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Dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso il Messaggio per il mese di Ramadan e ‘Id Al-Fitr

Cari fratelli e sorelle musulmani,

Come tutti sappiamo, la pandemia causata dal COVID-19 ha portato via la vita a milioni di persone in tutto il mondo, compresi membri delle nostre famiglie. Altri si sono ammalati e sono guariti, passando però per molto dolore e soffrendo a lungo per le conseguenze del virus. Mentre celebrate il mese di Ramadan che si conclude con ‘Id al-Fitr, il nostro pensiero è di gratitudine a Dio Onnipotente che ha protetto tutti noi nella Sua Provvidenza. Portiamo anche nella preghiera i morti e gli ammalati con dolore e speranza.

La pandemia con i suoi tragici effetti su ogni aspetto del nostro stile di vita ha attratto nuovamente la nostra attenzione su un aspetto importante: la condivisione. Per questo abbiamo ritenuto opportuno affrontare questo tema nel Messaggio che siamo lieti di inviare a tutti e a ciascuno di voi.

Tutti condividiamo i doni di Dio: aria, acqua, vita, cibo, riparo, i frutti del progresso in campo medico e farmaceutico, i risultati del progresso scientifico e tecnologico in diversi campi e la loro applicazione, la continua scoperta dei misteri dell'universo ... La consapevolezza della bontà e della generosità di Dio riempie i nostri cuori di gratitudine verso di Lui e, allo stesso tempo, ci incoraggia a condividere i suoi doni con i nostri fratelli e sorelle che si trovano in ogni tipo di bisogno. La povertà e la situazione di precarietà in cui versano molte persone a causa della perdita di posti di lavoro e dei problemi economici e sociali legati alla pandemia rendono ancora più urgente il nostro dovere di condivisione.

La condivisione trova la sua motivazione più profonda nella consapevolezza che tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo è dono di Dio e che, di conseguenza, dobbiamo mettere i nostri talenti al servizio di tutti i nostri fratelli e sorelle, condividendo con loro ciò che abbiamo.

La migliore forma di condivisione ha la sua fonte in una genuina empatia e in un’efficace compassione verso gli altri. A questo proposito, troviamo una sfida significativa nel Nuovo Testamento: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Gv 3,17- 18).

Tuttavia, la condivisione non si limita ai beni materiali, ma è soprattutto condivisione delle gioie e dei dolori reciproci, che fanno parte di ogni vita umana. San Paolo raccomandava ai cristiani di Roma di rallegrarsi con quelli che sono nella gioia; e piangere con quelli che sono nel pianto (cfr. Rom 12,15). Papa Francesco, da parte sua, ha affermato che un dolore condiviso è dimezzato e una gioia condivisa è raddoppiata (cfr. Incontro con gli alunni di Scholas Occurrentes, 11 maggio 2018).

Dall’empatia nasce la condivisione degli atteggiamenti e dei sentimenti dei nostri parenti, amici e vicini, anche di coloro che appartengono ad altre religioni, in occasione di eventi importanti, gioiosi e tristi delle loro vite: le loro gioie e i loro dolori diventano nostri.

Tra le gioie condivise vi sono la nascita di un bambino, la guarigione da una malattia, il successo negli studi, nel lavoro o negli affari, il tornare sani e salvi da un viaggio e sicuramente altre circostanze. Vi è anche una gioia particolare per i credenti: la celebrazione delle principali feste religiose. Quando facciamo visita ai nostri amici e vicini di altre religioni o ci congratuliamo con loro in queste occasioni, condividiamo la loro gioia per la celebrazione della loro festa senza dover fare nostra la dimensione religiosa dell'occasione celebrata.

Tra i dolori condivisi, in primis, la morte di una persona cara, la malattia di un familiare, la perdita di un lavoro, il fallimento di un progetto o di un'impresa, una crisi in famiglia, che a volte provoca la sua divisione. È ovvio che abbiamo bisogno della vicinanza e della solidarietà dei nostri amici più nei momenti di crisi e di dolore che in quelli di gioia e di pace.

