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Il messaggio dei Vescovi per la festa dei lavoratori

Pubblichiamo il messaggio dei Vescovi per la festa dei lavoratori (1° maggio 2022) dal titolo: “«La vera ricchezza sono le persone». Dal dramma delle morti sul lavoro alla cultura della cura”.

Viviamo una stagione complessa, segnata ancora dagli effetti della pandemia e dalla guerra in Ucraina, in cui il lavoro continua a preoccupare la società civile e le famiglie, e impegna ad un discernimento che si traduca in proposte di solidarietà e di tutela delle situazioni di maggiore precarietà. Le conseguenze della crisi economica gravano sulle spalle dei giovani, delle donne, dei disoccupati, dei precari, in un contesto in cui alle difficoltà strutturali si aggiunge un peggioramento della qualità del lavoro. La Chiesa che è in Italia non può distogliere lo sguardo dai contesti di elevato rischio per la salute e per la stessa vita alle quali sono esposti tanti lavoratori. I tanti, troppi, morti sul lavoro ce lo ricordano ogni giorno. È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza.
«La vera ricchezza sono le persone: senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa, non c’è economia. La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore» ha ricordato Papa Francesco ricevendo in udienza l’Associazione nazionale dei costruttori edili (20 gennaio 2022).
Il nostro primo pensiero va, in particolare, a chi ha perso la vita nel compimento di una professione che costituiva il suo impegno quotidiano, l’espressione della sua dignità e della sua creatività, e anche alle famiglie che non hanno visto far ritorno a casa chi, con il proprio lavoro, le sosteneva amorevolmente. Così come non possono essere dimenticati tutti coloro che sono rimasti all’improvviso disoccupati e, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. La nostra preghiera, la fiducia nel Signore amante della vita e la nostra solidarietà siano il segno di una comunità che sa «piangere con chi piange» (cf Rm, 8,15) e di una società che sa prendersi cura di chi, all’improvviso, è stato privato di affetti e di sicurezza economica.

Le contraddizioni del momento presente

Un Paese che cerca di risalire positivamente la china della crisi non può fondare la propria crescita economica sul quotidiano sacrificio di vite umane. Lo scenario che abbiamo davanti è drammatico: nel 2021 sono stati 1.221 i morti (dati Inail), cui si aggiungono quelli “ignoti” perché avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero, un ambito sommerso in cui si moltiplicano inaccettabili tragedie. Siamo di fronte a un moderno idolo che continua a pretendere un intollerabile tributo di lacrime. Tra i settori più colpiti ci sono l’industria, i servizi, l’edilizia e l’agricoltura. Ogni evento che si verifica è una sconfitta per la società nel suo complesso, ogni incidente mortale segna una lacerazione profonda sia in chi ne subisce gli effetti diretti, come la famiglia e i colleghi di lavoro, sia nell’opinione pubblica.
Non ci sono solo le morti: gli infortuni di diverse gravità esigono un’attenzione adeguata, così come le malattie professionali domandano tutela della salute e sicurezza. Ci sono interventi urgenti da attuare, agendo su vari fronti.
La nostra coscienza è interpellata anche da quanti sono impegnati in lavori irregolari o svolti in condizioni non dignitose, a causa di sfruttamento, discriminazioni, caporalato, mancati diritti, ineguaglianze. Il grido di questi nuovi poveri sale da un ampio scenario di umanità dove sussiste una violenza di natura economica, psicologica e fisica in cui le vittime sono soprattutto gli immigrati, lavoratori invisibili e privi di tutele, e le donne, ostaggi di un sistema che disincentiva la maternità e “punisce” la gravidanza col licenziamento. È ancora insufficiente e inadeguata la promozione della donna nell’ambito professionale. A questa attenzione ci sollecita anche la figura di Armida Barelli, beatificata il 30 aprile a Milano: promosse numerose iniziative per la valorizzazione della donna. In tutte queste situazioni non solo il lavoro non è libero, né creativo, partecipativo e solidale (cfr Evangelii gaudium 192), ma la persona vive nel costante rischio di vedere minata irrimediabilmente la sua salute e messa in pericolo la sua stessa esistenza.
Anche il mercato del lavoro presenta falle consistenti che sono tra le cause delle cosiddette «morti bianche». La crescente precarizzazione costringe molti lavoratori a cambiare spesso mansione, contesto lavorativo e procedure, esponendoli a maggiori rischi. Spesso, inoltre, le mansioni più pericolose sono affidate a cooperative di servizi, con personale mal retribuito, poco formato, assunto con contratti di breve durata, costretto ad operare con ritmi e carichi di lavoro inadeguati, in una combinazione rovinosa che potenzia il rischio di errori fatali.

