 22,5).

Il riferimento biblico del Nuovo Testamento, che maggiormente ci aiuta a rileggere l’attualità sorprendente dell’affermazione contenuta nell’Exultet è indicato dall’evangelo di Marco e, in particolare, nel racconto della passione di Gesù di Nazareth: «Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Alle tre Gesù gridò con voce forte: “Eloì, Eloì, lamà sabactàni”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,33-34). Nella notte della prova suprema, al Getsemani prima e ora sulla croce, Gesù davanti al Padre consegna tutti gli interrogativi della storia, ai quali l’umanità stessa non è in grado di elaborare risposte soddisfacenti: perché il dolore degli innocenti? Perché la malattia e la finitudine dell’umano che conduce alla morte? A chi e a che cosa giova tanta sofferenza che gli uomini e le donne di ogni tempo sperimentano nella loro breve esistenza? Può Dio rimanere così lontano o indifferente davanti ai tanti Giobbe che gridano a lui e invocano giustizia e misericordia notte e giorno? Nella tenebra che avvolge il mondo nell’ora in cui, a mezzogiorno, il sole splende nella sua luminosa intensità, Gesù dall’alto della croce, rivolgendosi al Padre, dichiara che la notte più difficile non può oscurare la presenza di Dio compassionevole e misericordioso. La notte della croce, in Gesù il Figlio amato, diventa profezia e annuncio di luce, di vita, di speranza non sconfitta, di una umanità che in Gesù crocifisso trionfa nel mistero della sua risurrezione. Per questo Paolo ammonisce con decisione che «Se Cristo non è risorto, vana è la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede» (1Cor 15,14).

Questa è la letizia della Pasqua di risurrezione del Signore, buona notizia che attraversa insistentemente l’accelerato cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, con le sue luci e le sue ombre. Da credenti, non dimentichiamo che anche nella tenebra più profonda dell’umanità, il Padre si è abbassato nel Figlio Gesù Cristo liberandola dalla morte e illuminando la notte della storia attraversandola con la sua luce di risurrezione. In tal modo Gesù crocifisso e risorto dai morti ha rianimato il cammino di ogni uomo e di ogni donna che, da veri pellegrini di speranza, non si stancano di ricominciare nel suo nome tendendo verso quella fonte che è generatrice di luce per la delizia di quanti desiderano lasciarsi illuminare da essa.

Una antica invocazione della liturgia dei cristiani di Siria, di rito caldeo, ci disponga ad accogliere la luce nuova del mattino di Pasqua:

«Per il giorno che sorpasserà ogni mattino

santifichiamoci ora e qui

perché, ecco, Egli viene senza tardare

e sarà Lui a rialzarci».

+ Ovidio Vezzoli

Vescovo di Fidenza

Ultima modifica ilMercoledì, 16 Aprile 2025 12:48

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