La nostra speranza, cari fratelli e sorelle musulmani, è che continuiamo a condividere gioie e dolori dei nostri vicini e amici, perché l’amore di Dio abbraccia ogni persona e l’universo intero.

Come segno della nostra comune umanità e della fraternità che ne scaturisce, vi auguriamo un pacifico e fruttuoso Ramadan e una gioiosa celebrazione di ‘Id al-Fitr.

Dal Vaticano, 18 febbraio 2022

Miguel Ángel Cardinal Ayuso Guixot, MCCJ

Presidente

S. Lazzaro, la s. Messa celebrata da don Marek: “Chi è senza peccato scagli per primo la pietra”

Come da tradizione, nella V domenica di Quaresima la parrocchia di San Michele Arcangelo ha festeggiato San Lazzaro. Il parroco don Marek Jaszczak ha celebrato una Santa Messa nella chiesa di San Michele, mentre al pomeriggio c’è stato un momento conviviale con torta fritta e salumi da asporto. <Chiediamo a San Lazzaro di aiutarci ad essere una comunità unita e oggi affidiamo a Gesù in particolar modo la parte della nostra parrocchia che rientra nel quartiere San Lazzaro – ha spiegato don Marek - . Purtroppo per motivi strutturali e a causa della pandemia non siamo più riusciti a celebrare la Messa nella chiesetta di San Lazzaro: speriamo di poterci riunire di nuovo lì in preghiera al più presto>.

Nell’omelia il parroco ha commentato il Vangelo di Giovanni (Gv, 8, 1 – 11), soffermandosi sul concetto di misericordia: “Misericordia significa guardare una persona e far prevalere il bene sul male. Gesù riconosce il peccato ma sa che non è questo che definisce una persona. Anche noi quindi dobbiamo guardare la persona che ci sta davanti nella sua interezza. Se vediamo solo i limiti degli altri, non vediamo i nostri perché abbiamo uno sguardo giudicante. E' per questo che Gesù dice ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra’. Se guardiamo solo al peccato, se amiamo più l'apparenza che la persona, faremo sempre del male all’essere umano”.

Annarita Cacciamani

In Collegiata una via crucis in occasione del cammino sinodale

I fedeli della parrocchia di San Bartolomeo in Busseto hanno vissuto un'esperienza particolare: una "Via Crucis" in occasione del cammino sinodale.

Il cammino sinodale infatti invita a salire la via del Calvario facendo di essa il luogo dell'incontro e dell'ascolto di Gesù e dei fratelli, per essere pellegrini innamorati del Vangelo, aperti alle sorprese dello Spirito Santo, per imparare a portare la propria croce ma anche per aiutare gli altri a portare la loro.

In ogni tappa i partecipanti sono stati aiutati a cogliere alcuni aspetti del percorso sinodale, vissuto in tutte le diocesi d'Italia e del mondo.