Responsabilità condivise per una cura della salute del lavoratore

Quali beni sono in gioco in queste situazioni? Innanzitutto, il valore soggettivo e personale del lavoro, quello che è definito «capitale umano», vale a dire «gli uomini stessi, in quanto capaci di sforzo lavorativo, di conoscenza, di creatività, di intuizione delle esigenze dei propri simili, di intesa reciproca in quanto membri di una organizzazione» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 276). Ma anche la complementarietà tra lavoro e capitale, che supera una antica antinomia attraverso sistemi economici dal «volto umano», così che la principale risorsa rimanga l’uomo stesso. È in gioco anche il bene della pace, perché quando ci sono le condizioni di un lavoro sicuro e dignitoso, si pongono le basi per evitare ogni forma di conflittualità sociale (cf FRANCESCO, Messaggio per la LV Giornata mondiale della pace).
Da questi valori imprescindibili scaturisce una cultura della cura, nutrita dalla Parola di Dio, che invita ad aprire il nostro cuore a chi nel lavoro vede messa a rischio la dignità e la propria vita. Come non richiamare alla memoria la sofferenza del popolo d’Israele schiavo in Egitto, costretto a fabbricare mattoni in quantità sempre maggiori e in minore tempo (cf Es 1,13-14a)? L’impietosa scelta che subordina le persone alla logica dei numeri è presente anche nella lettera di Giacomo, che ricorda come le proteste dei mietitori giungono agli orecchi del Signore onnipotente (cf Gc 5,4).
Papa Francesco indica un preciso compito educativo e di tutela dei più deboli nel mondo del lavoro, che impegna la società civile e la comunità cristiana: «Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità» (Udienza, 12 gennaio 2022).
La complessità delle cause e degli eventi richiede un approccio «integrale» da parte di tutti i soggetti in campo: vanno realizzati interventi di sistema sia a carattere statale, sia a livello aziendale. È fondamentale investire sulla ricerca e sulle nuove tecnologie, sulla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma anche inserire nei programmi scolastici e di formazione professionale la disciplina relativa alla salute e alla sicurezza nel lavoro. È importante che lo Stato metta in atto controlli più attenti, che diventino uno stimolo alla prevenzione degli infortuni.
Un ruolo decisivo nella tutela della sicurezza del lavoratore e delle sue condizioni di salute è assicurato dalle modalità di organizzazione dell’impresa sia sotto il profilo dell’adozione delle misure protettive sia della vigilanza affinché esse siano rispettate. Rispetto a ciò, l’appello di Papa Francesco agli imprenditori risuona quanto mai appropriato: «Voi avete una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti; siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo «umanesimo del lavoro». Siete chiamati a tutelare la professionalità, e al tempo stesso a prestare attenzione alle condizioni in cui il lavoro si attua, perché non abbiano a verificarsi incidenti e situazioni di disagio» (Discorso agli imprenditori riuniti in Confindustria, 27 febbraio 2016). I sindacati, nella loro continua ricerca della giustizia sociale, vigilano costantemente sulle condizioni di sicurezza sul posto di lavoro: incoraggiamo il loro impegno a tutela soprattutto delle professioni che risultano più logoranti per la salute o maggiormente esposte a rischio. Sulla scia di quanto la Chiesa che è in Italia ha fatto in occasione della Settimana Sociale di Taranto (ottobre 2021) è importante incoraggiare la condivisione di «buone pratiche» che in ambito imprenditoriale e amministrativo mostrino come coniugare non solo difesa dell’ambiente e protezione del lavoro, ma anche dignità e sicurezza, evitando dunque condizioni che mettono in pericolo la salute o addirittura causano la morte.
Solo se ogni attore della prevenzione, a diverso titolo – a partire dalle istituzioni e dalle parti sociali – contribuisce al contrasto degli eventi infortunistici, si avrà una vera svolta. Per questo è necessario risvegliare le coscienze. Grazie a un’assunzione di responsabilità collettiva si può attuare quel cambiamento capace di riportare al centro del lavoro la persona, in ogni contesto produttivo.

