Giovedì 17 febbraio la Chiesa di Fidenza ha vissuto un momento di particolare unità e condivisione per la presentazione del nuovo sussidio per il Tempo di Quaresima a cura degli uffici pastorali diocesani.
Il sussidio, dal titolo “A mensa con il crocifisso risorto”, è la continuazione del cammino iniziato nel Tempo di Avvento che verteva sui primi quattro momenti della celebrazione eucaristica: l’accoglienza, il segno di croce, l’atto penitenziale e la colletta. Il sussidio che è stato presentato si concentrerà sui sei momenti rimanenti della celebrazione della s. Messa: la liturgia della parola, l’offertorio, il prefazio, la preghiera eucaristica, la comunione e il congedo. Nelle cinque domeniche di quaresima e nella domenica della Palme si approfondiranno queste sei parti della celebrazione eucaristica.
Ogni domenica sarà contrassegnata da una parola chiave che consegneremo anche simbolicamente ai bambini attraverso una calamita. In ordine cronologico i verbi sui quali rifletteremo saranno: ascoltare, donare, narrare, santificare, condividere, amare.
Per ogni settimana si possono attingere citazioni della Lettera pastorale del nostro Vescovo, un richiamo alla liturgia della parola con una contestualizzazione del momento liturgico, oltre che spunti di riflessioni per adulti e giovani, preghiere dei fedeli e una parte dedicata esclusivamente ai bambini del catechismo con un link per racconti e schede per attività da eventualmente utilizzare nell’incontro settimanale parrocchiale. Alla fine del libretto si trova anche un link per scaricare le immagini delle calamite ad alta definizione. Il sussidio è disponile sia in formato digitale che cartaceo.
Qui il sussidio in formato digitale.
"Dopo la pandemia e un quotidiano devastato dai lutti, ora la guerra e i suoi orrori. Una sofferenza voluta e diffusa di cui non si riesce a capacitarsi, ma che incombe e avvolge come una nuvola nera ogni pensiero e azione. Eppure domani sarà marzo e avremmo voluto narrare "una storia d’argento e zaffiro profumata di donna e gelsomino", ricorrendo alle parole di Paolo Rumiz. Proponiamo ugualmente le storie di tante realtà femminili che non si arrendono alla crudelta' e alla violenza e che, in un momento di grave burrasca, testimoniano umanità in mezzo a un arcipelago di dolore" Maria Pia Bariggi, Assessore alla Cultura del Comune di Fidenza.
Aggressività: ombra di un mondo chiuso
Nella Lettera enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020) Papa Francesco tratteggia con verità alcuni fatti che potrebbero annullare ogni possibilità di cambiamento. Non si tratta di redigere l’elenco dei mali che affliggono l’umanità e di individuarne i colpevoli sui quali riversare con ipocrisia ogni responsabilità; al contrario, si tratta di avere uno sguardo lucido sull’oggi per individuarne sì le cause, ma anche i possibili rimedi. Gesù ci rammenta che è «dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini che escono le intenzioni cattive […]. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo» (Mc 7,21.23). A proposito delle “ombre di un mondo chiuso” (cfr. FT 9) il vescovo di Roma scrive di “sogni che vanno in frantumi” indicando segni di un ritorno all’indietro, come se l’umanità non avesse imparato alcunché dalla storia. Egli denuncia, da un lato, una «società sempre più globalizzata che ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» (FT 12) e, dall’altro, dichiara una situazione culturale che «favorisce anche una perdita del senso della storia e che provoca ulteriore disgregazione».
«Oggi in molti Paesi si utilizza il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. […] In questo gioco meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo allo stato di controversia e contrapposizione» (FT 15).
Pandemia e altri flagelli hanno fatto emergere una fragilità creaturale che gli umani avevano cercato di rimuovere credendosi onnipotenti; oltre a ciò si è presa coscienza del limite che disarma ogni pretesa, dello smarrimento esistenziale, dello stato di una solitudine maledetta che relega in un oblìo che tutto divora.
«Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà. Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza» (FT 33).
Una situazione che getta ombre sull’umanità smarrita è l’aggressività sociale fomentata da un populismo gretto finalizzato a stanare nemici ovunque da combattere, perché potenziale minaccia dell’integrità culturale e religiosa della patria:
«Proprio mentre difendono il proprio isolamento consumistico e comodo, le persone scelgono di legarsi in maniera costante e ossessiva. Questo favorisce il pullulare di forme insolite di aggressività, di insulti, maltrattamenti, offese, sferzate verbali fino a demolire la figura dell’altro, con una sfrenatezza che non potrebbe esistere nel contatto corpo a corpo perché finiremmo per distruggerci tutti a vicenda. L’aggressività sociale trova nei dispositivi mobili e nei computer uno spazio di diffusione senza uguali» (FT 44).
Questa situazione non ha risparmiato nemmeno le nostre comunità parrocchiali, i gruppi ecclesiali, le associazioni e i movimenti. Il volto dell’aggressività evidenzia tante sfumature: il fanatismo, l’informazione senza saggezza e veridicità, il pettegolezzo eretto a sistema di giudizio inappellabile, la polemica gratuita che non edifica generando ulteriore confusione, il mugugno ipocrita che non esce mai allo scoperto, lo sguardo obliquo e ingannevole che non ha il coraggio di incrociare gli occhi dell’altro, il disprezzo di sé, la demolizione dell’autostima, la patetica di chi non supera mai la soglia preferendo permanere nella stabilità di una nostalgia che paralizza. Il quadro tracciato potrebbe sembrare desolante, descrizione di una umanità sfigurata e triste, profezia di un dissolvimento che la storia non ha mai conosciuto. È a questo punto che si innesta la prospettiva della speranza cristiana caratterizzata dall’attesa fiduciosa, ma anche da una sapienza di reazione che ritiene possibile ricominciare mediante un cammino di conversione a Dio e all’umano. Il mondo ha bisogno di una parola altra e che il cristianesimo non può sottrarsi ad offrire nel nome di Gesù, buona notizia di Dio.
Una possibile risposta all’aggressività, autentico male oscuro del nostro tempo, è quella di reagire aperti alla speranza. Speranza cristiana è reagire nello stile della fraternità che fa vedere nell’altro, senza pregiudizi, un fratello e non un nemico da combattere perché diverso. La paura della differenza genera la morte della speranza. Senza il dialogo non vi è speranza possibile, ma solo fuga di responsabilità dal proprio oggi, delegando a un domani illusorio l’impegno di valutare e di scegliere. Vi è, pertanto, la necessità di un movimento di riconciliazione con il proprio passato; ciò è possibile percorrendo con umiltà e con la libertà di perdonare un cammino di dialogo e di incontro.
«Il perdono non implica il dimenticare. Diciamo piuttosto che quando c’è qualcosa che in nessun modo può essere negato, relativizzato o dissimulato, tuttavia, possiamo perdonare. […] Il perdono libero e sincero è una grandezza che riflette l’immensità del perdono divino. Se il perdono è gratuito, allora si può perdonare anche a chi stenta a pentirsi ed è incapace di chiedere perdono» (FT 250).
La storia scritta da uomini e donne è la pietra d’inciampo sempre attuale, che impegna nella fatica del pensare, impedisce di imboccare la strettoia di una aggressività che mortifica ogni bellezza e non permette di compiere un passo in avanti verso l’altro per trovare in lui un accrescimento di essere (cfr. FT 88-89).
In questo tempo santo della Quaresima, che ci orienta alla Pasqua del Signore, ci siano concessi sapienza e discernimento al fine di custodire fedelmente la memoria della testimonianza di chi ha donato la sua vita responsabilmente per il bene della città di oggi, senza rinunciare ad indicare una speranza difficile, ma possibile perché più grande delle nostre stesse attese.
+ Ovidio Vezzoli
vescovo di Fidenza