L'incontro di Gesù con Maria sua madre, fattasi compagna di viaggio nel dolore, insegna l'attenzione e la compassione per chi ha bisogno di aiuto e di sostegno. L'esempio del Cireneo richiama l'urgenza di trovare tante persone disposte a sintonizzare il proprio ritmo con quello di altri appesantiti dal peso della croce, pronti ad aiutarli a rialzarsi, ad ascoltarli attentamente facendo spazio nel loro cuore. La Veronica educa a scorgere il volto di Cristo in ogni persona incontrata sulla propria strada. Le varie "cadute" di Gesù sotto la croce portano a riconoscere i bisogni interiori ed esteriori degli altri e a trasmettere speranza, incoraggiamento, resilienza. Non importa quante volte si cade ma piuttosto il coraggio di rialzarsi per arrivare fino alla vetta.
Il messaggio dato da Gesù alle donne di Gerusalemme fa riscoprire la preghiera, sorgente di umanità per guardare con positività e lungimiranza la storia, quella universale e quella particolare di ognuno, sempre bisognosa di compassione e di tenerezza. Gesù spogliato delle sue "vesti" toglie ogni mania di dominio sugli altri, ogni sovrastruttura dettata dall'egoismo, ogni paura verso l'altro considerato come un avversario e non un amico di viaggio. Solo una Chiesa libera da orpelli inutili e capace di essere luce delle genti può illuminare ogni persona e restituirgli l'originale dignità perduta a causa del peccato. Gesù sofferente prolunga il suo stare sulla croce nella vita e nella tragedia di tante persone, famiglie e nazioni tuttora crocifissi. Una Chiesa sinodale non si limita a predicare il Vangelo, ma lo mette in pratica, accompagna, condivide, di prende cura, anzi travalica anche la morte e la proietta nella dimensione di quella eternità beata che Gesù ci ha donato con l'offerta della propria vita. La deposizione di Gesù dalla croce stimola a farsi carico di quanti sono uccisi dall'indifferenza e dall'emarginazione, preparando con la sollecitudine premurosa verso gli altri il giardino nel quale può avvenire la risurrezione.
La deposizione del corpo di Gesù nel sepolcro stimola al silenzio orante, alla pazienza dell'amore, alla fiducia nell'opera di Dio in tutti, anche là dove sempre che tutto sia finito. Missione della Chiesa è guidare l'uomo frastornato, deluso, scettico al sepolcro di Cristo dove "morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello" e, come da un pozzo, fargli attingere l'acqua della speranza.

E' una Chiesa povera, mite, semplice, fiduciosa solo nella forza di Dio quella che esce dalla Via Crucis e che può ancora dire e dare qualcosa di vero, di bello e di buono all'umanità odierna.

Il mistero dell’Assunta nel Rosario di Andrea Mainardi

Il mistero dell’Assunta nel Rosario di Andrea Mainardi

(A proposito di un’opera impropriamente attribuita a Giulio Campi)

       

Tra i dipinti del Museo diocesano di Fidenza non passa inosservata la piccola tela che raffigura  l’Assunzione di Maria (51X66), proveniente dalla cinquecentesca chiesa di San Michele, indicata in catalogo come opera di Giulio Campi e databile al 1570; l’attribuzione  dovuta a Giovanni Godi (Studi su Giulio Campi, Parma, 1985, p. 57) si basa solo su  considerazioni di carattere stilistico.

Un’  attenta rilettura dei documenti ci permette, tuttavia, di affrontare il problema in modo forse più  oggettivo, di certo, storicamente più fondato. Dalle memorie manoscritte del canonico  Alfonso  Trecasali , pubblicate da Amos Aimi  e Aldo Copelli, emerge infatti un dato molto interessante  finora sottovalutato, l’esistenza  di una pala d’altare dedicata alla  Madonna del Rosario e dipinta nel 1606 dal cremonese Andrea Mainardi  detto Chiaveghino (1550-1617) su commissione   della Confraternita del Santo Rosario di San Michele  Arcangelo.  Il dipinto, di cui si sono  perse  le tracce da tempo, risulta consegnato il primo di aprile dell’anno 1606: ‘’una Anchona con il suo ornamento fatta far nella Città di Cremona dalla Compagnia di  detto borgo santo Donino, il pittore è stato il Chiaveghino cioè messer Andrea Mainardi di Cremona, costa  detta  Anchona e suo ornamento per l’altar e ducatoni 113”.