La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro,
la giustizia e la pace

Foto:

Vicariato di Salsomaggiore Terme: un ciclo di incontri sul tema della carità

Il vicariato di Salsomaggiore Terme, coadiuvato dalla Caritas diocesana di Fidenza, ha organizzato un ciclo di incontri di formazione sul tema della carità. Il desiderio è quello di dare avvio ad un percorso sinodale cittadino che potenzi l’attenzione alle povertà del territorio, andando a rinforzare i tanti servizi già attivi o ad implementarne di nuovi. Tante le idee in cantiere e la disponibilità a mettere in atto azioni di prossimità da parte delle diverse comunità parrocchiali; si ravvisa però la necessità di poter avere un tempo adeguato di riflessione e discernimento affinché ciò che potrà essere realizzato abbia solide radici.

Gli appuntamenti avranno luogo presso la sala Manfredini dell’Oratorio Don Bosco, in via Pascoli 23, tutti i mercoledì a partire dal 20 aprile alle ore 20.45. Sono invitate a partecipare tutte le persone che hanno la volontà di approfondire i contenuti proposti, sia in vista di un coinvolgimento operativo futuro, ma anche semplicemente perché interessate alla proposta.

Di seguito i temi che verranno trattati nei 4 appuntamenti:


- 20 aprile: “La carità nella scrittura e nella vita di ciascuno”. Dopo una meditazione a partire da un brano del Vangelo verranno condivise esperienze personali di carità;
- 27 aprile: “La finalità pedagogica della Caritas”. Si approfondirà quello che è lo scopo principale della Caritas: un’azione educativa verso i poveri, la Chiesa e tutta la comunità;

- 4 maggio: “Tutto parte dall’ascolto”. L’ascolto è uno dei primi servizi concreti che la Caritas mette in atto per poter raccogliere i bisogni dell’altro;

- 11 maggio: “Le opere segno”. Si proverà ad approfondire come i contenuti espressi nei precedenti appuntamenti possano trovare concretezza nelle opere a favore dei poveri.

Il discorso di Papa Francesco agli adolescenti giunti a Roma

Pubblichiamo il discorso che Papa Francesco ha rivolto ai partecipanti al pellegrinaggio degli adolescenti a Roma dal titolo #Seguimi. 

Carissimi ragazzi e ragazze, benvenuti!
Grazie di essere qui! Questa piazza attendeva da tempo di riempirsi della vostra presenza, dei vostri volti, del vostro entusiasmo. Due anni fa, il 27 marzo, venni qui da solo per presentare al Signore la supplica del mondo colpito dalla pandemia. Forse quella sera eravate anche voi nelle vostre case davanti al televisore a pregare insieme alle vostre famiglie. Sono passati due anni con la piazza vuota e alla piazza è successo come succede a noi quando facciamo digiuno: abbiamo voglia di mangiare e, quando andiamo a mangiare dopo il digiuno, mangiamo di più; per questo si è riempita di più: anche la piazza ha sofferto il digiuno e adesso è piena di voi! Oggi, tutti voi, siete insieme, venuti dall’Italia, nell’abbraccio di questa piazza e nella gioia della Pasqua che abbiamo appena celebrato.


