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Dalla Chiesa Italiana

Il messaggio di Papa Francesco per la 61ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace
 

Cari fratelli e sorelle!

La Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni ci invita, ogni anno, a considerare il dono prezioso della chiamata che il Signore rivolge a ciascuno di noi, suo popolo fedele in cammino, perché possiamo prendere parte al suo progetto d’amore e incarnare la bellezza del Vangelo nei diversi stati di vita. Ascoltare la chiamata divina, lungi dall’essere un dovere imposto dall’esterno, magari in nome di un’ideale religioso; è invece il modo più sicuro che abbiamo di alimentare il desiderio di felicità che ci portiamo dentro: la nostra vita si realizza e si compie quando scopriamo chi siamo, quali sono le nostre qualità, in quale campo possiamo metterle a frutto, quale strada possiamo percorrere per diventare segno e strumento di amore, di accoglienza, di bellezza e di pace, nei contesti in cui viviamo.
Così, questa Giornata è sempre una bella occasione per ricordare con gratitudine davanti al Signore l’impegno fedele, quotidiano e spesso nascosto di coloro che hanno abbracciato una chiamata che coinvolge tutta la loro vita. Penso alle mamme e ai papà che non guardano anzitutto a sé stessi e non seguono la corrente di uno stile superficiale, ma impostano la loro esistenza sulla cura delle relazioni, con amore e gratuità, aprendosi al dono della vita e ponendosi al servizio dei figli e della loro crescita. Penso a quanti svolgono con dedizione e spirito di collaborazione il proprio lavoro; a coloro che si impegnano, in diversi campi e modi, per costruire un mondo più giusto, un’economia più solidale, una politica più equa, una società più umana: a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si spendono per il bene comune. Penso alle persone consacrate, che offrono la propria esistenza al Signore nel silenzio della preghiera come nell’azione apostolica, talvolta in luoghi di frontiera e senza risparmiare energie, portando avanti con creatività il loro carisma e mettendolo a disposizione di coloro che incontrano. E penso a coloro che hanno accolto la chiamata al sacerdozio ordinato e si dedicano all’annuncio del Vangelo e spezzano la propria vita, insieme al Pane eucaristico, per i fratelli, seminando speranza e mostrando a tutti la bellezza del Regno di Dio.
Ai giovani, specialmente a quanti si sentono lontani o nutrono diffidenza verso la Chiesa, vorrei dire: lasciatevi affascinare da Gesù, rivolgetegli le vostre domande importanti, attraverso le pagine del Vangelo, lasciatevi inquietare dalla sua presenza che sempre ci mette beneficamente in crisi. Egli rispetta più di ogni altro la nostra libertà, non si impone ma si propone: lasciategli spazio e troverete la vostra felicità nel seguirlo e, se ve lo chiederà, nel donarvi completamente a Lui.

Un popolo in cammino
La polifonia dei carismi e delle vocazioni, che la Comunità cristiana riconosce e accompagna, ci aiuta a comprendere pienamente la nostra identità di cristiani: come popolo di Dio in cammino per le strade del mondo, animati dallo Spirito Santo e inseriti come pietre vive nel Corpo di Cristo, ciascuno di noi si scopre membro di una grande famiglia, figlio del Padre e fratello e sorella dei suoi simili. Non siamo isole chiuse in sé stesse, ma siamo parti del tutto. Perciò, la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni porta impresso il timbro della sinodalità: molti sono i carismi e siamo chiamati ad ascoltarci reciprocamente e a camminare insieme per scoprirli e per discernere a che cosa lo Spirito ci chiama per il bene di tutti.
Nel presente momento storico, poi, il cammino comune ci conduce verso l’Anno Giubilare del 2025. Camminiamo come pellegrini di speranza verso l’Anno Santo, perché nella riscoperta della propria vocazione e mettendo in relazione i diversi doni dello Spirito, possiamo essere nel mondo portatori e testimoni del sogno di Gesù: formare una sola famiglia, unita nell’amore di Dio e stretta nel vincolo della carità, della condivisione e della fraternità.
Questa Giornata è dedicata, in particolare, alla preghiera per invocare dal Padre il dono di sante vocazioni per l’edificazione del suo Regno: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Lc 10,2). E la preghiera – lo sappiamo – è fatta più di ascolto che di parole rivolte a Dio. Il Signore parla al nostro cuore e vuole trovarlo aperto, sincero e generoso. La sua Parola si è fatta carne in Gesù Cristo, il quale ci rivela e ci comunica tutta la volontà del Padre. In quest’anno 2024, dedicato proprio alla preghiera in preparazione al Giubileo, siamo chiamati a riscoprire il dono inestimabile di poter dialogare con il Signore, da cuore a cuore, diventando così pellegrini di speranza, perché «la preghiera è la prima forza della speranza. Tu preghi e la speranza cresce, va avanti. Io direi che la preghiera apre la porta alla speranza. La speranza c’è, ma con la mia preghiera apro la porta» (Catechesi, 20 maggio 2020).

Pellegrini di speranza e costruttori di pace
Ma cosa vuol dire essere pellegrini? Chi intraprende un pellegrinaggio cerca anzitutto di avere chiara la meta, e la porta sempre nel cuore e nella mente. Allo stesso tempo, però, per raggiungere quel traguardo, occorre concentrarsi sul passo presente, per affrontare il quale bisogna essere leggeri, spogliarsi dei pesi inutili, portare con sé l’essenziale e lottare ogni giorno perché la stanchezza, la paura, l’incertezza e le oscurità non blocchino il cammino intrapreso. Così, essere pellegrini significa ripartire ogni giorno, ricominciare sempre, ritrovare l’entusiasmo e la forza di percorrere le varie tappe del percorso che, nonostante le fatiche e le difficoltà, sempre aprono davanti a noi orizzonti nuovi e panorami sconosciuti.
Il senso del pellegrinaggio cristiano è proprio questo: siamo posti in cammino alla scoperta dell’amore di Dio e, nello stesso tempo, alla scoperta di noi stessi, attraverso un viaggio interiore ma sempre stimolato dalla molteplicità delle relazioni. Dunque, pellegrini perché chiamati: chiamati ad amare Dio e ad amarci gli uni gli altri. Così, il nostro camminare su questa terra non si risolve mai in un affaticarsi senza scopo o in un vagare senza meta; al contrario, ogni giorno, rispondendo alla nostra chiamata, cerchiamo di fare i passi possibili verso un mondo nuovo, dove si viva in pace, nella giustizia e nell’amore. Siamo pellegrini di speranza perché tendiamo verso un futuro migliore e ci impegniamo a costruirlo lungo il cammino.
Questo è, alla fine, lo scopo di ogni vocazione: diventare uomini e donne di speranza. Come singoli e come comunità, nella varietà dei carismi e dei ministeri, siamo tutti chiamati a “dare corpo e cuore” alla speranza del Vangelo in un mondo segnato da sfide epocali: l’avanzare minaccioso di una terza guerra mondiale a pezzi; le folle di migranti che fuggono dalla loro terra alla ricerca di un futuro migliore; il costante aumento dei poveri; il pericolo di compromettere in modo irreversibile la salute del nostro pianeta. E a tutto ciò si aggiungono le difficoltà che incontriamo quotidianamente e che, a volte, rischiano di gettarci nella rassegnazione o nel disfattismo.
In questo nostro tempo, allora, è decisivo per noi cristiani coltivare uno sguardo pieno di speranza, per poter lavorare con frutto, rispondendo alla vocazione che ci è stata affidata, al servizio del Regno di Dio, Regno di amore, di giustizia e di pace. Questa speranza – ci assicura San Paolo – «non delude» (Rm 5,5), perché si tratta della promessa che il Signore Gesù ci ha fatto di restare sempre con noi e di coinvolgerci nell’opera di redenzione che Egli vuole compiere nel cuore di ogni persona e nel “cuore” del creato. Tale speranza trova il suo centro propulsore nella Risurrezione di Cristo, che «contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali. È vero che molte volte sembra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell’oscurità comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 276). Ancora l’apostolo Paolo afferma che «nella speranza» noi «siamo stati salvati» (Rm 8,24). La redenzione realizzata nella Pasqua dona la speranza, una speranza certa, affidabile, con la quale possiamo affrontare le sfide del presente.
Essere pellegrini di speranza e costruttori di pace, allora, significa fondare la propria esistenza sulla roccia della risurrezione di Cristo, sapendo che ogni nostro impegno, nella vocazione che abbiamo abbracciato e che portiamo avanti, non cade nel vuoto. Nonostante fallimenti e battute d’arresto, il bene che seminiamo cresce in modo silenzioso e niente può separarci dalla meta ultima: l’incontro con Cristo e la gioia di vivere nella fraternità tra di noi per l’eternità. Questa chiamata finale dobbiamo anticiparla ogni giorno: la relazione d’amore con Dio e con i fratelli e le sorelle inizia fin d’ora a realizzare il sogno di Dio, il sogno dell’unità, della pace e della fraternità. Nessuno si senta escluso da questa chiamata! Ciascuno di noi, nel suo piccolo, nel suo stato di vita può essere, con l’aiuto dello Spirito Santo, seminatore di speranza e di pace.

Il coraggio di mettersi in gioco
Per tutto questo dico, ancora una volta, come durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona: “Rise up! – Alzatevi!”. Svegliamoci dal sonno, usciamo dall’indifferenza, apriamo le sbarre della prigione in cui a volte ci siamo rinchiusi, perché ciascuno di noi possa scoprire la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo e diventare pellegrino di speranza e artefice di pace! Appassioniamoci alla vita e impegniamoci nella cura amorevole di coloro che ci stanno accanto e dell’ambiente che abitiamo. Ve lo ripeto: abbiate il coraggio di mettervi in gioco! Don Oreste Benzi, un infaticabile apostolo della carità, sempre dalla parte degli ultimi e degli indifesi, ripeteva che nessuno è così povero da non aver qualcosa da dare, e nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere qualcosa.
Alziamoci, dunque, e mettiamoci in cammino come pellegrini di speranza, perché, come Maria fece con Santa Elisabetta, anche noi possiamo portare annunci di gioia, generare vita nuova ed essere artigiani di fraternità e di pace.

Papa Francesco

Consiglio dei giovani del Mediterraneo: inaugurata la sede

“Le nuove generazioni sono una ‘frontiera di pace’ perché hanno grandi energie e desideri alti. Di questa forza, di questo entusiasmo, di questo sguardo accogliente dei giovani possiamo beneficiarne tutti”. Lo ha affermato Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, che nel pomeriggio del 16 aprile ha inaugurato a Fiesole (Fi) la sede del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, l’opera-segno nata dall’incontro di Vescovi e Sindaci dei Paesi del Mediterraneo che si è svolto a Firenze dal 23 al 27 febbraio 2022.
Dopo la visita al Parlamento europeo e alla Comece, i giovani provenienti da 18 Paesi che compongono il Consiglio hanno vissuto oggi un altro momento importante. “Guardiamo ai giovani con particolare speranza”, ha rilevato Mons. Baturi ricordando che “la giovinezza è un tesoro grande, una ricchezza peculiare, per ciò che è in sé stessa e per la fecondità che sa dare. È sempre una primavera, un continuo inizio, un’apertura all’infinito, al futuro e alla felicità”. “Nella giovinezza – ha aggiunto – l’uomo prende in consegna sé stesso, nella scoperta del suo io e nell’emergere delle grandi aspirazioni e desideri, e il mondo intero, di cui si vuol contribuire a determinare il volto, con generosità e creatività, perché nessuno muoia di fame e di odio”. Secondo il Segretario Generale della CEI, “i giovani sono chiamati ad essere pellegrini della verità e anche pellegrini della pace”. “Troviamo – ha concluso – modi nuovi per riconoscerci in cammino, uniti nell’impegno per la dignità dell’uomo e la causa della pace contro ogni specie di menzogna e violenza distruttrice”.
Fortemente voluto e sostenuto dalla CEI, il Consiglio mira a curare la dimensione spirituale, a rafforzare l’azione pastorale davanti alle sfide odierne e a costruire relazioni fraterne, come racconta il portale http://www.giovanimediterraneo.org/. dove sono disponibili informazioni e notizie. Alla cerimonia – a cui è intervenuto l’ambasciatore Pasquale Ferrara, Direttore Generale per gli Affari Politici e Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – hanno portato il loro saluto anche Mons. Stefano Manetti, Vescovo di Fiesole, Mons. Fabio Celli, Rettore Seminario Vescovile di Fiesole, Anna Ravoni, Sindaca di Fiesole, Patrizia Giunti, Presidente della Rete Mare Nostrum, e di Aleks Birsa Jogan, del Direttivo Consiglio dei Giovani del Mediterraneo.

 

Foto: CEI

8xmille. Al via dal 14 aprile la nuova campagna: protagonisti i territori

Una firma che permette di realizzare gesti concreti di solidarietà e prossimità. Un fatto che si fa immagini e parole nella nuova campagna dell’8xmille alla Chiesa cattolica, che quest’anno sarà lanciata domenica 14 aprile. Uno strumento a corredo dell’impegno sul territorio, condotto dalle diocesi, per la diffusione della conoscenza delle opere, attraverso gli incaricati e gli uffici comunicazioni sociali, che sono i nuovi “registi” della promozione. La nuova campagna, infatti, si muove su due piani: uno nazionale e uno regionale.
Su una dimensione nazionale, diverse rilevazioni hanno dimostrato che la campagna pubblicitaria aumenta il ricordo spontaneo e che incentiva la percezione della Chiesa cattolica vicina alla gente. Tra le novità di quest’anno, l’anticipazione dell’inizio della diffusione degli spot e l’articolazione in due momenti differenti. Tra marzo e aprile, si sta svolgendo una “pre-campagna”. Si tratta di un’attività sviluppata per i nativi digitali: articoli di approfondimento sulle opere e sulle attività protagoniste degli spot, cui segue un’attività di display geolocal, attività pubblicitaria legata al territorio. Idea che nasce dalla considerazione che ciò che è vicino ha un maggiore impatto. Quindi, quel contenuto è visualizzato solo sui device di chi vive nella zona dell’opera scelta. Poi, da domenica prossima, il via alla diffusione degli spot sui vari media, dalla tv ai giornali.

Quest’anno, sono 7 le opere al centro della campagna nazionale, che da nord a sud spazia dalla carità al restauro fino al sostentamento dei sacerdoti.

A livello diocesano, è fondamentale il ruolo degli uffici delle comunicazioni sociali: “Con gli economi e con il vescovo devono individuare le opere più belle da mettere in evidenza e poi realizzare un comunicato stampa sulle opere finanziate. Hanno il compito anche di attivare i media locali – i giornali Fisc e il circuito Corallo -. Saranno a loro disposizione anche alcune le pagine dei giornali digitali locali di City News. Questo dà la possibilità di parlare a un target che non è solo quello del mondo cattolico”, spiega il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni. “Il racconto della prossimità non sarebbe possibile senza il contributo dell’8xmille – spiega il presidente della Fisc, Mauro Ungaro -. I volti delle persone con le loro storie sono per noi l’ordinario ma diventano lo straordinario perché portano in un mondo segnato da generosità. Un mondo sorprendente ma che fa parte della quotidianità. Vogliamo continuare ad aiutare a scoprire quello che si realizza con l’8xmille nella prossimità”. L’importanza di un impegno corale è stata espressa anche da Alessia Caricato, direttrice de Il Corallo, che ha realizzato un video di rendicontazione dell’impegno condiviso con la Fisc: “I territorio sono i diretti beneficiari”, ribadisce. E, infatti, nel 2023 sono stati diffusi 146 video in 30 tv locali su opere sostenute con fondi 8xmille.
Il coinvolgimento di quanti si occupano di informazione e comunicazione a livello diocesano è un tassello importante, come spiega il direttore dell’Ucs Cei, Vincenzo Corrado: “Permette di toccare con mano e prendere sempre più coscienza dell’impegno nella narrazione del buono che viene messo a punto, attraverso l’8xmille, nelle nostre comunità. È quel bene che ha bisogno di essere coltivato quotidianamente e costantemente perché possa portare sempre più frutti maturi. E, in questo caso, – sembra un paradosso ma non lo è – è di rendere ancora più forti anche la comunicazione e l’informazione”.

Fondamentale, dunque, diventa l’impegno a “spiegare l’importanza della firma attivando tutta la comunità a promuovere il sostegno della Chiesa”.

Fonte: SIR/Filippo Passantino

A scuola di futuro

La formazione – scolastica e professionale – come volano di sviluppo. Il Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha approvato diversi progetti che puntano alla costruzione di scuole e all’educazione per le varie fasce d’età, oltre che alla sanità e alla promozione sociale.

Con i fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, saranno realizzati 53 nuovi interventi, per i quali sono stati stanziati € 8.033.319 così suddivisi: € 5.136.346 per 28 progetti in Africa, € 1.271.777 per 12 progetti in America Latina; € 1.569.286 per 12 progetti in Asia, € 55.910 per 1 progetto in Medio Oriente.


Tra gli interventi più significativi, nove sono in Africa: in Congo Brazaville, le suore Missionarie dello Spirito Santo costruiranno una nuova scuola per gli alunni della primaria “Eugénie Caps “ a Pointe Noire. In Costa d’Avorio, la Fondazione Marista per la Solidarietà Onlus completerà il polo scolastico “St. Marcellin Champagnat” così da poter accogliere 450 studenti della diocesi di Bouake. In Madagascar, le Piccole Suore Apostole della Redenzione costruiranno la scuola “Padre Arturo D’Onofrio” per assicurare un’educazione di qualità, ridurre la dispersione scolastica e l’analfabetismo a Lopary, nella diocesi di Farafangana (situata nel sud-est dell’isola a 900 km dalla capitale) dove la maggior parte della popolazione è dedita all’agricoltura, il turismo è inesistente e numerosissimi bambini vivono in villaggi isolati. In Nigeria, gli Spiritani invece potenzieranno la formazione professionale dell’Holy Ghost Model College di Imuwen con l’avvio di laboratori di informatica, edilizia, meccanica, idraulica, arte e artigianato, mentre nella Repubblica Democratica del Congo i Lasalliani promuoveranno formazione professionale per le giovani donne (circa 200) migliorando la loro istruzione e favorendo opportunità di occupazione e sostentamento. Lo stesso avverrà in Sud Sudan grazie al progetto della Fondazione Avsi che offrirà educazione di qualità ai giovani della diocesi di Rumbek, attraverso la fornitura di materiale didattico e di attrezzature professionali, l’allestimento di un laboratorio tecnologico, l’organizzazione di workshop con i rappresentanti delle realtà imprenditoriali locali. In Egitto, la Caritas locale organizzerà corsi di alfabetizzazione e librerie di comunità per aiutare 1350 ragazze a partecipare attivamente alla vita sociale e, al contempo, allestirà degli asili per i bambini di 3 ai 6 anni. In Ciad, poi, la Caritas della diocesi di Doba sosterrà numerose famiglie di agricoltori offrendo formazione e avviando un’azienda pilota per assicurare una maggiore produttività e rigenerare i terreni in una zona ampiamente sfruttata da parte di compagnie straniere che vi estraggono il petrolio. In Etiopia, il Vicariato Apostolico di Hawassa equipaggerà l’unità di terapia intensiva neonatale e le sale operatorie del Centro sanitario Bushulo, attivo in città da circa 40 anni e attualmente primo ospedale del sud del Paese dedicato alla salute materna, infantile e pediatrica per un territorio che conta 19 milioni di abitanti.


Dei 12 progetti finanziati nel Continente latino-americano, grande rilevanza assume quello promosso in Bolivia dal Vicariato Apostolico di Pando che ristrutturerà il Centro de Educacion Especial Sagrada Familia che offre percorsi riabilitativi e educativi a bambini, circa 115, con varie disabilità e costruirà per loro anche uno spazio polivalente, in particolare per svolgere attività sportive. Ad Haiti la diocesi di Jacmel avvierà un intervento a favore di un migliaio di giovani che abitano nella zona povera de “La Montagne”: saranno forniti 600 kit alimentari e sanitari, organizzati incontri di sensibilizzazione sull’utilizzo dell’acqua e corsi professionalizzanti. In Brasile, invece, l’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo amplierà i programmi di formazione e certificazione delle competenze per migranti e rifugiati assistiti presso il Centro pastorale per i migranti fondato nel 1980 a Cuiabá.


Nel Continente asiatico, uno dei progetti vedrà la luce a Timor Est dove le Suore della Divina Volontà realizzeranno un Centro sociale a Maumeta (Aileu), nella diocesi di Dili, in un contesto rurale, povero, con pochissime infrastrutture, difficile da raggiungere per la presenza di strade non asfaltate che le condizioni climatiche rendono poco praticabili e pericolose. In 8 città – Karachi, Lahore, Sargodha, Faisalabad, Islamabad, Sialkot, Quetta e Gojra – del Pakistan, infine, grazie ai fondi dell’8xmille, si favorirà l’integrazione delle comunità cristiane e il dialogo interreligioso attraverso la promozione di iniziative ad hoc e soprattutto il sostegno alla formazione di 230 studenti cristiani che frequentano la scuola superiore e l’università, di 455 bambini e ragazzi dai 6 ai 12 anni delle “scuole di pace” (centri gratuiti che aiutano quanti sono a rischio analfabetismo e le loro famiglie nell’inserimento scolastico) e di 450 volontari della Comunità di S. Egidio.

 

Foto: CEI

La visita al Parlamento europeo e alla Comece del Consiglio dei giovani del Mediterraneo

Si conclude oggi la visita alle Istituzioni europee, a Bruxelles, del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, opera-segno nata a seguito dell’Incontro di Vescovi e Sindaci del Mediterraneo (Firenze, 23-27 febbraio 2022).

La delegazione, accompagnata da Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, è stata ricevuta dalla Dottoressa Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo, e da Mons. Mariano Crociata, Presidente della Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (Comece), insieme a Mons. Noël Treanor, Nunzio apostolico presso l’Unione Europea. La visita infatti prevedeva una doppia tappa: nella sede del Parlamento europeo e in quella della Comece. 

L’incontro con la Presidente Metsola, osserva Mons. Crociata, è “la conferma di un rapporto che la Chiesa, attraverso la Comece, ha con il Parlamento europeo, e che merita di essere portato avanti perché permette alla Chiesa di svolgere la sua missione e al Parlamento di raccogliere voci che vengono dal mondo cattolico, che è parte importante del popolo europeo”. 

La Presidente Metsola, afferma Mons. Baturi, “ha voluto conoscere meglio le motivazioni e la composizione del Consiglio dei giovani del Mediterraneo. Si è interessata anche della grande visione di Giorgio La Pira, chiedendo di poterla sviluppare in contesti storici che hanno bisogno di quella prospettiva profetica e ricordando che l’Unione europea è soprattutto un progetto di pace”. Il Segretario Generale della CEI esprime gratitudine alla Presidente del Parlamento europeo per “l’impegno a favore della cooperazione e della comprensione tra i popoli e il sostegno alla libertà, alla democrazia e ai diritti”. Con il Consiglio dei giovani del Mediterraneo, spiega Mons. Baturi, “abbiamo voluto scommettere sui giovani perché questo significa scommettere sull’educazione, sulla loro capacità di immaginare un futuro diverso. L’Europa non può non accorgersi di ciò che accade nel Mediterraneo, delle forze vive e della possibilità che esso ha di sviluppare un’azione di pace e di amicizia che avrà ripercussioni in tutto il mondo. Per questo, vogliamo da una parte che i nostri giovani di 18 Paesi conoscano le Istituzioni europee, dall’altra parte chiediamo che le Istituzioni europee tengano conto di queste forze vive e prospettiche capaci di determinare, speriamo, un futuro diverso”. 

Fortemente voluto e sostenuto dalla CEI, il Consiglio mira infatti a curare la dimensione spirituale, a rafforzare l’azione pastorale davanti alle sfide odierne e a costruire relazioni fraterne, come racconta il portale www.giovanimediterraneo.org dove sono disponibili informazioni e notizie. Il 16 aprile, a Fiesole (Fi), inoltre, sarà inaugurata la sede del Consiglio. La fisionomia, la mission e le attività sono state presentate dal Direttivo, nell’ambito dell’evento odierno “Costruire ponti di dialogo, unità e pace tra popoli e culture”. Ai lavori, introdotti dall’europarlamentare Beatrice Covassi, sono intervenuti Mons. Baturi, Mons. Crociata e Patrizia Giunti, Presidente della Rete Mare Nostrum e della Fondazione La Pira.

