Sandra Sabattini, giovane discepola di don Oreste Benzi, sarà beatificata a Rimini domenica 24 ottobre. Morta in un incidente stradale a soli 22 anni, sarà la prima Santa fidanzata nella storia della Chiesa.
Una ragazza semplice, dolce, piena di entusiasmo per la vita. Non una vita qualsiasi, perché completamente donata agli altri. Sandra Sabattini, la “Santa della porta accanto”, nasce a Riccione nel 1961 e fin da piccola coltiva un legame personale con il Signore, grazie all’esempio dello zio prete e della famiglia che vive a Rimini, nella parrocchia di San Girolamo. Sandra va bene a scuola, ama dipingere, impara a suonare il pianoforte e corre come velocista in una squadra di atletica leggera.
A 12 anni incontra don Oreste Benzi, il fondatore della “Papa Giovanni XXIII”, una comunità la cui vocazione consiste nel “conformare la propria vita a Gesù e condividere direttamente la vita degli ultimi, mettendo la propria vita con la loro”. Questo incontro cambia per sempre la sua vita: inizia a seguire i poveri a domicilio, scende in piazza per i diritti delle persone disabili, dedica tutto il suo tempo libero ai ragazzi vittime della droga. Studentessa di medicina, coltiva il sogno di partire come missionaria in Africa. La sua vita non le appartiene, anche il fidanzamento con Guido non è vissuto come una sistemazione, ma come un orizzonte più ampio per aprirsi allo spazio d'amore infinito di Dio.
(Sandra con don Oreste Benzi)
La mattina del 29 aprile 1984, mentre si reca ad un incontro della comunità a Igea Marina, Sandra viene investita da un'auto. Rimane in coma per tre giorni e il 2 maggio lascia questa terra. Quattro giorni prima dell'incidente Sandra aveva raccontato alla madre di aver visto in sogno il suo funerale e la sua tomba piena di fiori. Nell'ultima pagina del suo diario, due giorni prima dell'incidente, Sandra lasciò il suo testamento spirituale: “Non è mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. Non c'è nulla a questo mondo che sia tuo. Sandra, renditene conto! E' tutto un dono su cui il «Donatore» può intervenire quando e come vuole. Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l'ora”.
Poco dopo la sua morte, don Oreste Benzi ebbe l'occasione di leggere ciò che Sandra aveva lasciato scritto in foglietti sparsi, brevi appunti da cui trapelava un profondo cammino spirituale. Questi pensieri furono ordinati e raccolti nel libro “Il diario di Sandra”.
Nel settembre 2006 fu aperta la causa di canonizzazione. Nel 2018 Sandra viene dichiarata “venerabile” ed il 2 ottobre 2019 Papa Francesco autorizza la promulgazione del Decreto che riconosce «il miracolo, attribuito all’intercessione di Sandra Sabattini» relativo alla guarigione da un tumore maligno di Stefano Vitali, ritenuta «scientificamente inspiegabile».
LA VITA
Sandra Sabattini nasce il 19 agosto 1961 a Riccione da Agnese Bonini e Giuseppe. Abita a Misano Cella con i genitori, il fratello Raffaele e lo zio don Giuseppe Bonini, parroco della chiesa del Bell’Amore. Nel 1965 con la famiglia si trasferisce a Rimini dove lo zio diviene parroco di San Girolamo. L’ambiente famigliare e la parrocchia aprono il suo animo ad accogliere i valori più alti della vita e della fede.
Nel settembre 1974 partecipa alla “vacanza di condivisione” presso la casa Madonna delle Vette ad Alba di Canazei condotta da don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII e da don Nevio Faitanini, futuro padre spirituale e costante punto di riferimento. Al ritorno dirà: «Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai».
Sandra scopre la bellezza dell’amore a Dio attraverso gli ultimi e gli emarginati e ne resta affascinata.
L’incontro con don Oreste segna profondamente la sua spiritualità e la sua vita; l’appartenenza alla comunità nella fraternità e nella condivisione con i poveri, apre nel suo cuore nuove vie di adesione al Signore Gesù.
Don Oreste ricorda: “Ha iniziato a scrivere all’età di dieci anni: pensieri brevi, intenzioni, ragionamenti profondi. In essi emerge sempre il rapporto con Dio-Amore, punto di partenza e termine di ogni cammino interiore. Sandra viveva tesa verso l’infinito, la luce, il mistero, l’amore, Dio. Non teneva la sua vita per se stessa”.
Dai suoi pensieri emerge la sua gratitudine a Dio per i doni ricevuti, scrive: “…Credevo di essere sola e non capivo che Tu eri con me… Grazie, Signore, di questo mondo, di questa vita, di queste persone, di questa gioia, per una nuova primavera che sorge e che mi vede ancora viva.” e ancora: “Ti ringrazio Signore perché la vita è una benedizione, perché i fratelli che mi hai messo accanto in questi giorni e in tutti i giorni della vita sono per essa una benedizione. Benedetto, Signore, perché ci ami, perché mi metti in cuore una gioia così grande”.