Gesù ha vinto le tenebre della morte. Purtroppo, sono ancora dense le nubi che oscurano il nostro tempo. Oltre alla pandemia, l’Europa sta vivendo una guerra tremenda, mentre continuano in tante regioni della Terra ingiustizie e violenze che distruggono l’uomo e il pianeta. Spesso sono proprio i vostri coetanei a pagare il prezzo più alto: non solo la loro esistenza è compromessa e resa insicura, ma i loro sogni per il futuro sono calpestati. Tanti fratelli e sorelle attendono ancora la luce della Pasqua.
Il racconto del Vangelo che abbiamo ascoltato inizia proprio nel buio della notte. Pietro e gli altri prendono le barche e vanno a pescare – e non pescano nulla. Che delusione! Quando mettiamo tante energie per realizzare i nostri sogni, quando investiamo tante cose, come gli apostoli, e non risulta nulla… Ma succede qualcosa di sorprendente: allo spuntare del giorno, appare sulla riva un uomo, che era Gesù. Li stava aspettando. E Gesù dice loro: “Lì, alla destra ci sono i pesci”. E avviene il miracolo di tanti pesci: le reti si riempiono di pesci.

Questo può aiutarci a pensare ad alcuni momenti della nostra vita. La vita alle volte ci mette a dura prova, ci fa toccare con mano le nostre fragilità, ci fa sentire nudi, inermi, soli. Quante volte in questo periodo vi siete sentiti soli, lontani dai vostri amici? Quante volte avete avuto paura? Non bisogna vergognarsi di dire: “Ho paura del buio!” Tutti noi abbiamo paura del buio. Le paure vanno dette, le paure si devono esprimere per poterle così cacciare via. Ricordate questo: le paure vanno dette. A chi? Al papà, alla mamma, all’amico, all’amica, alla persona che può aiutarvi. Vanno messe alla luce. E quando le paure, che sono nelle tenebre, vanno nella luce, scoppia la verità. Non scoraggiatevi: se avete paura, mettetela alla luce e vi farà bene!

Il buio ci mette in crisi; ma il problema è come io gestisco questa crisi: se la tengo solo per me, per il mio cuore, e non ne parlo con nessuno, non va. Nelle crisi si deve parlare, parlare con l’amico che mi può aiutare, con papà, mamma, nonno, nonna, con la persona che può aiutarmi. Le crisi vanno illuminate per vincerle.

Cari ragazzi e ragazze, voi non avete l’esperienza dei grandi, ma avete una cosa che noi grandi alle volte abbiamo perduto. Per esempio: con gli anni, noi grandi abbiamo bisogno degli occhiali perché abbiamo perduto la vista o alle volte diventiamo un po’ sordi, abbiamo perduto l’udito… O, tante volte, l’abitudine della vita ci fa perdere “il fiuto”; voi avete “il fiuto”. E questo non perdetelo, per favore! Voi avete il fiuto della realtà, ed è una cosa grande. Il fiuto che aveva Giovanni: appena visto lì quel signore che diceva: “Buttate le reti a destra”, il fiuto gli ha detto: “È il Signore!”. Era il più giovane degli apostoli. Voi avete il fiuto: non perdetelo! Il fiuto di dire “questo è vero – questo non è vero – questo non va bene”; il fiuto di trovare il Signore, il fiuto della verità. Vi auguro di avere il fiuto di Giovanni, ma anche il coraggio di Pietro. Pietro era un po’ “speciale”: ha rinnegato tre volte Gesù, ma appena Giovanni, il più giovane, dice: “È il Signore!”, si butta in acqua per trovare Gesù.


Non vergognatevi dei vostri slanci di generosità: il fiuto vi porti alla generosità. Buttatevi nella vita. “Eh, Padre, ma io non so nuotare, ho paura della vita!”: avete chi vi accompagna, cercate qualcuno che vi accompagni. Ma non abbiate paura della vita, per favore! Abbiate paura della morte, della morte dell’anima, della morte del futuro, della chiusura del cuore: di questo abbiate paura. Ma della vita, no: la vita è bella, la vita è per viverla e per darla agli altri, la vita è per condividerla con gli altri, non per chiuderla in sé stessa.