 

(Foto: Parlamento europeo)

Lettera di Papa Francesco ai cattolici di Terra Santa

Cari fratelli e sorelle,
da tempo vi penso e ogni giorno prego per voi. Ma ora, alla vigilia di questa Pasqua, che per voi sa tanto di Passione e ancora poco di Risurrezione, sento il bisogno di scrivervi per dirvi che vi porto nel cuore. Sono vicino a tutti voi, nei vostri vari riti, cari fedeli cattolici sparsi su tutto il territorio della Terra Santa: in particolare a quanti, in questi frangenti, stanno patendo più dolorosamente il dramma assurdo della guerra, ai bambini cui viene negato il futuro, a quanti sono nel pianto e nel dolore, a quanti provano angoscia e smarrimento.
La Pasqua, cuore della nostra fede, è ancora più significativa per voi che la celebrate nei Luoghi in cui il Signore è vissuto, morto e risorto: non solo la storia, ma neanche la geografia della salvezza esisterebbe senza la Terra che voi abitate da secoli, dove volete restare e dov’è bene che possiate restare. Grazie per la vostra testimonianza di fede, grazie per la carità che c’è tra di voi, grazie perché sapete sperare contro ogni speranza.
Desidero che ciascuno di voi senta il mio affetto di padre, che conosce le vostre sofferenze e le vostre fatiche, in particolare quelle di questi ultimi mesi. Insieme al mio affetto, possiate percepire quello di tutti i cattolici del mondo! Il Signore Gesù, nostra Vita, come Buon Samaritano versi sulle ferite del vostro corpo e della vostra anima l’olio della consolazione e il vino della speranza.
Pensandovi, torna alla memoria il pellegrinaggio che ho compiuto in mezzo a voi dieci anni fa; e faccio mie le parole che San Paolo VI, primo Successore di Pietro pellegrino in Terra Santa, rivolse a tutti i credenti cinquant’anni fa: «Il protrarsi dello stato di tensione nel Medio Oriente, senza che siano compiuti passi conclusivi verso la pace, costituisce un grave e costante pericolo, che minaccia non solo la tranquillità e la sicurezza di quelle popolazioni – e la pace del mondo intero – ma anche certi valori sommamente cari, per diversi motivi, a tanta parte dell’umanità» (Esort. Ap. Nobis in Animo).
Cari fratelli e sorelle, la comunità cristiana di Terra Santa non è stata soltanto, lungo i secoli, custode dei Luoghi della salvezza, ma ha costantemente testimoniato, attraverso le proprie sofferenze, il mistero della Passione del Signore. E, con la sua capacità di rialzarsi e andare avanti, ha annunciato e continua ad annunciare che il Crocifisso è Risorto, che con i segni della Passione è apparso ai discepoli e salito al cielo, portando al Padre la nostra umanità tormentata ma redenta. In questi tempi oscuri, in cui sembra che le tenebre del Venerdì santo ricoprano la vostra Terra e troppe parti del mondo sfigurate dall’inutile follia della guerra, che è sempre e per tutti una sanguinosa sconfitta, voi siete fiaccole accese nella notte; siete semi di bene in una terra lacerata da conflitti.
Per voi e con voi prego: “Signore, tu che sei la nostra pace (cfr Ef 2,14-22), tu che hai proclamato beati gli operatori di pace (cfr Mt 5,9), libera il cuore dell’uomo dall’odio, dalla violenza e dalla vendetta. Noi guardiamo te e seguiamo te, che perdoni, che sei mite e umile di cuore (cfr Mt 11,29). Fa’ che nessuno ci rubi dal cuore la speranza di rialzarci e di risorgere con te, fa’ che non ci stanchiamo di affermare la dignità di ogni uomo, senza distinzione di religione, di etnia o di nazionalità, a partire dai più fragili: dalle donne, dagli anziani, dai piccoli e dai poveri”.
Fratelli, sorelle, voglio dirvi: non siete soli e non vi lasceremo soli, ma rimarremo solidali con voi attraverso la preghiera e la carità operosa, sperando di poter tornare presto da voi come pellegrini, per guardarvi negli occhi e abbracciarvi, per spezzare il pane della fraternità e contemplare quei virgulti di speranza cresciuti dai vostri semi, sparsi nel dolore e coltivati con pazienza.
So che i vostri Pastori, i religiosi e le religiose vi sono vicini: li ringrazio di cuore per quanto hanno fatto e continuano a fare. Cresca e risplenda, nel crogiolo della sofferenza, l’oro dell’unità, anche con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane, ai quali pure desidero manifestare la mia spirituale vicinanza ed esprimere il mio incoraggiamento. Tutti porto nella preghiera.
Vi benedico e invoco su di voi la protezione della Beata Vergine Maria, figlia della vostra Terra. Rinnovo l’invito a tutti i cristiani del mondo a farvi sentire il loro sostegno concreto e a pregare senza stancarsi, perché l’intera popolazione della vostra cara Terra sia finalmente nella pace.

Fraternamente,
Francesco

 

Foto: (Vatican Media/SIR)

Venerdì 29 marzo: Colletta per la Terra Santa

Venerdì 29 marzo torna la Colletta per la Terra Santa.

COSA E’ LA COLLETTA?

La Colletta pro locis sanctis è una delle raccolte obbligatorie (insieme a Obolo di S. Pietro il 29 giugno e la giornata Missionaria mondiale) a favore delle opere e delle necessità della Terra Santa.

QUANDO SI ORGANIZZA LA COLLETTA?

Il Venerdì Santo o in altro giorno della settimana santa designato dall’ordinario del luogo in tutte le chiese, gli oratori appartenenti al clero diocesano o religioso, si raccolga una colletta che sarà devoluta ai fratelli della Chiesa di Terra Santa, sia per il mantenimento dei santuari, ma soprattutto per le opere pastorali assistenziali, educative, sociali… I fedeli devono essere avvertiti con anticipo di questa iniziativa e della destinazione delle loro offerte.

A CHI VANNO LE OFFERTE?

I parroci e i religiosi consegneranno le offerte della Colletta pro locis sanctis al proprio Ordinario. Egli le consegnerà al Commissario di Terra Santa più vicino. Nel Nord Italia il Commissario è fra Gianluigi Ameglio.

Lettera del Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, per la Colletta del Venerdì Santo 2024

Carissime amiche, carissimi amici, il Signore vi dia pace. Dopo aver sperimentato più di due anni di incertezza a causa del Covid ed esserci illusi che fosse tornata la normalità, improvvisamente il 7 ottobre scorso siamo stati colti di sorpresa dallo scoppio di una nuova guerra in Terra Santa, che, oltre a fare migliaia di morti, ha nuovamente bloccato il flusso dei pellegrini, costretto per lunghi periodi i nostri ragazzi a non andare a scuola e lasciato senza lavoro molti nostri cristiani della Terra Santa, specialmente a Betlemme e in Palestina, ma anche nella Città Vecchia di Gerusalemme e in Israele. In questa situazione sentiamo il bisogno della vicinanza e della solidarietà dei cristiani di tutto il mondo. Anzitutto attraverso la preghiera, perché siamo convinti che solo l’azione della grazia di Dio può cambiare i cuori e volgerli al dialogo, alla riconciliazione e alla pace. Poi una solidarietà e vicinanza attraverso il pellegrinaggio. Infine, una vicinanza e una solidarietà anche attraverso la condivisione di risorse economiche, come frati della Custodia di Terra Santa è nostro compito, secondo il mandato della Santa Sede, prenderci cura dei luoghi santi, dimorarvi e farne luoghi di preghiera, essere accoglienti verso i fedeli locali e verso i pellegrini, e anche mettere in campo opere educative come le scuole, opere sociali come case per anziani e per le giovani famiglie, ambulatori e dispensari, opere di promozione umana attraverso la creazione di posti di lavoro. La Colletta del Venerdì Santo serve a coprire una parte di questi costi, grazie alla generosità dei fedeli di tutto il mondo, grazie alla vostra generosità. In questa occasione, noi frati della Custodia di Terra Santa ci facciamo mendicanti e ci rivolgiamo a voi perché il Venerdì Santo possa essere un giorno di solidarietà universale, un giorno in cui i cristiani di tutto il mondo si prendono concretamente cura della Chiesa madre di Gerusalemme, che in questo momento ne ha estremo bisogno. Per favore, dilatate il vostro cuore e aiutateci secondo le vostre possibilità, così anche noi potremo continuare a prenderci cura di questa Terra Santa e dei suoi figli.

Pace e bene!

Progetto Policoro: online il nuovo sito

È online il nuovo sito del Progetto Policoro: www.progettopolicoro.it. Insieme alla veste grafica, sono stati rivisti anche i contenuti, aggiornandoli secondo le rinnovate esigenze del Progetto. Il portale si articola intorno alle tre parole che ne definiscono l’identità – giovani, Vangelo e lavoro – e alle quali corrisponde un impegno specifico che, da quasi trent’anni, il Progetto porta avanti rappresentando, come ha ricordato il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, “uno degli avamposti più interessanti e partecipati del nostro Paese”.
Realizzato dal Servizio Informatico della CEI e IDS&Unitelm secondo le indicazioni emerse dal gruppo di lavoro formato dal Coordinamento nazionale, dall’Equipe nazionale di Formazione, da Inecoop e dalla Commissione comunicazione del Progetto Policoro, il portale presenta la complessità del Progetto che, fin dalle sue origini, costituisce un laboratorio di sinodalità, di formazione e di annuncio offerto ai giovani e alle comunità cristiane del nostro Paese. “Il nuovo sito – spiega il Coordinatore nazionale, don Ivan Licinio- cerca di raccontare una lunga storia che continua grazie all’impegno, alla passione e alla competenza di quanti hanno a cuore i giovani e credono fermamente che non siano il futuro ma il nostro presente sul quale ci giochiamo la tenuta sociale del nostro Paese e soprattutto la nostra credibilità di credenti quando riusciamo a realizzare la parola dell’apostolo Pietro negli Atti: ‘Quello che ho te lo do nel nome di Gesù, alzati e cammina!’”.
Attualmente sono 114 le Diocesi aderenti al Progetto e 166 sono i giovani coinvolti nell’animazione delle loro comunità locali per avviare processi di formazione e sensibilizzazione su una nuova cultura del lavoro, basata sui principi del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa.
Il Progetto offre un percorso triennale di alta formazione pensato per fornire agli Animatori di Comunità gli strumenti per incontrare e accompagnare i giovani e i territori in un percorso che giunga a valorizzare la persona nella sua interezza e dignità, riscoprendone la vocazione al lavoro e aprendosi alla vita con le sue capacità professionali e imprenditoriali. Il Progetto Policoro porta il Vangelo tra le periferie della condizione lavorativa giovanile e rappresenta, così, un frutto di speranza alimentato dall’impegno pastorale della Chiesa in Italia, in particolare degli Uffici nazionali per i problemi sociali e il lavoro e per la pastorale giovanile e di Caritas Italiana.

Haiti. Dieci anni di aiuti dalla Cei: 40 milioni per le emergenze

Dal 2010, anno in cui Haiti è stato colpito da un violentissimo terremoto, sono stati destinati circa 40 milioni di euro – tra fondi dell’8xmille e offerte raccolte con la Colletta straordinaria promossa dalla Cei in quell’anno – per interventi emergenziali, progetti di sviluppo socio-economico in vari ambiti, accompagnamento alle diocesi locali.

Una vicinanza che si è articolata negli anni nella convinzione che se la sofferenza non ha confini, anche la solidarietà non deve avere confini. La Chiesa in Italia continua a stare accanto alla popolazione di Haiti, come racconta il Dossier curato dal Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. Il Dossier, attraverso dati e testimonianze, ripercorre il cammino compiuto ed evidenzia le criticità tuttora esistenti nel Paese che, con circa 10 milioni di abitanti, è il più povero dell’America Latina e Caraibi, il meno sviluppato di tutto l’emisfero settentrionale, con un tasso di povertà pari all’80%. Attualmente alla prese con una spaventosa crisi umanitaria che si innesta su un'emergenza permanente, Haiti rischia di scivolare verso una guerra civile.


“Il tipo di assistenza urgente di cui abbiamo bisogno – spiega il Card. Chibly Langlois, Vescovo di Les Cayes, in un'intervista contenuta nel Dossier – è di ricevere il supporto e i mezzi adeguati per ripristinare la sicurezza, assicurare stabilità, proteggere vite umane e proprietà. Il Paese ha bisogno di ristabilire l'autorità statale attraverso il rafforzamento delle istituzioni democratiche. Occorrerà anche contribuire a creare occupazione e lavoro, affinché gli haitiani possano vivere con dignità grazie ai frutti del loro lavoro. Bisogna considerare che Haiti non si è ancora ripresa dai terremoti del 2010 nell'ovest e del 2021 nel sud del Paese. Adesso arrivano i disastri delle bande armate. Dobbiamo rialzarci e prendere in mano la situazione”. Tra le varie emergenze, una è proprio quella delle gang armate, in cui spesso vengono coinvolti i giovani.


“La Chiesa – viene sottolineato nel Dossier - sta dalla parte del Vangelo e ha il compito di farsi compagna di strada, ponendosi accanto all'umanità ferita, accompagnando e coniugando processi di cura, animazione, promozione e riconciliazione, valorizzando i percorsi già in essere e aprendone di nuovi che la ‘fantasia della carità’ saprà ispirare e mettere a frutto”.

Nel 30° anniversario della morte di don Giuseppe Diana la lettera del card. Matteo Zuppi

Pubblichiamo di seguito la lettera inviata dal Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, a Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa, in occasione del 30° anniversario della morte di Don Giuseppe Diana.

Caro Monsignore,
desidero esprimere la mia vicinanza alla celebrazione in ricordo di Don Peppino Diana. Era davvero un custode, come San Giuseppe di cui portava il nome e che per spregio proprio nel giorno della sua memoria è stato ucciso. Un uomo di Dio, un testimone semplice e coraggioso, appassionato del suo Signore e per questo senza compromessi con chi offende l’umanità e Dio. La sua testimonianza, chiara e senza nessuna ambiguità, è luce nelle tenebre di una violenza che è solo vigliacca, che arma le mani e i cuori e che cresce sempre nell’indifferenza.
Ricordare Don Peppino ci aiuta a capire che non si può servire Dio e mammona. E di questo ringrazio voi che avete conservato la sua memoria. Don Peppino è una luce di speranza. Il suo sacrificio è il seme caduto a terra per la viltà di un assassino e del sistema di morte che si portava dentro e lo accecava. Il seme continua a dare frutto: l’amore per i poveri, l’attenzione ai fragili, la giustizia nei comportamenti, l’onesta che non accetta opportunismi, rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, come ricorda la legge scout che ha amato.
Grazie Mons. Spinillo per la memoria e sentite tu e tutta la tua Chiesa - che ricordo con tanto affetto per la mia visita e che porto nel cuore - la vicinanza della Chiesa italiana, madre fiera di un figlio che ha amato Gesù e il prossimo più delle sue paure e convenienze. E per questo non resta solo e ci fa sentire meno soli, perché niente ci può separare dall’amore di Cristo. Il male uccide il corpo ma non l’amore. Un abbraccio e un impegno di pace.

 

Foto: Siciliani-Gennari/Sir

"Cristiani e musulmani: estinguere il fuoco della guerra e accendere la candela della pace": messaggio per il Ramadan 2024

Cari fratelli e sorelle musulmani,
ancora una volta vi salutiamo in occasione del mese del Ramadan con un messaggio di vicinanza e di amicizia, consapevoli dell’importanza di questo periodo per il vostro cammino spirituale e per la vostra vita famigliare e sociale, che abbraccia anche i vostri amici e vicini cristiani.
Siamo lieti di sapere che il nostro Messaggio annuale per il Ramadan è un mezzo importante per rafforzare e costruire buone relazioni tra cristiani e musulmani, grazie alla sua diffusione attraverso i media tradizionali e moderni, in particolare i social media. Per questo motivo sarebbe utile far conoscere meglio questo Messaggio ad entrambe le comunità.
Avremmo voluto condividere con voi alcune considerazioni su un tema diverso da quello che abbiamo scelto di affrontare, ma il numero crescente di conflitti in questi giorni, che vanno dai combattimenti militari agli scontri armati di varia intensità che coinvolgono Stati, organizzazioni criminali, bande armate e civili, è diventato davvero allarmante. Papa Francesco ha recentemente osservato che questo aumento delle ostilità sta di fatto trasformando “una terza guerra mondiale combattuta a pezzi” in “un vero conflitto globale”.
Le cause di questi conflitti sono molteplici, alcune di lunga data, altre più recenti. Insieme al perenne desiderio umano di dominio, alle ambizioni geopolitiche e agli interessi economici, una delle cause principali è sicuramente la continua produzione e il commercio di armi. Anche se una parte della nostra famiglia umana soffre gravemente gli effetti devastanti dell’uso di queste armi in guerra, altri si rallegrano cinicamente del grande profitto economico derivante da questo commercio immorale. Papa Francesco ha descritto questo come intingere un boccone di pane nel sangue del nostro fratello.
Allo stesso tempo, possiamo essere grati di possedere anche immense risorse umane e religiose per promuovere la pace. Il desiderio di pace e di sicurezza è profondamente radicato nell’animo di ogni persona di buona volontà, poiché nessuno può non vedere gli effetti tragici della guerra nella perdita di vite umane, nel bilancio di gravi ferite e nella moltitudine di orfani e vedove. La distruzione delle infrastrutture e delle proprietà rende la vita irrimediabilmente difficile, se non impossibile. A volte centinaia di migliaia di persone sono sfollate nel proprio Paese o costrette a fuggire in altri Paesi come rifugiati. Di conseguenza, la condanna e il rifiuto della guerra dovrebbero essere inequivocabili: ogni guerra è fratricida, inutile, insensata e oscura. In guerra perdono tutti. Ancora una volta, nelle parole di Papa Francesco: “Nessuna guerra è santa, solo la pace è santa”.
Tutte le religioni, ciascuna a modo suo, considerano la vita umana sacra e quindi degna di rispetto e protezione. Fortunatamente, gli Stati che consentono e praticano la pena capitale diventano ogni anno sempre meno. Un risvegliato senso del rispetto per questa fondamentale dignità del dono della vita contribuirà alla convinzione che la guerra deve essere rifiutata e la pace custodita.
Pur con le loro differenze, le religioni riconoscono l’esistenza e l’importante ruolo della coscienza. Formare le coscienze al rispetto del valore assoluto della vita di ogni persona e del suo diritto all’integrità fisica, alla sicurezza e ad una vita dignitosa contribuirà parimenti alla condanna e al rifiuto della guerra, di ogni guerra e di tutte le guerre.
Guardiamo all’Onnipotente come al Dio della pace, fonte della pace, che ama in modo speciale tutti coloro che dedicano la propria vita al servizio della pace. Come tante cose, la pace è un dono divino ma, allo stesso tempo, il frutto degli sforzi umani, soprattutto nel preparare le condizioni necessarie alla sua instaurazione e conservazione.
Come credenti, noi siamo anche testimoni della speranza, come abbiamo ricordato nel nostro Messaggio per il Ramadan del 2021: “Cristiani e musulmani: testimoni della speranza”. La speranza può essere simboleggiata da una candela, la cui luce irradia sicurezza e gioia, mentre il fuoco, incontrollato, può portare alla distruzione della fauna e della flora, delle infrastrutture e alla perdita di vite umane.

Cari fratelli e sorelle musulmani, uniamoci per spegnere il fuoco dell’odio, della violenza e della guerra, e accendiamo invece la dolce candela della pace, attingendo alle risorse per la pace che sono presenti nelle nostre ricche tradizioni umane e religiose.
Possano il vostro digiuno, le altre pie pratiche durante il Ramadan e la celebrazione di ‘Id al-Fitr che lo conclude, portarvi abbondanti frutti di pace,
speranza e gioia.

 

Miguel Ángel Cardinal Ayuso Guixot, MCCJ
Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso

 

Mons. Indunil Kodithuwakku Janakaratne Kankanamalage
Segretario del Dicastero per il Dialogo Interreligioso

Foto: pexels

XI anniversario dell'elezione al soglio pontificio: gli auguri della Presidenza CEI a Papa Francesco

Pubblichiamo il Messaggio di auguri della Presidenza CEI al Santo Padre in occasione dell’undicesimo anniversario dell’elezione al Soglio pontificio.

Buonasera, gioia, Vangelo, misericordia, amore,
famiglia, giovani, fratellanza, Creato, riforma, Chiesa

Beatissimo Padre,
quelle sopra sono undici parole con cui vogliamo rileggere i Suoi undici anni di pontificato e rivolgerLe gli auguri delle Chiese in Italia.
Buonasera è il primo saluto rivolto al mondo intero, segno di immediatezza e familiarità.
Gioia è invito costante a testimoniare con il sorriso la radicalità della fede.
Vangelo è incontro, ancora oggi e sempre, con il Signore che si dona.
Misericordia è esperienza continua del perdono di Dio.
Amore è il punto di congiunzione del nostro rapporto con Dio e con gli altri.
Famiglia è il luogo dove s’impara ad amare e a uscire da sé stessi.
Giovani: non una categoria, ma il presente della nostra storia.
Fratellanza è la via da seguire per un futuro di pace e convivenza.
Creato è la nostra Casa comune da salvaguardare contro le logiche predatorie.
Riforma è la conversione missionaria cui siamo tutti chiamati.
Chiesa è la comunità dei discepoli missionari che vivono il Vangelo.
Beatissimo Padre,
ogni anniversario è occasione preziosa per testimoniare l’affetto verso le persone care, ma anche il momento in cui esprimere la propria gratitudine per i doni ricevuti nel tempo. Nel fare memoria di quel 13 marzo 2013 rinnoviamo dunque l’impegno ad annunciare il Vangelo in questa nostra storia. Siamo convinti che questo sia il regalo più bello che possiamo donarLe: Evangelii gaudium, la gioia del Vangelo!
Vogliamo essere, con la Sua paterna guida, sempre più una Chiesa sinodale che cammina “in compagnia del Risorto, preoccupata non di salvaguardare sé stessa e i propri interessi, ma di servire il Vangelo in stile di gratuità e di cura, coltivando la libertà e la creatività proprie di chi testimonia la lieta notizia dell’amore di Dio rimanendo radicato in ciò che è essenziale”.
RinnovandoLe la gioia della nostra disponibilità, Le assicuriamo la preghiera delle Chiese che sono in Italia.

Auguri, Santità.

 

Foto: Vatican Media/SIR

Monsignor Petar Rajič Nunzio Apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino

Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Petar Rajič, Arcivescovo titolare di Sarsenterum, finora Nunzio Apostolico in Lituania, Lettonia ed Estonia.

Pubblichiamo la nota della Presidenza della CEI a seguito della sua nomina.

"Ringraziamo Papa Francesco per l’attenzione continua e costante verso le Chiese in Italia. La nomina del Nunzio Apostolico è espressione del particolare vincolo di comunione che si rinnova tra la Sede Apostolica e le comunità ecclesiali.
In questo momento desideriamo esprimere la nostra gratitudine al Cardinale Emil Paul Tscherrig per il servizio svolto, in questi sette anni, a favore delle nostre Chiese. È stato un tempo intenso, contraddistinto da profondi cambiamenti che stanno interessando i territori e condizionato anche dalla pandemia. Abbiamo davvero avuto modo di sperimentare la sua preziosa azione e il suo consiglio nel rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di unità con la Sede Apostolica e nel tessere le relazioni con le Autorità dello Stato.
Con gli stessi sentimenti, accogliamo oggi Monsignor Petar Rajič ringraziandolo sin d’ora per il ministero che svolgerà tra di noi. Affidiamo la sua missione ai nostri Patroni San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena".

 

Foto CEI

In 10 anni 307 progetti a favore delle donne in 40 Paesi

Negli ultimi 10 anni sono stati 307 i progetti in favore delle donne in più di 40 Paesi per quasi 33 milioni di euro. Dalla formazione al supporto alle donne vittime di violenza, dall’avvio di attività generatrici di reddito alla promozione di un’agricoltura sostenibile, la Chiesa italiana – grazie ai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica – continua a favorire partecipazione e opportunità.