Sandra partecipa con assiduità agli incontri formativi e di spiritualità della comunità Papa Giovanni XXIII e fa parte del gruppo giovani della stessa; inizia a frequentare alcune case-famiglia e a seguire alcune situazioni di povertà che don Oreste le propone. Nell’agosto del 1979 inizia il cammino di fidanzamento con Guido Rossi. Solo dopo aver chiesto conferma del suo cammino di vita, nel 1980 si iscrive alla facoltà di Medicina a Bologna.
Sempre protesa verso una ‘scelta radicale’ per la sua vita, nell’estate del 1981 inizia la condivisione con i ragazzi tossicodipendenti che si sviluppa sia nel centro di ascolto e accoglienza attraverso i colloqui, sia all’interno delle comunità di recupero in particolare nei periodi estivi. Molti sono gli impegni che si assume, ma tutti vissuti nella chiarezza dell’unica scelta: “Signore…scelgo te e basta”.
Sandra ha mostrato con la sua vita l’adesione gioiosa al progetto d’amore che il Signore ha per ciascuno di noi; dove la gioia nasce dall’offrirsi a Lui: “L’uomo in realtà è una creatura modesta e diventa grande solo quando rinuncia all’orgoglio e diventa uno con Dio….Neanche l’Onnipotente può mettere una goccia d’acqua in una caraffa piena fino all’orlo. Dobbiamo dunque stare ogni giorno davanti a Dio a mani vuote come mendicanti.”
La presenza viva di Gesù era il fondamento della sua esistenza, dalla preghiera alla fraternità, dalla contemplazione alla condivisione con i poveri.
IL DIARIO
Poco dopo la sua morte, don Oreste Benzi ebbe l’occasione di leggere ciò che Sandra aveva lasciato scritto in alcuni fogli, su pezzetti di carta, in un’agenda, nei diari scolastici. Don Benzi capì subito che in quelle righe si apriva uno squarcio sul suo animo profondo e semplice, contemplativo e razionale, immerso in una fede profonda che la rendeva libera di esprimersi verso Dio. Sandra viveva tesa verso l’Infinito, la luce, il mistero, l’amore, Dio. Disse don Oreste: «Sandra ci ha lasciato scritto qualcosa di grande che è in lei». Sandra Sabattini iniziò a scrivere i suoi pensieri in quinta elementare su un foglio protocollo a righe piegato in quattro parti. Se i primi appunti sono pensieri semplici di bambina, a partire dai 14 anni iniziano riflessioni intime e profonde sempre alla ricerca del significato di ogni cosa, dell’Infinito. Un intenso cammino interiore di adolescente prima e di giovane poi.
“Dire: sì, Signore, scelgo i più poveri, ora è troppo facile, se poi tutto resta come prima. No, ora dico: scelgo te e basta”. (26.02.1978)
Ciò che appare certo fin dall’inizio del diario di Sandra è un singolare dono di sapienza, piuttosto insolito per una bambina, che le permetteva di farle conoscere Dio. Nella riservatezza più assoluta, senza far intravedere nulla a chi le stava vicino, Sandra riportava continuamente a Dio la sua vita dialogando nella preghiera.
“Se non faccio un’ora di preghiera al giorno non mi ricordo neanche di essere cristiana”.
Sviluppò una sorta di istinto divino che la guidava nella preghiera assidua e prolungata, per la quale sacrificava le ore di riposo, come attestano varie testimonianze. Era certa che Dio si potesse incontrare.
“Non sono io che cerco Dio ma è Dio che cerca me. Non c’è bisogno che io cerchi chissà quali argomentazioni per avvicinarmi a Dio: le parole prima o poi finiscono e ti accorgi allora che non rimane che la contemplazione, l’adorazione, l’aspettare che Lui ti faccia capire ciò che vuole da te. Sento la contemplazione necessaria al mio incontro con Cristo povero”. (8.10.1978)
Aveva sviluppato una capacità di comprendere l’essenza delle realtà terrene.
“C’è il tentativo di far correre l’uomo invano, di blandirlo con false libertà, falsi fini in nome del benessere. E l’uomo viene preso da un vortice di cose che si ritorce contro se stesso. Non è la rivoluzione che porta alla verità, ma la verità che porta alla rivoluzione”.
Sandra viveva una grande tensione all’amore che esprimeva verso Dio, la famiglia ed i poveri.