Tre anni dopo, nell’agosto del 1609, sempre dalla stessa fonte si ha  notizia della  cornice in legno intagliato e dorato  realizzata sempre a Cremona da  Gabriele e Galeazzo  Capra, che provvedono anche  alla sistemazione definitiva della cappella : ‘’Nota come del presente mese d’Agosto messer Galeazzo Capra ha finito d’indorare l’Anchona Posta all’Altare  della Compagnia del S.mo Rosario nella Chiesa Parochiale di S.Michele di detto borgo sancto Donino, et ha ancora finito di pingere detta Capella et ha avuto da detta Compagnia per sua mercede lire 665 imperiali di nostra moneta, ove che detta Anchona costa a detta Compagnia con la pittura di detta Cappella et altre diverse spese, in tutto, e per tutto lire 1519 e soldi 9 imperiali di nostra moneda videlicet  a messer Andrea Chiavichino cremonese che ha dipinto detta Anchona in Cremona lire 401, soldi 10 a messer Gabrielle Capra Cremonese per aver fatto l’ornamento di detta ancona di legno lire 328; soldi 10 imperiali, al soprascripto messer Galeazzo ut sopra lire 655 in ferramenti, legni per far ponti, terra, giesso, Sangala, per coprire detta Anchona, lazza, brochetto, fil di ferro, et Opere di Muradori  lire 84, soldi 13 imperiali, per cavalcature et spese cibarie per gli soprascripti messer Andrea et messer Gabrielle quando sono venuti a Borgo predetto a mettere in opera detta Anchona et detto suo ornamento lire 49 e soldi 16 imperiali” (in Storia di Fidenza, Parma, 1985, pp 167-168) . 

E’  molto probabile che l’estensore della nota, con l’espressione “Anchona e suo ornamento’’ si riferisse alla raffigurazione dei quindici misteri del Rosario in altrettanti quadretti a coronamento dell’immagine principale: una tipologia iconografica   molto  diffusa a quel tempo e adottata più volte  dallo stesso Chiaveghino, come, ad esempio, nel quadro della  Madonna del Rosario  nella chiesa di San Biagio di Codogno.

Il   soggetto  e le  ridotte  dimensioni della tela, con il margine  superiore che rasenta la testa della Vergine seduta sulle nubi, sono elementi che inducono a considerare il piccolo dipinto non come opera autosufficiente bensì come lacerto ritagliato dalla pala dipinta dal Mainardi.

L’esecuzione raffinata, lo stile moderatamente manierato e la vivace cromia non smentiscono l‘ipotesi.

Ad Andrea  Mainardi, pittore che la critica colloca  tra i protagonisti del tardo manierismo cremonese, rimandano i modi eleganti che ricordano Giulio Campi e ovviamente  Bernardino suo maestro, ma è avvertibile anche l’influenza di Giovan Battista Trotti detto  Malosso (1555-1619), suo coetaneo, di cui il Chiaveghino fu accreditato collaboratore; illuminante a questo proposito è il confronto tra l’Assunta fidentina  e l’analoga teletta malossiana che accompagna l’immagine della Madonna del Rosario di Romanengo, opere vicine non solo sul piano compositivo.

Il pittore cremonese era  assai apprezzato a Borgo San Donnino, lo dimostrano chiaramente le  due grandi tele della Cattedrale, la Presentazione al Tempio del 1600 e  San Francesco in estasi, del 1606, lo stesso anno del dipinto di San Michele; ben note agli studiosi sono  anche le altre  numerose testimonianze presenti nel  nostro territorio,  tra cui la bella Annunciazione  della vicina chiesa di Santa Maria di  Castellina di Soragna  e le pregevoli opere presenti nelle chiese di  Soragna e di  Busseto.

Decisamente interessante, è, infine, il  confronto con   la coeva Pentecoste dell’oratorio di San Giuseppe di Cortemaggiore: qui ci limitiamo a segnalare la tipica gestualità e l’espressione stupita  degli apostoli, la composta figura della Vergine e l’apostolo rivolto  a destra verso l’esterno del cenacolo: particolare curioso quest’ultimo che ritorna pari pari nella piccola Assunzione di Fidenza. 