“Lavorare insieme aiuta a rafforzare i legami, a ridarci speranza. Finalmente qualcuno ci è stato accanto, ci ha dato ascolto, ha capito i nostri bisogni. Ci sentiamo anche noi protagoniste”, sottolinea Jeanine che a Ruyigi, in Burundi, ha beneficiato di un programma per l’accesso all’acqua potabile. Un desiderio di riscatto e di riprendere in mano la propria vita che emerge nelle testimonianze di tante altre donne, dal Madagascar al Congo, dall’India alla Colombia, dal Kosovo alla Terra Santa, che hanno trovato nell’aiuto della Chiesa cattolica un seme da cui far nascere il futuro. Come accade in Costa Rica dove un gruppo di donne ha generato partecipazione e cooperazione in un territorio impervio. “Tempesta e calma. Dopo la tempesta c’è la calma che fa venir fuori dalla terra l’aroma di caffè e come lo senti inizi a sognare e si rafforza il legame con questi campi e la soddisfazione per ciò che siamo riuscite a realizzare”, racconta Margot, che a La Legua de Aserrí, nell’arcidiocesi di San José, ha fondato ASIPROFE, un’associazione di donne imprenditrici che producono e commercializzano “Aromas de La Legua”, un caffè puro al 100%. Tutto è iniziato con un piccolo contributo che nel 2016 ha permesso l’acquisto di una macchina per tostare i chicchi di caffè e un mulino. Da lì ha preso il via un cambiamento duraturo che continua ancora oggi, grazie a Margot, a Lorena, a Maria e a tante altre donne. “In Costa Rica – aggiunge Margot – le donne coltivatrici di caffè guadagnano il 40% in meno rispetto agli uomini e devono affrontare notevoli difficoltà nell’accedere a una formazione e a informazioni adeguate che aiutino a migliorare la produttività, la qualità e il reddito dei loro raccolti. Nonostante tutto questo noi abbiamo dimostrato che insieme possiamo farcela”.
Mai come oggi il mondo ha bisogno della mente, del cuore, delle mani delle donne. Della loro creatività e delle loro competenze. Fondamentale è dunque il loro sostegno verso una prospettiva di pari dignità e opportunità. Papa Francesco ricorda infatti che “… l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio” (Fratelli tutti, 23).

A livello mondiale, l’uguaglianza di genere è tornata ai livelli pre-Covid19, ma il cambiamento segna il passo a causa delle crisi sociali, economiche ed energetiche che continuano a susseguirsi in un contesto segnato dai conflitti. Secondo il Rapporto globale sulla disparità di genere 2023 del World Economic Forum le donne continuano a sostenere il maggior peso di queste crisi, sotto tutti i profili. Sul fronte della salute, perché più esposte nei servizi di cura e quindi a contagi, sul piano occupazionale e finanziario, anche perché spesso hanno contratti atipici, in relazione alla divisione dei compiti familiari, alla fruizione di strumenti digitali e all’accesso ed esercizio di discipline STEM vale a dire le discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche che svolgono un ruolo cruciale nella società odierna.


Con gli interventi finanziati, la Chiesa cattolica sostiene le donne, i bambini e i più poveri. Tra gli ambiti più significativi, infatti, figurano l’accompagnamento dei giovani in situazione di marginalità, l’accesso alle cure sanitarie, il dialogo intercomunitario e interreligioso, la formazione e l’istruzione. Specifica attenzione viene data alla sostenibilità dei progetti, con l’obiettivo di un sempre maggiore coinvolgimento della popolazione locale.
Negli ultimi 10 anni la Conferenza Episcopale Italiana, attraverso il Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli e il quotidiano impegno del Servizio, e grazie ai fondi dell’8xmille, ha sostenuto 4138 progetti in 108 Paesi, per 708.8 milioni di euro. Dietro ai numeri ci sono persone, comunità, relazioni. Come dice il nome è un Servizio, che chiede di essere sensibili, attenti, pronti a raccogliere tutti gli stimoli, le richieste di aiuto e le opportunità che il contesto nel quale viviamo è capace di offrire, con un atteggiamento di umiltà e gratitudine. È per gli interventi di carità, una carità che è reciprocità e opportunità per riconoscere le proprie povertà. È per lo sviluppo, uno sviluppo integrale, reale, sostenibile che prende forma attraverso progetti concreti e processi aperti alla partecipazione di ogni persona e di tutti i popoli. A partire dalle nostre comunità, si promuovono così stili di vita e azioni che aiutano a pensare globalmente e a riconoscersi parte dello stesso mondo, fratelli tutti.

 

Foto: CEI

Il 1° marzo in preghiera per la pace

In preghiera perché la Chiesa in Italia e le Chiese in Europa “insegnino a costruire legami di pace e di verità attraverso l’insegnamento autentico del Vangelo per essere un solo corpo e un solo spirito”, perché i governanti delle Nazioni “promuovano il bene comune a partire dai compiti loro affidati affinché si estinguano le contese e le divisioni a favore di una reale comunione tra i popoli della terra” e perché i popoli dell’Ucraina, della Terra Santa e di tutte le terre martoriate dalla guerra “non perdano mai la speranza in te, o Signore, ma, alimentanti dal tuo amore e dalla tua presenza, disprezzino l’odio e favoriscano la giustizia”.

Venerdì 1° marzo, aderendo all’iniziativa del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), le comunità ecclesiali si ritroveranno per celebrare una Messa per l’attuale Sinodo e per le vittime delle guerre che imperversano in Ucraina e in Terra Santa.
Per l’occasione, l’Ufficio Liturgico Nazionale ha predisposto un testo ad hoc della Preghiera dei fedeli che potete scaricare al link sottostante.

https://www.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/31/2024/02/26/Preghiera-fedeli_1-marzo-2024.pdf

 

Foto CEI

Cammino sinodale: conclusi i lavori del Comitato Nazionale

Non è una tecnica. È uno sforzo comune per arrivare a costruire decisioni insieme. Uno sforzo empirico che prende corpo strada facendo. Il Cammino sinodale, parafrasando Antonio Machado, si fa solo camminando. Fianco a fianco: Chiese locali, Uffici e Servizi della CEI, Comitato Nazionale.

“La fase sapienziale è molto importante perché i soggetti che sono stati coinvolti nell’ascolto ora vengono interpellati per individuare proposte e scelte operative”, ha sottolineato Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI, introducendo i lavori del Comitato Nazionale del Cammino sinodale, che – moderati da Mons. Claudio Giuliodori, membro della Presidenza del Comitato – si sono tenuti a Roma il 24 e il 25 febbraio. “Il cammino – ha affermato Mons. Baturi – deve tendere ad un’incidenza effettiva: l’ascolto deve farsi ragione di governo. La partecipazione e la corresponsabilità devono permeare la Chiesa ai vari livelli”.


Nei prossimi mesi, con l’approssimarsi della conclusione della fase sapienziale, infatti, i vari percorsi confluiranno in un’unica via verso le scelte profetiche attese per la tarda primavera del 2025. Nella certezza che, come ha sottolineato Mons. Valentino Bulgarelli, Segretario del Comitato, “non ci sono processi paralleli ma un lavoro condiviso tra laici, presbiteri, Vescovi per far maturare la Tradizione a servizio delle Chiese locali”.


L’essenza stessa del Comitato, nella sua pluralità di competenze, biografie, provenienze, è espressione della volontà di unire tutti. Articolato in cinque Commissioni – “La missione secondo lo stile della prossimità”, “Linguaggio e comunicazione”, “Formazione alla fede e alla vita”, “Corresponsabilità e ministerialità”, “Il cambiamento delle strutture” –, il suo compito è individuare le “condizioni di possibilità” per l’annuncio del Vangelo in questo tempo. Nelle riflessioni, attese per la fine di aprile, si innesteranno i contributi, le esperienze vissute, le proposte immaginate dalle Diocesi.

Un grande discernimento ecclesiale che porterà all’Assemblea Generale della CEI del maggio 2024: “in questi mesi – ha spiegato mons. Erio Castellucci, Presidente del Comitato – verrà preparata una sintesi di tutti i contributi elaborati a diversi livelli che sarà portata all’Assemblea Generale della CEI in programma a maggio. Arricchita dal confronto tra i Vescovi, questa sarà presentata al Consiglio Permanente di settembre e poi servirà da base per la prima assemblea sinodale prevista dal 15 al 17 novembre 2024”. “Da metà novembre 2024 fino a febbraio 2025 – ha continuato – le Chiese locali potranno inviare indicazioni, suggerimenti e osservazioni in vista della seconda assemblea sinodale, che si terrà dal 31 marzo al 4 aprile 2025”. Da questi passaggi scaturirà quella visione di insieme che, dopo l’Assemblea Generale di maggio 2025, sarà riconsegnata alle Chiese particolari, dando il via alla fase di ricezione.
Importanti le prime intuizioni emerse dal confronto all’interno delle Commissioni. La missione non è proselitismo bensì essenza costitutiva della Chiesa convocata da Dio a contribuire alla realizzazione del suo sogno per l’intera famiglia umana. Una consapevolezza di sé e del suo rapporto con il mondo – nell’ottica del Concilio – che deve trovare espressione in tutte le forme di linguaggio con cui la comunità ecclesiale comunica e si comunica. Da tecnica strategica, la comunicazione diviene, dunque, banco di prova della capacità della Chiesa di incarnarsi nella realtà. In questa linea, la formazione è affidata all’intera comunità che ha come riferimento la pedagogia di Gesù. Da qui la necessità di andare oltre il modello scolastico dell’iniziazione cristiana, il riequilibrio dello sforzo tra quest’ultima e l’educazione di giovani e adulti, l’aggiornamento della formazione dei presbiteri sviluppando l’idea di comunità vocazionali, la creazione di spazi formativi comuni tra laici e presbiteri e presbiteri e Vescovi, la cura dell’alleanza educativa. Per quanto riguarda la corresponsabilità, in un supplemento del discernimento, è emersa la necessità di realizzare approfondimenti su alcuni nodi specifici, quali gli organismi di partecipazione e i vari ministeri. Questo il quadro in cui si inserisce il cambiamento delle strutture che non significa solo l’impiego dei beni materiali bensì la maturazione di modelli di governance ispirati da una visione di Chiesa-comunità in missione. “Primi frutti del discernimento – ha concluso Mons. Antonio Raspanti, membro della Presidenza del Comitato – che si sommano al grande di frutto dell’edificazione in atto di un nuovo metodo ecclesiale. Un metodo che matura le proprie conclusioni e proposizioni a partire dall’ascolto, paziente, a volto faticoso, sempre fecondo, del Popolo di Dio”.

 

Foto: CEI

Concordato, strumento di libertà e collaborazione

“Un ottimo strumento di libertà e collaborazione per la realizzazione della missione della Chiesa in Italia e nel mondo”. Così Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, definisce il Concordato che ha portato la Conferenza Episcopale “ad esprimere in modo unitario la volontà dei Vescovi e a incrementare la produzione normativa di diritto particolare, assumendo una presenza sempre più significativa sulla scena nazionale”.

Intervenendo al convegno organizzato dall’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e dalla Fondazione Craxi sul tema “Stato e Chiesa. A 40 anni dalla firma del Concordato repubblicano”, Mons. Baturi ha illustrato l’impegno della CEI nei vari ambiti di collaborazione con lo Stato. “La prospettiva che ha animato e continuerà ad animare tutta la Chiesa italiana nella sua azione di collaborazione con lo Stato italiano – ha assicurato – è soprattutto quella di offrire un contributo creativo al bene morale e alla crescita del Paese”.L’Accordo del 1984, ha ricordato mons. Baturi, “oltre ad aver contribuito ad assicurare alla CEI un ruolo di interlocuzione con le autorità civili le ha anche attribuito puntuali competenze concordatarie, riconoscendola come il soggetto ecclesiale più idoneo a trattare con i pubblici poteri”. Come dimostra “quella disposizione generale posta nell’art. 2.2 dell’Accordo che nell’assicurare alla CEI la piena libertà di comunicazione e corrispondenza la menziona tra i soggetti ecclesiali subito dopo la Santa Sede, rivelando l’importanza che essa assume nell’economia complessiva della nuova disciplina concordataria”.

La collaborazione della Conferenza Episcopale con le autorità civili, ha proseguito il Segretario Generale, “non ha riguardato solo la definizione delle norme di attuazione quanto anche il piano amministrativo e i rapporti con le amministrazioni pubbliche”. “In questi quarant’anni di collaborazione – ha rilevato l’Arcivescovo – l’abituale confronto tenuto dalla CEI con le pubbliche autorità e la rappresentanza delle istituzioni ecclesiali ha prodotto una mole ingente di documenti e assicurato soluzioni condivise su molti ambiti”.Secondo Mons. Baturi, “la materia che più di altre ha costituito per la CEI un importante banco di prova di maturità e responsabilità è quella degli enti e beni ecclesiastici”. “È toccato alla CEI – ha affermato – riscrivere ed attuare, dettando una puntuale e specifica disciplina canonica, tutta la materia del sostentamento del clero e la disciplina sulla gestione dei fondi provenienti dall’8 per mille che con l’entrata in vigore del nuovo codice di diritto canonico del 1983 andava completamente rivista”. A tale proposito, il Segretario Generale ha giudicato “positivo il percorso intrapreso, in collaborazione con lo Stato, per mettere a punto un sistema trasparente ed efficiente di impiego delle risorse finanziarie sia per assicurare il congruo e dignitoso sostentamento ai nostri sacerdoti sia per assicurare le opere di carità e di soccorso della Chiesa in Italia e nel mondo”.

Nel suo intervento, Mons. Baturi ha inoltre sottolineato che, nell’ambito dell’Accordo, la CEI ha potuto “dispiegare il proprio impegno non solo su materie concordatarie molto importanti quanto anche in nuovi settori della solidarietà, della cultura, della formazione, e in particolare di offrire il proprio contributo sul drammatico fenomeno dell’immigrazione”. È avvenuto, ad esempio, con la sottoscrizione di protocolli d’intesa “per l’apertura di corridoi umanitari allo scopo di favorire l’arrivo in Italia in modo legale e in condizioni di sicurezza di soggetti vulnerabili e beneficiari di protezioni internazionali”. Si tratta “di iniziative ed attività che si propongono di rispondere alle urgenze provocate dal fenomeno migratorio sperimentando forme innovative di accoglienza e canali legali alternativi”, ha osservato il Segretario Generale per il quale “l’esperienza realizzata anche a motivo della sinergia con le istituzioni civili e l’associazionismo civile consente di apprezzarle come buone pratiche che potrebbero in analogia essere mutuate da altri paesi europei pur nelle differenze degli assetti nazionali”.


Dopo aver ricordato che “l’ambito della solidarietà è certamente un altro settore in cui l’attivazione di modelli di collaborazione può contribuire a dare risposte efficienti valorizzando le esperienze di tutte le realtà del cosiddetto Terzo settore”, Mons. Baturi si è quindi soffermato “sul riconoscimento e sul sostegno che all’azione della CEI è venuto dai pontefici che in questi ultimi quarant’anni si sono avvicendati alla guida della Chiesa Universale”. “Da San Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e oggi con Papa Francesco – ha concluso – la CEI ha sempre goduto del pieno sostegno e della più ampia fiducia rispetto al proprio operato nel rapporto con le autorità civili”.

 

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Terremoto in Siria e Turchia: un anno dopo

Ad un anno dal terremoto che ha colpito la zona al confine tra la Turchia e la Siria, Caritas Italiana pubblica alcune schede informative relative agli interventi compiuti sul territorio.


In Turchia, la rete Caritas si è mobilitata immediatamente per portare aiuto alla comunità. Nella primissima fase è stato attivato in Anatolia un numero verde del centro d’ascolto a supporto della comunità, sono state distribuite coperte e forniti pasti caldi per le persone sfollate. Successivamente è stato elaborato un piano di risposta rapida all’emergenza seguito da un programma di medio periodo di cui hanno beneficiato circa 38.000 persone.


In Siria, la Caritas locale ha mobilitato i team degli uffici regionali e nazionale nel soccorso alla popolazione colpita avviando la distribuzione di beni primari, cibo, acqua potabile e generi di prima necessità (coperte, indumenti pesanti, kit igienici…); la distribuzione è avvenuta in 71 centri di accoglienza comunitari presenti nelle aree colpite dal sisma, in particolare in quelli situati nelle zone di Aleppo e di Lattakia. Molti di questi centri sono stati allestiti dalle parrocchie locali, che hanno accolto gli sfollati. Le famiglie aiutate sono state circa 10mila.

Al 31 dicembre 2023, Caritas Italiana ha raccolto per Turchia e Siria 13.067.814,08 euro: tale somma comprende 1,5 milioni di contributo della CEI (fondi 8xmille) e le donazioni giunte attraverso la colletta nazionale.
Le uscite per Turchia e Siria ammontano a 3.405.017,30 euro (di cui 1.253.514.11 per la Turchia e 2.151.503.19 per la Siria). Questa cifra comprende i fondi spesi, quelli trasferiti in loco e le risorse accantonate per Caritas Italiana (5 per cento delle offerte non CEI). I restanti 9.662.796,78 euro comprendono fondi già stanziati ma non ancora spesi né trasferiti e fondi che sono destinati a progetti ancora da definire. In caso di catastrofi naturali, infatti, gli interventi si svolgono sulla base di una progettazione pluriennale e dunque i fondi raccolti vengono messi a disposizione man mano che le progettualità lo richiedono.

Il 18 febbraio la Colletta Nazionale pro Terra Santa

Terra Santa

Il 18 febbraio colletta nazionale
per esprimere solidarietà e partecipazione

La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana indice per domenica 18 febbraio (I di Quaresima) una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane, quale segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni colpite dal conflitto in Terra Santa.

Le offerte raccolte, da inviare a Caritas Italiana entro il 3 maggio, renderanno possibile una progettazione unitaria degli interventi anche grazie al coordinamento con la rete delle Caritas internazionali impegnate sul campo. 

“Caritas Italiana – spiega il direttore, don Marco Pagniello – è in costante contatto con la Chiesa locale: dopo aver sostenuto, nella fase iniziale dell’emergenza, gli interventi di Caritas Gerusalemme, continua a seguire l’evolversi della situazione, accompagnando le Chiese locali nell’organizzazione delle diverse iniziative per far fronte ai bisogni dei più poveri e favorire un clima di pace e riconciliazione”. 

La colletta del 18 febbraio rappresenta, inoltre, una preziosa occasione di sensibilizzazione e animazione delle comunità parrocchiali italiane. A tal fine Caritas Italiana sta predisponendo sussidi e locandine che sanno messi a disposizione delle Diocesi.

 

Maggiori informazioni: https://www.caritas.it/terra-santa-ferita/

Nuova identità grafica per l’Editore Paoline

Le Figlie di San Paolo, comunemente note come suore Paoline, il 5 febbraio scorso hanno presentato il restyling del marchio editoriale Paoline, che sostituisce esattamente dopo 30 anni il precedente.

 Accanto al marchio editoriale rinnovato, ricorrendo anche il 60° anniversario dalla nascita al cielo di suor Tecla Merlo, cofondatrice dell’Istituto, anche un nuovo logo istituzionale per la Congregazione.

Il contesto attuale in rapida evoluzione ha incoraggiato le Figlie di San Paolo ad adeguare la propria identità visiva per rispondere alle esigenze dei tempi moderni, per comunicare sempre meglio e in maniera coordinata in oltre 50 nazioni, attraverso siti web, social network, libri, strumenti multimediali e nei tanti luoghi dove essere presenti oggi e domani.

Assecondando il linguaggio dell’era digitale del XXI secolo e seguendo il loro carisma di comunicatrici del Vangelo, le Figlie di San Paolo attraverso il proprio Editore Paoline danno vita a un’azione di rebranding, che coinvolge centinaia di lingue in 50 Paesi del mondo, per offrire una nuova forma di comunicazione e annuncio del Vangelo, che guardi a tutti i nuovi media e diventi sempre più capace di esserci nella complessità dei tempi e delle società. Spingersi sempre oltre, protendersi sempre oltre, puntare sempre oltre: è ciò che da sempre caratterizza una storia fatta di instancabile impegno per l’evangelizzazione ed è segno di una promessa per un futuro di innovazione, cambiamento, presenza.

L'ellisse di colore blu, con una linea aperta e inclusiva, rappresenta il mondo al quale le Paoline sono chiamate ad annunciare il Vangelo. Il colore blu richiama l'ambito digitale e le reti dell’infrastruttura informatica ed esprime il desiderio di essere apostole del XXI secolo. La lettera P, con il suo colore identitario rosso, simboleggia lo slancio pastorale di Paolo, modello del vivere in Cristo e ispiratore della missione. In alcune lingue, rappresenta anche la P di Parola, Palabra, Palavra… da diffondere in tutto il mondo. Il logotipo Paoline, posto al di sotto dell’emblema: l’ellisse e la P, rappresenta la base solida, come le radici di un albero maestoso.

Accanto al restyling del marchio editoriale, le Figlie di San Paolo si dotano da oggi anche di un nuovo logo istituzionale. Il nome "Figlie di San Paolo" racchiude la profonda connessione che le lega all'Apostolo delle genti. Tuttavia, nei 50 Paesi dove si trovano, il nome si riverbera attraverso una varietà di forme. È per questo motivo che si è scelto di raffigurare la Congregazione attraverso un nuovo logo ispirato al distintivo. L’ellisse, condivisa con l’Editore Paoline, rappresenta la Congregazione e la missione dell’evangelizzazione; aperta e inclusiva in quanto abbraccia la Croce-Libro, che richiama il distintivo delle Figlie di San Paolo, l’Apostolo delle genti e la Parola da annunciare.

Il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata del Malato

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXXII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

11 febbraio 2024

«Non è bene che l’uomo sia solo». Curare il malato curando le relazioni

«Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). Fin dal principio, Dio, che è amore, ha creato l’essere umano per la comunione, inscrivendo nel suo essere la dimensione delle relazioni. Così, la nostra vita, plasmata a immagine della Trinità, è chiamata a realizzare pienamente sé stessa nel dinamismo delle relazioni, dell’amicizia e dell’amore vicendevole. Siamo creati per stare insieme, non da soli. E proprio perché questo progetto di comunione è inscritto così a fondo nel cuore umano, l’esperienza dell’abbandono e della solitudine ci spaventa e ci risulta dolorosa e perfino disumana. Lo diventa ancora di più nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria.

Penso ad esempio a quanti sono stati terribilmente soli, durante la pandemia da Covid-19: pazienti che non potevano ricevere visite, ma anche infermieri, medici e personale di supporto, tutti sovraccarichi di lavoro e chiusi nei reparti di isolamento. E naturalmente non dimentichiamo quanti hanno dovuto affrontare l’ora della morte da soli, assistiti dal personale sanitario ma lontani dalle proprie famiglie.

Allo stesso tempo, partecipo con dolore alla condizione di sofferenza e di solitudine di quanti, a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, si trovano senza sostegno e senza assistenza: la guerra è la più terribile delle malattie sociali e le persone più fragili ne pagano il prezzo più alto.

Occorre tuttavia sottolineare che, anche nei Paesi che godono della pace e di maggiori risorse, il tempo dell’anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, addirittura nell’abbandono. Questa triste realtà è soprattutto conseguenza della cultura dell’individualismo, che esalta il rendimento a tutti i costi e coltiva il mito dell’efficienza, diventando indifferente e perfino spietata quando le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo. Diventa allora cultura dello scarto, in cui «le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani» (Enc. Fratelli tutti, 18). Questa logica pervade purtroppo anche certe scelte politiche, che non riescono a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni, e non sempre favoriscono strategie e risorse necessarie per garantire ad ogni essere umano il diritto fondamentale alla salute e l’accesso alle cure. Allo stesso tempo, l’abbandono dei fragili e la loro solitudine sono favoriti anche dalla riduzione delle cure alle sole prestazioni sanitarie, senza che esse siano saggiamente accompagnate da una “alleanza terapeutica” tra medico, paziente e familiare.

Ci fa bene riascoltare quella parola biblica: non è bene che l’uomo sia solo! Dio la pronuncia agli inizi della creazione e così ci svela il senso profondo del suo progetto per l’umanità ma, al tempo stesso, la ferita mortale del peccato, che si introduce generando sospetti, fratture, divisioni e, perciò, isolamento. Esso colpisce la persona in tutte le sue relazioni: con Dio, con sé stessa, con l’altro, col creato. Tale isolamento ci fa perdere il significato dell’esistenza, ci toglie la gioia dell’amore e ci fa sperimentare un oppressivo senso di solitudine in tutti i passaggi cruciali della vita.

Fratelli e sorelle, la prima cura di cui abbiamo bisogno nella malattia è la vicinanza piena di compassione e di tenerezza. Per questo, prendersi cura del malato significa anzitutto prendersi cura delle sue relazioni, di tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri – familiari, amici, operatori sanitari –, col creato, con sé stesso. È possibile? Si, è possibile e noi tutti siamo chiamati a impegnarci perché ciò accada. Guardiamo all’icona del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37), alla sua capacità di rallentare il passo e di farsi prossimo, alla tenerezza con cui lenisce le ferite del fratello che soffre.

Ricordiamo questa verità centrale della nostra vita: siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l’amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità. Questa dimensione del nostro essere ci sostiene soprattutto nel tempo della malattia e della fragilità, ed è la prima terapia che tutti insieme dobbiamo adottare per guarire le malattie della società in cui viviamo.

A voi, che state vivendo la malattia, passeggera o cronica, vorrei dire: non abbiate vergogna del vostro desiderio di vicinanza e di tenerezza! Non nascondetelo e non pensate mai di essere un peso per gli altri. La condizione dei malati invita tutti a frenare i ritmi esasperati in cui siamo immersi e a ritrovare noi stessi.