“La carità è la sintesi della contemplazione e dell’azione, il punto di sutura tra il cielo e la terra, tra l’uomo e Dio”. (13.2.1983)
INTERVISTA AL FIDANZATO a cura di Giovanni Tonelli
Guido Rossi è riservato. Lo conosco da quand’era ragazzo. Dopo quel drammatico 29 aprile 1984 che gli ha portato via l’amatissima Sandra, ha continuato il suo cammino nella comunità Papa Giovanni XXIII, si è laureato in ingegneria civile, ha conosciuto e poi sposato Patrizia e da lei ha avuto due figli: Camilla Sofia e Andrea.
È stato ordinato diacono della Chiesa di San Marino-Montefeltro e svolge il suo servizio nella parrocchia dei Salesiani di San Marino dove vive e nella comunità Papa Giovanni. Oggi che tutti indicano Sandra come la prima “santa fidanzata”, sentire la sua testimonianza è d’obbligo e lui lo sa. E per questo esce anche dalla sua tradizionale riservatezza.
Conoscendo la sua ritrosia a parlare lo accolgo con una battuta: “Don Oreste e Sandra: non c’è dubbio sei stato proprio incastrato da due santi”. Mi sorride: “Già, proprio così”.
Guido, come hai accolto la notizia di Sandra beata?
Come un grande dono per la Chiesa intera. Sandra come è stata un dono ed un modello per me è giusto che oggi lo sia per tanti giovani. Un dono che è bene che la Chiesa indichi a tutti.
Quando è stato il vostro primo incontro?
Frequentavamo entrambi il gruppo giovani della comunità Papa Giovanni, ma fra noi non c’erano particolari relazioni. Poi un giorno mi ha telefonato lei, nonostante fosse molto riservata. Mi chiese se l’aiutavo a seguire Giulietta, una bimba autistica e se le accompagnavo al mare. Per me era una giornata nera. Avevo appena dato il primo esame di ingegneria e nonostante l’impegno era andato male. Glielo dico e lei invece che consolarmi mi prese in giro. Poi passò un po’ di tempo e quando all’esame successivo presi 30 allora fui io a cercarla per comunicarle il voto. Lei sorrise e mi strinse alle spalle. Beh! fra noi cominciò così.
Cosa ti aveva colpito di lei?
La prima cosa che colpiva è come fosse riservata, umile e nello stesso tempo piena di gioia di vivere. Era una vera amante della vita.
Racconti spesso la vostra prima uscita come fidanzati...
“Guarda alle facce di queste vecchiette e pensa alla loro vita…”. Era la prima volta che uscivamo insieme come fidanzati e mi ha portato in un cimitero di campagna. Ogni tanto ci andava per pregare e per ricordarsi del significato della vita. Aveva una particolare sensibilità per le sofferenze degli altri non solo come capacità di recepire, ma soprattutto come volontà e coraggio nell’affrontare e sostenere le scelte di condivisione. Era attratta nel profondo sia umanamente che spiritualmente dal mistero della gioia e del dolore, della vita e della morte che solo in un abbandono nel Signore trova soluzione. E questo pensiero sulla morte non era davvero tipico della sua età.
Le amiche dicono che solo dopo tempo si accorsero del vostro rapporto d’amore. La riservatezza era una scelta o frutto di carattere?
Non è stata una scelta. Era frutto del nostro modo di essere, una cosa che ci accumunava. Non volevamo in nessun modo isolarci dagli altri.
Il vescovo Francesco, scrivendo del vostro rapporto vi definisce “due fidanzati controcorrente” e cita don Oreste: “Fidanzati come se non lo fossero secondo i criteri del mondo; i periodi liberi dallo studio erano vissuti in mezzo a fratelli bisognosi, e questo modo di vivere, intensificava e faceva crescere la loro unione…”.
C’è da vergognarsi a dirlo, ma ci siamo baciati alcuni mesi dopo esserci messi insieme. Forse il motivo di fondo per cui mi sono innamorato è stata l’idea di purezza che dalla sua persona traspariva. Di lei mi attirava il suo rapporto col Signore. Io al contrario di lei, ero un carattere un po’ cervellotico. Per me il Signore era un Dio da cui stare a distanza, oggetto di angoscia e di ricerca, di riflessione, mentre per lei era un Padre a cui affidarsi nella gioia e lasciarsi abbracciare. Per me era cosa legata alla mente, per lei era cosa legata al cuore, per cui si apriva totalmente al Signore.
Le amiche la ricordano sempre gioiosa e ironica. Qual era il segreto della sua gioia?
In parte la sua gioia dipendeva dal carattere, ma soprattutto dalla profondità della sua continua ricerca di unione col Signore. Era un tutt’uno con se stessa. Non era solo la mente in gioco, ma tutta se stessa, tutta la sua vita. Questa unità era la fonte della sua gioia.
Sapevi che Sandra teneva un diario? L’aveva, almeno in alcune pagine, condiviso con te?