Ritrovata negli Settanta dal parroco  mons. Lino Cassi, la teletta è ricordata sulla cimasa della cornice tardo ottocentesca del coro che inquadra  la nicchia che ospitava la  statua dell’arcangelo Michele ,  ma si tratta chiaramente di  un adattamento, un rimpiego risalente al restauro e ai rifacimenti  apportati   da  Giovanni Musini nel 1893. I drastici interventi, estesi anche alla facciata e  di cui non abbiamo documentazione diretta, comportarono  la rimozione dall’abside   della antica immagine miracolosa della Madonna delle Grazie   : l’affresco  (att. a Tommaso da Modena, conservata nel Museo Diocesano),  già allora deteriorato , era stato coperto nel 1823 da una  tela raffigurante  anch’essa l’Assunzione della Vergine forse l’ultima opera   del fidentino  Angelo Carlo Angelo (1745-1823), della quale ci  rimane solo  il disegno firmato (A.Leandri, Il pittore Carlo Angelo Ambrogio Dalverme 1748-1825, Fidenza  2007, p.212) . Ai gravi danni subiti dall’edificio sacro per il suo utilizzo come magazzino militare durante l’amministrazione napoleonica si sono sono aggiunti quelli arrecati   dagli ultimi avvenimenti bellici col conseguente abbandono della chiesa  cinquecentesca ancora oggi sconsacrata: essa ci consegna, come ultima reliquia, un quadretto con l’effige di Maria Assunta, ‘‘ornamento’’ costitutivo dell ‘‘anchona’’ dispersa di Andrea Mainardi.

Guglielmo Ponzi

La CEER: pregare per la pace in Ucraina e accogliere i profughi

COMUNICATO STAMPA

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’EMILIA-ROMAGNA

La CEER: pregare per la pace in Ucraina e accogliere i profughi

I Vescovi della Ceer, Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna, come espresso nella riunione a Bologna il 7 marzo scorso, presieduta da S. E. Card. Matteo Zuppi Arcivescovo di Bologna, partecipano «al dolore del popolo ucraino causato da una guerra che sta distruggendo città e paesi, con un numero crescente di morti, di feriti e di profughi».

La Ceer, aderendo all’appello di Papa Francesco a tutti i fedeli per innalzare una corale e continua preghiera per la pace, anche in comunione con le altre Chiese, invita «le Unità Pastorali, le parrocchie, le comunità religiose, le famiglie a gesti concreti di solidarietà nei confronti del popolo ucraino e dei Paesi confinanti verso cui si dirigono i profughi. Invita, inoltre, a favorire ogni azione, coordinata dalle Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna in dialogo con i cappellani delle comunità greco-cattoliche ucraine, a favore dei profughi, il cui numero cresce sempre più, di giorno in giorno: dalla raccolta fondi alla disponibilità di appartamenti o all’accoglienza in strutture e in famiglie, con una particolare attenzione alle donne, alle madri con i loro figli».

I Vescovi della Ceer esortano, quindi, a un’accoglienza «ordinata e puntuale: seguendo le indicazioni delle istituzioni e a un particolare sostegno alle persone, soprattutto donne, e famiglie ucraine – oltre 33.000 – che vivono nella nostra regione, preoccupate e angosciate per i propri cari». E raccomandano le indicazioni prescritte e ricordano in merito che va data comunicazione entro 48 ore alla Questura dei nomi delle persone accolte, poi l’invio dei profughi alle strutture sanitarie dell’ASSL per il tampone e le vaccinazioni, e, subito dopo l’entrata in vigore del permesso di protezione temporanea, l’inizio delle procedure per regolarizzare la presenza e la tutela.

La Ceer, inoltre, informa che le Caritas diocesane dell’Emilia-Romagna rafforzeranno anche una relazione particolare con il Convento San Francesco a Sighet in Romania, che sta accogliendo numerosi profughi in fuga dall’Ucraina. E a questo scopo, nei prossimi giorni partiranno tre operatori della Caritas di Reggio Emilia per supportare il Convento nel lavoro di accoglienza. I Vescovi dell’Emilia-Romagna rinnovano la preghiera per la pace in Ucraina e l’appello ad accogliere i profughi e sottolineano che «preghiera e accoglienza camminano insieme e rafforzano la comune invocazione di pace che sale dalle chiese e dalle città perché cessi questa nuova, inutile strage».

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