In questo cambiamento d’epoca che viviamo, specialmente noi cristiani siamo chiamati ad adottare lo sguardo compassionevole di Gesù. Prendiamoci cura di chi soffre ed è solo, magari emarginato e scartato. Con l’amore vicendevole, che Cristo Signore ci dona nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia, curiamo le ferite della solitudine e dell’isolamento. E così cooperiamo a contrastare la cultura dell’individualismo, dell’indifferenza, dello scarto e a far crescere la cultura della tenerezza e della compassione.

Gli ammalati, i fragili, i poveri sono nel cuore della Chiesa e devono essere anche al centro delle nostre attenzioni umane e premure pastorali. Non dimentichiamolo! E affidiamoci a Maria Santissima, Salute degli infermi, perché interceda per noi e ci aiuti ad essere artigiani di vicinanza e di relazioni fraterne.

Roma, San Giovanni in Laterano, 10 gennaio 2024

FRANCESCO

Il Messaggio per la 46ª Giornata Nazionale per la Vita

Pubblichiamo il Messaggio che il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato per la 46ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 4 febbraio 2024 sul tema «La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36)».

1. Molte, troppe “vite negate”
Sono numerose le circostanze in cui si è incapaci di riconoscere il valore della vita tanto che, per tutta una serie di ragioni, si decide di metterle fine o si tollera che venga messa a repentaglio.
La vita del nemico – soldato, civile, donna, bambino, anziano… – è un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza. La vita del migrante vale poco, per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma. La vita dei lavoratori è spesso considerata una merce, da “comprare” con paghe insufficienti, contratti precari o in nero, e mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza. La vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto. La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata. La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o “del giorno dopo” facilmente reperibili.
Tante sono dunque le “vite negate”, cui la nostra società preclude di fatto la possibilità di esistere o la pari dignità con quelle delle altre persone.

2. La forza sorprendente della vita
Eppure, se si è capaci di superare visioni ideologiche, appare evidente che ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri. Le tante storie di persone giudicate insignificanti o inferiori che hanno invece saputo diventare punti di riferimento o addirittura raggiungere un sorprendente successo stanno a dimostrare che nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione.
Quante volte il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente. Quanti poveri, semplici, piccoli, immigrati… sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro. Quanti disabili portano gioia nelle famiglie e nelle comunità, dove non “basta la salute” per essere felici. Quante volte colui che si riteneva nemico mortale compie gesti di fratellanza e perdono. Quanto spesso il bambino non voluto fa della propria vita una benedizione per sé e per gli altri.
La vita, ogni vita, se la guardiamo con occhi limpidi e sinceri, si rivela un dono prezioso e possiede una stupefacente capacità di resilienza per fronteggiare limiti e problemi.

3. Le ragioni della vita
Al di là delle numerose esperienze che fanno dubitare delle frettolose e interessate negazioni, la vita ha solide ragioni che ne attestano sempre e comunque la dignità e il valore.
La scienza ha mostrato in passato l’inconsistenza di innumerevoli valutazioni discriminatorie, smascherandone la natura ideologica e le motivazioni egoistiche: chi, ad esempio, tentava di fondare scientificamente le discriminazioni razziali è rimasto senza alcuna valida ragione. Ma anche chi tenta di definire un tempo in cui la vita nel grembo materno inizi ad essere umana si trova sempre più privo di argomentazioni, dinanzi alle aumentate conoscenze sulla vita intrauterina, come ha mostrato la recente pubblicazione Il miracolo della vita, autorevolmente presentata dal Santo Padre.
Quando, poi, si stabilisce che qualcuno o qualcosa possieda la facoltà di decidere se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce, risulta in seguito assai difficile individuare limiti certi, condivisi e invalicabili. Questi risultano alla fine arbitrari e meramente formali. D’altra parte, cos’è che rende una vita degna e un’altra no? Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona? Il rischio che prevalgano considerazioni di carattere utilitaristico o funzionalistico metterebbe in guardia la retta ragione dall’assumere decisioni dirimenti in questi ambiti, come purtroppo è accaduto e accade. Da questo punto di vista, destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia.
Così gli sbagli del passato si ripetono e nuovi continuamente vengono ad aggiungersi, favoriti dalle crescenti possibilità che la tecnologia oggi offre di manipolare e dominare l’essere umano, e dal progressivo sbiadirsi della consapevolezza sulla intangibilità della vita. Deprechiamo giustamente le negazioni della vita perpetrate nel passato, spesso legittimate in nome di visioni ideologiche o persino religiose per noi inaccettabili. Siamo sicuri che domani non si guarderà con orrore a quelle di cui siamo oggi indifferenti testimoni o cinici operatori? In tal caso non basterà invocare la liceità o la “necessità” di certe pratiche per venire assolti dal tribunale della storia.

4. Accogliere insieme ogni vita
Nella Giornata per la vita salga dunque, da parte di tutte le donne e gli uomini, un forte appello all’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita, ogni vita. Non ne siamo padroni né possiamo mai diventarlo; non è ragionevole e non è giusto, in nessuna occasione e con nessuna motivazione.
Il rispetto della vita non va ridotto a una questione confessionale, poiché una civiltà autenticamente umana esige che si guardi ad ogni vita con rispetto e la si accolga con l’impegno a farla fiorire in tutte le sue potenzialità, intervenendo con opportuni sostegni per rimuovere ostacoli economici o sociali. Papa Francesco ricorda che «il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili» (Discorso all’associazione Scienza & Vita, 30 maggio 2015). La drammatica crisi demografica attuale dovrebbe costituire uno sprone a tutelare la vita nascente.

5. Stare da credenti dalla parte della vita
Per i credenti, che guardano il mistero della vita riconoscendo in essa un dono del Creatore, la sua difesa e la sua promozione, in ogni circostanza, sono un inderogabile impegno di fede e di amore. Da questo punto di vista, la Giornata assume una valenza ecumenica e interreligiosa, richiamando i fedeli di ogni credo a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle tante vite fragili che ci sono consegnate, testimoniando al mondo che ognuna di esse è un dono, degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno.

Roma, 26 settembre 2023

Il Consiglio Episcopale Permanente
della Conferenza Episcopale Italiana

Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: il messaggio del Papa per la 58° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre per la 58ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, il 12 maggio 2024 sul tema: Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana:

Intelligenza artificiale e sapienza del cuore:

per una comunicazione pienamente umana

Cari fratelli e sorelle!

L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta “intelligenza artificiale”, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?

A partire dal cuore

Innanzitutto conviene sgombrare il terreno dalle letture catastrofiche e dai loro effetti paralizzanti. Già un secolo fa, riflettendo sulla tecnica e sull’uomo, Romano Guardini invitava a non irrigidirsi contro il “nuovo” nel tentativo di «conservare un bel mondo condannato a sparire». Al tempo stesso, però, in modo accorato ammoniva profeticamente: «Il nostro posto è nel divenire. Noi dobbiamo inserirvici, ciascuno al proprio posto (…), aderendovi onestamente ma rimanendo tuttavia sensibili, con un cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso». E concludeva: «Si tratta, è vero, di problemi di natura tecnica, scientifica, politica; ma essi non possono esser risolti se non procedendo dall’uomo. Deve formarsi un nuovo tipo umano, dotato di una più profonda spiritualità, di una libertà e di una interiorità nuove»[1].

In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano[2]. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi.

Questa sapienza del cuore si lascia trovare da chi la cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera e va in cerca di chi ne è degno (cfr Sap 6,12-16). Sta con chi accetta consigli (cfr Pr 13,10), con chi ha il cuore docile, un cuore che ascolta (cfr 1 Re 3,9). Essa è un dono dello Spirito Santo, che permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso. Senza questa sapienza l’esistenza diventa insipida, perché è proprio la sapienza – la cui radice latina sapere la accomuna al sapore – a donare gusto alla vita.

Opportunità e pericolo

Non possiamo pretendere questa sapienza dalle macchine. Benché il termine intelligenza artificiale abbia ormai soppiantato quello più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica, machine learning, l’utilizzo stesso della parola “intelligenza” è fuorviante. Le macchine possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso. Non si tratta quindi di esigere dalle macchine che sembrino umane. Si tratta piuttosto di svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità.

In realtà, l’uomo da sempre sperimenta di non bastare a sé stesso e cerca di superare la propria vulnerabilità servendosi di ogni mezzo. A partire dai primi manufatti preistorici, utilizzati come prolungamenti delle braccia, attraverso i media impiegati come estensione della parola, siamo oggi giunti alle più sofisticate macchine che agiscono come ausilio del pensiero. Ognuna di queste realtà può però essere contaminata dalla tentazione originaria di diventare come Dio senza Dio (cfr Gen 3), cioè di voler conquistare con le proprie forze ciò che andrebbe invece accolto come dono da Dio e vissuto nella relazione con gli altri.

A seconda dell’orientamento del cuore, ogni cosa nelle mani dell’uomo diventa opportunità o pericolo. Il suo stesso corpo, creato per essere luogo di comunicazione e comunione, può diventare mezzo di aggressività. Allo stesso modo ogni prolungamento tecnico dell’uomo può essere strumento di servizio amorevole o di dominio ostile. I sistemi di intelligenza artificiale possono contribuire al processo di liberazione dall’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni tra popoli e generazioni diverse. Possono ad esempio rendere raggiungibile e comprensibile un enorme patrimonio di conoscenze scritto in epoche passate o far comunicare le persone in lingue per loro sconosciute. Ma possono al tempo stesso essere strumenti di “inquinamento cognitivo”, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute – e condivise – come se fossero vere. Basti pensare al problema della disinformazione che stiamo affrontando da anni nella fattispecie delle fake news[3] e che oggi si avvale del deep fake, cioè della creazione e diffusione di immagini che sembrano perfettamente verosimili ma sono false (è capitato anche a me di esserne oggetto), o di messaggi audio che usano la voce di una persona dicendo cose che la stessa non ha mai detto. La simulazione, che è alla base di questi programmi, può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà.

Della prima ondata di intelligenza artificiale, quella dei social media, abbiamo già compreso l’ambivalenza toccandone con mano, accanto alle opportunità, anche i rischi e le patologie. Il secondo livello di intelligenze artificiali generative segna un indiscutibile salto qualitativo. È importante quindi avere la possibilità di comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi. Come ogni altra cosa uscita dalla mente e dalle mani dell’uomo, anche gli algoritmi non sono neutri. Perciò è necessario agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico. Rinnovo dunque il mio appello esortando «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme»[4].Tuttavia, come in ogni ambito umano, la regolamentazione non basta.

Crescere in umanità

Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale. Sta a noi interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza. Grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici.

La rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber. In questi casi, anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere. Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva. La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità. L’informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione.

Penso al racconto delle guerre e a quella “guerra parallela” che si fa tramite campagne di disinformazione. E penso a quanti reporter sono feriti o muoiono sul campo per permetterci di vedere quello che i loro occhi hanno visto. Perché solo toccando con mano la sofferenza dei bambini, delle donne e degli uomini, si può comprendere l’assurdità delle guerre.

L’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione, se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa.

Interrogativi per l’oggi e il domani

Alcune domande sorgono dunque spontanee: come tutelare la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali? Come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi? Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano? Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai paesi in via di sviluppo?

Dalle risposte a questi e ad altri interrogativi capiremo se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista. Da una parte si profila lo spettro di una nuova schiavitù, dall’altra una conquista di libertà; da una parte la possibilità che pochi condizionino il pensiero di tutti, dall’altra quella che tutti partecipino all’elaborazione del pensiero.

La risposta non è scritta, dipende da noi. Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza. Questa sapienza matura facendo tesoro del tempo e abbracciando le vulnerabilità. Cresce nell’alleanza fra le generazioni, fra chi ha memoria del passato e chi ha visione di futuro. Solo insieme cresce la capacità di discernere, di vigilare, di vedere le cose a partire dal loro compimento. Per non smarrire la nostra umanità, ricerchiamo la Sapienza che è prima di ogni cosa (cfr Sir 1,4), che passando attraverso i cuori puri prepara amici di Dio e profeti (cfr Sap 7,27): ci aiuterà ad allineare anche i sistemi dell’intelligenza artificiale a una comunicazione pienamente umana.

Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2024

FRANCESCO

 

Foto: Pexels

Tv2000 lancia l’App Play2000

Tv2000 lancia l’App Play2000, una piattaforma Over The Top (OTT) pensata per essere semplice, intuitiva e gratuita, a portata di smartphone, tablet, smart tv e Pc. Da oggi 24 gennaio, festa di San Francesco di Sales patrono dei giornalisti e della stampa cattolica, la nuova App si può scaricare in tutti gli App store. Permette una fruizione multimediale a 360 gradi di tutti i contenuti video e audio: informazione, approfondimenti e intrattenimento. ‘In ogni luogo’ è il claim scelto per il lancio promozionale di questo nuovo strumento che punta all’ecosistema digitale in cui tutti siamo immersi. Per lo sviluppo dell’App l’emittente della Cei si è avvalsa della professionalità di Mosai.co, una società italiana di service e consulenza ad alta tecnologia con cui è stato condiviso l’intero percorso di ideazione, progettazione e realizzazione. Lo streaming dei contenuti è sempre possibile, anche in condizioni di bassa connettività e su qualsiasi dispositivo. È questo che rende Play2000 alla portata di tutti e ovunque. I contenuti live, in tempo reale, danno modo agli utenti di seguire minuto per minuto la programmazione quotidiana di Tv2000. La playlist dei video on demand rende gestibili e facilmente recuperabili (attraverso una semplice funzione di ricerca) i contenuti già trasmessi.
La galleria dei podcast, prodotti da Radio inBlu2000, rappresenta uno spazio innovativo, che dà la possibilità all’utente di fruire liberamente dei contenuti radiofonici, riascoltandoli quando vuole.
In un’unica App, tv e radio.


Dal punto di vista tecnico, Play2000 propone alcune soluzioni moderne e innovative: il player video permette la costante disponibilità del contenuto, anche in condizioni di scarsa connettività, garantendo una visione senza interruzioni e buffering. Video in alta risoluzione, in multi-bitrate, (dunque con la possibilità di accedere a contenuti di qualità adeguata alla velocità della propria connessione a Internet), e in modalità adattiva offrono la migliore esperienza di visione possibile. Tutto in sicurezza: Play2000 è compliant al GDPR, totalmente conforme al Regolamento generale sulla protezione dei dati, con la massima attenzione alla tutela dei dati personali degli utenti.
“Play2000 – spiega l’amministratore delegato di Tv2000 e inBlu2000, Massimo Porfiri - ha caratteristiche che puntano molto sul concetto di usabilità. L’App è semplice, intuitiva, vicina alle esigenze dell’utente. Un progetto realizzato insieme alla società Mosai.co che ringraziamo per l’alta professionalità. Una delle scelte di design che è stata fatta è quella di utilizzare un linguaggio ormai abbastanza diffuso tra le piattaforme OTT, con una distinzione immediatamente percepibile tra le sezioni dei contenuti trasmessi in diretta, dei video on demand e dei podcast. Per quest’ultima tipologia di contenuto multimediale si offrono moltissime declinazioni: i podcast sono un punto di forza di Play2000 e – se possibile – avvicinano ancora di più l’App alla community, che può divertirsi, approfondire e informarsi anche in mobilità. È un investimento con un occhio al futuro ma guardando al presente nello spirito di servizio alla Chiesa e alla società italiana. Camminiamo in avanti grazie al sostegno del nostro editore, la Conferenza episcopale italiana, che ci ha sostenuti e incoraggiati anche in questo progetto che proietta le nostre emittenti, sempre più competitive, nel panorama radio-televisivo italiano”.
“Play2000 rafforza il senso di comunità, – sottolinea il direttore di Tv2000 e inBlu2000, Vincenzo Morgante - rende gli utenti ancor più partecipi delle sue proposte di intrattenimento e di informazione, apre nuovi spazi per contenuti originali ed esclusivi. Un hub digitale importante, fedele e innovativo, che punta a declinare la tradizionale proposta di Tv2000 e inBlu2000 attraverso codici, linguaggi e parole nuove. Si amplia, dunque, la nostra offerta radio-tv con uno strumento che accresce e valorizza sempre più il nostro voler fare ‘servizio pubblico’ anche essendo emittenti private. Ci siamo affidati a un team di professionisti valorizzando e integrando anche le nostre risorse interne. È un App facile da scaricare e ancor più semplice da utilizzare anche da coloro che hanno meno dimestichezza con la tecnologia. Abbiamo voluto tener conto non solo dei nuovi potenziali utenti ma anche dei nostri numerosi e affezionati telespettatori e radioascoltatori. Oggi anche noi ci sediamo al tavolo del grande gioco strategico delle piattaforme OTT, un crocevia inevitabile in un periodo di grande trasformazione delle modalità di fruizione dei contenuti video”.

Insegnamento della religione cattolica: il Messaggio della Presidenza CEI

Pubblichiamo il Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana in vista della scelta di avvalersi dell’Insegnamento della religione cattolica (IRC) nell’anno scolastico 2024/25.
I dati relativi all’anno scolastico 2022/23 restituiscono un quadro di sostanziale stabilità, con una media nazionale di avvalentisi pari all’84,05%.

Cari studenti e cari genitori,

nelle prossime settimane si svolgeranno le iscrizioni al primo anno dei diversi ordini e gradi di scuola. In questa occasione, dovrà essere effettuata anche la scelta se avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica (Irc). Vi invitiamo a considerarla una preziosa opportunità formativa, che arricchisce il percorso scolastico promuovendo la conoscenza delle radici e dei valori cristiani della cultura italiana.
Sono trascorsi quasi quarant’anni da quando, con l’Accordo di revisione del Concordato del 1984 e la successiva Legge di ratifica del 1985, l’insegnamento della religione ha assunto il profilo attuale: quello di una disciplina scolastica aperta, aggiornata dal punto di vista pedagogico e didattico, adeguata all’oggi, attenta ai bisogni educativi delle persone e condotta nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ognuno. Un valido momento di studio e di dialogo, fatto proprio ogni anno dalla stragrande maggioranza di studenti e di famiglie.
L’ampia partecipazione attesta la qualità formativa di tale insegnamento e, allo stesso tempo, richiama a una responsabilità e a un’attenzione da parte di tutti; la relazione che si instaura fra insegnanti e alunni fa sì che si possano intercettare tematiche culturali ed esistenziali altrimenti non trattate a scuola. In un momento come l’attuale in cui si moltiplicano, da parte dei ragazzi, le domande di ascolto e di vicinanza, l’“alleanza educativa” tra Chiesa e scuola su cui si fonda l’Irc si rivela una risorsa assai preziosa.
A renderla possibile ed efficace sono in primo luogo i docenti di religione, di cui riconosciamo la preparazione e la disponibilità e ai quali vogliamo esprimere gratitudine e sostegno.
Un pensiero particolare va ai giovani chiamati per la prima volta a scegliere personalmente l’insegnamento della religione cattolica.
Cari ragazzi, ci rivolgiamo a voi attingendo alle parole rivolte da papa Francesco a migliaia di vostri coetanei l’estate scorsa durante la Giornata mondiale della gioventù a Lisbona. Voi, cari studenti, “pellegrini del sapere”, cosa volete vedere realizzato nella vostra vita e nel mondo? Quali cambiamenti, quali trasformazioni? E in che modo l’esperienza che fate a scuola può contribuirvi? Cercate e rischiate! Abbiate il coraggio di sostituire le paure con i sogni! Noi abbiamo fiducia in voi.
Possa l’Irc, con il contributo di tutti, sostenere le vostre famiglie nel compito educativo e accompagnare ciascuno di voi nell’avventura della scuola e della vita.


La Presidenza

della Conferenza Episcopale Italiana

Firmata da CEI e Ministero dell’Istruzione e del Merito l'intesa riguardante il concorso ordinario per l’insegnamento della religione cattolica

Concorso insegnanti di religione
Firmata l’Intesa tra CEI e Ministero dell’Istruzione e del Merito

È stata firmata il 9 gennaio dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Card. Matteo Zuppi, e dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, l’Intesa riguardante il concorso ordinario per la copertura del 30 per cento dei posti per l’insegnamento della religione cattolica vacanti, previsto dall’articolo 1-bis della legge 159/19.
Il restante 70 per cento dei posti disponibili sarà coperto grazie a una procedura straordinaria, riservata ai docenti con almeno 36 mesi di servizio. Complessivamente si tratta di circa 6400 insegnanti.
L’Intesa firmata oggi, che sostituisce integralmente quella sottoscritta il 14 dicembre 2020, ricorda che la procedura concorsuale “è bandita, nel rispetto dell'Accordo di revisione del Concordato lateranense stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121 e dell'Intesa tra il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sottoscritta il 28 giugno 2012, cui è stata data esecuzione con decreto del Presidente della Repubblica 20 agosto 2012, n. 175”.
I titoli di qualificazione professionale per partecipare al concorso sono quelli indicati al punto 4 dell’Intesa del 28 giugno 2012, rilasciati da Facoltà e Istituti elencati dal decreto del Ministro dell’Istruzione il 24 luglio 2020 (n. 70). Tra i requisiti è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana all’insegnamento della religione cattolica “di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 18 luglio 2003, n. 186, rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio diocesano competente, nei novanta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda di partecipazione”.
Il concorso, si legge nel testo, “si articola in una prova scritta e una orale” e “accerta la preparazione dei candidati con riferimento alle materie ed alle competenze indicate dalla normativa vigente e dalle intese richiamate in premessa. L’articolazione, il punteggio ed i criteri delle prove concorsuali e della valutazione dei titoli sono determinate dal bando di concorso, tenendo presente che tutti i candidati sono già in possesso dell'idoneità diocesana, che è condizione per l’insegnamento della religione cattolica”.
Siglando l’Intesa, il Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ha espresso gratitudine al Ministro Valditara per “aver colmato un vuoto e per la collaborazione aperta e feconda che si è instaurata in vista di questo importante passaggio”. “Al di là dell’atto formale, richiesto dalla legge il presente accordo - ha aggiunto - riconosce e riafferma il valore degli insegnanti di religione nelle nostre scuole: educatori preparati e appassionati che arricchiscono l’esperienza scolastica con un’occasione unica di dialogo, approfondimento culturale e confronto interdisciplinare. È giusto che sia data loro maggiore stabilità e sicurezza”.
“L’insegnamento della religione – ha dichiarato Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito - è un’occasione di confronto e di dialogo sui principi etici e morali che da sempre accompagnano le civiltà nel loro cammino. È anche l’occasione per andare alle radici della nostra civiltà imparando a conoscere il messaggio cristiano. Approfondire questi temi significa fornire agli studenti gli strumenti per conoscere alcuni aspetti imprescindibili della nostra storia. Grazie a docenti motivati e competenti sarà possibile creare sempre più momenti di approfondimento e di arricchimento culturale”.
Il nuovo concorso si terrà a vent’anni dalla prima, e finora unica, procedura bandita nel febbraio 2004 in attuazione della legge 186/03, che istituiva i ruoli per l’insegnamento della religione cattolica.

Giornata Mondiale della Pace: il Messaggio di Papa Francesco

Pubblichiamo il testo del Messaggio di Papa Francesco per la 57ª Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2024 sul tema “Intelligenza artificiale e pace”. 

All’inizio del nuovo anno, tempo di grazia che il Signore dona a ciascuno di noi, vorrei rivolgermi al Popolo di Dio, alle nazioni, ai Capi di Stato e di Governo, ai Rappresentanti delle diverse religioni e della società civile, a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo per porgere i miei auguri di pace.

1. Il progresso della scienza e della tecnologia come via verso la pace

La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano «saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro» (Es 35,31). L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26) e ci ha messo in grado di rispondere al suo amore attraverso la libertà e la conoscenza. La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo.
Nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes, il Concilio Vaticano II ha ribadito questa verità, dichiarando che «col suo lavoro e col suo ingegno l’uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita». Quando gli esseri umani, «con l’aiuto della tecnica», si sforzano affinchè la terra «diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana», agiscono secondo il disegno di Dio e cooperano con la sua volontà di portare a compimento la creazione e di diffondere la pace tra i popoli. Anche il progresso della scienza e della tecnica, nella misura in cui contribuisce a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna, porta dunque al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo.
Giustamente ci rallegriamo e siamo riconoscenti per le straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia, grazie alle quali si è posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano la vita umana e causavano grandi sofferenze. Allo stesso tempo, i progressi tecnico-scientifici, rendendo possibile l’esercizio di un controllo finora inedito sulla realtà, stanno mettendo nelle mani dell’uomo una vasta gamma di possibilità, alcune delle quali possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune. I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specialmente nella sfera digitale, presentano dunque entusiasmanti opportunità e gravi rischi, con serie implicazioni per il perseguimento della giustizia e dell’armonia tra i popoli. È pertanto necessario porsi alcune domande urgenti. Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?