Io non vorrei dilungarmi tanto, soltanto vorrei dire che è importante che voi andiate avanti. Le paure? Illuminarle, dirle. Lo scoraggiamento? Vincerlo con il coraggio, con qualcuno che vi dia una mano. E il fiuto della vita: non perderlo, perché è una cosa bella.
E, nei momenti di difficoltà, i bambini chiamano la mamma. Anche noi chiamiamo la nostra mamma, Maria. Lei – state attenti –aveva quasi la vostra età quando accolse la sua vocazione straordinaria di essere mamma di Gesù. Bello: la vostra età, più o meno… Vi aiuti lei a rispondere con fiducia il vostro “Eccomi!” al Signore: “Sono qui, Signore: cosa devo fare? Sono qui per fare del bene, per crescere bene, per aiutare con il mio fiuto gli altri”. Che la Madonna, la mamma che aveva quasi la vostra età quando ha ricevuto l’annuncio dell’angelo ed è rimasta incinta, che lei vi insegni a dire: “Eccomi!”. E a non avere paura. Coraggio, e avanti!

Dopo la benedizione:
Gesù risorto sia la forza della vostra vita: andate in pace e siate felici, tutti voi: in pace e con gioia!

 

In foto: I ragazzi della nostra Diocesi (con i cappellini arancioni) in piazza San Pietro.

Il saluto del Card. Gualtiero Bassetti all’incontro del Papa con gli adolescenti

Pubblichiamo il saluto del Card. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e Presidente della CEI, pronunciato all’incontro del Papa con gli adolescenti (18 aprile 2022).

Santo Padre,
oggi è un giorno davvero speciale, molto speciale per tutti noi; e anche per Lei.
Lei, Padre Santo, ha celebrato qui alcune liturgie pasquali, ma quello di oggi è il primo incontro pubblico in piazza s. Pietro, dopo il lungo periodo della pandemia. Ci sono rimaste nel cuore e nella memoria le immagini di quell’ultima volta prima di oggi, quel famoso 27 marzo 2020: Lei qui, solo, sotto la pioggia; noi al di là degli schermi, chiusi nelle nostre case e prigionieri della paura per quanto stava accadendo. Eravamo insieme, certo. Ma a distanza: la pandemia ci obbligava a questa situazione strana, alla quale abbiamo poi dovuto abituarci dentro le nostre case, le scuole, le chiese, dovunque la vita ci chiamava.
Finalmente siamo qui, insieme e vicini. Questa, credo, è la piazza più bella che si potesse sognare: davanti a Lei c’è una variopinta, gioiosa, festosa folla di adolescenti italiani. Come Lei vede, sono pieni di
entusiasmo: hanno trovato un numero incredibile di amici, e hanno trovato Lei, Padre Santo.

Ma la gioia di oggi non deve far dimenticare, a noi e a loro, la fatica e la sofferenza dei mesi trascorsi. Non sono dei grandi spensierati i ragazzi che stanno davanti a Lei. Hanno sofferto, molto, durante gli ultimi due anni: più degli adulti sono spesso piombati in una solitudine che nessuna tecnologia ha potuto evitare. E il male della solitudine ne produce molti altri: sono mali che spesso non si vedono, che si annidano dentro al cuore e che rendono più acute le difficoltà nell’affrontare i rapporti con gli altri, lo studio, gli impegni vari della vita di tutti i giorni.
Hanno dovuto fare i conti con la fragilità del corpo e della malattia. Alcuni di loro hanno visto in faccia la morte, quella dei nonni, delle persone care, degli amici. Sono stati costretti a volersi bene senza potersi abbracciare o stringere la mano. Hanno cercato di portare avanti i loro percorsi formativi davanti ad uno schermo. Anche grazie a questo, hanno scoperto che il sapere non ha sapore, se è soltanto una ricerca solitaria. Sono affiorate nel loro cuore le domande che ogni adolescente si pone sul perché si vive, perché si soffre e perché si muore. Il futuro è apparso loro oscuro e incerto. Ma questo ha permesso a noi adulti, anche grazie a queste domande, di sentirci più fraterni con loro, perché quelle domande sono anche le nostre.