Sapevo che scriveva e certe cose me le aveva lette. Bisogna precisare che il Diario stampato era solo una selezione di almeno 4 o 5 agende zeppe di appunti e annotazioni che io e suo fratello abbiamo fatto dopo la sua morte per preparare la prima edizione del diario, fatta di fotocopie e di testi battuti quando il testo di Sandra non era così chiaro per esser fotocopiato. Purtroppo gli originali furono perduti da don Oreste, che non si diede mai pace di questo.
Il suo diario e le testimonianze ci raccontano di una vita stracolma di impegni. Anche a costo, com’è naturale, di qualche contrasto in casa…
La sua vita era fatta di ritagli di tempo, che sfruttava per studiare o pregare. Non rinunciava mai ai suoi impegni con i poveri, neanche per l’esame di maturità scientifica, neanche per gli esami di medicina. Nella borsa aveva sempre un libro da studiare per aprire nei cinque minuti liberi e nei luoghi più disparati e il libretto della liturgia delle ore. E i voti erano sempre ottimi.
Il suo rapporto con Dio...
Ha scritto nel diario: “Se Dio non esistesse sarei disperata”. La cosa che mi stupiva è che non era una posizione intellettuale o filosofica, ma una coscienza profonda al limite del dolore. Sentiva che non bastava una vita da buoni cristiani, fatta di morale, di equilibrio e di scelte opportune. Il Signore è il Dio della nostra vita e solo il sentirsi completamente in Lui le dava pace e gioia, Una volta mi ha scritto su di un piccolo sacchettino di cioccolatini: “L’uomo in realtà, è una creatura modesta e diventa grande solo quando rinuncia all’orgoglio e diventa uno con Dio. Una goccia separata dall’oceano non serve a granché, ma rimanendo nell’oceano ha la sua parte nel sostenere la mole di una nave… Dobbiamo lottare finché tutto il nostro ego si annienti e siamo assorbiti nell’Infinito. Dobbiamo stare ogni giorno davanti a Dio a mani vuote, come mendicanti”.
Sembra che fosse una sua passione scrivere qualche messaggio su ogni cosa che si trovava fra le mani…
Si, è vero. Le piaceva fare anche piccoli disegni su carta, scatoline, sassi di fiume. In un pezzo di legno attorno ad uno di questi disegni Sandra ha riportato una frase di Pablo Neruda che in fondo è il suo ritratto: “Questa volta lasciatemi essere felice, accade solo che sono felice, felice come l’erba e la sabbia, felice come l’aria e la terra, felice… in tutti i punti del cuore mentre cammino dormo o scrivo”.
C’è un brano di San Paolo che un giorno mi ha trascritto e che mi ricorda la gioia del suo volto: “Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”.
Da quel che dici era molto impegnata a farti catechesi…
Era certamente impegnata a risollevarmi dalla mia tristezza. Quanod leggevamo i salmi e si faceva risonanza mi prendeva in giro perché diceva che sapeva cosa avrei riletto, le sue erano sempre risonanze gioiose, le mie quelle più tristi. Con la sua gioia di vivere forse sentiva la missione di farmi gustare le cose belle. Probabilmente (e qui sorride) nella sua lista dei poveri c’era anche il nome del fidanzato. Scherzi a parte la nostra relazione è stata anche per lei motivo di serenità e sicurezza. Ma per lei anche il nostro incontro non era un punto di arrivo, ma un motivo di preghiera e discernimento.
Un fatto curioso…
Lei aveva sempre dietro un libretto delle ore ricoperto con carta a fiori e ben consumato dall’uso. In autobus, in treno, anche quando andavamo in un prato lo tirava fuori e mi invitava a pregare con lei. Io ritenevo quella preghiera bella da fare in certi momenti, ma un po’ da preti. Lei insisteva e così si faceva. Anzi un giorno regalò anche a me un libretto delle ore e quando parecchio tempo dopo vide che era ancora intonso, nuovo, si arrabbiò parecchio con me.
Torniamo al suo carattere: aperto, gioioso, anche ironico, con una bella carica di umorismo. Ti prendeva mai benevolmente in giro?
Certo basta leggere la cartella clinica che scrisse per prendermi in giro. Aveva la capacità di smontare tutto quello che è apparenza. Il suo era uno sguardo diverso.
Certo, è naturale, col tempo che passa siamo portati a ricordare solo le cose più belle, ma sappiamo che la perfezione appartiene solo a Dio, neppure ai santi. Qualche contrasto l’avrete avuto, no?
Qualche momento di tensione è parte della vita. A volte mi disturbava ed ho anche un po’ sofferto quel’essere presa dai poveri a 360°. Non so se era un limite mio o suo, certo una sofferenza e anche un motivo, anche se poche volte di discussione. Ma in questi casi poi lei mi veniva incontro e cercava di coinvolgermi. Ma non eravamo allo stesso livello di maturità della fede.
Giovanni Tonelli