2. Il futuro dell’intelligenza artificiale tra promesse e rischi

I progressi dell’informatica e lo sviluppo delle tecnologie digitali negli ultimi decenni hanno già iniziato a produrre profonde trasformazioni nella società globale e nelle sue dinamiche. I nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di innumerevoli altri aspetti della vita quotidiana.
Inoltre, le tecnologie che impiegano una molteplicità di algoritmi possono estrarre, dalle tracce digitali lasciate su internet, dati che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta. Infatti, in uno spazio come il web, caratterizzato da un sovraccarico di informazioni, possono strutturare il flusso di dati secondo criteri di selezione non sempre percepiti dall’utente.
Dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e «neutrali», ma soggette alle influenze culturali. In quanto attività pienamente umane, le direzioni che prendono riflettono scelte condizionate dai valori personali, sociali e culturali di ogni epoca. Dicasi lo stesso per i risultati che conseguono: essi, proprio in quanto frutto di approcci specificamente umani al mondo circostante, hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi.
Questo vale anche per le forme di intelligenza artificiale. Di essa, ad oggi, non esiste una definizione univoca nel mondo della scienza e della tecnologia. Il termine stesso, ormai entrato nel linguaggio comune, abbraccia una varietà di scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani. Parlare al plurale di “forme di intelligenza” può aiutare a sottolineare soprattutto il divario incolmabile che esiste tra questi sistemi, per quanto sorprendenti e potenti, e la persona umana: essi sono, in ultima analisi, “frammentari”, nel senso che possono solo imitare o riprodurre alcune funzioni dell’intelligenza umana. L’uso del plurale evidenzia inoltre che questi dispositivi, molto diversi tra loro, vanno sempre considerati come “sistemi socio-tecnici”. Infatti il loro impatto, al di là della tecnologia di base, dipende non solo dalla progettazione, ma anche dagli obiettivi e dagli interessi di chi li possiede e di chi li sviluppa, nonché dalle situazioni in cui vengono impiegati.
L’intelligenza artificiale, quindi, deve essere intesa come una galassia di realtà diverse e non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come «l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità».
Non è sufficiente nemmeno presumere, da parte di chi progetta algoritmi e tecnologie digitali, un impegno ad agire in modo etico e responsabile. Occorre rafforzare o, se necessario, istituire organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati. L’immensa espansione della tecnologia deve quindi essere accompagnata da un’adeguata formazione alla responsabilità per il suo sviluppo. La libertà e la convivenza pacifica sono minacciate quando gli esseri umani cedono alla tentazione dell’egoismo, dell’interesse personale, della brama di profitto e della sete di potere. Abbiamo perciò il dovere di allargare lo sguardo e di orientare la ricerca tecnico-scientifica al perseguimento della pace e del bene comune, al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità.
La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace. Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso.
L’intelligenza artificiale diventerà sempre più importante. Le sfide che pone sono tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche. Promette, ad esempio, un risparmio di fatiche, una produzione più efficiente, trasporti più agevoli e mercati più dinamici, oltre a una rivoluzione nei processi di raccolta, organizzazione e verifica dei dati. Occorre essere consapevoli delle rapide trasformazioni in atto e gestirle in modo da salvaguardare i diritti umani fondamentali, rispettando le istituzioni e le leggi che promuovono lo sviluppo umano integrale. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere al servizio del migliore potenziale umano e delle nostre più alte aspirazioni, non in competizione con essi.

3. La tecnologia del futuro: macchine che imparano da sole

Nelle sue molteplici forme l’intelligenza artificiale, basata su tecniche di apprendimento automatico (machine learning), pur essendo ancora in fase pionieristica, sta già introducendo notevoli cambiamenti nel tessuto delle società, esercitando una profonda influenza sulle culture, sui comportamenti sociali e sulla costruzione della pace.
Sviluppi come il machine learning o come l’apprendimento profondo (deep learning) sollevano questioni che trascendono gli ambiti della tecnologia e dell’ingegneria e hanno a che fare con una comprensione strettamente connessa al significato della vita umana, ai processi basilari della conoscenza e alla capacità della mente di raggiungere la verità.
L’abilità di alcuni dispositivi nel produrre testi sintatticamente e semanticamente coerenti, ad esempio, non è garanzia di affidabilità. Si dice che possano “allucinare”, cioè generare affermazioni che a prima vista sembrano plausibili, ma che in realtà sono infondate o tradiscono pregiudizi. Questo pone un serio problema quando l’intelligenza artificiale viene impiegata in campagne di disinformazione che diffondono notizie false e portano a una crescente sfiducia nei confronti dei mezzi di comunicazione. La riservatezza, il possesso dei dati e la proprietà intellettuale sono altri ambiti in cui le tecnologie in questione comportano gravi rischi, a cui si aggiungono ulteriori conseguenze negative legate a un loro uso improprio, come la discriminazione, l’interferenza nei processi elettorali, il prendere piede di una società che sorveglia e controlla le persone, l’esclusione digitale e l’inasprimento di un individualismo sempre più scollegato dalla collettività. Tutti questi fattori rischiano di alimentare i conflitti e di ostacolare la pace.

4. Il senso del limite nel paradigma tecnocratico

Il nostro mondo è troppo vasto, vario e complesso per essere completamente conosciuto e classificato. La mente umana non potrà mai esaurirne la ricchezza, nemmeno con l’aiuto degli algoritmi più avanzati. Questi, infatti, non offrono previsioni garantite del futuro, ma solo approssimazioni statistiche. Non tutto può essere pronosticato, non tutto può essere calcolato; alla fine «la realtà è superiore all’idea» e, per quanto prodigiosa possa essere la nostra capacità di calcolo, ci sarà sempre un residuo inaccessibile che sfugge a qualsiasi tentativo di misurazione.
Inoltre, la grande quantità di dati analizzati dalle intelligenze artificiali non è di per sé garanzia di imparzialità. Quando gli algoritmi estrapolano informazioni, corrono sempre il rischio di distorcerle, replicando le ingiustizie e i pregiudizi degli ambienti in cui esse hanno origine. Più diventano veloci e complessi, più è difficile comprendere perché abbiano prodotto un determinato risultato.
Le macchine “intelligenti” possono svolgere i compiti loro assegnati con sempre maggiore efficienza, ma lo scopo e il significato delle loro operazioni continueranno a essere determinati o abilitati da esseri umani in possesso di un proprio universo di valori. Il rischio è che i criteri alla base di certe scelte diventino meno chiari, che la responsabilità decisionale venga nascosta e che i produttori possano sottrarsi all’obbligo di agire per il bene della comunità. In un certo senso, ciò è favorito dal sistema tecnocratico, che allea l’economia con la tecnologia e privilegia il criterio dell’efficienza, tendendo a ignorare tutto ciò che non è legato ai suoi interessi immediati. Questo deve farci riflettere su un aspetto tanto spesso trascurato nella mentalità attuale, tecnocratica ed efficientista, quanto decisivo per lo sviluppo personale e sociale: il “senso del limite”. L’essere umano, infatti, mortale per definizione, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso; nella ricerca di una libertà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica. Riconoscere e accettare il proprio limite di creatura è per l’uomo condizione indispensabile per conseguire, o meglio, accogliere in dono la pienezza. Invece, nel contesto ideologico di un paradigma tecnocratico, animato da una prometeica presunzione di autosufficienza, le disuguaglianze potrebbero crescere a dismisura, e la conoscenza e la ricchezza accumularsi nelle mani di pochi, con gravi rischi per le società democratiche e la coesistenza pacifica.

5. Temi scottanti per l’etica

In futuro, l’affidabilità di chi richiede un mutuo, l’idoneità di un individuo ad un lavoro, la possibilità di recidiva di un condannato o il diritto a ricevere asilo politico o assistenza sociale potrebbero essere determinati da sistemi di intelligenza artificiale. La mancanza di diversificati livelli di mediazione che questi sistemi introducono è particolarmente esposta a forme di pregiudizio e discriminazione: gli errori sistemici possono facilmente moltiplicarsi, producendo non solo ingiustizie in singoli casi ma anche, per effetto domino, vere e proprie forme di disuguaglianza sociale. Talvolta, inoltre, le forme di intelligenza artificiale sembrano in grado di influenzare le decisioni degli individui attraverso opzioni predeterminate associate a stimoli e dissuasioni, oppure mediante sistemi di regolazione delle scelte personali basati sull’organizzazione delle informazioni. Queste forme di manipolazione o di controllo sociale richiedono un’attenzione e una supervisione accurate, e implicano una chiara responsabilità legale da parte dei produttori, di chi le impiega e delle autorità governative.
L’affidamento a processi automatici che categorizzano gli individui, ad esempio attraverso l’uso pervasivo della vigilanza o l’adozione di sistemi di credito sociale, potrebbe avere ripercussioni profonde anche sul tessuto civile, stabilendo improprie graduatorie tra i cittadini. E questi processi artificiali di classificazione potrebbero portare anche a conflitti di potere, non riguardando solo destinatari virtuali, ma persone in carne ed ossa. Il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato.
In questo contesto non possiamo fare a meno di considerare l’impatto delle nuove tecnologie in ambito lavorativo: mansioni che un tempo erano appannaggio esclusivo della manodopera umana vengono rapidamente assorbite dalle applicazioni industriali dell’intelligenza artificiale. Anche in questo caso, c’è il rischio sostanziale di un vantaggio sproporzionato per pochi a scapito dell’impoverimento di molti. Il rispetto della dignità dei lavoratori e l’importanza dell’occupazione per il benessere economico delle persone, delle famiglie e delle società, la sicurezza degli impieghi e l’equità dei salari dovrebbero costituire un’alta priorità per la Comunità internazionale, mentre queste forme di tecnologia penetrano sempre più profondamente nei luoghi di lavoro.

6. Trasformeremo le spade in vomeri?

In questi giorni, guardando il mondo che ci circonda, non si può sfuggire alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra. La ricerca sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, incluso l’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale, è un grave motivo di preoccupazione etica. I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma.
Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime. Il mondo, insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra. Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più “artificiale”. Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace.
In un’ottica più positiva, se l’intelligenza artificiale fosse utilizzata per promuovere lo sviluppo umano integrale, potrebbe introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia sociale. In definitiva, il modo in cui la utilizziamo per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità.
Uno sguardo umano e il desiderio di un futuro migliore per il nostro mondo portano alla necessità di un dialogo interdisciplinare finalizzato a uno sviluppo etico degli algoritmi – l’algor-etica –, in cui siano i valori a orientare i percorsi delle nuove tecnologie. Le questioni etiche dovrebbero essere tenute in considerazione fin dall’inizio della ricerca, così come nelle fasi di sperimentazione, progettazione, produzione, distribuzione e commercializzazione. Questo è l’approccio dell’etica della progettazione, in cui le istituzioni educative e i responsabili del processo decisionale hanno un ruolo essenziale da svolgere.

7. Sfide per l’educazione

Lo sviluppo di una tecnologia che rispetti e serva la dignità umana ha chiare implicazioni per le istituzioni educative e per il mondo della cultura. Moltiplicando le possibilità di comunicazione, le tecnologie digitali hanno permesso di incontrarsi in modi nuovi. Tuttavia, rimane la necessità di una riflessione continua sul tipo di relazioni a cui ci stanno indirizzando. I giovani stanno crescendo in ambienti culturali pervasi dalla tecnologia e questo non può non mettere in discussione i metodi di insegnamento e formazione.
L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia.
La formazione all’uso dei nuovi strumenti di comunicazione dovrebbe tenere conto non solo della disinformazione, delle fake news, ma anche dell’inquietante recrudescenza di «paure ancestrali […] che hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie». Purtroppo, ancora una volta ci troviamo a dover combattere “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare muri per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente” e lo sviluppo di una coesistenza pacifica e fraterna.

8. Sfide per lo sviluppo del diritto internazionale

La portata globale dell’intelligenza artificiale rende evidente che, accanto alla responsabilità degli Stati sovrani di disciplinarne l’uso al proprio interno, le Organizzazioni internazionali possono svolgere un ruolo decisivo nel raggiungere accordi multilaterali e nel coordinarne l’applicazione e l’attuazione. A tale proposito, esorto la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme. L’obiettivo della regolamentazione, naturalmente, non dovrebbe essere solo la prevenzione delle cattive pratiche, ma anche l’incoraggiamento delle buone pratiche, stimolando approcci nuovi e creativi e facilitando iniziative personali e collettive.
In definitiva, nella ricerca di modelli normativi che possano fornire una guida etica agli sviluppatori di tecnologie digitali, è indispensabile identificare i valori umani che dovrebbero essere alla base dell’impegno delle società per formulare, adottare e applicare necessari quadri legislativi. Il lavoro di redazione di linee guida etiche per la produzione di forme di intelligenza artificiale non può prescindere dalla considerazione di questioni più profonde riguardanti il significato dell’esistenza umana, la tutela dei diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace. Questo processo di discernimento etico e giuridico può rivelarsi un’occasione preziosa per una riflessione condivisa sul ruolo che la tecnologia dovrebbe avere nella nostra vita individuale e comunitaria e su come il suo utilizzo possa contribuire alla creazione di un mondo più equo e umano. Per questo motivo, nei dibattiti sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, si dovrebbe tenere conto della voce di tutte le parti interessate, compresi i poveri, gli emarginati e altri che spesso rimangono inascoltati nei processi decisionali globali.

* * *

Spero che questa riflessione incoraggi a far sì che i progressi nello sviluppo di forme di intelligenza artificiale servano, in ultima analisi, la causa della fraternità umana e della pace. Non è responsabilità di pochi, ma dell’intera famiglia umana. La pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli.
La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana. Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico.

Francesco

Dal Vaticano, 8 dicembre 2023

Legge di stabilità: Ungaro (Fisc), “bene lo stop del governo alle modifiche dei criteri per accedere ai contributi per l’editoria”

Un ringraziamento al Governo “per avere recepito le richieste di revisione del testo originario dimostrando una particolare attenzione e sensibilità verso la realtà della Federazione e la presenza della stampa di ispirazione cattolica nel nostro Paese”. Lo esprime Mauro Ungaro, presidente della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), commentando la notizia “accolta con particolare soddisfazione” che l’esecutivo ha dato mandato al relatore della legge di proporre direttamente al Parlamento la revisione dell’articolo 62 del testo della Finanziaria.
La modifica presentata nelle scorse settimane, che prevedeva l’aumento da 2 a 3 del numero minimo dei giornalisti assunti a tempo indeterminato nelle redazioni dei periodici per accedere ai contributi statali per l’editoria, “avrebbe fortemente penalizzato circa un terzo delle testate aderenti alla Federazione italiana settimanali cattolici che attualmente ricevono il contributo statale e che non avrebbero certo potuto procedere all’assunzione di ulteriori dipendenti”. Di fronte alla proposta del Governo, la Federazione aveva immediatamente manifestato la propria preoccupazione chiedendo che nel testo venisse ripristinato il numero minimo di due giornalisti come previsto sino ad oggi. “Le testate Fisc – spiega infatti Ungaro – si reggono a volte su poche persone contrattualizzate, ma possono contare su una rete di collaboratori volontari distribuiti in tutto il territorio e che assicurano una copertura davvero completa alle notizie da esso provenienti. Per questo, siamo davvero soddisfatti e grati per l’attenzione dimostrata dall’esecutivo”.
All’indomani dell’accoglimento della richiesta, il presidente della Fisc esprime “gratitudine anche alla Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana per la vicinanza ancora una volta rinnovata alle istanze della Federazione”.

Fonte: SIR - Filippo Passantino

Giornali FISC: Mauro Ungaro riconfermato presidente

Il Consiglio Nazionale della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici si è riunito venerdì 15 dicembre alle ore 10.00 presso l’aula magna della Sede CEI - Angeli Custodi a Roma per le elezioni del rinnovo delle cariche del Comitato Esecutivo FISC (Presidente, due Vicepresidenti di cui uno Vicario, Segretario e Tesoriere).

In concomitanza con la suddetta riunione e, in separata sede, il Comitato Tecnico Consultivo eletto si è riunito per l’elezione del Coordinatore e del Segretario.

L’esito degli scrutini è il seguente:

COMITATO ESECUTIVO

Presidente MAURO UNGARO - VOCE ISONTINA

Vicepresidente Vicario GENISIO CHIARA - AGENZIA GIORNALI DIOCESANI

Vicepresidente DE LUCA DON DORIANO VINCENZO - NUOVA STAGIONE

Segretario INCICCO SIMONE - L'ANCORA

Tesoriere DELLA MONICA MARILISA - L'AMICO DEL POPOLO

 

COMITATO TECNICO CONSULTIVO

Coordinatore DANIELE LIVIO - LA GUIDA

Segretario GIUGLARD ROBERTO - VITA DIOCESANA PINEROLESE

“Meravigliose invenzioni”, il volume promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della CEI

Ci sono eventi storici che, per la loro forza propulsiva, imprimono una discontinuità nel vissuto personale e comunitario. Sono quei passaggi che rappresentano una sorta di cesura tra ciò che è stato e ciò che sarà, prefigurazione del futuro nella ricchezza del passato. Così è stato nelle Chiese in Italia dopo la promulgazione del Decreto Inter mirifica. A sessant’anni dalla pubblicazione, restano alcune intuizioni di fondo, in primis quella dell’inculturazione del messaggio cristiano nel tempo dei mass media. «Ogni epoca, ogni condizione, ogni contesto richiede un suo specifico linguaggio. La Chiesa lo ha sempre tenuto presente nell’annunciare la parola di Dio» (Direttorio sulle comunicazioni sociali, n. 49). È a partire da questa consapevolezza che si possono scrivere i nuovi capitoli del libro aperto dal Decreto conciliare. Come evidenzia il volume “Meravigliose invenzioni” promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali: edito da Scholé-Morcelliana, raccoglie i contributi di storici, semiologi, filosofi, massmediologi e giornalisti. Per celebrare una ricorrenza speciale e ritrovare nuovo slancio.

Vincenzo Corrado, Direttore dell'Ufficio nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI

Domenica 10 dicembre lo speciale “Pace in terra - Dall’Italia e dal mondo con Corallo Tv”

Fervono i preparativi per lo speciale televisivo delle emittenti che aderiscono al circuito cattolico del Corallo, dedicato alla pace e in vista del Natale prossimo.

Domenica 10 dicembre, dalle ore 15 alle 18, le emittenti tv aprono una finestra sull’Italia e sul mondo per raccontare storie di guerra e di pace, attraverso interviste e testimonianze, iniziative e progetti.

Uno speciale intitolato “Pace in terra - Dall’Italia e dal mondo con Corallo Tv”, in diretta dallo studio principale allestito nella Sala della Pace del Sacro Convento di Assisi, con collegamenti e servizi da varie altre città italiane e anche da Terra Santa, Ucraina e Africa.

Tra gli ospiti della maratona televisiva, ci saranno il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, card. Pierbattista Pizzaballa, in collegamento dalla Terra Santa mentre, il Vicario della Custodia francescana, Padre Ibrahim Faltas sarà presente in studio; il missionario comboniano padre Renato “Kizito” Sesana, in diretta da Nairobi in Kenya; altre storie come quella di padre Pierluigi Maccalli, il missionario rapito in Niger nel 2018 e rilasciato due anni dopo; la realtà di Rondine Cittadella della Pace che, sulle colline aretine, ospita giovani provenienti da paesi in guerra fra loro; l’appello alla pace di mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Altamura e da poco riconfermato come presidente di Pax Christi Italia; tante altre testimonianze e storie dall’Italia e dal mondo intero, come anche curiosità e musica.

Uno speciale che seguirà in diretta la Marcia della pace e della fraternità, convocata dalla Fondazione PerugiAssisi, in concomitanza della Giornata internazionale dei Diritti umani, in occasione del 75esimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani (era il 10 dicembre 1948). Le telecamere seguiranno il corteo che partirà da Santa Maria degli Angeli alle ore 14.30 per arrivare intorno alle ore 16.50 in piazza San Francesco.

Durante la lunga maratona televisiva verrà promossa una raccolta fondi a favore dell’Istituto Pontificio EFFETA’ PAOLO VI di Betlemme, scuola che insegna ai bambini audiolesi a parlare.  

 

 “PACE IN TERRA - Dall’Italia e dal mondo con Corallo Tv” è un programma condotto dal direttore de La Voce, Daniele Morini, insieme alla giornalista di Telepace Trento, Silvia Piasentini.

La diretta verrà trasmessa in tutt’Italia dalle seguenti emittenti TV:

Emittente

Numero telecomando          LCN

COPERTURA

Teledehon

19

Regione: BASILICATA

Teledehon

110

Regione: CAMPANIA

TeleClubItalia

77

Regione: CAMPANIA

Tele Diocesi Salerno

87

Regione: CAMPANIA

Telesperanza Tv

98

BENEVENTO

Teledehon

86

Regione:  CALABRIA

Icaro Rimini Tv

18

Regione: EMILIA ROMAGNA

Telepace

75

ROMA, RIETI, FROSINONE

Teleradio Pace

12

Regione: LIGURIA

Tele Liguria Sud

15

Regione: LIGURIA

Telenova 

18

Regione: LOMBARDIA

EmmeTv

89

MACERATA

Video Novara

19

Regione: PIEMONTE

Teledehon

19

Regione:  PUGLIA

Teleregione Live

88

Regione: SARDEGNA

Telemistretta

90

Regione: SICILIA

TSD

85

Regione: TOSCANA

Firenze TV

80

FIRENZE PRATO PISTOIA

TVP

75

Regione: TOSCANA

TVL

14

Regione: TOSCANA

Telepace Trento

12

Regione: TRENTINO ALTO ADIGE

Telebellunodolomiti

75

Regione: VENETO

Telepace

76

Regione: VENETO

Sarà, inoltre, possibile seguirla sull’emittente radiofonica UMBRIA RADIO.

Rinnovata la collaborazione tra RAI e CEI per la trasmissione della s. Messa in tv


Rinnovata la collaborazione che identifica il servizio pubblico
e fa parte della sua storia 

Nel pomeriggio di ieri, 6 dicembre, il Presidente e il Segretario Generale della CEI, Card. Matteo Zuppi e Mons. Giuseppe Baturi, e l’Amministratore Delegato della RAI, Dott. Roberto Sergio, hanno siglato il rinnovo della Convenzione per la realizzazione e la trasmissione della Santa Messa, del programma “A Sua immagine – Le Ragioni della Speranza” e di altri speciali su eventi particolari della Chiesa.

“Siamo felici di continuare questa collaborazione a vantaggio delle tante persone anziane, ammalate o carcerate che, sebbene impossibilitate a recarsi fisicamente in Chiesa, vengono messe in condizione, attraverso questo servizio che nel 2024 compie 70 anni, di partecipare alla Celebrazione Eucaristica domenicale. L’accordo con la RAI, inoltre, permette di raccontare le storie positive che testimoniano il bello della nostra comunità ecclesiale e civile, aiutandoci a riflettere e a porre attenzione agli ultimi”, sottolinea il Presidente della CEI che rimarca come questo consenta anche “di far risuonare le parole e gli appelli di Papa Francesco, dando spazio e voce a numerose realtà che spesso rimangono nell’ombra e rischiano di essere dimenticate”.

“Credo fortemente nel valore di questa collaborazione – prosegue l’Amministratore Delegato RAI – perché identifica il Servizio Pubblico ed è parte della sua stessa storia. Il rito domenicale della Messa è una tradizione che continua a essere ‘servizio’ per il pubblico, mentre trasmissioni come ‘A Sua immagine’ e gli altri Speciali RAI sulla vita della Chiesa - affidati a RAI Cultura, diretta da Silvia Calandrelli - sono appuntamenti molto seguiti anche per la capacità di trasmettere messaggi e valori davvero universali e, spesso, sono l’occasione per amplificare la voce di Papa Francesco, che continua a interpellare ciascuno di noi in quanto uomini e donne, prima ancora che credenti”.

La Convenzione, che ha durata quinquennale, permetterà di rafforzare il rapporto tra CEI e RAI anche in occasione del prossimo Giubileo.

XX Assemblea nazionale elettiva della FISC: tra i consiglieri eletti c'è Martina Pacini

La XX Assemblea nazionale ordinaria elettiva della Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), che si è tenuta a Roma dal 23 al 25 novembre, si è conclusa con l’elezione del nuovo Consiglio nazionale per il quadriennio 2024/2027.
Tra i consiglieri eletti c'è Martina Pacini del nostro settimanale diocesano.
Per l'Emilia Romagna eletta anche Daniela Verlicchi (vicedirettore del Corriere Cesenate e responsabile dell’edizione ravennate) e il delegato regionale Luigi Lamma (Notizie, Carpi).
 