Eppure e nonostante tutto, ci hanno sorpresi. Quando abbiamo ipotizzato questo incontro e ne abbiamo parlato anche con Lei, eravamo pieni di dubbi: sarà possibile organizzarlo? E soprattutto: verranno? Non sarà che noi abbiamo perso loro e loro hanno perso la voglia di affrontare un viaggio, di spendere un po’ delle loro vacanze per essere qui? Fu una sua parola, breve ma decisa, a darci coraggio: ci disse di andare avanti. Ci siamo messi al lavoro. Avevamo qualche apprensione, ma nel cuore non mancava la fiducia che qualcosa potesse succedere. E questa piazza piena di ragazzi e traboccante di entusiasmo, Padre Santo, è la loro risposta.
Chi l’avrebbe mai immaginata? Nelle ultime settimane i loro preti e i loro educatori ci hanno detto più e più volte che sono stati travolti dall’entusiasmo di questi adolescenti. Quante telefonate per dirci che erano stati costretti a rivedere i numeri dei partecipanti! Sì, Santo Padre, se oggi siamo qui, lo dobbiamo a questi ragazzi! Immagino che le loro paure, le loro ansie, i loro dubbi non si siano dissolti nel giro di qualche giorno: sono qui per il bisogno intenso di un incontro bello, importante, da ricordare in futuro.


Qui vorrebbero capire che le loro domande sono accolte da qualcuno e che il mistero della vita può continuare a esercitare il suo fascino su di loro. Hanno viaggiato come pellegrini verso Roma, hanno ritrovato i loro amici e ne hanno trovato di nuovi. Ma ora hanno bisogno della parola di un Padre, la sua, che annunci loro che il Signore Gesù può farci vivere ancora una volta l’esperienza gioiosa della Risurrezione.

Io mi sento di ringraziarli questi ragazzi: un vecchio di ottant’anni come me, davanti a uno spettacolo del genere mormora con le lacrime agli occhi “Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace”!
Così come ringrazio chi li ha accompagnati. I loro vescovi, anzitutto, che sono qui numerosi, hanno affrontato il viaggio con loro, e hanno accettato con gioia questa fatica dopo quelle, intense, delle ricorrenze di Pasqua. E poi tutti i loro educatori: laici giovani e adulti, preti, religiosi e religiose. È importante anche per loro che Lei abbia deciso di essere qui oggi: con generosità si spendono nelle parrocchie di tutta Italia e il loro lavoro è oscuro, talvolta lo vede solo il Signore e spesso è questa la loro unica, insostituibile consolazione. Sono sicuro che questi ragazzi e questa giornata darà anche a loro il
coraggio per il ritorno a casa e per la ripresa del loro impegno.


Mi permetto di sognare anche per le Chiese che sono in Italia. Abbiamo tanti difetti, Santo Padre, e il cammino è lungo e faticoso. Ma il nostro è un popolo buono, che non ha mai del tutto abbandonato le sue radici cristiane. Chissà che questi ragazzi, oggi, ci aiutino davvero a riprendere le fila del Vangelo, dentro questa storia, drammatica e appassionante, nella quale il Signore ci chiede di testimoniare la nostra fede.

Infine, ringrazio Lei. La sua lunga storia personale parte dall’Italia, si snoda in situazioni e paesi lontani e diversi, torna qui, al cuore della Chiesa, al servizio di tutto il popolo di Dio. La sua passione, nata anche da quella lunga storia, ci ha scosso e stimolato e continua a scuoterci e a stimolarci. Grazie per tutto questo. Grazie, per essere qui, oggi, con noi. Ci prenda tutti per mano e ci tenga nel cuore. In particolare, tenga per mano e tenga nel cuore questi ragazzi che sono venuti qui perché hanno desiderato intensamente di incontrarla. Aspettano la sua parola che li aiuterà a tornare, con più coraggio e più entusiasmo, agli impegni della loro vita di tutti i giorni che li attendono, nei prossimi giorni, al loro ritorno a casa.

 

In foto: I ragazzi della nostra Diocesi alle porte di Piazza San Pietro.