Nella foto: la delegazione Emilia-Romagna all’assemblea Fisc

Assemblea Fisc. Ungaro (presidente): “Dobbiamo essere profeti e testimoni di speranza per l’Italia”

“Nel 2026 la Federazione festeggia i sessant’anni di fondazione. Ci dobbiamo interrogate sul rapporto tra la Fisc e il Paese per comprendere sempre meglio il ruolo che le nostre testate possono svolgere, tanto dal punto di vista informativo che da quello sociale. Siamo radicati all’interno di una realtà ecclesiale che è profondamente cambiata in questo tempo e che oggi ci pone davanti a sfide importanti”. Mauro Ungaro, direttore del settimanale diocesano di Gorizia “Voce Isontina” e presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), si prepara ad aprire la XX Assemblea nazionale ordinaria elettiva su “La Fisc: una voce a servizio del Paese. Informazione, cultura e sinodalità” (Roma, 23/25 novembre).

L’Assemblea si tiene durante il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Che contributo può arrivare dai settimanali cattolici?

Il Sinodo è la quotidianità per le nostre testate che da sempre sono in ascolto dei territori, intesi non soltanto come luoghi fisici ma come luoghi teologici in cui le nostre chiese vivono la costituzione pastorale di Papa Francesco Gaudium et spes. La Fisc è prima di tutto una realtà ecclesiale, che vive nella Chiesa ed è collegata alle chiese locali. Se questo venisse meno, perderemmo la nostra identità.

C’è grande attenzione al Cammino sinodale. Tanti direttori dei giornali si trovano nelle commissioni sinodali diocesane o sono referenti. È un dato significativo della nostra presenza. Inoltre, il Cammino sinodale ha portato una rinnovata attenzione dei vescovi al tema della comunicazione sociale e, con essa, ai settimanali diocesani. Si è riusciti ancora una volta a cogliere e valorizzare la presenza informativa e culturale, che può aiutare le diocesi nel loro impegno pastorale quotidiano. I settimanali diocesani restano una risorsa per il Paese. Il presidente Mattarella li aveva definiti un “vero presidio della democrazia“. In virtù di questo, possono favorire il Cammino sinodale della Chiesa italiana.

Cosa caratterizza le testate diocesane?
Dobbiamo essere profeti e testimoni di speranza per l’Italia. Non bisogna rincorrere lo scoop, ma stare attenti a come la notizia influisce sulla vita delle persone. Le nostre testate vivono ancora dell’edizione cartacea. I nostri lettori sono affezionati a un giornale che si legge tenendolo tra le mani. Ma il digitale è diventato fondamentale, sia per intercettare nuovi pubblici che per dare velocità alle notizie. È un cambio di mentalità che dobbiamo assumere.

Ci viene chiesta la stessa professionalità, la stessa capacità di lettura e di approfondimento, ma con i tempi del digitale. È una sfida nell’ottica della profezia: se viviamo i territori non siamo obbligati a correre dietro alle notizie, ma possiamo anticiparle. Dobbiamo essere talmente bravi a leggere le nostre realtà, da capire le richieste e le necessità che da esse provengono.

La presenza digitale è il futuro della Fisc?
È un orizzonte del nostro impegno. Le testate non sono strutturate, tranne rare eccezioni, anche in termini di personale. Ci stiamo, però, attrezzando e diversi giornali hanno già una presenza notevole sul digitale. La pandemia ci ha mostrato l’impatto del nostro lavoro e la fedeltà dei lettori. Abbiamo la grande fortuna di avere un’agenzia di stampa come il Sir che ci apre una finestra sul mondo e ci permette di non chiuderci nel nostro ambito. Questa apertura si accompagna, ad esempio, alla presenza dei missionari in aree decentrate che non chiamano i riflettori dei grandi media. E ci permette di calare il globale nel locale, di leggere il globale attraverso la lente della nostra esperienza locale. Per i nostri lettori è un valore aggiunto, soprattutto in un tempo nel quale la notizia non è approfondimento e resta in superficie.

Quali appuntamenti attendono la Federazione?
Ci avviciniamo alla scadenza della legge sull’editoria, i cui contributi riguardano circa un terzo delle nostre testate, e guardiamo con preoccupazione a questa fase.

Le nostre testate hanno problemi economici, molti derivati dalle conseguenze della guerra in Ucraina che ha influito sull’aumento esponenziale dei costi della carta e della produzione. Ma vorrei guardare con speranza al futuro. 

Quest’anno ricorrono i sessant’anni del documento conciliare Inter mirifica
Il decreto ha segnato un passaggio fondamentale per i mezzi di comunicazione, divenuti non più semplici strumenti ma luoghi da abitare. È una realtà che sentiamo profondamente nostra: probabilmente la Federazione senza l’Inter mirifica non ci sarebbe stata, dunque restiamo fedeli al documento nel nostro lavoro.

Che bilancio dei quattro anni di presidenza?
È stato un tempo difficile in cui abbiamo vissuto la pandemia e la guerra, con tutte le conseguenze sociali, umani ed economiche. Abbiamo colto, però, un’occasione importante per la Federazione grazie al lavoro unitario del Consiglio nazionale sui temi della presenza digitale e della formazione. Grazie al sostegno fondamentale della Cei, del Servizio per la promozione del sostegno economico e alla collaborazione con Weca, abbiamo realizzato corsi di formazione che hanno avuto riscontro tra le nostre testate, perché ci rendiamo conto che le sfide che ci attendono richiedono nuove professionalità. Abbiamo puntato anche sulla valorizzazione delle energie e del rapporto con gli altri media: Avvenire, Tv2000, Sir, Corallo ma anche le realtà ecclesiali del Copercom. Siamo pronti a dare il nostro contributo in ottica sinodale.

Riccardo Benotti, AgenSir

Dal 23 al 25 novembre a Roma la XX Assemblea ordinaria elettiva della FISC

La Fisc: una voce al servizio del Paese. Informazione, cultura e sinodalità”. È questo il tema scelto per la XX Assemblea ordinaria elettiva nazionale dei soci della Federazione Italiana Settimanali Cattolici che si terrà a Roma, da giovedì 23 a sabato 25 novembre, al “Th Roma Carpegna Palace”, in collaborazione con Ufficio nazionale Comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, il Servizio per il sostegno economico della Chiesa Cattolica e l'Agenzia Sir.

L’appuntamento, a cui parteciperanno i direttori e i rappresentanti in FISC delle circa 200 testate associate, sarà un momento di confronto, dialogo e progettazione in cui si getteranno le basi per la nuova consiliatura e per il nuovo esecutivo che guideranno la Federazione nel quadriennio 2024 - 2027. Tra di loro anche Martina Pacini, rappresentante in FISC per il nostro settimanale diocesano, e don Andrea Mazzola, responsabile amministrativo.

«L’assemblea quadriennale - spiega il presidente della FISC, Mauro Ungaro - è sempre un momento fondamentale nella vita associativa. Quest’anno assume un valore ulteriore perché si tratta di riannodare il filo rosso di un’esperienza lunga quasi 60 anni e segnata in questo quadriennio anche dal Covid prima e dalle guerre in Ucraina e Terra Santa oggi. Sarà per le nostre testate l’occasione di riflettere insieme sulle sfide che il tempo sinodale pone a loro e alle Chiese locali, ma anche sulla trasformazione digitale che, nell’immutata fedeltà alla carta, interpella anche il mondo dell’editoria cattolica».

Ad aprire la prima giornata di assemblea, giovedì 23 novembre, sarà l’incontro straordinario con Papa Francesco che i rappresentanti FISC vivranno presso la Sala Clementina in Vaticano.

Nel pomeriggio, a partire dalle ore 16.00, presso il “Th Roma Carpegna Palace” il primo intervento, molto atteso, sarà quello di mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.

A seguire la relazione del presidente Mauro Ungaro e il resoconto del tesoriere, Simone Incicco.

La seconda giornata, venerdì 24 novembre, sarà caratterizzata dall’intervento di Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa e dalla conversazione con l’on. Alfredo Mantovano sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nel pomeriggio cominceranno le operazioni di voto che si concluderanno in serata con la proclamazione degli eletti al Consiglio nazionale della FISC.

«Abbiamo fortemente voluto un momento di confronto, non solo per i soci FISC ma aperto a tutti i giornalisti, con un rappresentante del Governo - spiega la coordinatrice della Commissione cultura ed eventi Marilisa Della Monica - e siamo onorati che l’onorevole Mantovano abbia accolto il nostro invito a conversare con noi su temi di attualità che ci interessano e interpellano come giornalisti, come cittadini e come cristiani. La FISC, accogliendo l’invito rivoltoci da Papa Francesco, cerca di raccontare ai propri lettori anche il buono ed il bello dei nostri territori in cui siamo fortemente radicati».

«Un grazie in particolare all’Ufficio FISC e a CSQ - Centro Stampa Quotidiani, Editrice Shalom, Tecnavia Apps e Generali Italia - afferma il tesoriere Simone Incicco - per il loro prezioso contributo per la realizzazione di questa XX Assemblea ordinaria elettiva».

«Non distogliere lo sguardo dal povero»: il messaggio di Papa Francesco per la VII Giornata Mondiale dei Poveri

VII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
19 novembre 2023

«Non distogliere lo sguardo dal povero» (Tb 4,7)


1. La Giornata Mondiale dei Poveri, segno fecondo della misericordia del Padre, giunge per la settima volta a sostenere il cammino delle nostre comunità. È un appuntamento che progressivamente la Chiesa sta radicando nella sua pastorale, per scoprire ogni volta di più il contenuto centrale del Vangelo. Ogni giorno siamo impegnati nell’accoglienza dei poveri, eppure non basta. Un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte. Per questo, nella domenica che precede la festa di Gesù Cristo Re dell’Universo, ci ritroviamo intorno alla sua Mensa per ricevere nuovamente da Lui il dono e l’impegno di vivere la povertà e di servire i poveri.

«Non distogliere lo sguardo dal povero» (Tb 4,7). Questa Parola ci aiuta a cogliere l’essenza della nostra testimonianza. Soffermarci sul Libro di Tobia, un testo poco conosciuto dell’Antico Testamento, avvincente e ricco di sapienza, ci permetterà di entrare meglio nel contenuto che l’autore sacro desidera trasmettere. Davanti a noi si apre una scena di vita familiare: un padre, Tobi, saluta il figlio, Tobia, che sta per intraprendere un lungo viaggio. Il vecchio Tobi teme di non poter più rivedere il figlio e per questo gli lascia il suo “testamento spirituale”. Lui è stato un deportato a Ninive ed ora è cieco, dunque doppiamente povero, ma ha sempre avuto una certezza, espressa dal nome che porta: “il Signore è stato il mio bene”. Quest’uomo, che ha confidato sempre nel Signore, da buon padre desidera lasciare al figlio non tanto qualche bene materiale, ma la testimonianza del cammino da seguire nella vita, perciò gli dice: «Ogni giorno, figlio, ricordati del Signore; non peccare né trasgredire i suoi comandamenti. Compi opere buone in tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada dell’ingiustizia» (4,5).

2. Come si può osservare subito, il ricordo che il vecchio Tobi chiede al figlio non si limita a un semplice atto della memoria o a una preghiera da rivolgere a Dio. Egli fa riferimento a gesti concreti che consistono nel compiere opere buone e nel vivere con giustizia. Questa esortazione si specifica ancora di più: «A tutti quelli che praticano la giustizia fa’ elemosina con i tuoi beni e, nel fare elemosina, il tuo occhio non abbia rimpianti» (4,7).

Stupiscono non poco le parole di questo vecchio saggio. Non dimentichiamo, infatti, che Tobi ha perso la vista proprio dopo aver compiuto un atto di misericordia. Come egli stesso racconta, la sua vita fin da giovane era dedicata a opere di carità: «Ai miei fratelli e ai miei compatrioti, che erano stati condotti con me in prigionia a Ninive, nel paese degli Assiri, facevo molte elemosine. […] Davo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo» (1,3.17).

Per questa sua testimonianza di carità, il re lo aveva privato di tutti i suoi beni rendendolo completamente povero. Il Signore però aveva ancora bisogno di lui; ripreso il suo posto di amministratore, non ebbe timore di continuare nel suo stile di vita. Ascoltiamo il suo racconto, che parla anche a noi oggi: «Per la nostra festa di Pentecoste, cioè la festa delle Settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola:la tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: “Figlio mio, va’, e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero, che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad aspettare che tu ritorni, figlio mio”» (2,1-2). Come sarebbe significativo se, nella Giornata dei Poveri, questa preoccupazione di Tobi fosse anche la nostra! Invitare a condividere il pranzo domenicale, dopo aver condiviso la Mensa eucaristica. L’Eucaristia celebrata diventerebbe realmente criterio di comunione. D’altronde, se intorno all’altare del Signore siamo consapevoli di essere tutti fratelli e sorelle, quanto più diventerebbe visibile questa fraternità condividendo il pasto festivo con chi è privo del necessario!

Tobia fece come gli aveva detto il padre, ma tornò con la notizia che un povero era stato ucciso e lasciato in mezzo alla piazza. Senza esitare, il vecchio Tobi si alzò da tavola e andò a seppellire quell’uomo. Tornato a casa stanco, si addormentò nel cortile; gli cadde sugli occhi dello sterco di uccelli e divenne cieco (cfr 2,1-10). Ironia della sorte: fai un gesto di carità e ti capita una disgrazia! Ci viene da pensare così; ma la fede ci insegna ad andare più in profondità. La cecità di Tobi diventerà la sua forza per riconoscere ancora meglio tante forme di povertà da cui era circondato. E il Signore provvederà a suo tempo a restituire al vecchio padre la vista e la gioia di rivedere il figlio Tobia. Quando venne quel giorno, «Tobi gli si buttò al collo e pianse, dicendo: “Ti vedo, figlio, luce dei miei occhi!”.Ed esclamò: “Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli santi! Sia il suo santo nome su di noi e siano benedetti i suoi angeli per tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito, ma ora io contemplo mio figlio Tobia”» (11,13-14).

3. Possiamo chiederci: da dove Tobi attinge il coraggio e la forza interiore che gli permettono di servire Dio in mezzo a un popolo pagano e di amare a tal punto il prossimo a rischio della sua stessa vita? Siamo davanti a un esempio straordinario: Tobi è uno sposo fedele e un padre premuroso; è stato deportato lontano dalla sua terra e soffre ingiustamente; è perseguitato dal re e dai vicini di casa… Nonostante sia di animo così buono è messo alla prova. Come spesso ci insegna la sacra Scrittura, Dio non risparmia le prove a quanti operano il bene. Come mai? Non lo fa per umiliarci, ma per rendere salda la nostra fede in Lui.

Tobi, nel momento della prova, scopre la propria povertà, che lo rende capace di riconoscere i poveri. È fedele alla Legge di Dio e osserva i comandamenti, ma questo a lui non basta. L’attenzione fattiva verso i poveri gli è possibile perché ha sperimentato la povertà sulla propria pelle. Pertanto, le parole che rivolge al figlio Tobia sono la sua genuina eredità: «Non distogliere lo sguardo da ogni povero» (4,7). Insomma, quando siamo davanti a un povero non possiamo voltare lo sguardo altrove, perché impediremmo a noi stessi di incontrare il volto del Signore Gesù. E notiamo bene quell’espressione «da ogni povero». Ognuno è nostro prossimo. Non importa il colore della pelle, la condizione sociale, la provenienza… Se sono povero, posso riconoscere chi è veramente il fratello che ha bisogno di me. Siamo chiamati a incontrare ogni povero e ogni tipo di povertà, scuotendo da noi l’indifferenza e l’ovvietà con le quali facciamo scudo a un illusorio benessere.

4. Viviamo un momento storico che non favorisce l’attenzione verso i più poveri. Il volume del richiamo al benessere si alza sempre di più, mentre si mette il silenziatore alle voci di chi vive nella povertà. Si tende a trascurare tutto ciò che non rientra nei modelli di vita destinati soprattutto alle generazioni più giovani, che sono le più fragili davanti al cambiamento culturale in corso. Si mette tra parentesi ciò che è spiacevole e provoca sofferenza, mentre si esaltano le qualità fisiche come se fossero la meta principale da raggiungere. La realtà virtuale prende il sopravvento sulla vita reale e avviene sempre più facilmente che si confondano i due mondi. I poveri diventano immagini che possono commuovere per qualche istante, ma quando si incontrano in carne e ossa per la strada allora subentrano il fastidio e l’emarginazione. La fretta, quotidiana compagna di vita, impedisce di fermarsi, di soccorrere e prendersi cura dell’altro. La parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,25-37) non è un racconto del passato, interpella il presente di ognuno di noi. Delegare ad altri è facile; offrire del denaro perché altri facciano la carità è un gesto generoso; coinvolgersi in prima persona è la vocazione di ogni cristiano.

5. Ringraziamo il Signore perché ci sono tanti uomini e donne che vivono la dedizione ai poveri e agli esclusi e la condivisione con loro; persone di ogni età e condizione sociale che praticano l’accoglienza e si impegnano accanto a coloro che si trovano in situazioni di emarginazione e sofferenza. Non sono superuomini, ma “vicini di casa” che ogni giorno incontriamo e che nel silenzio si fanno poveri con i poveri. Non si limitano a dare qualcosa: ascoltano, dialogano, cercano di capire la situazione e le sue cause, per dare consigli adeguati e giusti riferimenti. Sono attenti al bisogno materiale e anche a quello spirituale, alla promozione integrale della persona. Il Regno di Dio si rende presente e visibile in questo servizio generoso e gratuito; è realmente come il seme caduto nel terreno buono della vita di queste persone che porta il suo frutto (cfr Lc 8,4-15). La gratitudine nei confronti di tanti volontari chiede di farsi preghiera perché la loro testimonianza possa essere feconda.

6. Nel 60° anniversario dell’Enciclica Pacem in terris, è urgente riprendere le parole del santo Papa Giovanni XXIII quando scriveva: «Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; e ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà» (n. 6).

Quanto lavoro abbiamo ancora davanti a noi perché queste parole diventino realtà, anche attraverso un serio ed efficace impegno politico e legislativo! Malgrado i limiti e talvolta le inadempienze della politica nel vedere e servire il bene comune, possa svilupparsi la solidarietà e sussidiarietà di tanti cittadini che credono nel valore dell’impegno volontario di dedizione ai poveri. Si tratta certo di stimolare e fare pressione perché le pubbliche istituzioni compiano bene il loro dovere; ma non giova rimanere passivi in attesa di ricevere tutto “dall’alto”: chi vive in condizione di povertà va anche coinvolto e accompagnato in un percorso di cambiamento e di responsabilità.

7. Ancora una volta, purtroppo, dobbiamo constatare nuove forme di povertà che si assommano a quelle già descritte in precedenza. Penso in modo particolare alle popolazioni che vivono in luoghi di guerra, specialmente ai bambini privati di un presente sereno e di un futuro dignitoso. Nessuno potrà mai abituarsi a questa situazione; manteniamo vivo ogni tentativo perché la pace si affermi come dono del Signore Risorto e frutto dell’impegno per la giustizia e il dialogo.

Non posso dimenticare le speculazioni che, in vari settori, portano a un drammatico aumento dei costi che rende moltissime famiglie ancora più indigenti. I salari si esauriscono rapidamente costringendo a privazioni che attentano alla dignità di ogni persona. Se in una famiglia si deve scegliere tra il cibo per nutrirsi e le medicine per curarsi, allora deve farsi sentire la voce di chi richiama al diritto di entrambi i beni, in nome della dignità della persona umana.

Come non rilevare, inoltre, il disordine etico che segna il mondo del lavoro? Il trattamento disumano riservato a tanti lavoratori e lavoratrici; la non commisurata retribuzione per il lavoro svolto; la piaga della precarietà; le troppe vittime di incidenti, spesso a causa della mentalità che preferisce il profitto immediato a scapito della sicurezza… Tornano alla mente le parole di san Giovanni Paolo II: «Primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso. […] L’uomo è destinato ed è chiamato al lavoro, però prima di tutto il lavoro è “per l’uomo”, e non l’uomo “per il lavoro”» (Enc. Laborem exercens, 6).

8. Questo elenco, già di per sé drammatico, dà conto in modo solo parziale delle situazioni di povertà che fanno parte del nostro quotidiano. Non posso tralasciare, in particolare, una forma di disagio che appare ogni giorno più evidente e che tocca il mondo giovanile. Quante vite frustrate e persino suicidi di giovani, illusi da una cultura che li porta a sentirsi “inconcludenti” e “falliti”. Aiutiamoli a reagire davanti a queste istigazioni nefaste, perché ciascuno possa trovare la strada da seguire per acquisire un’identità forte e generosa.

È facile, parlando dei poveri, cadere nella retorica. È una tentazione insidiosa anche quella di fermarsi alle statistiche e ai numeri. I poveri sono persone, hanno volti, storie, cuori e anime. Sono fratelli e sorelle con i loro pregi e difetti, come tutti, ed è importante entrare in una relazione personale con ognuno di loro.

Il Libro di Tobia ci insegna la concretezza del nostro agire con e per i poveri. È una questione di giustizia che ci impegna tutti a cercarci e incontrarci reciprocamente, per favorire l’armonia necessaria affinché una comunità possa identificarsi come tale. Interessarsi dei poveri, quindi, non si esaurisce in frettolose elemosine; chiede di ristabilire le giuste relazioni interpersonali che sono state intaccate dalla povertà. In tal modo, “non distogliere lo sguardo dal povero” conduce a ottenere i benefici della misericordia, della carità che dà senso e valore a tutta la vita cristiana.

9. La nostra attenzione verso i poveri sia sempre segnata dal realismo evangelico. La condivisione deve corrispondere alle necessità concrete dell’altro, non a liberarmi del mio superfluo. Anche qui ci vuole discernimento, sotto la guida dello Spirito Santo, per riconoscere le vere esigenze dei fratelli e non le nostre aspirazioni. Ciò di cui sicuramente hanno urgente bisogno è la nostra umanità, il nostro cuore aperto all’amore. Non dimentichiamo: «Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (Evangelii gaudium, 198). La fede ci insegna che ogni povero è figlio di Dio e che in lui o in lei è presente Cristo: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

10. Quest’anno ricorre il 150° anniversario della nascita di santa Teresa di Gesù Bambino. In una pagina della sua Storia di un’anima scrive così: «Ora capisco che la carità perfetta consiste nel sopportare i difetti altrui, non stupirsi assolutamente delle loro debolezze, edificarsi nei minimi atti di virtù che vediamo praticare, ma soprattutto ho capito che la carità non deve restare chiusa in fondo al cuore: “Nessuno, ha detto Gesù, accende una fiaccola per metterla sotto il moggio ma la si mette sul candeliere, affinché illumini tutti quelli che sono nella casa”. Mi sembra che questa fiaccola rappresenti la carità che deve illuminare, rallegrare non solo coloro che sono a me più cari, ma tutti coloro che sono nella casa, senza eccettuare nessuno» (Ms C, 12r°: Opere complete, Roma 1997, 247).

In questa casa che è il mondo, tutti hanno diritto a essere illuminati dalla carità, nessuno può esserne privato. La tenacia dell’amore di Santa Teresina possa ispirare i nostri cuori in questa Giornata Mondiale, ci aiuti a “non distogliere lo sguardo dal povero” e a mantenerlo sempre fisso sul volto umano e divino del Signore Gesù Cristo.

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 giugno 2023, Memoria di Sant’Antonio di Padova, patrono dei poveri.

FRANCESCO

 

I Vescovi italiani, riuniti in Assemblea Generale Straordinaria ad Assisi, hanno approvato una Dichiarazione per la pace

Dichiarazione per la pace
 

Al termine della sessione mattutina del 15 novembre, i Vescovi italiani, riuniti in Assemblea Generale Straordinaria ad Assisi, hanno approvato una Dichiarazione per la pace. Di seguito il testo. 

Come Vescovi, riuniti in Assemblea Generale ad Assisi, esprimiamo la nostra preoccupazione per l’escalation di violenza e odio di questi giorni, che sta assumendo proporzioni sempre più tragiche. Sentiamo impellente il compito di denunciare le logiche della contrapposizione e dell’individualismo, e di favorire la collaborazione e la riconciliazione. Sogniamo un mondo che sia davvero casa di tutti, dove il riconoscimento della dignità umana cammini di pari passo con il dovere di amare gli altri come fratelli e sorelle.

Guardiamo con particolare dolore alla situazione in Medio Oriente e rinnoviamo l’appello al “cessate-il-fuoco”, facendo nostre le parole di Papa Francesco: «Le armi si fermino, non porteranno mai la pace, e il conflitto non si allarghi! Basta! Basta, fratelli, basta! A Gaza, si soccorrano subito i feriti, si proteggano i civili, si facciano arrivare molti più aiuti umanitari a quella popolazione stremata. Si liberino gli ostaggi, tra i quali ci sono tanti anziani e bambini» (Angelus, 12 novembre 2023). Insieme al Medio Oriente, il nostro pensiero va anche all’Ucraina, al Sud Sudan e ai tanti altri luoghi segnati da conflitti spesso dimenticati. Non possiamo rassegnarci al silenzio: sentiamo forte l’imperativo a comunicare il Vangelo dell’unità e della riconciliazione in un mondo sprofondato nelle tenebre ma desideroso di luce.

Da Assisi, la Città della Pace, con l’intercessione di San Francesco, eleviamo la preghiera a Cristo nostra pace (Ef 2,14), che ha la forza per abbattere il muro di inimicizia. Egli sostenga l’impegno di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, nella consapevolezza che la costruzione della pace è responsabilità di tutti. Non vogliamo che la cultura dell’odio e del pregiudizio continui a seminare divisione, distruzione e morte. Questa è una sfida da affrontare insieme, non più procrastinabile. Nel cantiere della pace c’è posto per tutti: «C’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia» (Fratelli tutti, 225).

 

Dal 13 novembre fino a Natale, la campagna di comunicazione per le Offerte Uniti nel dono

Torna lo spot Cei sulla vita e la missione dei sacerdoti

Dal 13 novembre fino a Natale, la campagna di comunicazione per le Offerte Uniti nel dono, destinate al sostentamento del clero diocesano, declinata su tv, web, social e stampa.

 

Ogni giorno ci offrono il loro tempo, ascoltano le nostre difficoltà e incoraggiano percorsi di ripresa. Sono i nostri sacerdoti che si dedicano ai luoghi in cui tutti noi possiamo sentirci accolti e si affidano alla generosità dei fedeli per essere liberi di servire tutti.

Una partecipazione che ci rende “Uniti nel dono”: questo il messaggio al centro della nuova campagna della Conferenza Episcopale Italiana, on air da novembre, che intende sensibilizzare sul tema della corresponsabilità economica verso la missione dei sacerdoti e sul valore della donazione. La Chiesa, grazie anche all’impegno dei nostri preti, è sempre al fianco dei più fragili e in prima linea per offrire risposte a chi ha bisogno.

Ogni offerta destinata al sostentamento dei sacerdoti è il segno tangibile della vicinanza dei fedeli, un mezzo per ringraziare tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro - sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni Basta una piccola offerta ma donata in tanti”.

 

Ideata e prodotta da Casta Diva Group la campagna della Conferenza Episcopale Italiana si snoda tra spot tv, radio, web, social. Gli spot raccontano la “missione” dei sacerdoti, ripresi nella loro quotidianità all’interno delle comunità, luoghi in cui tutti noi possiamo sentirci accolti. Protagonisti dei sei spot, on air fino a Natale, tre sacerdoti, esempi concreti di come i nostri preti, da nord a sud, fanno la differenza per tanti.

Come Don Stefano Cascio, parroco di San Bonaventura da Bagnoregio, nel quartiere periferico di Torre Spaccata a Roma, che guida la comunità dal 2016 ed accoglie tutti con un sorriso: anziani soli, ragazzi di strada, rifugiati in fuga dalla guerra. Nella sua parrocchia c’è sempre posto nel nome di una famiglia allargata in cui ciascuno è il benvenuto. Nel bellunese, invece, don Fabio Fiori, parroco di Danta di Cadore e San Nicolò di Comelico (BL), è l’anima di una cooperativa di comunità che combatte lo spopolamento delle vallate, aiutando le persone a rimanere nel proprio paese senza abbandonare questo angolo di paradiso.

Idee creative che spesso si traducono in iniziative di rilievo sociale come accade a Milano dove Don Domenico Storri, parroco di San Pietro in Sala, da oltre vent’anni coordina una web radio, i SempreVivi, che coinvolge alcuni adolescenti con disagio psichico. Un progetto che dimostra come grazie a un microfono e a tanta passione si possa dare voce a chi abitualmente non ce l’ha.

Oltre agli spot, sul web e sui social, sono previste alcune pillole video, brevi interviste ad alcuni parrocchiani che raccontano i “don” dal loro punto di vista.

Non solo digital ma anche carta stampata. “Ci sono posti che esistono perché sei tu a farli insieme ai sacerdoti” o “Ci sono posti che non appartengono a nessuno perché sono di tutti” sono alcuni dei messaggi incisivi al centro della campagna stampa, pianificata su testate cattoliche e generaliste, che ricorda nuovamente i valori dell’unione e della condivisione. Sono posti dove si cerca un aiuto, un sorriso, una mano, un’opportunità, o, semplicemente un amico. “Sono i posti dove ci sentiamo parte di una comunità”.

Nonostante siano state istituite nel 1984, a seguito della revisione concordataria, le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale; in molte parrocchie, però, questo non basta a garantire al parroco il necessario per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di un sistema che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani.

“In questo tempo di ‘cammino sinodale’ l’offerta per il sostentamento del clero – conclude Monzio Compagnoni - diventa un gesto concreto, un dono per ‘camminare insieme’. Una scelta valoriale che si traduce in un sostegno reale alla missione dei nostri preti”.

Diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, le offerte per i sacerdoti sono espressamente destinate al sostentamento dei preti al servizio delle 226 diocesi italiane; tra questi figurano anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi più poveri del mondo e 2.500 sacerdoti ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo. L’importo complessivo delle offerte nel 2022 si è attestato appena sopra gli 8,4 milioni di euro in linea con il 2021. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo, che ammonta a 514,7 milioni di euro lordi, necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.

Nel sito www.unitineldono.it è possibile effettuare una donazione ed iscriversi alla newsletter mensile per essere sempre informati sulle numerose storie di sacerdoti e comunità che, da nord a sud, fanno la differenza per tanti.

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Modalità per fare un’Offerta per il sostentamento dei sacerdoti

Per sostenere i sacerdoti diocesani con le Offerte Uniti nel dono, si hanno a disposizione 4 modalità:

1 - Conto corrente postale

Si può utilizzare il c/c postale n. 57803009 per effettuare il versamento alla posta.

2 - Carta di credito

Grazie alla collaborazione con Nexi, i titolari di carte di credito Mastercard e Visa possono inviare l’Offerta, in modo semplice e sicuro, chiamando il numero verde 800 825000 oppure collegandosi al sito Internet www.unitineldono.it/dona-ora/

3. Paypal

Si può donare tramite paypal in modo veloce e sicuro selezionando questa opzione sul sito al momento della donazione. www.unitineldono.it/dona-ora/

4- Versamento in banca

Si può donare con un bonifico sull’iban IT 33 A 03069 03206 100000011384 a favore dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero specificando nella causale “Erogazioni Liberali” ai fini della deducibilità.

L’elenco delle altre banche disponibili a ricevere un ordine di bonifico è consultabile su www.unitineldono.it/sostienici/.

5 - Istituti Diocesani Sostentamento Clero

Si può anche effettuare il versamento direttamente presso gli Istituti Diocesani Sostentamento Clero (elenco Istituti Diocesani Sostentamento Clero www.unitineldono.it/lista-idsc).

L’offerta è deducibile. 

Il contributo è libero. Per chi vuole queste Offerte sono deducibili dal proprio reddito complessivo, ai fini del calcolo dell’Irpef e delle relative addizionali, fino ad un massimo di 1032,91 euro annui. L’Offerta versata entro il 31 dicembre di ciascun anno può essere quindi indicata tra gli oneri deducibili nella dichiarazione dei redditi da presentare l’anno seguente. Conservare la ricevuta del versamento.

Dicastero per il dialogo interreligioso: il messaggio per la festa di Deepavali 2023

DICASTERO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

Cristiani e indù: costruiamo
la pace nella verità, nella giustizia, nell'amore e nella libertà

MESSAGGIO PER LA FESTA DI DEEPAVALI 2023

Cari amici indù,

Il Dicastero per il Dialogo Interreligioso vi porge i suoi festosi saluti e i suoi migliori auguri mentre celebrate il Deepavali in tutto il mondo il 12 novembre di quest'anno. Possa Dio, Luce suprema, illuminare i vostri cuori e le vostre menti, benedire le vostre case e i vostri quartieri e riempire le vostre vite di pace e felicità!

Quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario della Pacem in Terris (Pace in Terra), la Lettera Enciclica di Papa Giovanni XXIII. Nel 1963, quando il mondo era profondamente turbato e sull'orlo di una guerra nucleare, quel documento lanciò un appello tempestivo, appassionato e quanto mai necessario ai capi e ai popoli del mondo affinché lavorassero insieme per la pace, esortandoli a trovare soluzioni amichevoli ai problemi in uno spirito di fiducia reciproca, attraverso il dialogo e i negoziati. Papa Giovanni XXIII, ora venerato come santo, affermò profeticamente che "la pace non è che una parola vuota se non poggia su... un ordine fondato sulla verità, costruito sulla giustizia, nutrito e animato dalla carità, e attuato sotto gli auspici della libertà" (n. 167). Ispirati dall'alta visione che la Pacem in Terris proponeva per la costruzione della pace, vorremmo, in questa occasione, condividere con voi alcune riflessioni sulla costruzione della pace nella verità, nella giustizia, nell'amore e nella libertà.

L'insegnamento della Pacem in terris ha dato origine, negli ultimi sessant'anni, a una maggiore consapevolezza tra le persone di tutto il mondo - anche se in misura diversa - della necessità di rispettare la dignità trascendentale delle persone, i loro diritti legittimi e la loro responsabilità condivisa di operare per il bene comune in uno spirito di solidarietà. Ha anche dato vita a movimenti che si impegnano con passione nella protezione e nella difesa dei diritti umani e nella promozione della pace attraverso il dialogo e il negoziato. Tuttavia, la piena realizzazione della sua profezia di pace rimane un sogno lontano, che può essere realizzato solo attraverso sforzi di collaborazione da parte di uomini e donne di ogni tradizione religiosa e di tutti i settori della società. Questi sforzi devono continuare e progredire ulteriormente.

Le iniziative volte a promuovere la pace e il bene comune universale non devono cedere al pessimismo, allo scoraggiamento e alla rinuncia. Questi atteggiamenti possono essere provocati da casi di disprezzo della dignità umana, dalla negazione o dalla limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini, compresi i diritti religiosi, dall'intolleranza e dall'odio, dall'ingiustizia e dalla discriminazione, dalla violenza e dall'aggressione nei confronti di coloro che sono etnicamente, culturalmente, economicamente, linguisticamente e religiosamente diversi, o contro i membri più vulnerabili della società. Il pessimismo e lo scoraggiamento possono essere presenti oggi, come lo erano nel 1963, eppure San Giovanni XXIII, da uomo di profonda speranza, rimase convinto che la pace è possibile, purché sia basata sulla verità, sulla giustizia, sull'amore e sulla libertà. Queste sono, come ha insistito San Giovanni Paolo II di felice memoria, "condizioni essenziali per la pace" e "pilastri fondamentali della pace" (cfr. Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 2003 - Pacem in terris: Un impegno permanente, nn. 3-4). Come credenti, dobbiamo esprimere la nostra aspirazione alla pace attraverso sforzi coerenti e concordati, fondati su una fedeltà incrollabile a questi pilastri.

Nei nostri sforzi per contribuire alla costruzione di un mondo pacifico, utilizzando ogni mezzo in nostro potere, dobbiamo rafforzare questi pilastri della pace. Per questo motivo, le famiglie, guidate dall'esempio dei genitori e degli anziani, così come le istituzioni educative e i media, dovrebbero svolgere un ruolo preminente nell'ispirare il desiderio di pace e nell'insegnare i valori che costruiscono la pace negli uomini e nelle donne di ogni età.

Il dialogo interreligioso possiede un grande potenziale per alimentare la fiducia reciproca e l'amicizia sociale tra le comunità interreligiose, ed è infatti diventato "una condizione necessaria per contribuire alla pace nel mondo" (Papa Francesco, Discorso alla delegazione dell'Associazione degli ex alunni della Fraternità Emouna, 23 giugno 2018). Pertanto, spetta alle religioni e ai responsabili religiosi sforzarsi di incoraggiare i loro seguaci a essere persone la cui vita è plasmata dalla verità, dalla giustizia, dall'amore e dalla libertà.

Come credenti e responsabili delle nostre rispettive religioni, con convinzioni comuni e un senso di responsabilità condivisa per il benessere dell'umanità, possiamo noi, cristiani e indù, sforzarci sinceramente di diventare artigiani della pace. Unendoci ai seguaci di altre tradizioni religiose e a tutte le persone di buona volontà, possiamo lavorare insieme per costruire il nostro mondo sulle fondamenta durature della verità, della giustizia, dell'amore e della libertà, in modo che tutti possano godere di una pace autentica e duratura!

Auguriamo a tutti voi un felice Deepavali!

Cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, MCCJ

Mons. Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalag

 

Foto: Udayaditya Barua on Pexels

 
 

50ª Settimana Sociale dei cattolici in Italia : una WebApp per informarsi ed essere protagonisti

Uno strumento facile, utile e social per essere aggiornati sulla 50ª Settimana Sociale e diventarne sempre più protagonisti. È disponibile la WebApp Settimane Sociali, piattaforma accessibile da smartphone e computer, che consente di avere informazioni e materiali riguardanti l’appuntamento in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024, ma anche di gestire attività, gruppi ed eventi. L’obiettivo del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali è quello di favorire un coinvolgimento più ampio possibile di parrocchie, diocesi, gruppi, associazioni, movimenti, giovani ma anche istituzioni, imprese, pubbliche amministrazioni e quanti, a vario titolo, hanno a cuore la democrazia e la cura del bene comune. Il tutto attraverso una modalità digitale, nella prospettiva indicata dalla Relazione di sintesi della prima Sessione del Sinodo dei Vescovi: “La cultura digitale non è tanto un’area distinta della missione, quanto una dimensione cruciale della testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea. Per questo riveste un significato particolare in una Chiesa sinodale”.

Del resto, le rilevazioni della Banca dati Ipsos svolte a maggio 2023 su un campione di 1000 italiani maggiorenni confermano che Internet e i social vengono gestiti in maniera efficace da parte della Chiesa nella comunicazione ai fedeli per il 63% del campione intervistato: tale percentuale sale all’87% nel caso dei credenti più impegnati e, in ogni caso, non scende sotto il 39%, incidenza registrata tra chi non segue alcuna religione. Stando alla ricerca, soprattutto negli ultimi anni, i social network, i blog e le app hanno facilitato una maggiore vicinanza alle questioni legate a spiritualità e religione per il 40% degli intervistati, dato che sale al 45% per i millennials, mentre a essere maggiormente scettici sull’efficacia della comunicazione social da parte della Chiesa sono i baby boomers tra i quali la percentuale scende al 35%. Più fiduciosi sono invece gli over 75, il 67% dei quali è convinto che questi canali abbiano contribuito ad avvicinarli maggiormente alle questioni spirituali.  

Attraverso la WebApp, disegnata e realizzata da SpazioUau e accessibile dal sito app.settimanesociali.it dopo aver aperto il proprio account, è già possibile creare gruppi di lavoro per la fase preparatoria come “Cantiere”, “Buona Pratica” e “Gruppo Spontaneo”. Si possono scambiare messaggi e informazioni, consultare le guide e compilare le risposte elaborate nel gruppo di lavoro. Da marzo si potranno visualizzare tutti gli eventi che si terranno durante la Settimana Sociale e ogni utente potrà iscriversi, riservando il proprio posto. Sarà possibile anche effettuare il pagamento della quota di partecipazione alle Settimane Sociali e verranno condivisi gli enti convenzionati, con la possibilità di accedere agli sconti. Inoltre, la piattaforma metterà a disposizione una mappa con tutti i punti di interesse: fermate delle navette, enti convenzionati, ecc. Ogni utente avrà un proprio badge digitale, con cui accedere a tutti gli eventi organizzati durante le Settimane Sociali. Un sistema di notifiche permetterà di mantenersi aggiornati su tutte le novità.  Nei giorni dell’incontro di Trieste, la WebApp sarà infine utilizzata dai delegati per svolgere le diverse attività in programma.

Un tutorial sulla WebApp è disponibile a questo link: https://youtu.be/XL4JDPUY85U

Tre università pontificie insieme per rileggere l’Inter Mirifica

Tre università pontificie legate dall’insegnamento e dalla ricerca in materia di comunicazione. Un documento importante frutto delle riflessioni del Concilio Vaticano II che il 4 dicembre 2023 compie 60 anni. E il desiderio scientifico di ricordarlo e di rileggerlo alla luce della contemporaneità mediale sempre più orientata dalle logiche della cultura digitale.

Sono questi gli ingredienti del Convegno interuniversitario “60 anni di meraviglie. Storicità ed attualizzazione del Decreto Conciliare Inter Mirifica”, che si svolgerà a Roma il 7, 8 e 9 novembre. Ad organizzarlo la Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce, l’Istituto Pastorale della Pontificia Università Lateranense e la Facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale dell’Università Pontificia Salesiana che per l’occasione hanno deciso di “fare rete” e di “attivare sinergie” come chiede Papa Francesco nella Costituzione Apostolica Veritatis gaudium circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche.


L’iniziativa sarà articolata in tre pomeriggi che inizieranno alle 15.30. La sessione inaugurale si svolgerà in Santa Croce il 7 novembre e rifletterà sull’Inter Mirifica attraverso una prospettiva storico-istituzionale. Il giorno dopo (8 novembre) i lavori proseguiranno in Lateranense con un focus teologico-pastorale e relativo al rapporto del Decreto con i media studies. Il pomeriggio conclusivo (9 novembre), ospitato dalla Salesiana, proverà ad attualizzare il Documento in relazione ai processi di digitalizzazione che hanno rivoluzionato il pensiero comunicativo.
Il convegno, patrocinato dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, vedrà la partecipazione di diversi studiosi che contribuiranno a offrire uno sguardo multidisciplinare al documento con l’obiettivo – spiegano i tre docenti organizzatori (Daniel Arasa della Santa Croce, Massimiliano Padula della Lateranense e Fabio Pasqualetti della Salesiana) – “di articolare analisi e riflessioni attraverso due macro-direttrici: una storica e storiografica, evidenziando come il documento si inserisca a pieno titolo nella media research. E un’altra prospettica, sottolineandone l’attualità in riferimento all’evoluzione mediale e tecnologica”.

Per informazioni e per consultare il programma clicca qui.

Giubileo 2025: disponibile negli store l’App “Iubilaeum25”

È disponibile per il download l’applicazione mobile ufficiale del Giubileo 2025, “Iubilaeum25”. L’app, che renderà più agevole la registrazione agli eventi giubilari, potrà essere scaricata da App Store per iOS e da Play Store per Android. Tramite l’applicazione, disponibile in sei lingue informa il Dicastero per l’Evangelizzazione – si potrà accedere a tutte le ultime notizie sul Giubileo, iscriversi come pellegrino all’Anno santo e ottenere gratuitamente la Carta del Pellegrino. Una volta registrati sul portale ciascuno potrà iscriversi anche agli eventi giubilari e ai pellegrinaggi alla Porta Santa. Navigando grazie al menù intuitivo e semplice, l’utente potrà salvare gli eventi a cui è interessato, accedere più velocemente alla propria area personalizzata e disporre del Qr code univoco per l’ingresso alla Porta Santa.

 

Foto Siciliani-Gennari/SIR

Oltre 150mila i download per la nuova app Bibbia CEI

Sono oltre 150mila i download per la nuova app Bibbia CEI, lo strumento di consultazione dei testi biblici adatto ai dispositivi di ultima generazione, scaricabile da Apple Store e Google Play.

L’app offre tutti i servizi del sito www.bibbiaedu.it, ovvero consente di accedere e mettere a confronto la traduzione della Bibbia Cei 2008 con tutti gli altri testi ufficiali in italiano, ebraico e greco. La nuova versione può essere utilizzata anche in modalità offline e permette alle persone con difficoltà visive di personalizzare il contrasto e le dimensioni del carattere.
Sia l’app che il sito BibbiaEdu.it contengono i testi della Bibbia Cei (2008 e 1974), della Bibbia Interconfessionale, dell’Antico Testamento in ebraico e greco, del Nuovo Testamento in greco e della Nova Vulgata.

“I numeri confermano la bontà del progetto e sono anche stimolo ad andare avanti con altre novità. Non dimenticando peraltro che il sito BibbiaEdu.it mette a disposizione anche alcuni audio dei testi: è un progetto in via di sviluppo che vorremmo integrare sulle piattaforme podcast”, sottolinea Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali che, insieme al Settore dell’apostolato biblico dell’Ufficio catechistico, ha supervisionato l’iniziativa sostenuta dalla Segreteria Generale della CEI. “La presenza digitale – osserva Corrado – continua con quella motivazione all’origine del sito e dell’app: strumenti per ‘visionare, scomporre, richiamare, studiare la Parola che sta a fondamento della fede e della vita della comunità cristiana, patrimonio culturale e spirituale dell’umanità intera’”.


“Questa app è una risposta concreta all’invito del Concilio di rendere la Sacra Scrittura accessibile e familiare a tutti. Per far questo non basta ‘caricare’ dei testi su una piattaforma digitale. Bisogna vigilare che i testi siano corretti, che le corrispondenze siano effettive, che ogni elemento (dal testo alle note) sia in ordine”, spiega don Dionisio Candido, responsabile del Settore dell’apostolato biblico, ricordando inoltre che “è necessario trovare le soluzioni migliori per le persone ad esempio con disabilità visiva, attraverso accorgimenti nel settaggio delle lettere”. Infine, aggiunge, “non vanno trascurati gli esperti, che adesso possono consultare sul palmo di una mano anche i testi ebraico, greco e latino della Bibbia”.

Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana

Questo il tema che il Santo Padre Francesco ha scelto per la 58.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebrerà nel 2024:

Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana

L'evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale rende sempre più naturale comunicare attraverso e con le macchine, in modo che è diventato sempre più difficile distinguere il calcolo dal pensiero, il linguaggio prodotto da una macchina da quello generato dagli esseri umani. Come tutte le rivoluzioni anche questa basata sull'intelligenza artificiale, pone nuove sfide affinché le macchine non contribuiscano a diffondere un sistema di disinformazione a larga scala e non aumentino anche la solitudine di chi già è solo, privandoci di quel calore che solo la comunicazione tra persone può dare. È importante guidare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, perché vi sia in ognuno una consapevolezza responsabile nell’uso e nello sviluppo di queste forme differenti di comunicazione che si vanno ad affiancare a quelle dei social media e di Internet. È necessario che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana.

Veglia di preghiera ecumenica con Papa Francesco

La Veglia di preghiera ecumenica presieduta da Papa Francesco si terrà sabato 30 settembre in piazza San Pietro. L’evento, intitolato “Together-Raduno del Popolo di Dio”, sarà caratterizzato dalla centralità della preghiera e dall’importanza del dialogo “per avanzare sulle vie dell’unità con Cristo insieme ai fratelli e alle sorelle nello stesso cammino”.

La veglia si svolgerà dalle 17 alle 19 in piazza San Pietro: l’arrivo del Papa è previsto intorno alle 18. Alla veglia parteciperanno numerosi leader delle diverse Chiese e comunioni cristiane, oltre ai membri dell’Assemblea del Sinodo dei vescovi, che subito dopo la celebrazione, torneranno nell’atrio dell’Aula Paolo VI, dove ci sarà una cena di benvenuto offerta dalla Conferenza episcopale italiana. La sera stessa i partecipanti al Sinodo partiranno per la Fraterna Domus di Sacrofano per un ritiro spirituale di tre giorni prima della Messa di apertura del Sinodo, la mattina del 4 ottobre.

Alla veglia ci saranno, tra gli altri, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, quello di Gerusalemme Teofilo e il capo della comunione anglicana Justin Welby. La veglia prevede un’introduzione di Papa Francesco, una preghiera di Bartolomeo e la lettura della Parola di Dio. Le intercessioni saranno lette da un capo della Chiesa o da un capo scelto dal Sinodo. Il Padre Nostro sarà introdotto da Welby, seguito da una preghiera conclusiva e dalla benedizione di Papa Francesco con tutti i dodici capi delle Chiese e dei leader cristiani.

“Il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo”: in questo modo, quanto più intensamente è stato accolto l’invito a camminare insieme, tanto più il Sinodo è diventato al tempo stesso un dono e una sfida a essere una Chiesa di sorelle e fratelli in Cristo che si ascoltano a vicenda e che, così facendo, vengono gradualmente trasformati dallo Spirito Santo, il vero protagonista del Sinodo.

"Liberi di scegliere se migrare o restare": il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 109ª GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2023

(24 settembre 2023)

Liberi di scegliere se migrare o restare

 

Cari fratelli e sorelle!