VOLTI DEI VANGELI - Gli incontri di Gesù raccontati da Papa Francesco con un contributo di Roberto Benigni

Il Dicastero per la Comunicazione, la Biblioteca Apostolica Vaticana, i Musei Vaticani e RAI Cultura presentano:

VOLTI DEI VANGELI

Gli incontri di Gesù raccontati da Papa Francesco Con un contributo di Roberto Benigni

In onda su Rai Uno in prima serata la Domenica di Pasqua, 17 aprile 2022

 

“Continuo a consigliare il contatto giornaliero con il Vangelo perché se tu non hai contatto giornaliero con la persona amata, difficilmente potrai amare... L’amore è il contatto continuo, è il parlare continuo, è ascoltare l’altro, guardarlo. L’amore è condividere... E poi, c’è un’altra cosa, molto, molto difficile: se tu non hai contatto con il Cristo vivo, quello del Vangelo, sicuramente avrai contatto con le idee, o con le ideologie sul Vangelo”.

Sono le parole con cui Papa Francesco introduce “Volti dei Vangeli”, un programma realizzato dal Dicastero per la Comunicazione con Rai Cultura, in collaborazione con la Biblioteca Apostolica Vaticana e i Musei Vaticani, che andrà in onda su Rai Uno in prima serata la Domenica di Pasqua, 17 aprile.

“Volti dei Vangeli” è un programma di Andrea Tornielli e Lucio Brunelli, con la fotografia e la regia di Renato Cerisola e le musiche di Michelangelo Palmacci.

Il programma raccoglie alcune delle riflessioni che nei nove anni del suo pontificato Francesco ha dedicato, nelle omelie durante la celebrazione mattutina della Messa a Santa Marta (alcune delle quali inedite) negli Angelus e in altre occasioni, ai protagonisti dei Vangeli: la chiamata dell’esattore delle tasse Matteo; il Buon Ladrone crocifisso accanto a Gesù capace di “rubargli” il paradiso; il dramma dell’apostolo Giuda; i volti delle donne, la testimone della resurrezione Maddalena e l’Adultera salvata dalla lapidazione; gli sguardi tra Pietro e Gesù; il silenzio di Giuseppe padre e custode; Ponzio Pilato che lavandosi le mani condanna a morte il Nazareno; la parabola del Buon Samaritano che si lascia commuovere dall’uomo ferito; l’abbraccio del padre misericordioso al Figliol Prodigo.

La voce del Papa accompagna lo spettatore dentro le scene evangeliche, rappresentate dai grandi artisti nei quadri, negli affreschi, nelle miniature dei codici e nelle sculture, molte delle quali appartenenti al tesoro di bellezza conservato in Vaticano.

Ogni personaggio che incontra Gesù viene raccontato dal Papa ed è illustrato da immagini famose ma anche sconosciute e inedite attraverso l’obiettivo del fotografo-regista che “entra” nei quadri, negli affreschi e nelle miniature e nei loro dettagli.

L’incontro con i Vangeli e con questi protagonisti è stato poi oggetto di una lunga intervista che il Papa ha concesso agli autori del progetto e che serve da fil rouge della narrazione.

La serata evento di domenica 17 aprile, presentata da Monica Maggioni, direttrice del TG1, sarà aperta da un contributo che Roberto Benigni ha preparato per l’occasione, dedicato al volto gioioso di Gesù nel giorno della Pasqua di Resurrezione.

La serie completa, in tre puntate, di “Volti dei Vangeli” sarà successivamente messa in onda da Rai Cultura sul canale Rai Storia.

“Abbiamo pensato a questo programma come a un’occasione di incontro, di riflessione, e di riscoperta della bellezza del Vangelo in un tempo segnato da così tante brutture. Il risultato è un prodotto unico, non catalogabile. Bello proprio perché unico. Una risposta alla tirannia del tempo, della fretta, della smemoratezza, della cultura dell’indifferenza e della sintassi semplificata che regola le nostre vite e che spesso mortifica la verità. È come se il Papa ci prendesse per mano e ci accompagnasse in un viaggio verso la verità dell’incontro”, dichiara Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la comunicazione. “Di questo dobbiamo essere grati a lui innanzitutto per le sue parole, ai Musei Vaticani e alla Biblioteca Apostolica Vaticana per aver condiviso le immagini di capolavori senza tempo, agli autori al regista e agli operatori per il loro lavoro, a Roberto Benigni per il suo prezioso contributo introduttivo, e alla Rai che ci ha accompagnato nella realizzazione di questo progetto che ora offre ai telespettatori come regalo di Pasqua”.

 

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

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