I flussi migratori dei nostri giorni sono espressione di un fenomeno complesso e articolato, la cui comprensione esige l’analisi attenta di tutti gli aspetti che caratterizzano le diverse tappe dell’esperienza migratoria, dalla partenza all’arrivo, incluso un eventuale ritorno. Con l’intenzione di contribuire a tale sforzo di lettura della realtà, ho deciso di dedicare il Messaggio per la 109a Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato alla libertà che dovrebbe sempre contraddistinguere la scelta di lasciare la propria terra.

“Liberi di partire, liberi di restare”, recitava il titolo di un’iniziativa di solidarietà promossa qualche anno fa dalla Conferenza Episcopale Italiana come risposta concreta alle sfide delle migrazioni contemporanee. E dal mio ascolto costante delle Chiese particolari ho potuto comprovare che la garanzia di tale libertà costituisce una preoccupazione pastorale diffusa e condivisa.

«Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”» (Mt 2,13). La fuga della Santa Famiglia in Egitto non è frutto di una scelta libera, come del resto non lo furono molte delle migrazioni che hanno segnato la storia del popolo d’Israele. Migrare dovrebbe essere sempre una scelta libera, ma di fatto in moltissimi casi, anche oggi, non lo è. Conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire. Già nel 2003 San Giovanni Paolo II affermava che «costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria» (Messaggio per la 90a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 3).

«Presero il loro bestiame e tutti i beni che avevano acquistato nella terra di Canaan e vennero in Egitto, Giacobbe e con lui tutti i suoi discendenti» (Gen 46,6). È a causa di una grave carestia che Giacobbe con tutta la sua famiglia fu costretto a rifugiarsi in Egitto, dove suo figlio Giuseppe aveva assicurato loro la sopravvivenza. Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee. I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione. Al fine di eliminare queste cause e porre così termine alle migrazioni forzate è necessario l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità. Un impegno che comincia col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare. Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune.

«Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,44-45). L’ideale della prima comunità cristiana pare così distante dalla realtà odierna! Per fare della migrazione una scelta davvero libera, bisogna sforzarsi di garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale. Solo così si potrà offrire ad ognuno la possibilità di vivere dignitosamente e realizzarsi personalmente e come famiglia. È chiaro che il compito principale spetta ai Paesi di origine e ai loro governanti, chiamati ad esercitare la buona politica, trasparente, onesta, lungimirante e al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili. Essi però devono essere messi in condizione di fare questo, senza trovarsi depredati delle proprie risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi. E lì dove le circostanze permettano di scegliere se migrare o restare, si dovrà comunque garantire che tale scelta sia informata e ponderata, onde evitare che tanti uomini, donne e bambini cadano vittime di rischiose illusioni o di trafficanti senza scrupoli.

«In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà» (Lv 25,13). La celebrazione del giubileo per il popolo d’Israele rappresentava un atto di giustizia collettivo: tutti potevano «tornare nella situazione originaria, con la cancellazione di ogni debito, la restituzione della terra, e la possibilità di godere di nuovo della libertà propria dei membri del popolo di Dio» (Catechesi, 10 febbraio 2016). Mentre ci avviciniamo al Giubileo del 2025, è bene ricordare questo aspetto delle celebrazioni giubilari. È necessario uno sforzo congiunto dei singoli Paesi e della Comunità internazionale per assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. Si tratta di un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali. Infatti, poiché le risorse mondiali non sono illimitate, lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi. Fino a quando questo diritto non sarà garantito – e si tratta di un cammino lungo – saranno ancora in molti a dover partire per cercare una vita migliore.

«Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36). Queste parole suonano come monito costante a riconoscere nel migrante non solo un fratello o una sorella in difficoltà, ma Cristo stesso che bussa alla nostra porta. Perciò, mentre lavoriamo perché ogni migrazione possa essere frutto di una scelta libera, siamo chiamati ad avere il massimo rispetto della dignità di ogni migrante; e ciò significa accompagnare e governare nel miglior modo possibile i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare. Ovunque decidiamo di costruire il nostro futuro, nel Paese dove siamo nati o altrove, l’importante è che lì ci sia sempre una comunità pronta ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare tutti, senza distinzione e senza lasciare fuori nessuno.

Il percorso sinodale che, come Chiesa, abbiamo intrapreso, ci porta a vedere nelle persone più vulnerabili – e tra questi molti migranti e rifugiati – dei compagni di viaggio speciali, da amare e curare come fratelli e sorelle. Solo camminando insieme potremo andare lontano e raggiungere la meta comune del nostro viaggio.

Roma, San Giovanni in Laterano, 11 maggio 2023

FRANCESCO

Il card. Zuppi inviato del Papa in Cina

Nei giorni 13 - 15 settembre 2023, il Card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, accompagnato da un Officiale della Segreteria di Stato, si recherà a Pechino, quale Inviato del Santo Padre Francesco.

La visita costituisce un’ulteriore tappa della missione voluta dal Papa per sostenere iniziative umanitarie e la ricerca di percorsi che possano condurre ad una pace giusta.

Il 14 settembre 2023 il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Inviato del Papa Francesco, è stato ricevuto presso il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese da S.E. il Sig. Li Hui, Rappresentante Speciale per gli Affari Euroasiatici. Il colloquio, svoltosi in un clima aperto e cordiale, è stato dedicato alla guerra in Ucraina e alle sue drammatiche conseguenze, sottolineando la necessità di unire gli sforzi per favorire il dialogo e trovare percorsi che portino alla pace. È stato inoltre affrontato il problema della sicurezza alimentare, con l’auspicio che si possa presto garantire l’esportazione dei cereali, soprattutto a favore dei Paesi più a rischio. Lo ha reso noto la sala stampa della Santa Sede.

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

Giornata per la Cura del Creato: il messaggio di Papa Francesco

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
PAPA FRANCESCO
 
PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO

1° settembre 2023

Cari fratelli e sorelle!

“Che scorrano la giustizia e la pace” è quest’anno il tema del Tempo ecumenico del Creato, ispirato dalle parole del profeta Amos: «Come le acque scorra il diritto e la giustizia come un torrente perenne» (5,24).

Questa espressiva immagine di Amos ci dice quello che Dio desidera. Dio vuole che regni la giustizia, che è essenziale per la nostra vita di figli a immagine di Dio come l’acqua lo è per la nostra sopravvivenza fisica. Questa giustizia deve emergere laddove è necessaria, non nascondersi troppo in profondità o svanire come acqua che evapora, prima di poterci sostenere. Dio vuole che ciascuno cerchi di essere giusto in ogni situazione, che si sforzi sempre di vivere secondo le sue leggi e di rendere quindi possibile alla vita di fiorire in pienezza. Quando cerchiamo prima di tutto il regno di Dio (cfr Mt 6,33), mantenendo una giusta relazione con Dio, l’umanità e la natura, allora la giustizia e la pace possono scorrere, come una corrente inesauribile di acqua pura, nutrendo l’umanità e tutte le creature.

Nel luglio 2022, in una bella giornata estiva, ho meditato su questi argomenti durante il mio pellegrinaggio sulle sponde del Lago Sant’Anna, nella provincia di Alberta, in Canada. Quel lago è stato ed è un luogo di pellegrinaggio per molte generazioni di indigeni. Come ho detto in quell’occasione, accompagnato dal suono dei tamburi: «Quanti cuori sono giunti qui desiderosi e ansimanti, gravati dai pesi della vita, e presso queste acque hanno trovato la consolazione e la forza per andare avanti! Anche qui, immersi nel creato, c’è un altro battito che possiamo ascoltare, quello materno della terra. E così come il battito dei bimbi, fin dal grembo, è in armonia con quello delle madri, così per crescere da esseri umani abbiamo bisogno di cadenzare i ritmi della vita a quelli della creazione che ci dà vita». [1]

In questo Tempo del Creato, soffermiamoci su questi battiti del cuore: il nostro, quello delle nostre madri e delle nostre nonne, il battito del cuore del creato e del cuore di Dio. Oggi essi non sono in armonia, non battono insieme nella giustizia e nella pace. A troppi viene impedito di abbeverarsi a questo fiume possente. Ascoltiamo pertanto l’appello a stare a fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica, e a porre fine a questa insensata guerra al creato.

Vediamo gli effetti di questa guerra in tanti fiumi che si stanno prosciugando. «I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi», ha affermato una volta Benedetto XVI. [2] Il consumismo rapace, alimentato da cuori egoisti, sta stravolgendo il ciclo dell’acqua del pianeta. L’uso sfrenato di combustibili fossili e l’abbattimento delle foreste stanno creando un innalzamento delle temperature e provocando gravi siccità. Spaventose carenze idriche affliggono sempre più le nostre abitazioni, dalle piccole comunità rurali alle grandi metropoli. Inoltre, industrie predatorie stanno esaurendo e inquinando le nostre fonti di acqua potabile con pratiche estreme come la fratturazione idraulica per l’estrazione di petrolio e gas, i progetti di mega-estrazione incontrollata e l’allevamento intensivo di animali. “Sorella acqua”, come la chiama San Francesco, viene saccheggiata e trasformata in «merce soggetta alle leggi del mercato» (Enc. Laudato si’, 30).

Il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (IPCC) afferma che un’azione urgente per il clima può garantirci di non perdere l’occasione di creare un mondo più sostenibile e giusto. Possiamo, dobbiamo evitare che si verifichino le conseguenze peggiori. «È molto quello che si può fare!» (ibid., 180), se, come tanti ruscelli e torrenti, alla fine insieme confluiamo in un fiume potente per irrigare la vita del nostro meraviglioso pianeta e della nostra famiglia umana per le generazioni a venire. Uniamo le nostre mani e compiamo passi coraggiosi affinché la giustizia e la pace scorrano in tutta la Terra.

Come possiamo contribuire al fiume potente della giustizia e della pace in questo Tempo del Creato? Cosa possiamo fare noi, soprattutto come Chiese cristiane, per risanare la nostra casa comune in modo che torni a pullulare di vita? Dobbiamo decidere di trasformare i nostri cuori, i nostri stili di vita e le politiche pubbliche che governano le nostre società.

Per prima cosa, contribuiamo a questo fiume potente trasformando i nostri cuori. È essenziale se si vuole iniziare qualsiasi altra trasformazione. È la “conversione ecologica” che San Giovanni Paolo II ci ha esortato a compiere: il rinnovamento del nostro rapporto con il creato, affinché non lo consideriamo più come oggetto da sfruttare, ma al contrario lo custodiamo come dono sacro del Creatore. Rendiamoci conto, poi, che un approccio d’insieme richiede di praticare il rispetto ecologico su quattro vie: verso Dio, verso i nostri simili di oggi e di domani, verso tutta la natura e verso noi stessi.

Quanto alla prima di queste dimensioni, Benedetto XVI ha individuato un’urgente necessità di comprendere che Creazione e Redenzione sono inseparabili: «Il Redentore è il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di Redentore – togliamo valore anche alla Redenzione». [3] La creazione si riferisce al misterioso e magnifico atto di Dio di creare questo maestoso e bellissimo pianeta e questo universo dal nulla, e anche al risultato di quell’azione, tuttora in corso, che sperimentiamo come un dono inesauribile. Durante la liturgia e la preghiera personale nella «grande cattedrale del creato», [4] ricordiamo il Grande Artista che crea tanta bellezza e riflettiamo sul mistero della scelta amorosa di creare il cosmo.

In secondo luogo, contribuiamo al flusso di questo potente fiume trasformando i nostri stili di vita. Partendo dalla grata ammirazione del Creatore e del creato, pentiamoci dei nostri “peccati ecologici”, come avverte il mio fratello, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo. Questi peccati danneggiano il mondo naturale e anche i nostri fratelli e le nostre sorelle. Con l’aiuto della grazia di Dio, adottiamo stili di vita con meno sprechi e meno consumi inutili, soprattutto laddove i processi di produzione sono tossici e insostenibili. Cerchiamo di essere il più possibile attenti alle nostre abitudini e scelte economiche, così che tutti possano stare meglio: i nostri simili, ovunque si trovino, e anche i figli dei nostri figli. Collaboriamo alla continua creazione di Dio attraverso scelte positive: facendo un uso il più moderato possibile delle risorse, praticando una gioiosa sobrietà, smaltendo e riciclando i rifiuti e ricorrendo ai prodotti e ai servizi sempre più disponibili che sono ecologicamente e socialmente responsabili.

Infine, affinché il potente fiume continui a scorrere, dobbiamo trasformare le politiche pubbliche che governano le nostre società e modellano la vita dei giovani di oggi e di domani. Politiche economiche che favoriscono per pochi ricchezze scandalose e per molti condizioni di degrado decretano la fine della pace e della giustizia. È ovvio che le Nazioni più ricche hanno accumulato un “debito ecologico” ( Laudato si’, 51). [5] I leader mondiali presenti al vertice COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre di quest’anno, devono ascoltare la scienza e iniziare una transizione rapida ed equa per porre fine all’era dei combustibili fossili. Secondo gli impegni dell’Accordo di Parigi per frenare il rischio del riscaldamento globale, è un controsenso consentire la continua esplorazione ed espansione delle infrastrutture per i combustibili fossili. Alziamo la voce per fermare questa ingiustizia verso i poveri e verso i nostri figli, che subiranno gli impatti peggiori del cambiamento climatico. Faccio appello a tutte le persone di buona volontà affinché agiscano in base a questi orientamenti sulla società e sulla natura.

Un’altra prospettiva parallela è specifica dell’impegno della Chiesa cattolica per la sinodalità. Quest’anno, la chiusura del Tempo del Creato, il 4 ottobre, festa di San Francesco, coinciderà con l’apertura del Sinodo sulla Sinodalità. Come i fiumi che sono alimentati da mille minuscoli ruscelli e torrenti più grandi, il processo sinodale iniziato nell’ottobre 2021 invita tutte le componenti, a livello personale e comunitario, a convergere in un fiume maestoso di riflessione e rinnovamento. Tutto il Popolo di Dio viene accolto in un coinvolgente cammino di dialogo e conversione sinodale.

Allo stesso modo, come un bacino fluviale con i suoi tanti affluenti grandi e piccoli, la Chiesa è una comunione di innumerevoli Chiese locali, comunità religiose e associazioni che si alimentano della stessa acqua. Ogni sorgente aggiunge il suo contributo unico e insostituibile, finché tutte confluiscono nel vasto oceano dell’amore misericordioso di Dio. Come un fiume è fonte di vita per l’ambiente che lo circonda, così la nostra Chiesa sinodale dev’essere fonte di vita per la casa comune e per tutti coloro che vi abitano. E come un fiume dà vita a ogni sorta di specie animale e vegetale, così una Chiesa sinodale deve dare vita seminando giustizia e pace in ogni luogo che raggiunge.

Nel luglio 2022 in Canada, ho ricordato il Mare di Galilea dove Gesù ha guarito e consolato tanta gente, e dove ha proclamato “una rivoluzione d’amore”. Ho appreso che il Lago Sant’Anna è anche un luogo di guarigione, consolazione e amore, un luogo che «ci ricorda che la fraternità è vera se unisce i distanti, che il messaggio di unità che il Cielo invia in terra non teme le differenze e ci invita alla comunione, alla comunione delle differenze, per ripartire insieme, perché tutti – tutti! – siamo pellegrini in cammino». [6]

In questo Tempo del Creato, come seguaci di Cristo nel nostro comune cammino sinodale, viviamo, lavoriamo e preghiamo perché la nostra casa comune abbondi nuovamente di vita. Lo Spirito Santo aleggi ancora sulle acque e ci guidi a «rinnovare la faccia della terra» (cfr Sal 104,30).

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 maggio 2023

FRANCESCO

Giornata Mondiale della Gioventù: sono 65mila i giovani italiani a Lisbona

Sono 65mila i ragazzi italiani in partenza per la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, in programma dall’1 al 6 agosto. Ad accompagnarli 106 Vescovi insieme a sacerdoti, religiose e religiosi, educatori e animatori. 

Nella capitale portoghese, la delegazione azzurra – che vede rappresentate 180 Diocesi - avrà come punto di riferimento “Casa Italia”, un luogo dove trovare informazioni e materiali, risolvere problemi, oltre che per incontrarsi, stare insieme e condividere esperienze, anche con chi è rimasto a casa o sui social grazie al wifi gratuito. 

Ubicata in una scuola gestita dalla Suore di Santa Dorotea della Frassinetti in rua Artilharia, a “Casa Italia” – che sarà ben riconoscibile grazie agli allestimenti ideati e realizzati dagli studenti dell’Accademia di arti grafiche del Patronato San Vincenzo di Bergamo – saranno operativi la segreteria del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile che offrirà assistenza agli accompagnatori e ai responsabili dei gruppi, un ufficio dell’Ambasciata e un presidio medico. Presente anche lo staff dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI che racconterà la Gmg sul sito https://gmg.chiesacattolica.it/ e supporterà giornalisti e operatori dei media italiani inviati a Lisbona. L’accoglienza sarà garantita da una trentina di volontari, provenienti da tutta Italia. 

Ad inaugurare il “quartier generale tricolore” a Lisbona sarà Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, domenica 30 luglio alle 12 (ora portoghese). 

Rispetto al programma ufficiale della Gmg, i ragazzi italiani parteciperanno dal 2 al 4 agosto alle catechesi che saranno tenute dai Vescovi nei luoghi di alloggio dei pellegrini. Il 2 agosto, alle 20 (ora portoghese), il Passeio Maritimo de Algés ospiterà la Festa degli italiani, un momento di condivisione e riflessione trasmesso in diretta da Tv2000 a partire dalle 21 (ora italiana). 

L’esperienza della compagine azzurra verrà documentata da Avvenire, Tv2000, InBlu2000 e Agenzia Sir con servizi dedicati, speciali e dirette. Informazioni e aggiornamenti in tempo reale anche sui social della Pastorale giovanile e della Conferenza Episcopale Italiana. 

“Il coinvolgimento delle Diocesi, che da mesi si preparano a questo appuntamento, e la grande partecipazione dei ragazzi – sottolinea don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI - raccontano di una Chiesa viva e più giovane di quanto immaginiamo. Quella di Lisbona sarà un’esperienza particolare per diversi motivi: innanzitutto, la generazione che vi prende parte, per questioni anagrafiche, non ha mai vissuto qualcosa di simile ma viene dalla sofferenza della pandemia; inoltre, è la prima volta che l’incontro mondiale dei giovani si svolge in un Continente in cui è in atto una guerra. Ogni Gmg è un grande laboratorio: culture, lingue, provenienze diverse aprono il cuore alla comprensione dell’esistenza stessa. Questa edizione, in particolare, servirà anche a rigenerare la fiducia negli altri, la consapevolezza che dipendiamo gli uni dagli altri, che abbiamo bisogno di riconoscere nell’altro un fratello e che vale la pena mettersi in gioco. E di farlo, come ci ha ricordato Papa Francesco, con quella mistica del cammino che è sempre vicino agli altri e non da soli”.

23 luglio: Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DELLA
III GIORNATA MONDIALE DEI NONNI E DEGLI ANZIANI

23 luglio 2023

«Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,50)

Cari fratelli e sorelle!

«Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,50): è questo il tema della III Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. È un tema che ci riporta a un incontro benedetto: quello tra la giovane Maria e la sua anziana parente Elisabetta (cfr Lc 1,39-56). Questa, ricolma di Spirito Santo, rivolge alla Madre di Dio delle parole che, a distanza di millenni, ritmano la nostra preghiera quotidiana: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo» (v. 42). E lo Spirito Santo, già disceso su Maria, le suggerisce di rispondere con il Magnificat, nel quale proclama che la misericordia del Signore si estende di generazione in generazione. Lo Spirito Santo benedice e accompagna ogni fecondo incontro tra generazioni diverse, tra nonni e nipoti, tra giovani e anziani. Dio, infatti, desidera che, come ha fatto Maria con Elisabetta, i giovani rallegrino i cuori degli anziani, e che attingano sapienza dai loro vissuti. Ma, anzitutto, il Signore desidera che non lasciamo soli gli anziani, che non li releghiamo ai margini della vita, come purtroppo oggi troppo spesso accade.

È bella, quest’anno, la vicinanza tra la celebrazione della Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani e quella della Gioventù; entrambe hanno come tema la “fretta” di Maria (cfr v. 39) nel visitare Elisabetta, e ci portano così a riflettere sul legame tra giovani e anziani. Il Signore spera che i giovani, incontrandoli, accolgano la chiamata a custodire la memoria e riconoscano, grazie a loro, il dono di appartenere a una storia più grande. L’amicizia di una persona anziana aiuta il giovane a non appiattire la vita sul presente e a ricordarsi che non tutto dipende dalle sue capacità. Per i più anziani, invece, la presenza di un giovane apre alla speranza che quanto hanno vissuto non vada perduto e che i loro sogni si realizzino. Insomma, la visita di Maria ad Elisabetta e la consapevolezza che la misericordia del Signore si trasmette da una generazione all’altra rivelano che non possiamo andare avanti – e neppure salvarci – da soli e che l’intervento di Dio si manifesta sempre nell’insieme, nella storia di un popolo. È Maria stessa a dirlo nel Magnificat, esultando in Dio che ha operato meraviglie nuove e sorprendenti, fedele alla promessa fatta ad Abramo (cfr vv. 51-55).

Per meglio accogliere lo stile dell’agire di Dio, ricordiamo che il tempo va abitato nella sua pienezza, perché le realtà più grandi e i sogni più belli non si realizzano in un attimo, ma attraverso una crescita e una maturazione: in cammino, in dialogo, in relazione. Perciò chi si concentra solo sull’immediato, sui propri vantaggi da conseguire rapidamente e avidamente, sul “tutto e subito”, perde di vista l’agire di Dio. Il suo progetto di amore attraversa invece il passato, il presente e il futuro, abbraccia e mette in collegamento le generazioni. È un progetto che va oltre noi stessi, ma nel quale ciascuno di noi è importante, e soprattutto è chiamato ad andare oltre. Per i più giovani si tratta di andare al di là dell’immediato nel quale ci confina la realtà virtuale, la quale spesso distoglie dall’azione concreta; per i più anziani si tratta di non soffermarsi sulle forze che s’indeboliscono e di non rammaricarsi per le occasioni perse. Guardiamo avanti! Lasciamoci plasmare dalla grazia di Dio che, di generazione in generazione, ci libera dall’immobilismo nell’agire e dai rimpianti del passato!

Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta, tra giovani e anziani, Dio ci dona il suo futuro. Il cammino di Maria e l’accoglienza di Elisabetta aprono infatti le porte al manifestarsi della salvezza: attraverso il loro abbraccio la sua misericordia irrompe con gioiosa mitezza nella storia umana. Vorrei allora invitare ciascuno a pensare a quell’incontro, di più, a chiudere gli occhi e a immaginare, come in un’istantanea, quell’abbraccio tra la giovane Madre di Dio e l’anziana madre di San Giovanni Battista; a rappresentarlo nella mente e a visualizzarlo nel cuore, per fissarlo nell’anima come una luminosa icona interiore.

E invito poi a passare dall’immaginazione alla concretezza nel fare qualcosa per abbracciare i nonni e gli anziani. Non lasciamoli soli, la loro presenza nelle famiglie e nelle comunità è preziosa, ci dona la consapevolezza di condividere la medesima eredità e di far parte di un popolo in cui si custodiscono le radici. Sì, sono gli anziani a trasmetterci l’appartenenza al Popolo santo di Dio. La Chiesa, così come la società, ha bisogno di loro. Essi consegnano al presente un passato necessario per costruire il futuro. Onoriamoli, non priviamoci della loro compagnia e non priviamoli della nostra, non permettiamo che siano scartati!

La Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani vuol essere un piccolo segno delicato di speranza per loro e per la Chiesa intera. Rinnovo perciò il mio invito a tutti – diocesi, parrocchie, associazioni, comunità – a celebrarla, mettendo al centro la gioia traboccante di un rinnovato incontro tra giovani e anziani. A voi giovani, che vi state preparando a partire per Lisbona o che vivrete la Giornata Mondiale della Gioventù nei vostri luoghi, vorrei dire: prima di mettervi in viaggio andate a trovare i vostri nonni, fate una visita a un anziano solo! La sua preghiera vi proteggerà e porterete nel cuore la benedizione di quell’incontro. A voi anziani chiedo di accompagnare con la preghiera i giovani che stanno per celebrare la GMG. Quei ragazzi sono la risposta di Dio alle vostre richieste, il frutto di quel che avete seminato, il segno che Dio non abbandona il suo popolo, ma sempre lo ringiovanisce con la fantasia dello Spirito Santo.

Cari nonni, cari fratelli e sorelle anziani, che la benedizione dell’abbraccio tra Maria ed Elisabetta vi raggiunga e colmi di pace i vostri cuori. Vi benedico con affetto. E voi, per favore, pregate per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 31 maggio 2023, Festa della Visitazione della B.V. Maria.
 

Papa FRANCESCO

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